00 03/05/2010 22:00

Gli attacchi alla santità della Chiesa. Un nuovo “inganno” della Provvidenza?

La domanda che è nel titolo di questo post nasce dalla celebre rilettura che Giovanni Battista Montini fece della perdita dello Stato Pontificio da parte della Chiesa. Ai credenti dell’epoca parve un disastro, ai miscredenti un trionfo. In realtà fu una smentita per entrambi: fu per la Chiesa l’inizio di un grandioso rinnovamento.

E se anche i martellanti attacchi di oggi alla santità della Chiesa fossero un gioco della Provvidenza, dal quale la Chiesa potrebbe uscire purificata e rinvigorita? Lo storico laico Gianpaolo Romanato, in una relazione tenuta il 3 maggio a Genova in un seminario di preparazione alla 46.ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010), ha istituito proprio questo parallelo. Facendo notare però una differenza, rispetto agli avvenimenti di un secolo e mezzo fa. Mentre la Chiesa di allora subì gli eventi, quella di oggi, grazie a un papa come Benedetto XVI, li precorre:

“Benedetto XVI sta imponendo alla Chiesa universale una linea di condotta non di arroccamento attorno alla propria giurisdizione ma di totale rispetto e adeguamento alle giurisdizioni pubbliche e civili. La svolta che questo papa sta oggi imprimendo all’istituzione ecclesiastica costituisce una rivoluzione di portata epocale, una svolta che non tutti hanno ancora compreso, né dentro né fuori della Chiesa”.

Certo, l’impresa di papa Benedetto è molto più che un “adeguamento” alla giustizia terrena. Egli è impegnato anche e ancor più nell’ordine della grazia, in una “reformatio Ecclesiae” che risponde a criteri propri e ulteriori, per quanto in armonia con le giurisdizioni civili. Ma sta di fatto che Benedetto XVI si associa alla sostanza della tesi di Romanato quando dice, come ha detto nell’
omelia ai biblisti del 15 aprile scorso:

“Sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter fare penitenza è grazia. E vediamo che è necessario far penitenza, cioè riconoscere quanto è sbagliato nella nostra vita, aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione, della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della misericordia divina”.

Ma ecco qui di seguito l’attacco della relazione del professor Romanato, il cui testo completo è in questa pagina di www.chiesa:La questione cattolica nell’Italia che cambia“.

Romanato è un autore che i lettori di www.chiesa conoscono bene. Specie per il suo folgorante ritratto del cardinale Merry del Val, segretario di Stato di Pio X: “Ecco un perfetto segretario di Stato. Ma di un secolo fa“.


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UN ATTACCO CHE SI RIVELÒ UN GUADAGNO

di Gianpaolo Romanato

La riflessione [...] non può non partire dal famoso discorso che Giovanni Battista Montini tenne in Campidoglio il 10 ottobre 1962, alla vigilia dell’apertura del Concilio Vaticano II e un anno dopo la celebrazione del centenario dell’unità d’Italia. [...] L’allora arcivescovo di Milano, che meno di un anno dopo sarebbe diventato sommo pontefice, sostenne che il 20 settembre del 1870 la “Provvidenza” aveva ingannato tutti, credenti e non credenti.

Aveva ingannato i credenti, che dalla fine del potere temporale temevano il crollo dell’istituzione ecclesiastica, e aveva ingannato i non credenti, che dopo la presa di Roma quel crollo desideravano e attendevano. Accadde infatti, osservò Montini, che perduta “l’autorità temporale”, ma acquistata “la suprema autorità nella Chiesa”, il papato riprese “con inusitato vigore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo”. Non avvenne, dunque, il disastro annunciato – temuto o sperato che fosse – ma si schiuse al papato una stagione di ritrovata credibilità e alla Chiesa tutta un capitolo di profondo rinnovamento. [...] Un caso esemplare, potremmo dire, di eterogenesi dei fini.

C’è dunque un risultato positivo del 20 settembre, che va ricordato. Il papato si liberò dell’ingombrante fardello del potere temporale ed entrò nella modernità finalmente libero da un impaccio che rendeva la Chiesa, in piena epoca liberale, un’anacronistica sopravvivenza dell’ancien régime prerivoluzionario.

