00 24/10/2014 23:07

  Un sacerdote risponde


A volte un mio amico evangelico critica me e mia moglie perché il mercoledì e il venerdì di tutto l'anno non mangiamo carne


salve padre Angelo, 
premetto che sono un cattolico praticante, a volte mi scontro nel senso buono con un mio amico evangelico perché io e mia moglie il mercoledì e il venerdì di tutto l'anno non mangiamo carne. 
Mi riprende sempre e mi dice riferendosi al vangelo: "misericordia io voglio non sacrifici” (Mt12,7) 
Mi fa' capire meglio?
Grazie


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
certo non si trova scritto nella Bibbia che il venerdì non bisogna mangiare carne.
Tuttavia questa pratica è assimilabile a quella del digiuno che è ben attestato sia nella Sacra Scrittura sia nella vita delle prime comunità cristiane.
A cominciare da Gesù che ha digiunato per 40 giorni.
Ora che cosa è la vita cristiana se non un’imitazione della vita di Cristo?
Non mangiar carne il venerdì e il mercoledì è senza dubbio un pratica penitenziale.

2. Nel discorso della montagna Gesù non abolisce le pratiche penitenziali come il digiuno.
Biasima quello fatto per ostentazione, ma esorta a digiunare: “E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,16-18).

3. Siccome i discepoli di Gesù non digiunavano, “allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno” (Mt 9,14-15).

4. La chiesa primitiva digiuna. 
Negli Atti degli Apostoli si legge: “Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati». 
Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono” (At 13,2-3).
Ancora: “Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto” (At 14,23).  

5. Come non ricordare poi quanto dice il Signore a proposito di alcuni esorcismi: “questa specie di demoni non si scaccia se con la preghiera e il digiuno” (Mt 17,21 e Mc 9,29).
È vero che alcune versioni omettono questo versetto, ma tutte lo citano in nota, perché è riportato in quasi tutte le versioni e i codici.

6. Nell’Antico Testamento troviamo molte testimonianze di digiuno fatto personalmente o anche collettivamente.
Questo digiuno serviva per mettersi in stato di umiltà e implorare la remissione di una colpa (1 Re 21,27), oppure in atteggiamento di totale dipendenza e abbandono nei confronti del Signore.
A volte veniva fatto per espiare, altre volte per rinforzare la preghiera (2 Sam 12,16), a volte per ottenere la cessazione di una calamità (Giudt 4,9-13) oppure per aprirsi alla luce di Dio, come avvenne per Daniele (Dan 10,2).
Alle soglie del nuovo Testamento troviamo Anna che ha la grazia di vedere Gesù presentato al tempio. In quel momento “aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (Lc 2,37).

7. Quando Gesù dice: “Misericordia io voglio e non sacrificio” riprende un’affermazione del profeta Osea (6,6). 
I sacrifici di cui parla il profeta Osea e quelli di cui parla il Signore  non erano i piccoli digiuni o penitenza fatte dagli uomini, ma l’immolazione di pecore e di altri animali nel tempio.

8. Dovresti dire al tuo interlocutore evangelico di avere uno sguardo più ampio e di non fermarsi ad un versetto, distorcendone magari anche  il significato.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 06.11.2014


 Gesù ha detto che chi ripudia la propria moglie TRANNE IN CASO DI CONCUBINATO commette adulterio. E' scritto chiaro chiaro nei Vangeli. Mò, perchè la Chiesa non consente lo scioglimento del matrimonio solo in questi casi? E perchè nessuno fa mai riferimento a questo pezzettino quando si fa riferimento a quelle parole di Gesù? Grazie.

Risposta: la traduzione dice letteralmente "fornicazione- fornicationem-impudicizia" (Vangeli in greco, latino e italianoa fronte, della paoline), la nota tenendo a mente la traduzione greca e latina in sostanza dice: si precisa dunque "se non per impudicizia; all'infuori del caso di impudicizia" il verso fa riferimento ad un altro passo di Mt. cap.5, 31 "Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32 ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio."
La risposta dei discepoli mette a nudo la superbia dell'uomo nei confronti della donna, il cui ripudio era facile e quasi mai con un processo giusto, l'uomo poteva tradire la propria moglie, ma la donna se lo faceva veniva anche lapidata.
Gesù affronta un caso delicato e naturalmente mette in crisi i suoi interlocutori, ma le sue parole sono chiare, i giochi sono finiti e la donna posta al suo fianco non è un gioco e non può essere ripudiata a proprio piacimento. 
Interverrà San Paolo sulla vicenda più volte, qui in particolare in 1Cor.7,1; 2, 7-9
La Chiesa accoglie letteralmente le parole di Gesù in Matteo e le spiegazioni di San Paolo: l'uomo può anche ripudiare la donna in caso di fornicationem-impudicizia, ma non può sposarne un altra, perciò i discepoli dicono "se le cose stanno così, meglio non sposarsi", perchè Gesù ha inteso dire che il matrimonio è fino alla morte. - qui finisce la Nota - non dimentichiamo che una pezza la Chiesa ce la mise con il ricorso alla Sacra Rota, di più non può fare.


