DIFENDERE LA VERA FEDE

Le Settimane di Preghiera per l'Unità dei Cristiani nella Conversione di san Paolo

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 17/01/2009 18:28
    La visione profetica di Ezechiele al centro quest'anno del tema per la preghiera dell'unità

    La proclamazione cristiana della speranza
    in un mondo diviso



    di Eleuterio F. Fortino
    Sotto-segretario del Pontificio Consiglio
    per la Promozione dell'Unità dei Cristiani


    Il tema per la preghiera dell'unità dell'anno 2009 è stato proposto da un gruppo ecumenico della Corea, che partendo dallo stato di divisione della loro patria e dalle divisioni tra cristiani ivi presenti, ha suggerito come testo-base la visione simbolica e profetica di Ezechiele (Ezechiele 37, 15-28).

    In seguito, il Comitato misto internazionale per la preghiera - composto da rappresentanti del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese - ha riveduto il primo progetto e gli ha conferito le caratteristiche necessarie per una divulgazione internazionale.
    Il Comitato si è incontrato a Marsiglia dove opera una interessante organizzazione con carattere ecumenico ed interreligioso nota come "Marseille espérance". Il gruppo è stato accolto con calorosa fraternità ecumenica dalla diocesi, dagli organismi ecumenici locali e dalla stessa cittadinanza. Il Comitato Misto Internazionale, come è sua tradizione, ha elaborato i sussidi in due lingue, francese e inglese. Le traduzioni e gli adattamenti sono lasciate all'iniziativa delle Chiese locali.

    Nella visione profetica, il Signore chiede a Ezechiele di prendere due bastoni, in uno scriverà il nome di Giuda e delle tribù unite a lui, nell'altro scriverà il nome di Giuseppe e di tutte le altre tribù d'Israele. Quindi gli ordina:  "Accostali l'uno all'altro in modo da fare un legno solo, che formino una cosa sola nella tua mano" (Ezechiele 37, 17). E quando i compatrioti chiederanno il significato, Ezechiele, dovrà trasmettere ciò che il Signore gli ha detto:  "Ecco, io prendo il legno di Giuseppe e lo metto sul legno di Giuda per farne un legno solo; diventeranno una cosa sola in mano mia" (Ezechiele 37, 19). Il Signore ne dà una spiegazione più precisa:  "Ecco, io prenderò gli Israeliti dalle genti fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nel loro paese:  farò di loro un solo popolo nella mia terra" (Ezechiele 37, 21). Il tema della dispersione e della riunione è trasparente. Ed è applicato analogicamente alla situazione dei cristiani divisi che il Signore chiama e conduce all'unità.

    Nella pagina biblica si trova un altro elemento essenziale per il movimento ecumenico. La dispersione ha introdotto impurità, ha causato infedeltà, ha generato imperfezioni, ha messo gli Israeliti a contatto con l'idolatria. Il Signore dice a Ezechiele:  "Li libererò da tutte le loro infedeltà di cui si sono resi colpevoli. Li purificherò. Essi saranno il mio popolo ed io sarò il loro Dio" (Ezechiele 37, 23).

    La profezia può quindi essere letta in vista della ricomposizione dell'unità dei cristiani. Il decreto sull'ecumenismo del concilio Vaticano II aveva chiaramente affermato:  "Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione, perché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di se stesso e dal pieno esercizio della carità" (Unitatis redintegratio, 7).

    Il tema si pone in una prospettiva di speranza. Dio non abbandona il suo popolo. Anzi, nel tempo della distretta, prende l'iniziativa per la sua liberazione e il suo raduno, nell'unità ristabilita, nella propria terra. Attraverso il suo inviato, Ezechiele, con un atto simbolico che colpisce l'immaginazione, rivela il suo piano di salvezza, e ravviva la speranza nel suo popolo con una visione di pacificazione:  "Farò con loro un'alleanza di pace" e di comunione:  "In mezzo a loro sarà la mia dimora".
    Un'analoga prospettiva di speranza vuole suscitare il tema di questa settimana di preghiera, cioè di rinnovata fiducia dei cristiani nel Signore che è venuto al mondo e che "doveva" morire sulla croce per radunare i figli dispersi.

    Questa speranza si fonda su alcuni elementi fondamentali. Innanzitutto sulla nascita stessa del movimento ecumenico che è "sorto per grazia dello Spirito Santo" e che diventa "ogni giorno più ampio" (Unitatis redintegratio 1). In secondo luogo la speranza è sostenuta dalla preghiera stessa di Gesù Cristo che rimane l'ispirazione profonda di ogni preghiera per l'unità dei cristiani. Il decreto sull'ecumenismo del concilio Vaticano ii è stato esplicito.

    Il santo concilio si dichiara ben conscio che l'opera del ristabilimento della piena unità dei cristiani "supera le forze e le doti umane", ma afferma con vigore che "ripone tutta la sua speranza nell'orazione di Cristo per la Chiesa, nell'amore del Padre per noi e nella forza dello Spirito Santo" (Unitati redintegratio 24). Il concilio dichiara anche che non si tratta di un qualche evanescente ottimismo ma della certezza della fede:  "La speranza non inganna" (Romani 5, 5).

    Un'analisi sui frutti già raggiunti dal movimento ecumenico rafforza lo spirito positivo con cui vanno affrontate le altre fasi, certamente più ardue. Per ora si può constatare che la situazione tra i cristiani è completamente diversa da quella che essi sperimentavano prima del concilio Vaticano II con cui la Chiesa cattolica si è ufficialmente impegnata nel movimento ecumenico conferendogli un impulso decisivo, nelle relazioni, nelle problematiche affrontate nei dialoghi bilaterali e nei traguardi raggiunti tanto con le Chiese d'Oriente quanto con le Comunità ecclesiali di Occidente.

    Nell'enciclica sull'impegno ecumenico Giovanni Paolo II ne ha dato una lettura autorevole:  "È la prima volta nella storia che l'azione in favore dell'unità dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa ad un ambito così vasto". Ed ha aggiunto:  "Uno sguardo d'insieme degli ultimi trent'anni fa meglio comprendere molti dei frutti di questa comune conversione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto strumento il movimento ecumenico" (Ut unum sint, 41). Egli, a conferma, annovera:  la fraternità ritrovata, la solidarietà nel servizio all'umanità, le convergenze nella Parola di Dio, la crescita della comunione. Analizza quindi il dialogo con le Chiese di Oriente e i suoi progressi (Ut unum sint, 50-63) e ugualmente quello con le Chiese e Comunità ecclesiali di Occidente (Ut unum sint, 64-70).

    L'enciclica fa affermazioni più dettagliate. Nel dialogo con le Chiese ortodosse afferma che "con spirito positivo, basandoci su quanto abbiamo in comune, la commissione mista ha potuto progredire sostanzialmente" (Ut unum sint, 59). In seguito il dialogo ha ripreso l'avvio di una nuova fase di lavoro su "Collegialità e autorità nella Chiesa" (Belgrado 2006 e Ravenna 2007) impostando positivamente lo studio della questione cruciale del ruolo del vescovo di Roma nella Chiesa. Anche con le antiche Chiese di Oriente o precalcedonesi si è potuto organizzare un dialogo fra la Chiesa cattolica e tutte quelle Chiese insieme (copta, etiopica, sira, armena).

    L'enciclica ha apprezzato anche il lavoro svolto con le Chiese e Comunità ecclesiali di Occidente affermando che "il dialogo è stato ed è fecondo, ricco di promesse... La riflessione dei vari dialoghi bilaterali, con una dedizione che merita l'elogio di tutta la comunità ecumenica, si è concentrata su molte questioni controverse quali il Battesimo, l'Eucaristia, il Ministero ordinato, la sacramentalità e l'autorità nella Chiesa, la successione apostolica". Non solo, ma questi dialoghi hanno prodotto frutti positivi. L'enciclica dichiara:  "Si sono delineate così delle prospettive di soluzione insperate e nel contempo si è compreso come fosse necessario scandagliare più profondamente alcuni argomenti" (Ut unum sint, 69).

    Dopo l'enciclica i dialoghi sono continuati e hanno prodotto nuovi frutti come la dichiarazione comune sulla Giustificazione per fede con i Luterani, nuova pietra miliare nel dialogo con i protestanti. In seguito Benedetto XVI non ha mancato di incoraggiare tanto il dialogo della carità quanto il dialogo teologico.

    Recentemente Benedetto XVI alla Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani (18 dicembre 2008) sul tema "Ricezione e futuro del dialogo ecumenico" ebbe a dire:  "Ringraziamo il Signore per i significativi passi in avanti compiuti".

    Questi progressi vanno applicati e verificati nella realtà concreta. L'indicazione operativa che proviene dalla visione di Ezechiele è quella di "accostare l'uno all'altro" in modo da fare "un legno solo", e cioè da formare "una cosa sola" (Ezechiele 37, 17).

    I temi suggeriti per gli otto giorni si riferiscono appunto all'azione comune tra i cristiani nella situazione concreta del mondo di oggi.
    Le problematiche trattate negli otto giorni si possono sintetizzare in tre gruppi:  la divisione dei cristiani, le questioni sociali dominanti, il contesto interreligioso.

    La questione della divisione tra i cristiani viene affrontata in particolare nel primo giorno in cui si considerano "le comunità cristiane di fronte a vecchie e nuove divisioni".

    Il tema ovviamente trova risonanze in tutti gli altri giorni. Sono note le grandi divisioni storiche, fra cattolici e ortodossi e fra cattolici e protestanti. Esse sono oggetto di dialogo e su molte di esse si sono trovate positive convergenze. Ma permangono ancora i motivi di fondo delle divisioni.

    In più la situazione attuale presenta "nuove divisioni" che si constatano tanto fra le Chiese ortodosse quanto nel mondo protestante, nuove frammentazioni e emergenza di nuove problematiche etiche con gravi dissensi. Il dialogo ecumenico ne deve tenere conto approfondendo la ricerca.
    Le questioni sociali dominanti richiedono una cooperazione fattiva tra i cristiani mettendo insieme gli elementi comuni per una testimonianza comune e un concorde annuncio del messaggio cristiano.

    L'ampia problematica viene affrontata in cinque giorni, dal secondo al sesto giorno. L'impostazione è sempre la stessa per ciascun giorno:  come si situano i cristiani di fronte ai vari problemi, di fronte alla guerra e alla violenza, di fronte alle ingiustizie, di fronte alla crisi ecologica, di fronte alle discriminazioni e alla sofferenza. Il tutto è sempre, giorno per giorno, sotto lo slogan:  "Essere riuniti nella tua mano".
    La cooperazione tra i cristiani è stata proposta e ecumenicamente valorizzata dal decreto del concilio Vaticano II sull'ecumenismo:  "La cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quella unione che già vige tra di loro". Inoltre "da questa cooperazione i credenti in Cristo possono facilmente imparare come si appiani la via verso l'unità" (Unitatis redintegratio 12).

    I cristiani di fronte alla pluralità delle religioni trovano un campo nuovo in cui esplicare la loro testimonianza comune di fede nella Trinità e in Gesù Cristo Signore e Salvatore del mondo. Le relazioni con le altre religioni sono avvertite come indispensabili nel nostro tempo nel duplice scopo di affermare valori comuni (trascendenza, principi di convivenza pacifica, opzioni fondamentali di etica, ecc.) e, inoltre, di cercare insieme come evitare quei conflitti che sorgono per altri interessi ma che strumentalizzano le religioni per creare contrapposizioni tra i popoli. I cristiani hanno un messaggio comune specifico da presentare nel dialogo con le altre religioni.

    Infine l'ottavo giorno è quasi la sintesi dell'intera riflessione di quest'anno per la preghiera per l'unità dei cristiani. Il tema del giorno presenta una formulazione sintomatica ed efficace:  "Proclamazione cristiana della speranza in un mondo di separazione". Nel nostro mondo e nel nostro tempo, segnato da separazioni e conflitti, tra i cristiani, tra le religioni, tra i popoli, i cristiani sono chiamati a "proclamare" la speranza cristiana che il testo di Ezechiele ripropone ricordando che il Signore assicura:  "Li libererò", "Li purificherò", "Li unirò", "Stabilirò il mio santuario in mezzo a loro per sempre".

    Il commento proposto per questo ultimo giorno, riassumendo l'orientamento generale, afferma:  "Quando i cristiani si riuniscono per pregare per l'unità sono motivati e sostenuti da questa speranza".




    (©L'Osservatore Romano - 18 gennaio 2009)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 26/01/2009 13:09
    Vespri 25.1.2009 dalla Basilica di san Paolo

    Cari fratelli e sorelle,

    è grande ogni volta la gioia di ritrovarci presso il sepolcro dell'apostolo Paolo, nella memoria liturgica della sua Conversione, per concludere la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani. Vi saluto tutti con affetto. In modo particolare saluto il Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, l'Abate e la Comunità dei monaci che ci ospitano.
    Saluto pure il Cardinale Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Con lui saluto i Signori Cardinali presenti, i Vescovi e i Pastori delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, qui convenuti stasera. Una parola di speciale riconoscenza va a quanti hanno collaborato nella preparazione dei sussidi per la preghiera, vivendo in prima persona l'esercizio del riflettere e confrontarsi nell'ascolto gli uni degli altri e, tutti insieme, della Parola di Dio.

    La conversione di san Paolo ci offre il modello e ci indica la via per andare verso la piena unità.

