00 10/08/2011 21:27

A ciascuno il suo Kippur. La protesta della sinagoga di Roma

Il rabbino Di Segni accusa il Vaticano di voler imporre la croce di Gesù anche agli ebrei, al posto dello Yom Kippur. Denuncia la rottura del dialogo e mette in forse la sua presenza ad Assisi. I chiarimenti del cardinale Koch. Il pensiero di Ratzinger

di Sandro Magister





ROMA, 5 agosto 2011 – La polemica è stata poco notata, ma ha rischiato seriamente di mettere in forse la presenza degli ebrei alla "Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo" convocata da Benedetto XVI per il prossimo 27 ottobre ad Assisi.

La miccia è stato un articolo del cardinale Kurt Koch, presidente del pontificio consiglio per l'unità dei cristiani, su "L'Osservatore Romano" del 7 luglio, ad illustrazione del senso della Giornata.

Nella parte finale del suo articolo, il cardinale Koch definiva la croce di Gesù "il permanente e universale Yom Kippur" e indicava in essa "il cammino decisivo che soprattutto ebrei e cristiani [...] dovrebbero accogliere in una profonda riconciliazione interiore".

Ecco con più esattezza che cosa scriveva il cardinale in quel suo articolo:

"Secondo la fede cristiana, la pace, a cui tanto anelano gli uomini di oggi, proviene da Dio, che ha rivelato in Gesù Cristo il suo disegno originario, ovvero il fatto di averci 'chiamati alla pace' (1 Corinzi 7, 15). Di questa pace, la lettera ai Colossesi dice che ci viene donata tramite Cristo, 'con il sangue della sua croce' (1, 20). Poiché la croce di Gesù cancella ogni desiderio di vendetta e chiama tutti alla riconciliazione, essa si erge sopra di noi come il permanente e universale Yom Kippur, che non riconosce altra 'vendetta' se non la croce di Gesù, come ha affermato Benedetto XVI con parole molto profonde, il 10 settembre 2006 a München: 'La sua vendetta è la croce: il no alla violenza, l’amore fino alla fine'.

"Come cristiani, non veniamo certamente meno al rispetto dovuto alle altre religioni, ma al contrario lo cementiamo, se, soprattutto nel mondo di oggi in cui violenza e terrore sono usati anche in nome della religione, professiamo quel Dio che ha posto di fronte alla violenza la sua sofferenza e ha vinto sulla croce non con la violenza, ma con l’amore. Pertanto, la croce di Gesù non è di ostacolo al dialogo interreligioso; piuttosto, essa indica il cammino decisivo che soprattutto ebrei e cristiani [...] dovrebbero accogliere in una profonda riconciliazione interiore, diventando così fermento di pace e di giustizia nel mondo".

Soprattutto queste ultime righe hanno fatto scattare la reazione del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni (nella foto), già in altre occasioni mostratosi meno pacifico del suo predecessore Elio Toaff nei rapporti con la Chiesa cattolica.

Al punto da concludere così una sua replica apparsa su "L'Osservatore Romano" del 29 luglio:

"Se i termini del discorso sono quelli di indicare agli ebrei il cammino della croce, non si capisce il perché di un dialogo e il perché di Assisi".

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Nella sua replica al cardinale Koch, il rabbino Di Segni insiste sul fatto che lo Yom Kippur, il giorno dell'espiazione, è la festa liturgica più importante dell'anno ebraico. È il giorno in cui è concessa la remissione dei peccati, l'unico nel quale il sommo sacerdote entrava nel "sancta sanctorum" del tempio e chiamava Dio per nome. È preceduto dai giorni del pentimento ed è celebrato nelle sinagoghe con grande presenza di popolo. Vi domina la lettura del libro di Giona, grandiosa rappresentazione della misericordia divina. Il digiuno è totale, per 25 ore non si mangia e non si beve.

Già l'8 ottobre 2008 Di Segni aveva spiegato il senso di questa festa su "L'Osservatore Romano", in prima pagina. E già allora aveva sottolineato che nello Yom Kippur si manifestano le "differenze inconciliabili tra i due mondi", il mondo degli ebrei e quello dei cristiani, perché "un cristiano, in base ai principi della sua fede, non ha più bisogno del Kippur, così come un ebreo che ha il Kippur non ha bisogno della salvezza dal peccato proposta dalla fede cristiana".

A conferma di questa distanza, Di Segni fa notare che la Chiesa ha ripreso nella sua liturgia le feste ebraiche della Pasqua e della Pentecoste, ma non quella del Kippur. E tale scelta è comprensibile – scrive – perché "il credente cristiano può certamente pensare che la Croce rimpiazzi in modo permanente e universale il giorno del Kippur".