 Un sacerdote risponde

Nel Vangelo di Matteo 5,32 Gesù Cristo parla di concubinato


Quesito

Buongiorno Padre,
Le porgo una domanda che è spesso dibattuta in molti siti internet, ho provato a chiarirmi le idee, ma non ne vengo a capo.
Nel Vangelo di Matteo 5,32 Gesù Cristo parla di concubinato (tradotto anche in "fornicazione" o "unione illegittima").
Volevo capire bene questo versetto del Vangelo, sembra quasi che Gesù Cristo possa concedere un solo motivo per separarsi ad una coppia di sposi, il motivo sarebbe appunto solo in caso di unione illegittima da parte di uno dei coniugi con terze persone. Se fosse così, la Chiesa dovrebbe valutare caso per caso prima di considerare come "peccatore" i nostri fratelli separati e/o divorziati?
Confidando in una sua risposta, La ringrazio in anticipo e La saluto con affetto.
Francesco

  Risposta del sacerdote

Caro Francesco, 
1. Gesù non concede alcuna possibilità di rompere il vincolo agli sposi. Diversamente cadrebbe in contraddizione con se stesso.
La sua volontà è ben chiara da Mt 19,3-7: “Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi»” 
e da Mc 10,9-12: “«L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»”.

2. Rimane l’inciso di Mt 5,32: “ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”
e di Mt 19.9: “Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio”.

3. Ci si domanda giustamente a che cosa alluda il Signore inserendo quella clausola “eccetto il caso di concubinato”.
Questa parola concubinato nel testo greco è detta porneia.

4. È illuminante il commento prestigioso della Bibbia di Gerusalemme che fornisce tre interpretazioni.
La prima: “Data la forma assoluta dei testi paralleli (Mc 10,11s; Lc 16,18 e 1 Cor 7,10s), è poco verosimile che tutti e tre abbiano soppresso una clausola restrittiva di Gesù; è più probabile invece che uno degli ultimi redattori del primo Vangelo l'abbia aggiunta per rispondere a una problematica rabbinica (discussione tra Hillel e Shammai sui motivi che legittimano il divorzio), evocata già dal contesto (v. 3), e che poteva preoccupare l'ambiente giudeo-cristiano per il quale egli scriveva.
Si avrebbe dunque qui una decisione ecclesiastica diportata locale e temporanea, come fu quella del decreto di Gerusalemme riguardante la regione di Antiochia (At 15,23-29).
Il significato di porneia orienta la ricerca, nella stessa direzione.
Alcuni vogliono vedervi la fornicazione nel matrimonio, cioè l'adulterio, e trovano qui il permesso di divorziare in un caso simile; così le Chiese ortodosse e protestanti. Ma in questo senso ci si sarebbe aspettati un altro termine, moicheia”.

5. La seconda: sembra più verosimilmente che porneia indichi i matrimoni contratti tra ebrei e pagani, che erano proibiti secondo il Levitico. Ai tempi di Gesù era facile trovare una donna ebrea che aveva abbandonato il marito per mettersi insieme con un soldato romano, il cui patrimonio economico era più consistente.
La legge consentiva di ripudiare la moglie qualora si vedesse in lei qualcosa di brutto.
Ma ai tempi di Gesù la legge veniva interpretata anche a favore della moglie, qualora vedesse nel marito qualcosa di brutto. Questo qualcosa di brutto poteva consistere nel patrimonio esiguo del marito a confronto con quello del soldato romano diventato proselito, simpatizzante del giudaismo.
Ma tale unione era considerata illegittima, alla pari delle unioni incestuose e pertanto non dava origine ad un matrimonio, ma ad un concubinato. Porneia avrebbe qui il senso tecnico di zenüt o «prostituzione» degli scritti rabbinici.
Qui allora si troverebbe “l'ordine di rompere tali unioni irregolari che erano solo falsi matrimoni”.
Ques’interpretazione è la più comune.