    L'unità infatti richiede una conversione[SM=g1740721] : dalla divisione alla comunione, dall'unità ferita a quella risanata e piena. Questa conversione è dono di Cristo risorto, come avvenne per san Paolo. Lo abbiamo sentito dalle stesse parole dell'Apostolo nella lettura poc'anzi proclamata: "Per grazia di Dio sono quello che sono" (1 Cor 15,10).

    Lo stesso Signore, che chiamò Saulo sulla via di Damasco, si rivolge ai membri della sua Chiesa – che è una e santa – e chiamando ciascuno per nome domanda: perché mi hai diviso? perché hai ferito l'unità del mio corpo?

    La conversione implica due dimensioni. Nel primo passo si conoscono e riconoscono nella luce di Cristo le colpe, e questo riconoscimento diventa dolore e pentimento, desiderio di un nuovo inizio. Nel secondo passo si riconosce che questo nuovo cammino non può venire da noi stessi.

    Consiste nel farsi conquistare da Cristo. Come dice san Paolo: " … mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo" (Fil 3,12).

    La conversiones esige il nostro sì, il mio "correre"; non è ultimamente un'attività mia, ma dono, un lasciarsi formare da Cristo; è morte e risurrezione. Perciò san Paolo non dice: "Mi sono convertito", ma dice "sono morto" (Gal 2,19), sono una nuova creatura.

    In realtà, la conversione di san Paolo non fu un passaggio dall'immoralità alla moralità, da una fede sbagliata ad una fede corretta, ma fu l'essere conquistato dall'amore di Cristo: la rinuncia alla propria perfezione, fu l'umiltà di chi si mette senza riserva al servizio di Cristo per i fratelli. E solo in questa rinuncia a noi stessi, in questa conformità con Cristo siamo uniti anche tra di noi, diventiamo "uno" in Cristo. E' la comunione col Cristo risorto che ci dona l'unità.

    Possiamo osservare un'interessante analogia con la dinamica della conversione di san Paolo anche meditando sul testo biblico del profeta Ezechiele (37,15-28) prescelto quest'anno come base della nostra preghiera. In esso, infatti, viene presentato il gesto simbolico dei due Leoni riuniti in uno nella mano del profeta, che con questo gesto rappresenta l'azione futura di Dio. E' la seconda parte del capitolo 37, che nella prima parte contiene la celebre visione delle ossa aride e della risurrezione d'Israele, operata dallo Spirito di Dio.

    Come non notare che il segno profetico della riunificazione del popolo d'Israele viene posto dopo il grande simbolo delle ossa aride vivificate dallo Spirito? Ne deriva uno schema teologico analogo a quello della conversiones di san Paolo: al primo posto sta la potenza di Dio, che col suo Spirito opera la risurrezione come una nuova creazione. Questo Dio, che è il Creatore ed è in grado di risuscitare i morti, è anche capace di ricondurre all'unità il popolo diviso in due.

                                         

    Paolo – come e più di Ezechiele – diventa strumento eletto della predicazione dell'unità conquistata da Gesù mediante la croce e la risurrezione: l'unità tra i giudei e i pagani, per formare un solo popolo nuovo. La risurrezione di Cristo estende il perimetro dell'unità: non solo unità delle tribù di Israele, ma unità di ebrei e pagani (cfr Ef 2; Gv 10,16); unificazione dell'umanità dispersa dal peccato e ancor più unità di tutti i credenti in Cristo.
    La scelta di questo brano del profeta Ezechiele la dobbiamo ai fratelli della Corea, i quali si sono sentiti fortemente interpellati da questa pagina biblica, sia in quanto coreani, sia in quanto cristiani. Nella divisione del popolo ebreo in due regni si sono rispecchiati come figli di un'unica terra, che le vicende politiche hanno separato, parte al nord e parte al sud. E questa loro esperienza umana li ha aiutati a comprendere meglio il dramma della divisione tra cristiani. Ora, alla luce di questa Parola di Dio che i nostri fratelli coreani hanno scelto e proposto a tutti, emerge una verità piena di speranza: Dio promette al suo popolo una nuova unità, che debe essere segno e strumento di riconciliazione e di pace anche sul piano storico, per tutte le nazioni.
    L'unità che Dio dona alla sua Chiesa, e per la quale noi preghiamo, è naturalmente la comuniones in senso spirituale, nella fede e nella carità; ma noi sappiamo che questa unità in Cristo è fermento di fraternità anche sul piano sociale, nei rapporti tra le nazioni e per l'intera famiglia umana.
    E' il lievito del Regno di Dio che fa crescere tutta la pasta (cfr Mt 13,33). In questo senso, la preghiera che eleviamo in questi giorni, riferendosi alla profezia di Ezechiele, si è fatta anche intercessione per le diverse situazioni di conflitto che al presente affliggono l'umanità.

    Là dove le parole umane diventano impotenti, perché prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace. Perciò la nostra preghiera per l'unità e per la pace chiede sempre di essere comprovata da gesti coraggiosi di riconciliazione tra noi cristiani.

    Penso ancora alla Terra Santa: quanto è importante che i fedeli che vivono là, come pure i pellegrini che vi si recano, offrano a tutti la testimonianza che la diversità dei riti e delle tradizioni non dovrebbe costituire un ostacolo al mutuo rispetto e alla carità fraterna.

    Nelle diversità legittime di posizioni diverse dobbiamo cercare l'unità nella fede, nel nostro "sì" fondamentale a Cristo e alla sua unica Chiesa. E così le diversità non saranno più ostacolo che ci separa, ma ricchezza nella molteplicità delle espressioni della fede comune.

                                      

    Vorrei concludere questa mia riflessione facendo riferimento ad un avvenimento che i più anziani tra noi certamente non dimenticano. Il 25 gennaio del 1959, esattamente cinquant'anni or sono, il beato Papa Giovanni XXIII manifestò per la prima volta in questo luogo la sua volontà di convocare "un Concilio ecumenico per la Chiesa universale" (AAS LI [1959], p. 68).

    Fece questo annuncio ai Padri Cardinali, nella Sala capitolare del Monastero di San Paolo, dopo aver celebrato la Messa solenne nella Basilica.

    Da quella provvida decisione, suggerita al mio venerato Predecessore, secondo la sua ferma convinzione, dallo Spirito Santo, è derivato anche un fondamentale contributo all'ecumenismo, condensato nel Decreto Unitatis redintegratio.

    In esso, tra l'altro, si legge: "Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cfr Ef 4,23), dall'abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità" (n. 7). L'atteggiamento di conversiones interiore in Cristo, di rinnovamento spirituale, di accresciuta carità verso gli altri cristiani ha dato luogo ad una nuova situazione nelle relazioni ecumeniche. I frutti dei dialoghi teologici, con le loro convergenze e con la più precisa identificazione delle divergenze che ancora permangono, spingono a proseguire coraggiosamente in due direzioni: nella ricezione di quanto positivamente è stato raggiunto e in un rinnovato impegno verso il futuro. Opportunamente il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, che ringrazio per il servizio che rende alla causa dell'unità di tutti i discepoli del Signore, ha recentemente riflettuto sulla ricezione e sul futuro del dialogo ecumenico. Tale riflessione, se da una parte vuole giustamente valorizzare quanto è stato acquisito, dall'altra intende trovare nuove vie per la continuazione delle relazioni fra le Chiese e Comunità ecclesiali nel contesto attuale.

    Rimane aperto davanti a noi l'orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: "che tutti siano uno, affinché il mondo creda" (Gv 17,21).

    Il Concilio Vaticano II ci ha prospettato che "il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane" (UR, 24).
    Facendo affidamento sulla preghiera del Signore Gesù Cristo, e incoraggiati dai significativi passi compiuti dal movimento ecumenico, invochiamo con fede lo Spirito Santo perché continui ad illuminare e guidare il nostro cammino. Ci sproni e ci assista dal cielo l'apostolo Paolo, che tanto ha faticato e sofferto per l'unità del corpo mistico di Cristo; ci accompagni e ci sostenga la Beata Vergine Maria, Madre dell'unità della Chiesa.[SM=g1740722]

    © Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana



    [SM=g1740750] [SM=g7182]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/01/2012 14:09

    BENEDETTO XVI

    UDIENZA GENERALE

    Aula Paolo VI
    Mercoledì, 20 gennaio 2010
     

     [Video]

     

    Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani

    Cari fratelli e sorelle!

    Siamo al centro della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, un’iniziativa ecumenica, che si è andata strutturando ormai da oltre un secolo, e che attira ogni anno l’attenzione su un tema, quello dell’unità visibile tra i cristiani, che coinvolge la coscienza e stimola l’impegno di quanti credono in Cristo. E lo fa innanzitutto con l’invito alla preghiera, ad imitazione di Gesù stesso, che chiede al Padre per i suoi discepoli “Siano uno, affinché il mondo creda” (Gv 17,21). Il richiamo perseverante alla preghiera per la piena comunione tra i seguaci del Signore manifesta l’orientamento più autentico e più profondo dell’intera ricerca ecumenica, perché l’unità, prima di tutto, è dono di Dio. Infatti, come afferma il Concilio Vaticano Secondo: “il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unica Chiesa di Cristo, una e unica, supera tutte le forze umane” (Unitatis Redintegratio, 24). Pertanto, oltre al nostro sforzo di sviluppare relazioni fraterne e promuovere il dialogo per chiarire e risolvere le divergenze che separano le Chiese e le Comunità ecclesiali, è necessaria la fiduciosa e concorde invocazione al Signore.

    Il tema di quest’anno è preso dal Vangelo di san Luca, dalle ultime parole del Risorto ai suoi discepoli “Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,48). La proposta del tema è stata chiesta dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in accordo con la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ad un gruppo ecumenico della Scozia. Un secolo fa la Conferenza Mondiale per la considerazione dei problemi in riferimento al mondo non cristiano ebbe luogo proprio ad Edimburgo, in Scozia, dal 13 al 24 giugno 1910. Tra i problemi allora discussi vi fu quello della difficoltà oggettiva di proporre con credibilità l’annuncio evangelico al mondo non cristiano da parte dei cristiani divisi tra loro. Se ad un mondo che non conosce Cristo, che si è allontanato da Lui o che si mostra indifferente al Vangelo, i cristiani si presentano non uniti, anzi spesso contrapposti, sarà credibile l’annuncio di Cristo come unico Salvatore del mondo e nostra pace? Il rapporto fra unità e missione da quel momento ha rappresentato una dimensione essenziale dell’intera azione ecumenica e il suo punto di partenza. Ed è per questo specifico apporto che quella Conferenza di Edimburgo rimane come uno dei punti fermi dell’ecumenismo moderno. La Chiesa Cattolica, nel Concilio Vaticano II, riprese e ribadì con vigore questa prospettiva, affermando che la divisione tra i discepoli di Gesù “non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma anche è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura” (Unitatis Redintegratio, 1).

    In tale contesto teologico e spirituale si situa il tema proposto in questa Settimana per la meditazione e la preghiera: l’esigenza di una testimonianza comune a Cristo. Il breve testo proposto come tema “Di questo voi siete testimoni” è da leggere nel contesto dell’intero capitolo 24 del Vangelo secondo Luca. Ricordiamo brevemente il contenuto di questo capitolo. Prima le donne si recano al sepolcro, vedono i segni della Risurrezione di Gesù e annunciano quanto hanno visto agli Apostoli e agli altri discepoli (v. 8); poi lo stesso Risorto appare ai discepoli di Emmaus lungo il cammino, appare a Simon Pietro e successivamente, agli “Undici e agli altri che erano con loro” (v. 33). Egli apre la mente alla comprensione delle Scritture circa la sua Morte redentrice e la sua Risurrezione, affermando che “nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (v. 47). Ai discepoli che si trovano “riuniti” insieme e che sono stati testimoni della sua missione, il Signore Risorto promette il dono dello Spirito Santo (cfr v. 49), affinché insieme lo testimonino a tutti i popoli. Da tale imperativo – “Di tutto ciò”, di questo voi siete testimoni (cfr Lc 24,48) -, che è il tema di questa Settimana per l’unità dei cristiani, nascono per noi due domande. La prima: cosa è “tutto ciò”? La seconda: come possiamo noi essere testimoni di “tutto ciò”?

    Se vediamo il contesto del capitolo, “tutto ciò” vuole dire innanzitutto la Croce e la Risurrezione: i discepoli hanno visto la crocifissione del Signore, vedono il Risorto e così cominciano a capire tutte le Scritture che parlano del mistero della Passione e del dono della Risurrezione. “Tutto ciò” quindi è il mistero di Cristo, del Figlio di Dio fattosi uomo, morto per noi e risorto, vivo per sempre e così garanzia della nostra vita eterna.

    Ma conoscendo Cristo – questo è il punto essenziale - conosciamo il volto di Dio. Cristo è soprattutto la rivelazione di Dio. In tutti i tempi, gli uomini percepiscono l’esistenza di Dio, un Dio unico, ma che è lontano e non si mostra. In Cristo questo Dio si mostra, il Dio lontano diventa vicino. “Tutto ciò” è quindi, soprattutto col mistero di Cristo, Dio che si è fatto vicino a noi. Ciò implica un’altra dimensione: Cristo non è mai solo; Egli è venuto in mezzo a noi, è morto solo, ma è risorto per attirare tutti sé. Cristo, come dice la Scrittura, si crea un corpo, riunisce tutta l’umanità nella sua realtà della vita immortale. E così, in Cristo che riunisce l’umanità, conosciamo il futuro dell’umanità: la vita eterna. Tutto ciò, quindi, è molto semplice, in ultima istanza: conosciamo Dio conoscendo Cristo, il suo corpo, il mistero della Chiesa e la promessa della vita eterna.