Ma allora – aggiunge Di Segni – il cristiano "non deve proporre all'ebreo le proprie credenze e interpretazioni come indici del 'cammino decisivo', perché così veramente si rischia di rientrare nella teologia della sostituzione e la Croce diventa ostacolo".

E prosegue:

"La propria differenza non può essere proposta all'altro come il modello da seguire. In questo modo si supera un limite che nel rapporto ebraico-cristiano può essere sfumato ma che deve essere invalicabile. Perlomeno non è un modo di dialogare che possa interessare gli ebrei".

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A fianco della replica del rabbino Di Segni, "L'Osservatore Romano" del 29 luglio ha pubblicato anche la controreplica del cardinale Koch:

"Non ritengo assolutamente che gli ebrei debbano vedere la croce come noi cristiani, per poter intraprendere insieme il cammino verso Assisi. [...] Non si intende pertanto sostituire lo Yom Kippur ebraico con la croce di Cristo, anche se i cristiani vedono nella croce 'il permanente e universale Yom Kippur'. Ecco che viene qui toccato il punto fondamentale, molto delicato, del dialogo ebraico-cattolico, ovvero la questione di come si possano conciliare la convinzione, vincolante anche per i cristiani, che l’alleanza di Dio con il popolo d’Israele ha una validità permanente e la fede cristiana nella redenzione universale in Gesù Cristo, in modo tale che, da una parte, gli ebrei non abbiano l’impressione che la loro religione è vista dai cristiani come superata e, dall’altra, i cristiani non debbano rinunciare a nessun aspetto della loro fede. Senz’altro, tale questione fondamentale occuperà ancora a lungo il dialogo ebraico-cristiano".

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Koch è stato chiamato personalmente da Benedetto XVI a presiedere il pontificio consiglio per l'unità dei cristiani e ad occuparsi in particolare del dialogo con l'ebraismo. Ed è uno dei cardinali di curia più in accordo con la visione del papa.

Per capirlo, basta aprire il secondo tomo del libro "Gesù di Nazaret" al capitolo quarto, là dove Benedetto XVI commenta la "preghiera sacerdotale" di Gesù alla vigilia della sua passione, che occupa il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni.

"Questa preghiera – scrive il papa – è comprensibile solo sullo sfondo della liturgia della festa giudaica dell'espiazione, Yom Kippur. Il rituale della festa con il suo ricco contenuto teologico viene realizzato nella preghiera di Gesù, realizzato nel senso letterale: il rito viene tradotto nella realtà che esso significa. [...] La preghiera di Gesù lo manifesta come il sommo sacerdote del grande giorno dell'espiazione. La sua croce e il suo innalzamento costituiscono il giorno dell'espiazione del mondo, in cui l'intera storia del mondo, contro tutta la colpa umana e tutte le sue distruzioni, trova il suo senso. [...] La preghiera sacerdotale di Gesù [...] è per così dire la festa sempre accessibile della riconciliazione di Dio con gli uomini".

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Non è un caso che il profeta Giona, il profeta letto nella festa ebraica del Kippur, appaia al centro degli affreschi della Cappella Sistina, tra la creazione del mondo e il giudizio finale.

In una parola misteriosa, Gesù indicò se stesso nel "segno di Giona" (Luca 11, 29-32). Ed anzi, aggiunse: "Ben più di Giona c'è qui".

Quel segno di contraddizione che fu Gesù per gli ebrei del suo tempo permane tuttora tra cristiani ed ebrei e si manifesta nello Yom Kippur.

Gli ebrei celebreranno la festa dell'espiazione il 10 ottobre, pochi giorni prima della Giornata di Assisi.

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L'articolo del cardinale Kurt Koch su "L'Osservatore Romano" del 7 luglio 2011 che ha dato origine alla polemica:

> Ad Assisi un pellegrinaggio della verità e della pace

La replica del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni su "L'Osservatore Romano" del 29 luglio 2011:

> La lingua del dialogo deve essere comune

La controreplica del cardinale Koch, sullo stesso numero de "L'Osservatore Romano":

> Sicuramente la Croce non è un ostacolo

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La presentazione della festa dello Yom Kippur fatta dal rabbino Di Segni su "L'Osservatore Romano" dell'8 ottobre 2008, sullo sfondo di come Benedetto XVI concepisce il dialogo tra ebrei e cristiani:

> Il papa e gli amici ebrei. Così vicini, così lontani

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5.8.2011

 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)