6. La Bibbia di Gerusalemme accenna anche ad una terza interpretazione.
Essa “ritiene che la licenza accordata dalla clausola restrittiva non sia quella del divorzio, ma della«separazione» senza seconde nozze. Una tale istituzione era sconosciuta al giudaismo, ma le esigenze di Gesù hanno richiesto più di una soluzione nuova e questa è già chiaramente supposta da Paolo in 1 Cor 7,11”.

7. Trattandosi in ogni caso di unioni illegittime, non capisco la tua conclusione sebbene posta in termini interrogativi: “Se fosse così, la Chiesa dovrebbe valutare caso per caso prima di considerare come "peccatore" i nostri fratelli separati e/o divorziati?

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

Pubblicato 30.01.2011




Un sacerdote risponde

Una domanda sulla complementarietà dei sessi e l'altra se la conoscenza che i demoni avevano di Gesù fosse un dono soprannaturale

Caro Padre Angelo, 
approfitto di questa mail per inviarle gli auguri sinceri di un anno pieno di serenità e pace.
Volevo chiederle alcuni chiarimenti.
Premetto che il mio parroco, persona coltissima, ha molto rispetto per i domenicani in quanto li ritiene i custodi della verità e la tramandano senza tergiversare. Ora però nell'ascoltare le omelie del parroco, coinvolgentissime (infatti la chiesa è sempre piena), e tra le spiegazioni Sue, Padre Bellon, a volte avverto delle discordanze interpretative, cosicché mi trovo a dover discernere tra l'opinione personale della persona consacrata che spiega le letture attraverso la sua esperienza personale, dalla vera interpretazione, spiegazione o senso che il Signore ci ha messo.
Mi spiego meglio con un paio di esempi: il nostro parroco parla spesso della necessità di due coniugi di rimanere insieme, per il bene soprattutto dei figli che, dice lui, l'unica cosa che vogliono è vedere il papà e la mamma la sera andare a dormire insieme. 
Spesso dice che è normale in anni di convivenza aver voglia di buttar giù dalle scale il marito o la moglie insopportabili ecc ecc.
Ma se il nostro coniuge non fosse diverso da noi non ci sarebbe piaciuto e non ce ne saremmo innamorati, perchè ci innamoriamo del diverso, perchè il diverso ci completa. Innamorandoci di uno uguale a noi sarebbe una vita noiosa. Questo lo diceva per incoraggiare quelli che ad un certo punto si lamentano del coniuge, non lo sopportano più dicendo che è troppo diverso da loro. 
Ma Lei Padre Bellon dice anche giustamente che l'amicizia si fa tra simili o rende simili e che bisogna avere comunità di intenti e di volere.
Come discernere allora quando ci capita davanti una persona molto diversa da noi che magari non ha neanche fede, ma che in un certo senso ci attrae comunque? Forse sarà l'eterno istinto della crocerossina, o forse ci attrae perchè essendo l'altro così diverso ci fa sentire disprezzati da lui, e il nostro orgoglio non permette che ci disprezzino, così la voglia di essere accettati e rivalutati dall'altro, diverso da noi, ci fa illudere che sia amore o innamoramento, ma in realtà non lo è. E' solo orgoglio personale.
Ecco ci sarebbe da capire se è meglio cercare qualcuno simile a noi rischiando una relazione monotona o pacifica oppure dare possibilità anche alla ricerca di quelli diversi da noi perchè se non lo fossero saremmo incompleti, annoiati, verremmo meno magari al progetto di salvezza che Dio ha su queste pecore smarrite...chissà...
In secondo luogo ho letto oggi in questa risposta - "Ho sentito quanto alcuni demoni all'interno di esorcismi direbbero dei bambini abortiti e le chiedo un parere" - che Lei Padre spiega questa frase così: "Da notare che l’espressione “il santo di Dio sta a dire: “Io so chi tu sei: tu sei Dio”.
Ma io sapevo, o avevo inteso, spiegare questa lettura così: lo spirito impuro, alla visione di Gesù esclama che Lui è il Santo di Dio ma non dice che Egli è Dio poiché solo l'azione dello Spirito Santo permette all'uomo di riconoscere Dio, poiché è impossibile per uno spirito impuro essere sotto l'azione dello Spirito Santo costui non può riconoscere a Gesù la Sua qualità divina. 
Ad esempio: "Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”.
Forse c'è un pò di confusione in quello che ho immagazzinato nella mia testa.
Grazie mille per l'attenzione.
Antonella 