    Veniamo ora alla seconda domanda. Come possiamo noi essere testimoni di “tutto ciò”? Possiamo essere testimoni solo conoscendo Cristo e, conoscendo Cristo, anche conoscendo Dio. Ma conoscere Cristo implica certamente una dimensione intellettuale - imparare quanto conosciamo da Cristo - ma è sempre molto più che un processo intellettuale: è un processo esistenziale, è un processo dell'apertura del mio io, della mia trasformazione dalla presenza e dalla forza di Cristo, e così è anche un processo di apertura a tutti gli altri che devono essere corpo di Cristo. In questo modo, è evidente che conoscere Cristo, come processo intellettuale e soprattutto esistenziale, è un processo che ci fa testimoni. In altre parole, possiamo essere testimoni solo se Cristo lo conosciamo di prima mano e non solo da altri, dalla nostra propria vita, dal nostro incontro personale con Cristo. Incontrandolo realmente nella nostra vita di fede diventiamo testimoni e possiamo così contribuire alla novità del mondo, alla vita eterna. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dà un'indicazione anche per il contenuto di questo “tutto ciò”. La Chiesa ha riunito e riassunto l'essenziale di quanto il Signore ci ha donato nella Rivelazione, nel “Simbolo detto niceno-costantinopolitano, il quale trae la sua grande autorità dal fatto di essere frutto dei primi due Concili Ecumenici (325 e 381)” (CCC, n. 195). Il Catechismo precisa che questo Simbolo ”è tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell’Oriente e dell’Occidente” (Ibid.). In questo Simbolo quindi si trovano le verità di fede che i cristiani possono professare e testimoniare insieme, affinché il mondo creda, manifestando, con il desiderio e l’impegno di superare le divergenze esistenti, la volontà di camminare verso la piena comunione, l’unità del Corpo di Cristo.

    La celebrazione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani ci porta a considerare altri aspetti importanti per l’ecumenismo. Innanzitutto, il grande progresso realizzato nelle relazioni tra Chiese e Comunità ecclesiali dopo la Conferenza di Edimburgo di un secolo fa. Il movimento ecumenico moderno si è sviluppato in modo così significativo da diventare, nell’ultimo secolo, un elemento importante nella vita della Chiesa, ricordando il problema dell’unità tra tutti i cristiani e sostenendo anche la crescita della comunione tra loro. Esso non solo favorisce i rapporti fraterni tra le Chiese e le Comunità ecclesiali in risposta al comandamento dell’amore, ma stimola anche la ricerca teologica. Inoltre, esso coinvolge la vita concreta delle Chiese e delle Comunità ecclesiali con tematiche che toccano la pastorale e la vita sacramentale, come, ad esempio, il mutuo riconoscimento del Battesimo, le questioni relative ai matrimoni misti, i casi parziali di comunicatio in sacris in situazioni particolari ben definite. Nel solco di tale spirito ecumenico, i contatti sono andati allargandosi anche a movimenti pentecostali, evangelici e carismatici, per una maggiore conoscenza reciproca, benchè non manchino problemi gravi in questo settore.

    La Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II in poi, è entrata in relazioni fraterne con tutte le Chiese d’Oriente e le Comunità ecclesiali d’Occidente, organizzando, in particolare, con la maggior parte di esse, dialoghi teologici bilaterali, che hanno portato a trovare convergenze o anche consensi in vari punti, approfondendo così i vincoli di comunione. Nell’anno appena trascorso i vari dialoghi hanno registrato positivi passi. Con le Chiese Ortodosse la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico ha iniziato, nell’XI Sessione plenaria svoltasi a Paphos di Cipro nell’ottobre 2009, lo studio di un tema cruciale nel dialogo fra cattolici e ortodossi: Il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, cioè nel tempo in cui i cristiani di Oriente e di Occidente vivevano nella piena comunione. Questo studio si estenderà in seguito al secondo millennio. Ho già più volte chiesto la preghiera dei cattolici per questo dialogo delicato ed essenziale per l’intero movimento ecumenico. Anche con le Antiche Chiese ortodosse d’Oriente (copta, etiopica, sira, armena) l’analoga Commissione Mista si è incontrata dal 26 al 30 gennaio dello scorso anno. Tali importanti iniziative attestano come sia in atto un dialogo profondo e ricco di speranze con tutte le Chiese d’Oriente non in piena comunione con Roma, nella loro propria specificità.

    Nel corso dell’anno passato, con le Comunità ecclesiali di Occidente si sono esaminati i risultati raggiunti nei vari dialoghi in questi quarant’anni, soffermandosi, in particolare, su quelli con la Comunione Anglicana, con la Federazione Luterana Mondiale, con l’Alleanza Riformata Mondiale e con il Consiglio Mondiale Metodista. Al riguardo, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha realizzato uno studio per enucleare i punti di convergenza a cui si è giunti nei relativi dialoghi bilaterali, e segnalare, allo stesso tempo, i problemi aperti su cui occorrerà iniziare una nuova fase di confronto.

    Tra gli eventi recenti, vorrei menzionare la commemorazione del decimo anniversario della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, celebrato insieme da cattolici e luterani il 31 ottobre 2009, per stimolare il proseguimento del dialogo, come pure la visita a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, il Dottor Rowan Williams, il quale ha avuto anche colloqui sulla particolare situazione in cui si trova la Comunione Anglicana. Il comune impegno di continuare le relazioni e il dialogo sono un segno positivo, che manifesta quanto sia intenso il desiderio dell’unità, nonostante tutti i problemi che si oppongono. Così vediamo che c’è una dimensione della nostra responsabilità nel fare tutto ciò che è possibile per arrivare realmente all’unità, ma c’è l’altra dimensione, quella dell’azione divina, perché solo Dio può dare l’unità alla Chiesa. Una unità “autofatta” sarebbe umana, ma noi desideriamo la Chiesa di Dio, fatta da Dio, il quale quando vorrà e quando noi saremo pronti, creerà l’unità. Dobbiamo tenere presente anche quanti progressi reali si sono raggiunti nella collaborazione e nella fraternità in tutti questi anni, in questi ultimi cinquant’anni. Allo stesso tempo, dobbiamo sapere che il lavoro ecumenico non è un processo lineare. Infatti, problemi vecchi, nati nel contesto di un’altra epoca, perdono il loro peso, mentre nel contesto odierno nascono nuovi problemi e nuove difficoltà. Pertanto dobbiamo essere sempre disponibili per un processo di purificazione, nel quale il Signore ci renda capaci di essere uniti.

    Cari fratelli e sorelle, per la complessa realtà ecumenica, per la promozione del dialogo, come pure affinché i cristiani nel nostro tempo possano dare una nuova testimonianza comune di fedeltà a Cristo davanti a questo nostro mondo, chiedo la preghiera di tutti. Il Signore ascolti l’invocazione nostra e di tutti i cristiani, che in questa settimana si eleva a Lui con particolare intensità.

     


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/01/2012 14:10

    BENEDETTO XVI

    UDIENZA GENERALE

    Aula Paolo VI
    Mercoledì, 19 gennaio 201
    1

    [Video]

     

    Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani

    Cari fratelli e sorelle,

    stiamo celebrando la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, nella quale tutti i credenti in Cristo sono invitati ad unirsi in preghiera per testimoniare il profondo legame che esiste tra loro e per invocare il dono della piena comunione. È provvidenziale il fatto che, nel cammino per costruire l’unità, venga posta al centro la preghiera: questo ci ricorda, ancora una volta, che l’unità non può essere semplice prodotto dell’operare umano; essa è anzitutto un dono di Dio, che comporta una crescita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Concilio Vaticano II dice: “Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità e costituiscono una manifestazione autentica dei vincoli con i quali i cattolici rimangono uniti con i fratelli separati: «Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio [dice il Signore], ci sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20).” (Decr. Unitatis Redintegratio, 8). Il cammino verso l’unità visibile tra tutti i cristiani abita nella preghiera, perché fondamentalmente l’unità non la “costruiamo” noi, ma la “costruisce” Dio, viene da Lui, dal Mistero trinitario, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo d’amore che è lo Spirito Santo e il nostro impegno ecumenico deve aprirsi all’azione divina, deve farsi invocazione quotidiana dell’aiuto di Dio. La Chiesa è sua e non nostra.

    Il tema scelto quest’anno per la Settimana di Preghiera fa riferimento all’esperienza della prima comunità cristiana di Gerusalemme, così come è descritta dagli Atti degli Apostoli; abbiamo sentito il testo: “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42). Dobbiamo considerare che già al momento della Pentecoste lo Spirito Santo discende su persone di diversa lingua e cultura: ciò sta a significare che la Chiesa abbraccia sin dagli inizi gente di diversa provenienza e, tuttavia, proprio a partire da tali differenze, lo Spirito crea un unico corpo. La Pentecoste come inizio della Chiesa segna l’allargamento dell’Alleanza di Dio a tutte le creature, a tutti i popoli e a tutti i tempi, perché l’intera creazione cammini verso il suo vero obiettivo: essere luogo di unità e di amore.

    Nel brano citato degli Atti degli Apostoli, quattro caratteristiche definiscono la prima comunità cristiana di Gerusalemme come luogo di unità e di amore e san Luca non vuol solo descrivere una cosa del passato. Ci offre questo come modello, come norma della Chiesa presente, perché queste quattro caratteristiche devono sempre costituire la vita della Chiesa. Prima caratteristica, essere unita e ferma nell’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, poi nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Come ho detto, questi quattro elementi sono ancora oggi i pilastri della vita di ogni comunità cristiana e costituiscono anche l’unico solido fondamento sul quale progredire nella ricerca dell’unità visibile della Chiesa.

    Anzitutto abbiamo l’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, ovvero l’ascolto della testimonianza che essi rendono alla missione, alla vita, alla morte e risurrezione del Signore. È ciò che Paolo chiama semplicemente il “Vangelo”. I primi cristiani ricevevano il Vangelo dalla bocca degli Apostoli, erano uniti dal suo ascolto e dalla sua proclamazione, poiché il vangelo, come afferma S. Paolo, “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16). Ancora oggi, la comunità dei credenti riconosce nel riferimento all’insegnamento degli Apostoli la norma della propria fede: ogni sforzo per la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani passa pertanto attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli Apostoli. Fermezza nella fede è il fondamento della nostra comunione, è il fondamento dell’unità cristiana.

    Il secondo elemento è la comunione fraterna. Al tempo della prima comunità cristiana, come pure ai nostri giorni, questa è l’espressione più tangibile, soprattutto per il mondo esterno, dell’unità tra i discepoli del Signore. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i primi cristiani tenevano ogni cosa in comune e chi aveva proprietà e sostanze le vendeva per farne parte ai bisognosi (cfr At 2,44-45). Questa condivisione delle proprie sostanze ha trovato, nella storia della Chiesa, modalità sempre nuove di espressione. Una di queste, peculiare, è quella dei rapporti di fraternità e di amicizia costruiti tra cristiani di diverse confessioni. La storia del movimento ecumenico è segnata da difficoltà e incertezze, ma è anche una storia di fraternità, di cooperazione e di condivisione umana e spirituale, che ha mutato in misura significativa le relazioni tra i credenti nel Signore Gesù: tutti siamo impegnati a continuare su questa strada. Secondo elemento, quindi, la comunione, che innanzitutto è comunione con Dio tramite la fede; ma la comunione con Dio crea la comunione tra di noi e si esprime necessariamente in quella comunione concreta della quale parlano gli Atti degli Apostoli, cioè la condivisione. Nessuno nella comunità cristiana deve avere fame, deve essere povero: questo è un obbligo fondamentale. La comunione con Dio, realizzata come comunione fraterna, si esprime, in concreto, nell’impegno sociale, nella carità cristiana, nella giustizia.

    Terzo elemento: nella vita della prima comunità di Gerusalemme essenziale era il momento della frazione del pane, in cui il Signore stesso si rende presente con l’unico sacrificio della Croce nel suo donarsi completamente per la vita dei suoi amici: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi … questo è il calice del mio Sangue … versato per voi”. “La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia, 1). La comunione al sacrificio di Cristo è il culmine della nostra unione con Dio e rappresenta pertanto anche la pienezza dell’unità dei discepoli di Cristo, la piena comunione. Durante questa settimana di preghiera per l’unità è particolarmente vivo il rammarico per l’impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica, segno che siamo ancora lontani dalla realizzazione di quell’unità per cui Cristo ha pregato. Tale dolorosa esperienza, che conferisce anche una dimensione penitenziale alla nostra preghiera, deve diventare motivo di un impegno ancora più generoso da parte di tutti affinché, rimossi gli ostacoli alla piena comunione, giunga quel giorno in cui sarà possibile riunirsi intorno alla mensa del Signore, spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice.

    Infine, la preghiera - o come dice san Luca le preghiere - è la quarta caratteristica della Chiesa primitiva di Gerusalemme descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. La preghiera è da sempre l’atteggiamento costante dei discepoli di Cristo, ciò che accompagna la loro vita quotidiana in obbedienza alla volontà di Dio, come ci attestano anche le parole dell’apostolo Paolo, che scrive ai Tessalonicesi nella sua prima lettera: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5, 16-18; cfr. Ef 6,18). La preghiera cristiana, partecipazione alla preghiera di Gesù, è per eccellenza esperienza filiale, come ci attestano le parole del Padre Nostro, preghiera della famiglia - il “noi” dei figli di Dio, dei fratelli e sorelle - che parla al Padre comune. Porsi in atteggiamento di preghiera significa pertanto anche aprirsi alla fraternità. Solo nel “noi” possiamo dire Padre Nostro. Apriamoci dunque alla fraternità, che deriva dall’essere figli dell’unico Padre celeste, ed essere disposti al perdono e alla riconciliazione.