Ma ricordando questo risultato, non possiamo fare a meno di riflettere sul fatto che a produrlo fu la pressione degli eventi italiani, cioè un fattore esterno e contrapposto alla Chiesa, e non un’autonoma scelta ecclesiastica. Né possiamo ignorare che ciò che Montini chiamerà evento provvidenziale e liberatorio, la Chiesa del tempo lo visse in tutt’altro modo: come un dramma di proporzioni apocalittiche che alimentò una frattura politica e sociale le cui conseguenze non si sono ancora, a ben guardare, del tutto e totalmente rimarginate. Non possiamo fare a meno di notare, insomma, negli eventi che accompagnarono il compimento dell’unificazione, un aspetto contraddittorio che fatichiamo anche oggi, a distanza di quasi un secolo e mezzo, a comprendere.

È vero, potremmo aggiungere, che alla dimensione statuale la Santa Sede non ha mai rinunciato, e l’ha riottenuta con gli accordi del 1929 e la conserva tuttora saldamente. Ma è evidente che ciò non può essere in alcun modo una giustificazione a posteriori della grande rottura ottocentesca. Tra lo Stato pontificio anteriore al 1870 e quello Stato reale ed effettivo, ma territorialmente simbolico e sostanzialmente privo del potere civile che è l’odierna Città del Vaticano, corre una differenza immensa, che a nessuno può sfuggire.

Perché, dunque, [...] la Chiesa del tempo subì anziché provocare essa stessa un mutamento che, alla lunga, si rivelò un guadagno? Perché non rinunciò essa stessa allo Stato temporale che già in occasione della guerra federale del 1848 era apparso un peso e una contraddizione?

Non ho risposte da dare a questo interrogativo, che ripropone, in tutta la sua drammatica e irrisolta complessità, il nodo difficile e sempre riaffiorante del rapporto della Chiesa con il tempo e la storia, una storia che essa vorrebbe dominare e dalla quale invece, non infrequentemente, è dominata, e non sempre, aggiungo, ricevendone un danno.

Il pensiero corre quasi per forza agli eventi tristi di queste ultime settimane. Anche oggi è la pressione esterna, probabilmente tutt’altro che disinteressata, che ha fatto emergere la piaga della corruzione morale di una parte del clero e ha costretto l’istituzione a voltar pagina. Oggi però a capo della Chiesa c’è un pontefice il quale, anziché subire gli eventi, quasi li precorre, imponendo alla Chiesa universale una linea di condotta non di arroccamento attorno alla propria giurisdizione ma di totale rispetto e adeguamento alle giurisdizioni pubbliche e civili. La svolta che Benedetto XVI sta oggi imprimendo all’istituzione ecclesiastica costituisce una rivoluzione di portata epocale, una svolta che non tutti hanno ancora compreso, né dentro né fuori della Chiesa.

Una rivoluzione che suggerisce qualche interrogativo circa l’esito che avrebbero potuto avere gli eventi risorgimentali se anche un secolo e mezzo si fossero anticipati i fatti anziché subirli. Interrogativo naturalmente senza risposta, ma che serve a farci capire come una memoria condivisa del nostro passato debba necessariamente passare attraverso un serio ripensamento critico anche da parte cattolica, dei fatti che accompagnarono l’unificazione nazionale.

Ripensamento critico che se dovesse coinvolgere anche l’altro dei due contendenti di allora, cioè lo Stato, non potrebbe tralasciare di affrontare il nodo rappresentato dalla guerra alla Chiesa che si volle ingaggiare allora. Guerra che produsse l’effetto di demolire l’unico sentimento che accomunava gli italiani, a qualsiasi ceto sociale appartenessero e in qualunque degli stati preunitari vivessero: il sentimento religioso, il senso di appartenenza alla Chiesa. A me pare che il vuoto, anche civile, che si è aperto allora, non sia stato ancora colmato. [...]

(Gianpaolo Romanato è professore di storia contemporanea all’Università di Padova).

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NOTA BENE !

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Gli ultimi tre servizi di “www.chiesa”:

3.5.2010
> La grande “scommessa”. Come rifondare da capo la Legione
Le colpe di Maciel. Il sistema di potere che copriva la sua vita indegna. Le autorità vaticane accusano. E dettano l’agenda della ricostruzione. Con i pieni poteri affidati a un cardinale delegato dal papa

30.4.2010
> Passione di Cristo, passione dell’uomo
È il motto dell’ostensione della Sindone, in corso a Torino. Ai milioni di pellegrini da tutto il mondo si unisce il 2 maggio anche il papa. In parallelo, una grande mostra sul corpo e il volto di Gesù nell’arte

26.4.2010
> Chiesa peccatrice? Una leggenda da sfatare
La formula è sempre più di moda, ma è estranea alla tradizione cristiana. Sant’Ambrogio chiamò la Chiesa “meretrice” proprio per esaltare la sua santità. Più forte dei peccati dei suoi figli


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)