Cara Antonella, 
1. per il primo punto sono vere tutte e due le cose: l’amicizia deve trovare un sostrato comune, altrimenti ogni incontro sarebbe costellato di bisticci insopportabili.
Nello stesso tempo, soprattutto in quell’amicizia che si chiama matrimonio, anche a motivo della diversità dei sessi, ci sono sensibilità diverse che servono per aiutarsi a capire meglio i risvolti di tutti i problemi.
Queste diversità non sono o non dovrebbero essere motivo di bisticcio ma di complementarietà.

2. Si legge in un documento del magistero ecclesiastico: “I sessi “simili e dissimili nello stesso tempo; non identici, uguali però nella dignità della persona; sono pari per intendersi, diversi per completarsi a vicenda” (Orientamenti educativi sull’amore umano, 25).
Non solo i sessi sono fra loro complementari, ma anche le persone di cui essi sono caratteristica imprescindibile.
Dice Giovanni Paolo II: “La donna è il complemento dell’uomo, come l’uomo è il complemento della donna: donna e uomo sono tra loro complementari... non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma anche ontologico. E soltanto grazie alla dualità del maschile e del femminile che l’umano si realizza appieno” (19.6.1995).

3. Osserva J. Guitton, accademico di Francia: “Forse è una fortuna che il tipo umano in tutte le sue funzioni, dalle più basse alle più eccelse, si manifesti sotto due forme differenti, che si completano e si rispondono l’una all’altra. Si può aggiungere che la conoscenza dell’altro è un elemento necessario per la conoscenza di se stessi. Se Adamo fosse stato solo, poiché era intelligente e tormentato dal desiderio di sapere, si sarebbe innamorato della propria immagine... Ma Adamo poteva specchiarsi e conoscersi in Eva, cercando in lei la coscienza della propria forza; e certamente, guardando Eva, sentiva nascere in sé il sentimento del raro, dello squisito, del precario, di tutto ciò che si sintetizza nella parola ‘grazia’, e che è contrario e complementare alla forza. Lo stesso si può dire della donna, che prende coscienza di sé specchiandosi nell’uomo. È nell’altro che abbiamo la vita, perché nell’altro troviamo il rinnovamento e la complementarità. La punizione di Narciso è di vedersi, e addirittura di esistere, solo come apparenza” (L’amore umano, p. 167).

4. Vengo adesso al secondo punto: quando San Pietro ha proferito le parole che mi hai citato, aveva una fede soprannaturale, vero dono infuso da Dio.
Ma il Signore non si è fatto conoscere a quel demonio dandogli una conoscenza soprannaturale, come quella della fede, ma per quel tanto che bastava perché dagli effetti delle sue azioni capisse che era Dio.

5. Ti porto tre testimonianze.
La prima è di un  Commentario biblico che alle parole del Vangelo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!” (Mc 1,24) offre il seguente commento: “il Santo di Dio, cioè non un santo qualunque, come erano per esempio i profeti, ma il santo per eccellenza, il Messia, mandato a salvare il mondo (Gv 10,36)”.

6. Questo Commento si rifà a quanto disse San Giovanni Crisostomo: “Lo chiama poi santo non come
uno fra i tanti, poiché anche ogni profeta era santo, ma lo annunzia come l'unico: infatti con l'articolo che è posto in greco mostra che è uno solo; per il timore, poi, lo riconosce come il Signore di tutti” (In Matth,  hom. 13).

7. Sant’Agostino invece parla del tipo di conoscenza che il Signore gli ha concesso di avere: “Infatti si rese noto a loro quanto volle; e tanto volle quanto era necessario. Ma si fece conoscere non come agli Angeli santi, i quali godono della partecipazione della sua eternità secondo che è il Verbo di Dio, ma bisognava che si facesse conoscere a loro come per atterrirli, poiché stava per liberare dalla loro tirannica potestà i predestinati. Si fece dunque conoscere da parte dei demoni non in quanto è la vita eterna, ma per certi aspetti temporali della sua potenza, la quale può apparire ai sensi angelici anche degli spiriti maligni piuttosto che alla debolezza degli uomini” (De Civitate Dei 9,21).

Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 05.11.2014





[Modificato da Caterina63 06/11/2014 23:15]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)