    Cari Fratelli e Sorelle, come discepoli del Signore abbiamo una comune responsabilità verso il mondo, dobbiamo rendere un servizio comune: come la prima comunità cristiana di Gerusalemme, partendo da ciò che già condividiamo, dobbiamo offrire una forte testimonianza, fondata spiritualmente e sostenuta dalla ragione, dell’unico Dio che si è rivelato e ci parla in Cristo, per essere portatori di un messaggio che orienti e illumini il cammino dell’uomo del nostro tempo, spesso privo di chiari e validi punti di riferimento. E’ importante, allora, crescere ogni giorno nell’amore reciproco, impegnandosi a superare quelle barriere che ancora esistono tra i cristiani; sentire che esiste una vera unità interiore tra tutti coloro che seguono il Signore; collaborare il più possibile, lavorando assieme sulle questioni ancora aperte; e soprattutto essere consapevoli che in questo itinerario il Signore deve assisterci, deve aiutarci ancora molto, perché senza di Lui, da soli, senza il “rimanere in Lui” non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5).

    Cari amici, è ancora una volta nella preghiera che ci troviamo riuniti - particolarmente in questa settimana - insieme a tutti coloro che confessano la loro fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio: perseveriamo nella preghiera, siamo uomini della preghiera, implorando da Dio il dono dell’unità, affinché si compia per il mondo intero il suo disegno di salvezza e di riconciliazione. Grazie.


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/01/2012 14:14
    [SM=g1740733] 25 gennaio 2010: Festa della Conversione di San Paolo Apostolo - Celebrazione dei Vespri (Video)
    [Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

    [SM=g1740733]
    25 gennaio 2011: Festa della Conversione di San Paolo Apostolo - Celebrazione dei Vespri (Video)
    [
    Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


    L’UDIENZA GENERALE, 18.01.2012

    http://cache.daylife.com/imageserve/039z5KX4dR8z8/610x.jpg


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
    Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, che quest’anno ha per tema: Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore (1 Cor 15, 51-58).
    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

    CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

    Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani

    Cari fratelli e sorelle!

    Inizia oggi la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani che, da oltre un secolo, viene celebrata ogni anno da cristiani di tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, per invocare quel dono straordinario per cui lo stesso Signore Gesù ha pregato durante l’Ultima Cena, prima della sua passione: "Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). La pratica della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani fu introdotta nel 1908 da Padre Paul Wattson, fondatore di una comunità religiosa anglicana che entrò in seguito nella Chiesa cattolica. L’iniziativa ricevette la benedizione del Papa san Pio X e fu poi promossa dal Papa Benedetto XV, che ne incoraggiò la celebrazione in tutta la Chiesa cattolica con il Breve Romanorum Pontificum, del 25 febbraio 1916.

    L’ottavario di preghiera fu sviluppato e perfezionato negli anni trenta del secolo scorso dall’Abbé Paul Couturier di Lione, che sostenne la preghiera "per l’unità della Chiesa così come vuole Cristo e conformemente agli strumenti che Lui vuole". Nei suoi ultimi scritti, l’Abbé Couturier vede tale Settimana come un mezzo che permette alla preghiera universale di Cristo di "entrare e penetrare nell’intero Corpo cristiano"; essa deve crescere fino a diventare "un immenso, unanime grido di tutto il Popolo di Dio", che chiede a Dio questo grande dono. Ed è precisamente nella Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani che l’impulso impresso dal Concilio Vaticano II alla ricerca della piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo trova ogni anno una delle sue più efficaci espressioni. Questo appuntamento spirituale, che unisce cristiani di tutte le tradizioni, accresce la nostra consapevolezza del fatto che l’unità verso cui tendiamo non potrà essere solo il risultato dei nostri sforzi, ma sarà piuttosto un dono ricevuto dall’alto, da invocare sempre.

    Ogni anno i sussidi per la Settimana di Preghiera vengono preparati da un gruppo ecumenico di una diversa regione del mondo. Vorrei soffermarmi su questo punto. Quest’anno, i testi sono stati proposti da un gruppo misto composto da rappresentanti della Chiesa cattolica e del Consiglio Ecumenico Polacco, che comprende varie Chiese e Comunità ecclesiali del Paese. La documentazione è stata poi rivista da un comitato composto da membri del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Anche questo lavoro fatto insieme in due tappe è un segno del desiderio di unità che anima i cristiani e della consapevolezza che la preghiera è la via primaria per raggiungere la piena comunione, perché uniti verso il Signore andiamo verso l'unità. Il tema della Settimana di quest’anno - come abbiamo sentito - è preso dalla Prima Lettera ai Corinzi: - "Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore" (cfr 1 Cor 15,51-58), la sua vittoria ci trasformerà. E questo tema è stato suggerito dall’ampio gruppo ecumenico polacco che ho citato, il quale, riflettendo sulla propria esperienza come nazione, ha voluto sottolineare quanto forte sia il sostegno della fede cristiana in mezzo a prove e sconvolgimenti, come quelli che hanno caratterizzato la storia della Polonia. Dopo ampie discussioni è stato scelto un tema incentrato sul potere trasformante della fede in Cristo, in particolare alla luce dell’importanza che essa riveste per la nostra preghiera in favore dell’unità visibile della Chiesa, Corpo di Cristo. Ad ispirare questa riflessione sono state le parole di san Paolo che, rivolgendosi alla Chiesa in Corinto, parla della natura temporanea di ciò che appartiene alla nostra vita presente, segnata anche dall’esperienza di "sconfitta" del peccato e della morte, in confronto a ciò che porta a noi la "vittoria" di Cristo sul peccato e sulla morte nel suo Mistero pasquale.

    La storia particolare della nazione polacca, che ha conosciuto periodi di convivenza democratica e di libertà religiosa, come nel XVI secolo, è stata segnata, negli ultimi secoli, da invasioni e disfatte, ma anche dalla costante lotta contro l’oppressione e dalla sete di libertà. Tutto questo ha indotto il gruppo ecumenico a riflettere in maniera più approfondita sul vero significato di "vittoria" - che cosa è la vittoria - e di "sconfitta". Rispetto alla "vittoria" intesa in termini trionfalistici, Cristo ci suggerisce una strada ben diversa, che non passa attraverso il potere e la potenza. Egli infatti afferma: "Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9,35). Cristo parla di una vittoria attraverso l’amore sofferente, attraverso il servizio reciproco, l’aiuto, la nuova speranza e il concreto conforto donati agli ultimi, ai dimenticati, ai rifiutati. Per tutti i cristiani, la più alta espressione di tale umile servizio è Gesù Cristo stesso, il dono totale che fa di Se stesso, la vittoria del suo amore sulla morte, nella croce, che splende nella luce del mattino di Pasqua. Noi possiamo prendere parte a questa "vittoria" trasformante se ci lasciamo noi trasformare da Dio, solo se operiamo una conversione della nostra vita e la trasformazione si realizza in forma di conversione. Ecco il motivo per cui il gruppo ecumenico polacco ha ritenuto particolarmente adeguate per il tema della propria meditazione le parole di San Paolo: "Tutti saremo trasformati" dalla vittoria di Cristo, nostro Signore" (cfr 1 Cor 15,51-58).

    La piena e visibile unità dei cristiani, a cui aneliamo, esige che ci lasciamo trasformare e conformare, in maniera sempre più perfetta, all’immagine di Cristo. L’unità per la quale preghiamo richiede una conversione interiore, sia comune che personale. Non si tratta semplicemente di cordialità o di cooperazione, occorre soprattutto rafforzare la nostra fede in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, che ci ha parlato e si è fatto uno di noi; occorre entrare nella nuova vita in Cristo, che è la nostra vera e definitiva vittoria; occorre aprirsi gli uni agli altri, cogliendo tutti gli elementi di unità che Dio ha conservato per noi e sempre nuovamente ci dona; occorre sentire l’urgenza di testimoniare all’uomo del nostro tempo il Dio vivente, che si è fatto conoscere in Cristo.

    Il Concilio Vaticano II ha posto la ricerca ecumenica al centro della vita e dell’operato della Chiesa: "Questo santo Concilio esorta tutti i fedeli cattolici perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all’opera ecumenica" (Unitatis redintegratio, 4). Il beato Giovanni Paolo II ha sottolineato la natura essenziale di tale impegno, dicendo: "Questa unità, che il Signore ha donato alla sua Chiesa e nella quale egli vuole abbracciare tutti, non è un accessorio, ma sta al centro stesso della sua opera. Né essa equivale ad un attributo secondario della comunità dei suoi discepoli. Appartiene invece all’essere stesso di questa comunità" (Enc. Ut unum sint, 9). Il compito ecumenico è dunque una responsabilità dell’intera Chiesa e di tutti i battezzati, che devono far crescere la comunione parziale già esistente tra i cristiani fino alla piena comunione nella verità e nella carità. Pertanto, la preghiera per l’unità non è circoscritta a questa Settimana di Preghiera, ma deve diventare parte integrante della nostra orazione, della vita orante di tutti i cristiani, in ogni luogo e in ogni tempo, soprattutto quando persone di tradizioni diverse s’incontrano e lavorano insieme per la vittoria, in Cristo, su tutto ciò che è peccato, male, ingiustizia, violazione della dignità dell’uomo.

    Da quando il movimento ecumenico moderno è nato, oltre un secolo fa, vi è sempre stata una chiara consapevolezza del fatto che la mancanza di unità tra i cristiani impedisce un annuncio più efficace del Vangelo, perché mette in pericolo la nostra credibilità. Come possiamo dare una testimonianza convincente se siamo divisi? Certamente, per quanto riguarda le verità fondamentali della fede, ci unisce molto più di quanto ci divide. Ma le divisioni restano, e riguardano anche varie questioni pratiche ed etiche, suscitando confusione e diffidenza, indebolendo la nostra capacità di trasmettere la Parola salvifica di Cristo.

    In questo senso, dobbiamo ricordare le parole del beato Giovanni Paolo II, che nella sua Enciclica Ut unum sint parla del danno causato alla testimonianza cristiana e all’annuncio del Vangelo dalla mancanza di unità (cfr nn. 98, 99). E’ una grande sfida questa per la nuova evangelizzazione, che può essere più fruttuosa se tutti i cristiani annunciano insieme la verità del Vangelo di Gesù Cristo e danno una risposta comune alla sete spirituale dei nostri tempi.

    Il cammino della Chiesa, come quello dei popoli, è nelle mani del Cristo risorto, vittorioso sulla morte e sull’ingiustizia che Egli ha portato e ha sofferto a nome di tutti. Egli ci fa partecipi della sua vittoria. Solo Lui è capace di trasformarci e renderci, da deboli e titubanti, forti e coraggiosi nell’operare il bene. Solo Lui può salvarci dalle conseguenze negative delle nostre divisioni. Cari fratelli e sorelle, invito tutti ad unirsi in preghiera in modo più intenso durante questa Settimana per l’Unità, perché cresca la testimonianza comune, la solidarietà e la collaborazione tra i cristiani, aspettando il giorno glorioso in cui potremo professare insieme la fede trasmessa dagli Apostoli e celebrare insieme i Sacramenti della nostra trasformazione in Cristo. Grazie.

    [SM=g1740720]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/01/2012 18:37
    [SM=g1740733]per evitare che in questa settimana ci si fiondi, come al solito, in una sincretista ECU-MANIA .... invitiamo a riflettere questo:

    il Papa ha detto proprio oggi, leggete il post precedente a questo:

    La pratica della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani fu introdotta nel 1908 da Padre Paul Wattson, fondatore di una comunità religiosa anglicana che entrò in seguito nella Chiesa cattolica. L’iniziativa ricevette la benedizione del Papa san Pio X e fu poi promossa dal Papa Benedetto XV, che ne incoraggiò la celebrazione in tutta la Chiesa cattolica con il Breve Romanorum Pontificum, del 25 febbraio 1916.

    orbene.... [SM=g1740722] e cosa ha detto di preciso Benedetto XV ricordato da Benedetto XVI come per esortarci ad un sano ecumenismo? altrimenti non avrebbe senso citare il suo predecessore se poi non lo si legge e non lo si mette in pratica... ergo...
    leggiamolo:

    BREVE  
    CUM CATHOLICAE ECCLESIAE  
    IL VESCOVO BENEDETTO,  
    SERVO DEI SERVI DI DIO.  
    A PERPETUA MEMORIA
       
     
    Poiché la verità della Chiesa cattolica risplende principalmente per la sua unità, nulla è più auspicabile che gli uomini strappati infelicemente dalle braccia di questa Madre ritornino finalmente a Lei, con pensieri e propositi corretti. I Romani Pontefici Nostri Predecessori, particolarmente per quanto riguarda lo scisma d’Oriente non hanno mai cessato, in ogni tempo, sia con l’autorità dei Concilii, sia con paterne esortazioni, sia anche indicendo preghiere, di adoperarsi con tutte le forze affinché quelle popolazioni Cristiane, così numerose e nobili, potessero professare con un cuore solo e un’anima sola l’antica fede dalla quale si sono miseramente separati.  
    Pertanto abbiamo approvato con tanto fervore la preghiera che qui presentiamo e che si propone lo scopo che i popoli Cristiani d’Oriente costituiscano nuovamente un unico ovile con la Chiesa Romana e siano diretti da un unico Pastore. Dopo aver udito anche i Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, con la massima volontà abbiamo arricchito tale preghiera di quei celesti tesori della Chiesa dei quali l’Altissimo ci ha costituto dispensatori.  
     
    Per questo a tutti i fedeli di ambo i sessi che ovunque, sulla terra, reciteranno la seguente preghiera quotidianamente per un mese in qualsiasi lingua, purché fedele al testo originale, nel giorno del mese scelto da ognuno a proprio piacimento, veramente pentiti, dopo essersi confessati e dopo aver ricevuto la Santa Comunione visitino devotamente una Chiesa o un Oratorio pubblico, e qui preghino secondo la Nostra intenzione, concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati.  
     
     
    A quei fedeli, poi, che con cuore contrito abbiano recitato in qualsiasi giorno la stessa preghiera, concediamo secondo la forma ordinaria della Chiesa trecento giorni da bonificare sulle penitenze comminate o in qualunque modo dovute. Consentiamo misericordiosamente che tutte queste indulgenze, remissioni dei peccati e riduzioni di penitenze possano essere applicate a modo di suffragio anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio. Ciò, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le presenti norme avranno valore perpetuo.  
     
    Infine, affinché in futuro nessuna variazione od errore possano intervenire nella preghiera sotto pubblicata, ordiniamo che un esemplare della stessa venga conservato nell’archivio dei Brevi Apostolici.  
     
    Preghiera per l’unione dei Cristiani d’Oriente alla Chiesa Romana. «O Signore, che avete unito le diverse nazioni nella confessione del Vostro Nome, Vi preghiamo per i popoli Cristiani dell’Oriente. Memori del posto eminente che hanno tenuto nella Vostra Chiesa, Vi supplichiamo d’ispirar loro il desiderio di riprenderlo, per formare con noi un solo ovile sotto la guida di un medesimo Pastore. Fate che essi insieme con noi si compenetrino degl’insegnamenti dei loro santi Dottori, che sono anche nostri Padri nella Fede. Preservateci da ogni fallo che potrebbe allontanarli da noi. Che lo spirito di concordia e di carità, che è indizio della Vostra presenza tra i fedeli, affretti il giorno in cui le nostre si uniscano alle loro preghiere, affinché ogni popolo ed ogni lingua riconosca e glorifichi il nostro Signore Gesù Cristo, Vostro Figlio. Così sia ».  
    Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 15 aprile 1916, nel secondo anno del Nostro Pontificato.  
    BENEDICTUS PP. XV



    [SM=g1740733]

    BREVE  
    ROMANORUM PONTIFICUM  
    IL VESCOVO BENEDETTO,  
    SERVO DEI SERVI DI DIO.  
    A PERPETUA MEMORIA
     
     
     
     
    In ogni tempo i Romani Pontefici Nostri Predecessori ebbero a cuore — e anche a Noi preme moltissimo — che i Cristiani che si sono dolorosamente allontanati dalla Chiesa Cattolica siano invitati a tornare ad essa, come ad una madre da loro abbandonata. Splende infatti nella fondamentale unità della fede il principio della verità della Chiesa, e non diversamente l’Apostolo Paolo esorta gli Efesini all’unità dello spirito, da conservarsi nel vincolo della pace, la quale prevede un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo (Ef. IV, 5).  
     
     
    Con grande gioia abbiamo appreso che la Società chiamata « della Espiazione », fondata a New York, ha proposto preghiere da recitarsi dal giorno della festa della Cattedra Romana di San Pietro fino alla festa della Conversione di San Paolo affinché si ottenga questo grande obiettivo dell’unità, e Ci siamo pure rallegrati per il fatto che queste preghiere, benedette dal Santo Padre Pio X di recente memoria e approvate dai Sacri Vescovi dell’America, si sono diffuse in lungo e in largo negli Stati Uniti.  
     
     
    Pertanto, affinché più facilmente si consegua l’obiettivo desiderato, e le suddette preghiere si recitino ovunque con grande vantaggio delle anime, Noi, udito anche il parere dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, a tutti i fedeli dell’uno e dell’altro sesso che in qualunque parte della terra — dal giorno 18 del mese di gennaio, festa della Cattedra Romana di San Pietro, fino al giorno 25 dello stesso mese, nel quale si onora la Conversione di San Paolo — reciteranno ogni anno tali preghiere una volta al giorno, e poi nell’ottavo giorno, veramente pentiti, confessati e nutriti della Santa Comunione, dopo aver visitato qualsiasi Chiesa o pubblico Oratorio abbiano innalzato a Dio pie preghiere per la concordia dei Governanti Cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione di Santa Madre Chiesa, Noi concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria di tutti i loro peccati.  
     
    Concediamo inoltre la possibilità di lucrare la predetta indulgenza plenaria a coloro che, confessati debitamente i peccati e ricevuta la Santa Comunione, compiuta pure la visita nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro in Roma, chiedano perdóno. Inoltre, agli stessi fedeli che con il cuore contrito, in qualunque degli otto giorni menzionati, abbiano recitato le stesse preghiere, concediamo duecento giorni di indulgenza nella forma consueta della Chiesa. Concediamo che tutte e singole queste indulgenze, remissioni dei peccati e attenuazioni delle penitenze possano essere applicate, a modo di suffragio, anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio.  
     
     
    Le presenti concessioni saranno valide anche in futuro, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le preghiere che dovranno essere recitate, negli otto giorni sopra stabiliti per l’unità della Chiesa, sono le seguenti, e affinché su di esse non venga operata alcuna variazione, abbiamo ordinato che una copia delle stesse alla custodita nell’Archivio dei Brevi Apostolici.  
     
     
    « Antifona (Giovanni, XVII, 21): Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.  
    — Io dico a te che tu sei Pietro.  
    — E su questa pietra io edificherò la mia Chiesa ».  
     
     
    Preghiera: « Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi Apostoli: Vi lascio la pace, vi dò la mia pace, non guardare ai miei peccati, ma alla fede della tua Chiesa; dégnati di pacificarla e riunirla secondo la tua volontà, tu che vivi e Regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen ».  
     
     
    Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 25 febbraio 1916, nell’anno secondo del Nostro Pontificato.  
     
     
    BENEDICTUS PP. XV


    [SM=g1740771]



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 20/01/2012 12:08

    Don Bux: "L'Unità dei Cristiani non è di questo mondo"

    di Riccardo Cascioli, da LaBussolaQuotidina del 18-01-2012

    «Pregare per l’unità dei cristiani è fondamentale per imparare che l’unità viene dall’alto e non dal basso, ma oggi c’è il rischio che anche tra i cattolici si diffonda il ‘virus’ che divide al loro interno le altre Chiese cristiane». E’ quanto afferma don Nicola Bux, teologo, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, ed esperto di ecumenismo, spiegando il senso della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che inizia oggi, 18 gennaio, e termina il 25 gennaio.
    Don Bux, qual è il valore di questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani?
    Serve anzitutto a imparare che l’unità non viene dal basso ma dall’alto.
    Dopo il primo slancio conciliare che via via si è attenuato, è sembrato affermarsi un contro-modello di ecumenismo che pensava di far sorgere l’unità dal basso.
    Oggi, forse, con più realismo si torna a comprendere che l’unità è qualcosa che viene dall’alto, non la possiamo costruire noi. L’ecumenismo va inteso come il tentativo di lasciare a Dio quello che è unicamente affare suo, cioè - attraverso le divisioni e i peccati - di chiamare l’uomo all’unità con sé.

    Oggi si parla molto di ecumenismo, ma sembra che ci siano tante diverse interpretazioni di questa parola, a volte anche contraddittorie. Ma qual è l’interpretazione corretta?
    In genere l’ecumenismo prende come affermazione di base quella contenuta nel capitolo 17 di Giovanni all’interno della grande preghiera di Gesù prima della sua passione: “Che siano uno come, Padre, io e te siamo uno, così siano loro una cosa sola nell’unità”. Gesù stesso quindi invoca il dono dell’unità dall’alto, anche perché lui era dinanzi alle divisioni esistenti, che constatava tra gli ebrei di cui lui era figlio. Quindi in un certo senso la preoccupazione per l’unità gli veniva dalla constatazione della realtà.
    Tanti gruppi, fazioni, contrapposti tra loro, che i vangeli – e Giovanni – ben documentano.E dunque il Signore in un certo senso prevedeva, presentiva, che non sarebbe stato molto diverso nemmeno per i suoi discepoli. E pertanto in qualche modo egli comprende che solo un dono dall’alto, un dono abbondante, il perdono, avrebbe limitato gli effetti di quella colpa d’origine che ha provocato la divisione.
    Non bisogna dimenticare nemmeno nell’ecumenismo che l’unità visibile non c’è perché c’è il peccato. Come diceva Ireneo, dove ci sono i peccati c’è la moltitudine, non c’è l’unità.
    D’altra parte il peccato è una realtà al punto che nella liturgia pasquale, nel canto dell’Exultet, lo si definisce peccato d’origine, una colpa felice, una felix culpa, quasi un fatto utile. Lo stesso san Paolo nella prima lettera ai Corinzi (11,19) dice testualmente che “è necessario che avvengano divisioni tra voi”. Colpisce che per l’apostolo siano necessarie le divisioni. Potrebbe sembrare una contraddizione: Gesù postula l’unità che viene dall’alto, San Paolo in qualche modo prende atto che ci sono le divisioni. Noi siamo distanti nel tempo, ma vediamo le divisioni reali dei cristiani, da quelle storiche a quelle sottili che passano anche all’interno di ciascuna confessione. E allora comprendiamo davvero che le divisioni forse non ce le potremo togliere almeno fino alla fine dei tempi. Perché è attraverso di esse che noi dobbiamo comprendere che l’unità non è qualcosa che costruiamo noi. E’ un dono, è un perdono, perché se non c’è perdono non c’è alcuna unità. Lo sanno bene i coniugi.
    Si deve riconoscere che la realtà, contaminata dal peccato, produce divisioni, che vanno continuamente attraversate non con la pretesa di volerle nascondere o attutire in nome di una unità impossibile. Ma comprendendo che nessuno, cattolico o protestante può imporre all’altro qualcosa che l’altro non è o non ha. Deve nascere dall’interno l’ascolto di tutto quanto di vero e di buono esiste nell’altro perché cresca il dono dell’unità, che comunque è dato dall’alto.

    Molto spesso, parlando di unità dei cristiani, ci si riferisce – anche teologi cattolici - a un’ideale “federazione tra le Chiese”, tutte sullo stesso piano. Ma l’obiettivo dell’ecumenismo per la Chiesa cattolica è ben diverso.
    La concezione che lei descrive è esattamente quello che intendevo quando parlavo dell’idea di una unità che si vuole costruire dal basso. Si fanno tanti sforzi, che non approdano a nulla, allora si ripiega su una sorta di federazione: cerchiamo di metterci insieme, ognuno rimanga quel che è e tiriamo a campare. Chissà perché poi tra questi sforzi poi c’è il tentativo di far cambiare natura alla Chiesa cattolica.

    Può fare qualche esempio?
    Pensiamo ad alcuni gruppi di protestanti che cercano di spingere la Chiesa cattolica all’intercomunione. Questa è una delle fisse di alcuni gruppi: facciamo l’intercomunione fra noi,anche se ognuno la realtà della comunione la concepisce diversamente. Come è noto l’idea di eucarestia dei protestanti non è quella dei cattolici: i protestanti vedono l’eucarestia come cena, per noi cattolici Corpo di Cristo come Chiesa e Corpo di Cristo come specie sacramentale costituiscono lo stesso mistero, unico sacramento. Quindi per noi non è possibile essere in comunione con chi la pensa diversamente. Ciononostante tra i protestanti e anche da alcune frange cattoliche, si vuole a tutti i costi spingere verso un’apparenza di unità. Ma la questione va anche oltre i cristiani e si estende agli ebrei, ad esempio: stamattina ascoltavo un’intervista al rabbino capo di Roma, il quale in certo senso dettava alla Chiesa cattolica i criteri per essere Chiesa. Diceva: dunque dobbiamo eliminare la teologia della sostituzione (il popolo di Dio ha preso il posto del popolo di Israele per quanto riguarda la salvezza). Poi bisogna togliere di mezzo le beatificazioni (con allusione a Pio XII); infine bisogna essere attenti nel richiamare all’unità i lefebfvriani, perché richiamarli significa che il Concilio viene tradito. A me sembra strano che una persona che non è membro della Chiesa cattolica, intervenga in questo modo invece di guardare al proprio interno. Se davvero vuole lavorare per rendere meno difficile la coesistenza tra diversi esseri umani o religioni, si preoccupi piuttosto di guardare al proprio interno quali sono i problemi, i punti su cui lavorare per rendere meno difficile la condivisione tra esseri umani – in questo caso di due religioni – invece di dettare all’altro quello che dovrebbe essere. Questo è un cattivo modo di intendere l’ecumenismo, in questo caso il dialogo interreligioso. Nessuno di noi si sognerebbe di andare dagli ebrei a dire cosa devono o non devono fare.

    Si potrebbe però obiettare che anche i cattolici desiderano il cambiamento degli altri, che gli altri tornino all’unica Chiesa cattolica, che anche gli ebrei si convertano. Perché questa non è una mancanza di rispetto?
    Appartiene al dna del cattolico, altrimenti non sarebbe cattolico, concepire la Chiesa come pienezza della verità e il massimo possibile dell’unità. Meno della Chiesa cattolica - diceva von Balthasar - vuol dire appartenere a un’altra realtà che non è la Chiesa cattolica. Per un cattolico – consapevole della propria cattolicità – l’appartenenza alla Chiesa cattolica è il massimo di appartenenza ecclesiale cristiana che possa esserci. Questo probabilmente potrà non piacere ad altri, però cerco di far capire con un esempio: se l’idea di sacramento non caratterizza la Chiesa protestante, oppure se l’idea del primato del vescovo di Roma in rapporto a tutti i vescovi del mondo non caratterizza la chiesa ortodossa, vuol dire che siamo dinanzi a un di meno rispetto alla pienezza cattolica. Diceva Balthasar: queste realtà riposano già nella Chiesa cattolica, non sono esterne. Quindi chi non ce l’ha, chi le ha ricusate, per ragioni storiche, certamente non può pretendere che i cattolici tornino indietro. Loro dovrebbero domandarsi perché mai le abbiano rifiutate. Certamente ci può essere la responsabilità da parte cattolica per queste divisioni, ma ciò non toglie nulla della verità riguardo la natura della Chiesa. Tenga anche presente che tutti i cristiani professano lo stesso Credo, che è stato confezionato nei concili di Nicea e di Costantinopoli: quindi tutti affermiamo “Credo la Chiesa una, Santa, cattolica, apostolica”, anche se è evidente che l’affermazione a parole – direbbe sant’Ireneo - non vuol dire che tutti crediamo allo stesso modo.

    Quindi come si concilia il dialogo con la missione?
    Un cattolico non può non desiderare che qualsiasi essere umano diventi cattolico, perché altrimenti ci sarebbe una domanda grande come una casa sul perché io sono cattolico.Se sono cattolico credo che sia stato il più grande dono fatto alla mia vita. Se questo dono è stato fatto a me perché non devo desiderare che venga fatto ad altri?. Se io credo che Gesù Cristo è l’unico Signore e il Salvatore dell’umanità perché debbo credere che alcuni settori dell’umanità debbano essere esclusi? La cattolicità, la dimensione cattolica, sta ad indicare questa universalità di sguardo, di destinazione: per noi cattolici non è un limite, anzi, è una missione: guai a noi se non la perseguissimo, come dice San Paolo. Il dialogo è nella ricerca della verità: tra gli ebrei tanti sono diventati cristiani per un movimento spontaneo di approfondimento della loro stessa religione: sono andati a fondo della propria religione, Gesù è il compimento di questa ricerca della verità

    Tornando al dialogo fra i cristiani, si ha l’impressione che con gli Ortodossi l’unità sia più facile – o più vicina - rispetto alle Chiese protestanti.
    Credo sia un’apparenza. Con gli ortodossi essenzialmente differiamo perché l’idea di Chiesa che loro hanno non postula un principio visibile di unità risiedente nel vescovo di Roma. Loro credono che la Chiesa sia appoggiata unicamente sulle Chiese locali, sulla visibilità locale.Dire che sia più facile è azzardato perché all’interno stesso dell’Ortodossia, i vescovi e le Chiese in cui l’Ortodossia si articola, hanno totalmente consolidato il principio di autonomia, ognuno fa di testa sua (è il significato letterale di autocefale). Gli ortodossi sanno che questo è il loro grande problema, La struttura ecclesiologica affermatasi nei secoli è arrivata a tal punto che non sono in grado di uscirne. L’autocefalia è una specie di virus che diventa un principio di distruzione della Chiesa, e purtroppo ha attaccato anche la Chiesa cattolica. Basta pensare all’elefantiasi delle conferenze episcopali (nazionali, regionali, territoriali) che praticamente vogliono dettare legge pure alla sede apostolica di Roma. Il rischio è grave: la realtà – non da oggi – è che c’è un tentativo da parte di alcune conferenze episcopali di costituirsi come alter ego della Santa Sede, dimenticando che le conferenze episcopali non sono di istituzione divina. Sono degli organismi ecclesiali che quindi hanno tutti i limiti degli organismi umani. Neanche l’autorità di un singolo vescovo può essere surclassata da una conferenza episcopale. Ma oggi si assiste a questo, al lento, indiretto esautoramento del l’autorità del singolo vescovo da parte delle Conferenze episcopali. Queste tra l’altro non hanno prerogative dottrinali però molto spesso assistiamo a prese di posizione quasi contestatarie nei confronti dell’autorità del vescovo di Roma, senza la quale non sussiste neanche quella degli organismi collegiali. Come insegna il Concilio Vaticano II, il collegio dei vescovi non è mai senza il suo capo. Se non provvediamo subito a curare questo virus rischieremo di trovarci anche noi in situazioni analoghe – e direi sempre più difficili – a quelle dei cosiddetti fratelli separati.

    [SM=g1740722] [SM=g1740721]




    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 22.01.2012

    Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    L’odierna domenica cade nel mezzo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio. Invito cordialmente tutti ad unirsi alla preghiera che Gesù ha rivolto al Padre alla vigilia della sua passione: "Che siano una sola cosa, perché il mondo creda" (Gv 17,21). Quest’anno, in particolare, la nostra meditazione nella Settimana di preghiera per l’unità fa riferimento ad un brano della Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi, dal quale si è formulato il motto: Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo nostro Signore (cfr 1 Cor 15,51-58). Siamo chiamati a contemplare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, cioè la sua risurrezione, come un evento che trasforma radicalmente quanti credono in Lui e apre loro l’accesso ad una vita incorruttibile e immortale. Riconoscere e accogliere la forza trasformante della fede in Gesù Cristo sostiene i cristiani anche nella ricerca della piena unità tra di loro.

    Quest’anno i sussidi per la Settimana di preghiera per l’unità sono stati preparati da un gruppo polacco. In effetti, la Polonia ha conosciuto una lunga storia di lotte coraggiose contro varie avversità e ha ripetutamente dato prova di grande determinazione, animata dalla fede. Per questo le parole che formano il tema sopra ricordato, hanno una risonanza ed una incisività particolari in Polonia. Nel corso dei secoli, i cristiani polacchi hanno spontaneamente intuito una dimensione spirituale nel loro desiderio di libertà ed hanno compreso che la vera vittoria può giungere solo se accompagnata da una profonda trasformazione interiore.

    Essi ci ricordano che la nostra ricerca di unità può essere condotta in maniera realistica se il cambiamento avviene innanzitutto in noi stessi e se lasciamo agire Dio, se ci lasciamo trasformare ad immagine di Cristo, se entriamo nella vita nuova in Cristo, che è la vera vittoria.

    L’unità visibile di tutti i cristiani è sempre opera che viene dall’alto, da Dio, opera che chiede l’umiltà di riconoscere la nostra debolezza e di accogliere il dono. Però, per usare un’espressione che ripeteva spesso il Beato Papa Giovanni Paolo II, ogni dono diventa anche impegno. L’unità che viene da Dio esige dunque il nostro quotidiano impegno di aprirci gli uni agli altri nella carità.

    Da molti decenni, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani costituisce un elemento centrale nell’attività ecumenica della Chiesa. Il tempo che dedicheremo alla preghiera per la piena comunione dei discepoli di Cristo ci permetterà di comprendere più profondamente come saremo trasformati dalla sua vittoria, dalla potenza della sua risurrezione.

    Mercoledì prossimo, come è consuetudine, concluderemo la Settimana di preghiera con la solenne celebrazione dei Vespri della Festa della Conversione di San Paolo, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, alla quale saranno presenti anche i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità cristiane. Vi attendo numerosi a tale incontro liturgico per rinnovare insieme la nostra preghiera al Signore, fonte dell’unità. Affidiamola fin da ora, con filiale fiducia, all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa.




    http://cache.daylife.com/imageserve/04xd5Ssg5J1TO/610x.jpg


    [SM=g1740757]


    [Modificato da Caterina63 22/01/2012 17:45]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 23/01/2012 15:09
    [SM=g1740733]da sant'Agostino: LA VERA RELIGIONE

    Autorità e ragione. Anche gli eretici giovano alla Chiesa cattolica.

    8. 14. Con questa conoscenza apparirà chiaro all’uomo, per quanto gli è consentito, come ogni cosa sia sottomessa a Dio, suo Signore, secondo leggi necessarie, inviolabili e giuste. Perciò tutte quelle cose, che prima abbiamo creduto confidando unicamente nell’autorità , in parte le comprendiamo come evidenti, in parte come tali che possono diventare evidenti ed è opportuno che lo diventino. Quindi compiangiamo gli increduli i quali, invece di credere insieme a noi, preferirono irridere la nostra fede. Una volta conosciuta l’eternità della Trinità e la mutevolezza della creatura, infatti la sacra e santa incarnazione, il parto della Vergine, la morte del Figlio di Dio per noi, la sua resurrezione dai morti, la sua ascensione al cielo, il suo sedersi alla destra del Padre, la remissione dei peccati, il giorno del giudizio, la resurrezione dei corpi non sono più soltanto oggetto di fede, ma vanno considerati anche come espressione della misericordia che il sommo Dio mostra nei confronti del genere umano.

    8. 15. Ma, siccome è stato detto con assoluta verità che è necessario che vi siano molte eresie, perché risulti manifesto chi sono i veri credenti tra voi , serviamoci anche di questo beneficio della divina Provvidenza. Gli eretici infatti sorgono fra quegli uomini che errerebbero ugualmente, anche se restassero nella Chiesa. Per il fatto che ne sono fuori, invece sono di grande giovamento, non certo perché insegnano il vero che non conoscono, ma perché spingono i cattolici carnali a cercarlo e i cattolici spirituali a renderlo manifesto.
    Nella santa Chiesa sono moltissimi gli uomini cari a Dio , ma essi restano tra noi sconosciuti almeno fino a che, trovando noi piacere nelle tenebre della nostra ignoranza, preferiamo dormire piuttosto che contemplare la luce della verità . E però sono molti quelli che sono svegliati dal sonno ad opera degli eretici, perché vedano il giorno del Signore e ne gioiscano . Serviamoci dunque anche degli eretici, non per condividerne gli errori, ma per essere più vigili e scaltri nel difendere la dottrina cattolica contro le loro insidie, anche se non siamo capaci di ricondurli alla salvezza.

    (...)

    10. 19. Guardiamoci dunque dal servire la creatura invece del Creatore, dal perderci dietro alle nostre fantasie : in questo consiste la perfetta religione. Infatti, se stiamo vicini al Creatore eterno, necessariamente anche noi saremo resi eterni. Ma l’anima, sommersa e avvolta dai peccati, di per se stessa non sarebbe capace né di scorgere né di raggiungere questa meta, poiché non troverebbe tra le realtà umane nessun punto d’appoggio che le consenta di afferrare quelle divine e attraverso il quale, perciò, l’uomo possa cercare di innalzarsi dalla vita terrena alla somiglianza con Dio. Per questo motivo l’ineffabile misericordia divina viene in aiuto in parte di ciascun uomo, in parte dello stesso genere umano, secondo un’economia di ordine temporale, per mezzo di creature mutevoli ma sottomesse alle leggi eterne, allo scopo di ricordare loro la loro primitiva e perfetta natura. Un aiuto di tal genere è ai nostri tempi la religione cristiana nella cui conoscenza e pratica è la garanzia assoluta della salvezza.

    10. 20. Molti sono i modi in cui la verità può essere difesa contro i chiacchieroni e resa accessibile a chi la ricerca: è Dio stesso onnipotente che la rivela mediante se stesso e aiuta coloro che hanno buona volontà a intuirla e contemplarla, per mezzo di angeli buoni e di alcuni uomini. Spetta poi a ciascuno servirsi del metodo che gli pare più adatto per coloro con i quali deve trattare.
    Da parte mia, dopo aver considerato a lungo e attentamente la questione, nel tentativo di capire quali uomini parlino a vanvera e quali cerchino la verità sul serio ovvero quale io stesso sono stato, sia quando semplicemente cianciavo sia quando l’ho cercata veramente, ho ritenuto che fosse meglio procedere in questo modo: tieni ben saldo ciò che hai riconosciuto come vero e attribuiscilo alla Chiesa cattolica; respingi invece ciò che è falso e, poiché sono solo un uomo, perdonami; accetta ciò che ti pare dubbio, fino a che o la ragione non ti avrà dimostrato o l’autorità non ti avrà ordinato di respingerlo o di riconoscerlo come vero oppure di continuare a crederlo.

    Per quanto puoi, dunque, presta attenzione in modo diligente e pio a ciò che segue; Dio infatti non può che aiutare gli uomini che si comportano così.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 17/01/2013 16:22

    "Siamo stati capaci di intrecciare una rete di amicizia con le varie chiese e comunità" (Prima parte)


    A colloquio con il cardinale Kurt Koch, responsabile per l'ecumenismo della Santa Sede, alla vigilia della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani


    José Antonio Varela Vidal

    CITTA' DEL VATICANO, Tuesday, 15 January 2013 (Zenit.org).

    Venerdì 18 gennaio inizierà la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, che si concluderà il 25 gennaio. In quest’ultima data, papa Benedetto XVI, come ogni anno, presiederà i Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, assieme ai leader delle più importanti chiese cristiane. L’obiettivo comune è chiaro: avanzare nell’unità.

    Questa attività può ben svilupparsi anche nelle diocesi, nelle parrocchie, nei movimenti, nei collegi e nei seminari o laddove esista una chiesa cristiana con ala quale dialogare e riunirsi per pregare. Questo sforzo – che ha origine nel secolo XIX per iniziativa della Chiesa Anglicana – ha conosciuto un forte impulso da parte della Santa Sede, che lavora palmo a palmo con il Consiglio Mondiale delle Chiese per scegliere un tema annuale e offrire materiali di riflessione e preghiera.

    L’ente incaricato a promuovere questa felice iniziativa in tutta la Chiesa Cattolica è il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. ZENIT, per l’occasione, ha incontrato il presidente di tale dicastero, il cardinale svizzero Kurt Koch, che è anche incaricato dell’importante dialogo con l’Ebraismo.

    Eminenza, come nacque la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani?

    Cardinale Koch: La Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani ebbe origine già nel XIX secolo. Era un’iniziativa ecumenica degli anglicani, accettata dalla Chiesa cattolica già con papa Leone XIII. In seguito, questa Settimana in favore dell’ecumenismo divenne una pratica nella Chiesa cattolica. Oggi è l’evento più importante dell’anno per l’ecumenismo, perché la preghiera per l’unità è il fondamento di tutto l’ecumenismo. Il decreto sull’ecumenismo del Vaticano II parla di “ecumenismo spirituale” che è il cuore di tutto.

    Quante chiese cristiane rispondono a quest’appello?

    Cardinale Koch: La preparazione che noi portiamo avanti, si fa insieme con il Consiglio Mondiale per le Chiese e penso che molte chiese e comunità ecclesiali fanno questa preghiera, ma non sono sicuro che siano tutti.

    Proprio sul dialogo ecumenico, il tema di quest’anno é “camminare insieme”. Qual è il risultato più importante degli sforzi negli ultimi anni?

    Cardinale Koch: Dopo cinquanta anni, cioè dopo l’apertura del Concilio, abbiamo potuto cogliere molti frutti. Abbiamo adesso sedici dialoghi con altrettante chiese e altre comunità ecclesiali nel mondo. Abbiamo potuto intrecciare una rete di amicizia con diverse chiese e comunità ecclesiali, che non sono più nemiche e si riconoscono come fratelli e sorelle; questo soprattutto nel battesimo, che é il vero fondamento di tutto.

    Ma ciò non è ancora sufficiente, vero?

    Cardinale Koch: La mutua accettazione del battesimo è la base di tutto l’ecumenismo. È chiaro che dopo cinquanta anni non si è potuto aggiungere l’obiettivo dell’ecumenismo, che è l’unità visibile di tutti cristiani, di tutte le chiese.

    Ci sono punti comune pure nel culto?

    Cardinale Koch: Penso che ci sia una differenza nell’ecumenismo con le chiese ortodosse anche orientali, da una parte, e con le chiese che sono nate della Riforma, dall’altra; perché con tutte le chiese orientali abbiamo un grande fondamento comune nella fede, ma abbiamo un’altra cultura. Con le chiese che sono nate della Riforma, non abbiamo la stessa comunanza nella fede ma abbiamo la stessa cultura. E questa grande differenza ha molta importanza per i contenuti del dialogo.

    Così accade anche nella liturgia...

    Cardinale Koch: Per noi cattolici è possibile pregare con tutti i cristiani sul fondamento del battesimo, anche con molti ortodossi. Io sono andato a Costantinopoli per la festa di sant’Andrea e partecipo sempre alla liturgia, con grande accoglienza da parte dei patriarchi. Per contro, ci sono alcuni ortodossi che danno l’impressione di non voler pregare insieme con i cattolici...

    Sul tema della libertà religiosa, di cui oggi tanti cristiani soffrono la mancanza, quale dovrebbe essere l’atteggiamento giusto?

    Cardinale Koch: Penso che sia molto importante la dichiarazione del Vaticano II sulla libertà religiosa per la persona umana. Questo è un grande impegno per le nostre chiese, per approfondire e sostenere la libertà religiosa per tutti i cristiani in tutti paesi. La sfida è molto grande perché di tutti credenti nel mondo che sono perseguitati per via della loro fede, l’80% sono cristiani.

    E alcuni di loro vengono uccisi o patiscono il carcere per tutta la vita…

    Cardinale Koch: In questo senso, il beato Giovanni Paolo II ha parlato di un “ecumenismo dei martiri”. Per me questa è un’idea molto profonda, perché tutte le comunità ecclesiali hanno i loro martiri. Il martirio ha già -come ha detto Giovanni Paolo II - “la comunione piena”, e noi sulla terra non l’abbiamo ancora… Allora, la preghiera con i martiri nel cielo può aiutare ad approfondire l’unità e l’ecumenismo sulla terra.




    [SM=g1740771]


    "Siamo stati capaci di intrecciare una rete di amicizia con le varie chiese e comunità" (Seconda parte)


    A colloquio con il cardinale Kurt Koch, responsabile per l'ecumenismo della Santa Sede, alla vigilia della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani


    José Antonio Varela Vidal

    CITTA' DEL VATICANO, Wednesday, 16 January 2013 (Zenit.org).

    La prima parte dell’intervista al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, è stata pubblicata martedì 15 gennaio.

    ***

    C’è ancora preoccupazione per alcune decisioni della Chiesa Anglicana che, di fatto, la allontanano da Roma?

    Cardinale Koch: Nostro scopo per l’unità è l’unità nella fede, nei sacramenti e nei ministeri; e se gli anglicani cambiano tutto nel ministero, questo diventa una grande sfida anche per noi. Poiché questo sviluppo nella comunità mondiale degli anglicani provoca molta tensione nella comunità anglicana, questa è anche per noi una grande sfida. Noi vogliamo e dobbiamo aiutare a ritrovare l’unità anglicana ma solo se gli anglicani vogliono nostro aiuto.

    Un altro tema che preoccupa tutti è la secolarizzazione in Europa e in altri luoghi. Come possono rispondere le chiese cristiane a queste correnti, che annullano e cancellano a Dio della vita pubblica?

    Cardinale Koch: In primo luogo, i cristiani in Europa devono considerare la loro responsabilità su questo sviluppo, perché dopo la Riforma abbiamo lo scisma, la divisione, e dopo la divisione abbiamo avuto molte guerre confessionali. E direi che queste guerre e divisioni hanno fatto sì che in Europa la religione non sia più il fondamento dell’unità nella società, ma la radice ie tutti i conflitti. In questo senso la società moderna ha dovuto trovare un nuovo fondamento per l’unità nella società indipendente dalla religione.

    Quello che Lei dice spiega oggi tante cose…

    Cardinale Koch: In questo senso, la rovescio della medaglia sarebbe che se il cristianesimo vuole aiutare a ritrovare la dimensione religiosa e trascendente nella società europea, deve ritrovare l’unità. L’ecumenismo è adesso una grande sfida per la situazione molto secolarizzata in Europa, perché soltanto una voce comune di tutti cristiani - con i valori cristiani- aiuterà a ritrovare i valori cristiani fondamentali nella storia di Europa.

    E la scelta della Chiesa cattolica per la Nuova evangelizzazione, che risposta ha ricevuto delle altre chiese cristiane?

    Cardinale Koch: La Nuova evangelizzazione deve possedere una dimensione ecumenica, perche é evidente che nella preghiera sacerdotale di Gesù, Lui prega che tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda. La credibilità dell’annunzio del vangelo dipende della unità della chiesa. Ho molti partner ecumenici che sono contenti con questa iniziativa; dall’altra parte ci sono ancora alcuni che non lo sono. È molto importante incoraggiare tutti i partner ecumenici, per approfondire questa sfida della Nuova evangelizzazione.

    Quali sono le chiese più entusiaste?

    Cardinale Koch: Devo dire che abbiamo oggi una grande divisione nell’ecumenismo che attraversa le chiese. Abbiamo da una parte un ecumenismo liberale tra cattolici e riformati. E dall’altra parte abbiamo la visione di approfondire il fondamento della fede tra le comunità evangeliche e cattoliche. Nel secondo gruppo la Nuova evangelizzazione è una grande sfida.

    Adesso quali sono i progetti del suo Dicastero?

    Cardinale Koch: In primo luogo, in questo Anno della Fede, la sfida sarà approfondire il fondamento della fede nell’ecumenismo, perché l’ecumenismo non é una questione diplomatica o politica, ma è una questione della fede. Dobbiamo ritrovare la fede comune e la confessione della fede apostolica e approfondire sull’obiettivo comune dell’ecumenismo. La seconda questione è l’approfondimento dello spirituale, e il ritrovamento delle radici spirituali dell’ecumenismo e dell’impegno per l’unità.

    In fine dei conti, come dovrebbe essere la disposizione del cattolico di fronte agli altri cristiani?

    Cardinale Koch: Mi sembra molto importante il detto del beato Giovanni Paolo II, secondo il quale l’ecumenismo non é solo uno scambio d’idee ma “uno scambio di doni”. Ognuna delle chiese ha dei tesori particolari nella propria tradizione di fede. Quindi non dobbiamo avere paura dell’ecumenismo, perche é un arricchimento. La mia esperienza personale è che, con l’ecumenismo, io sono diventato molto più cattolico. Perché vedo anche le grandi cose, i vantaggi della nostra Chiesa, soprattutto il gran regalo che abbiamo ricevuto con il papato, con il primato del vescovo di Roma come centro dell’unità della nostra chiesa; e questo é un grande vantaggio.

    Una grande visione, insomma…

    Cardinale Koch: Papa Pio XII ha detto che l’ecumenismo è un’idea dello Spirito Santo. Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, sono tutti convinti che l’ecumenismo è un regalo dello Spirito Santo e dobbiamo avere un cuore aperto a questo regalo; e ascoltare bene che vuol dirci lo Spirito Santo nell’attuale situazione dell’ecumenismo.

    Per partecipare nella Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 2013 (varie lingue):

    www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/sub-index/index_weeks-prayer_it.htm

    [SM=g1740771]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 20/01/2013 14:33

    BENEDETTO XVI

    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 20 gennaio 2013

    [Video]


     

    Cari fratelli e sorelle!

    Oggi la liturgia propone il Vangelo delle nozze di Cana, un episodio narrato da Giovanni, testimone oculare del fatto.
    Tale episodio è stato collocato in questa domenica che segue immediatamente il tempo di Natale perché, insieme con la visita dei Magi d’oriente e con il Battesimo di Gesù, forma la trilogia dell’epifania, cioè della manifestazione di Cristo.
    Quello delle nozze di Cana è infatti «l’inizio dei segni» (Gv 2,11), cioè il primo miracolo compiuto da Gesù, con il quale Egli manifestò in pubblico la sua gloria, suscitando la fede dei suoi discepoli. Richiamiamo brevemente ciò che accadde durante quella festa di nozze a Cana di Galilea. Accadde che venne a mancare il vino, e Maria, la Madre di Gesù, lo fece notare a suo Figlio. Egli le rispose che non era ancora giunta la sua ora; ma poi seguì la sollecitazione di Maria e, fatte riempire d’acqua sei grandi anfore, trasformò l’acqua in vino, un vino eccellente, migliore del precedente. Con questo “segno”, Gesù si rivela come lo Sposo messianico, venuto a stabilire con il suo popolo la nuova ed eterna Alleanza, secondo le parole dei profeti: «Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). E il vino è simbolo di questa gioia dell’amore; ma esso allude anche al sangue, che Gesù verserà alla fine, per sigillare il suo patto nuziale con l’umanità.

    La Chiesa è la sposa di Cristo, il quale la rende santa e bella con la sua grazia. Tuttavia questa sposa, formata da esseri umani, è sempre bisognosa di purificazione. E una delle colpe più gravi che deturpano il volto della Chiesa è quella contro la sua unità visibile, in particolare le storiche divisioni che hanno separato i cristiani e che non sono state ancora superate.

    Proprio in questi giorni, dal 18 al 25 gennaio, si svolge l’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un momento sempre gradito ai credenti e alle comunità, che risveglia in tutti il desiderio e l’impegno spirituale per la piena comunione.
    In tal senso è stata molto significativa la veglia che ho potuto celebrare circa un mese fa, in questa Piazza, con migliaia di giovani di tutta Europa e con la comunità ecumenica di Taizé: un momento di grazia in cui abbiamo sperimentato la bellezza di formare in Cristo una cosa sola. Incoraggio tutti a pregare insieme affinché possiamo realizzare «Quello che esige il Signore da noi» (cfr Mi 6,6-8), come dice quest’anno il tema della Settimana; un tema proposto da alcune comunità cristiane dell’India, che invitano ad impegnarsi con decisione verso l’unità visibile tra tutti i cristiani, e a superare, come fratelli in Cristo, ogni tipo di ingiusta discriminazione. Venerdì prossimo, al termine di queste giornate di preghiera, presiederò i Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le mura, alla presenza dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali.

    Cari amici, alla preghiera per l’unità dei cristiani vorrei aggiungere ancora una volta quella per la pace, perché, nei diversi conflitti purtroppo in atto, cessino le ignobili stragi di civili inermi, abbia fine ogni violenza, e si trovi il coraggio del dialogo e del negoziato. Per entrambe queste intenzioni, invochiamo l’intercessione di Maria Santissima, mediatrice di grazia.

     


    Dopo l'Angelus


    E infine saluto i pellegrini di lingua italiana, le famiglie, i fedeli di diverse parrocchie, di associazioni e di movimenti. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Grazie. Buona domenica!

    [SM=g1740766]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 23/01/2014 10:15

    UDIENZA GENERALE

    Piazza San Pietro
    Mercoledì, 22 gennaio 2014


     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

    Sabato scorso è iniziata la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà sabato prossimo, festa della Conversione di san Paolo apostolo. Questa iniziativa spirituale, quanto mai preziosa, coinvolge le comunità cristiane da più di cento anni. Si tratta di un tempo dedicato alla preghiera per l’unità di tutti i battezzati, secondo la volontà di Cristo: «che tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Ogni anno, un gruppo ecumenico di una regione del mondo, sotto la guida del Consiglio Ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, suggerisce il tema e prepara sussidi per la Settimana di preghiera. Quest’anno tali sussidi provengono dalle Chiese e Comunità ecclesiali del Canada, e fanno riferimento alla domanda rivolta da san Paolo ai cristiani di Corinto: «È forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13).

    Certamente Cristo non è stato diviso. Ma dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore, che le nostre comunità continuano a vivere divisioni che sono di scandalo. Le divisioni fra noi cristiani sono uno scandalo. Non c'è un'altra parola: uno scandalo.
    «Ciascuno di voi – scriveva l’Apostolo – dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo”» (1,12). Anche quelli che professavano Cristo come loro capo non sono applauditi da Paolo, perché usavano il nome di Cristo per separarsi dagli altri all’interno della comunità cristiana. Ma il nome di Cristo crea comunione ed unità, non divisione! Lui è venuto per fare comunione tra noi, non per dividerci. Il Battesimo e la Croce sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza (cfr 1,17).

    Paolo rimprovera i corinzi per le loro dispute, ma anche rende grazie al Signore «a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza» (1,4-5). Queste parole di Paolo non sono una semplice formalità, ma il segno che egli vede prima di tutto – e di questo si rallegra sinceramente – i doni fatti da Dio alla comunità. Questo atteggiamento dell’Apostolo è un incoraggiamento per noi e per ogni comunità cristiana a riconoscere con gioia i doni di Dio presenti in altre comunità. Malgrado la sofferenza delle divisioni, che purtroppo ancora permangono, accogliamo, le parole di Paolo come un invito a rallegrarci sinceramente delle grazie concesse da Dio ad altri cristiani. Abbiamo lo stesso Battesimo, lo stesso Spirito Santo che ci ha dato la Grazia: riconosciamolo e rallegriamoci.

    È bello riconoscere la grazia con cui Dio ci benedice e, ancora di più, trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle. Il gruppo canadese che ha preparato i sussidi di questa Settimana di preghiera non ha invitato le comunità a pensare a quello che potrebbero dare ai loro vicini cristiani, ma le ha esortate ad incontrarsi per capire ciò che tutte possono ricevere di volta in volta dalle altre. Questo richiede qualcosa di più. Richiede molta preghiera, richiede umiltà, richiede riflessione e continua conversione. Andiamo avanti su questa strada, pregando per l'unità dei cristiani, perché questo scandalo venga meno e non sia più tra noi.


    Saluti:

    Je salue bien cordialement les pèlerins francophones. Chers amis, je vous invite à prier pour l’unité entre baptisés et à accueillir ce que nous pourrons recevoir comme un don de la part d’autres chrétiens.

    Bon pèlerinage!

    [Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese. Cari amici, vi invito a pregare per l’unità dei battezzati e ad accogliere da parte degli altri cristiani ciò che possiamo ricevere come un dono. Buon pellegrinaggio!]

    During this Week of Prayer for Christian Unity I am particularly pleased to greet the students of the ecumenical Graduate School of Bossey. May your studies help to advance ecumenical dialogue and understanding. I also greet the pilgrimage of British Army Chaplains and the delegation from the Jewish Federation of Chicago. Upon all the English-speaking pilgrims present at today’s Audience I cordially invoke God’s blessings of joy and peace!

    [In questa Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani mi è particolarmente gradito poter salutare gli studenti provenienti dall’Istituto Universitario di Bossey. Mi auguro che i vostri studi aiutino a promuovere la comprensione e il dialogo ecumenico. Saluto inoltre il gruppo di Cappellani Militari Britannici e la delegazione della Federazione Ebrea di Chicago. Su tutti i pellegrini di lingua inglese presenti a questa Udienza invoco la gioia e la pace del Signore!]

    Von Herzen begrüße ich die Pilger deutscher Sprache. Liebe Freunde, Jesus hat gesagt, wo zwei oder drei in seinem Namen versammelt sind, da ist er mitten unter ihnen (vgl. Mt 18,20). Nehmen wir uns die Worte des Herrn zu Herzen und kommen wir mit den Brüdern und Schwestern der anderen christlichen Gemeinschaften zum gemeinsamen Gebet zusammen. Der Heilige Geist begleite euch auf euren Wegen.

    [Saluto con affetto i pellegrini di lingua tedesca. Carissimi, il Signore Gesù ha detto che dove sono due o tre riuniti nel suo nome, lì è in mezzo a loro (cfr Mt 18,20). Prendiamo a cuore le parole del Signore incontrandoci con i nostri fratelli e sorelle delle altre comunità cristiane per la preghiera comune. Lo Spirito Santo vi accompagni nel vostro cammino.]

    Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España, Argentina, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos a que llenos de gozo por el don de la filiación divina que hemos recibido en el bautismo, sepamos reconocer con alegría y humildad los dones que Dios concede a otros cristianos. Que Dios los bendiga.

    Saúdo cordialmente os peregrinos de língua portuguesa, especialmente os sacerdotes da diocese brasileira de Catanduva: obrigado pela vossa presença e sobretudo pelas vossas orações! À Virgem Maria confio os vossos passos ao serviço do crescimento rumo à unidade do Povo de Deus. Sobre vós, vossas famílias e paróquias desça a Bênção do Senhor!

    [Saluto cordialmente i pellegrini di lingua portoghese, in modo speciale i sacerdoti della diocesi brasiliana di Catanduva: grazie per la vostra presenza e soprattutto per le vostre preghiere! Alla Vergine Maria affido i vostri passi al servizio della crescita verso l’unità del Popolo di Dio. Su di voi e sulle vostre famiglie e parrocchie scenda la Benedizione del Signore.]

    الأخوات والإخوة الأحباء الناطقون باللغة العربية، لا سيما القادمون من مصر: ليكن الإيمان، لا سببا في الانشقاق، بل وسيلة للوحدة وللشركة مع الله ومع الإخوة. ليكن دعاء اسم الرب، لا دافعًا للانغلاق، بل طريقًا لانفتاح القلب على المحبة التي توحد وتثري. فلنصلي للرب كي يوحد  المسيحيين فيعيشوا الاختلاف كثراء؛ ويروا في الآخر أخًا ينبغي استقباله بمحبة. ليحفظ الرب حياتكم وليقودنا جميعا نحو الوحدة!

    [Cari fratelli e sorelle di lingua araba, specialmente i provenienti dall’Egitto:la fede non sia un motivo di divisione ma uno strumento di unità e di comunione con Dio e con i fratelli. L’invocazione del nome del Signore non sia ragione di chiusura ma via per aprire il cuore all’amore che unisce e arricchisce. Preghiamo perché il Signore conceda l’unità ai cristiani vivendo la differenza come ricchezza; vedendo nell’altro un fratello da accogliere con amare. Il Signore vi custodisca e ci guidi tutti verso l’unità!]

    Serdecznie pozdrawiam siostry elżbietanki, niewidome dzieci z Lasek i wszystkich polskich pielgrzymów. Drodzy bracia i siostry, przez łaskę chrztu staliśmy się dziećmi Bożymi i uczniami Jezusa Chrystusa, powołanymi do świętości i ubogaconymi darami Ducha Świętego. Dlatego szczerze cieszmy się z tych darów i módlmy się o jedność chrześcijan. Z serca wam błogosławię.

    [Saluto cordialmente le suore di Santa Elisabetta, i bambini cechi di Laski e tutti i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, mercé la grazia del Battesimo siamo diventati figli di Dio e discepoli di Cristo, chiamati alla santità e arricchiti dei doni dello Spirito. Pertanto rallegriamoci con sincerità di questi doni e preghiamo per l’unità dei cristiani. Vi benedico di cuore.]


    APPELLO

    Oggi si apre a Montreux, in Svizzera, una Conferenza internazionale di sostegno alla pace in Siria, alla quale faranno seguito i negoziati che si svolgeranno a Ginevra a partire dal 24 gennaio corrente. Prego il Signore che tocchi i cuori di tutti perché, cercando unicamente il maggior bene del popolo siriano, tanto provato, non risparmino alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della violenza e alla fine del conflitto, che ha causato già troppe sofferenze. Auspico alla cara nazione siriana un cammino deciso di riconciliazione, di concordia e di ricostruzione con la partecipazione di tutti i cittadini, dove ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere a da abbracciare.

    * * *

    Porgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti all’incontro dei Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare, con il Cardinale Antonio Maria Vegliò, esortandoli ad essere voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà; i membri della Polizia Locale di Macherio e Sovìco con il Cardinale Dionigi Tettamanzi e il Rotary Club di Lanciano con il Vescovo Emidio Cipollone. Saluto inoltre i membri della Comunità Amore e Libertà, i bambini delle scuole dell’Infanzia di Latina e i numerosi pensionati della Confederazione Coldiretti. Tutti incoraggio ad essere fedeli a Cristo, affinché nella Chiesa possa risplendere la gioia del Vangelo.

    Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Sabato prossimo celebreremo la Festa della Conversione di San Paolo. Cari giovani, la figura di Paolo sia per tutti voi modello del discepolato missionario. Cari ammalati, offrite le vostre sofferenze per la causa dell’unità della Chiesa di Cristo. E voi, cari sposi novelli, ispiratevi all’esempio dell’Apostolo delle genti, riconoscendo il primato a Dio e al suo amore nella vostra vita familiare.










    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 25/01/2014 13:35

    L'importanza fondamentale della dottrina sul piano Ecumenico nella Lettera Enciclica "Ut Unum Sint" di Giovanni Paolo II

    25 gennaio 2014 alle ore 13.32

     

    18. Riprendendo un'idea che lo stesso Papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del Concilio, il Decreto sull'ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un'epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L'unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all'integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è Verità.

    Nel Corpo di Cristo, il quale è "via, verità e vita" (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? La Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ attribuisce alla dignità umana la ricerca della verità, "specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa" e l'adesione alle sue esigenze. Uno "stare insieme" che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e con l'esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore umano. 

     

    19. Tuttavia, la dottrina deve essere presentata in un modo che la renda comprensibile a coloro ai quali Dio stesso la destina. Nell'Epistola enciclica Slavorum apostoli, ricordavo come Cirillo e Metodio, per questo stesso motivo, si adoperassero a tradurre le nozioni della Bibbia e i concetti della teologia greca in un contesto di esperienze storiche e di pensiero molto diversi. Essi volevano che l'unica parola di Dio fosse "resa così accessibile secondo le forme espressive, proprie di ciascuna civiltà".
    Compresero di non poter dunque "imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l'indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina, o gli usi e i comportamenti della società più progredita, in cui essi erano cresciuti". Essi mettevano così in atto quella "perfetta comunione nell'amore [che] preserva la Chiesa da qualsiasi forma di particolarismo o di esclusivismo etnico o di pregiudizio razziale, come da ogni alterigia nazionalistica". Nello stesso spirito, non ho esitato a dire agli aborigeni d'Australia: "Non dovete essere un popolo diviso in due parti [...]. Gesù vi chiama ad accettare le sue parole e i suoi valori all'interno della vostra propria cultura". Poiché per sua natura il dato di fede è destinato a tutta l'umanità, esso esige di essere tradotto in tutte le culture. Infatti, l'elemento che decide della comunione nella verità è il significato della verità.
    L'espressione della verità può essere multiforme. E il rinnovamento delle forme di espressione si rende necessario per trasmettere all'uomo di oggi il messaggio evangelico nel suo immutabile significato. "Questo rinnovamento ha quindi un'importanza ecumenica singolare". E non soltanto rinnovamento nel modo di esprimere la fede, ma della stessa vita di fede. Ci si potrebbe allora chiedere: chi deve attuarlo? Il Concilio risponde chiaramente a questa domanda: esso "riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i Pastori, e tocca ognuno secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici". 

     

    20. Tutto ciò è estremamente importante e di fondamentale significato per l'attività ecumenica. Ne risulta inequivocabilmente che l'ecumenismo, il movimento a favore dell'unità dei cristiani, non è soltanto una qualche "appendice", che s'aggiunge all'attività tradizionale della Chiesa. Al contrario, esso appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione e deve, di conseguenza, pervadere questo insieme ed essere come il frutto di un albero che, sano e rigoglioso, cresce fino a raggiungere il suo pieno sviluppo. Così credeva nell'unità della Chiesa Papa Giovanni XXIII e così egli guardava all'unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli constatava: "È molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide". Ed il Concilio Vaticano II, da parte sua, esorta: "Si ricordino tutti i fedeli che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita conforme al Vangelo. Pertanto con quanta più stretta comunione saranno uniti col Padre, col Verbo e con lo Spirito Santo, con tanta più intima e facile azione potranno accrescere la mutua fraternità".

     

    Fonte: Enciclica "Ut Unum Sint", dato a Roma, presso San Pietro, il 25 maggio, solennità dell'Ascensione del Signore, dell'anno 1995, decimosettimo di Pontificato di Giovanni Paolo II.







     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 26/01/2014 00:32

    CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA SOLENNITÀ 
    DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica di San Paolo fuori le Mura
    Sabato, 25 gennaio 2014


     

    «E’ forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13). Il forte richiamo che san Paolo pone all’inizio della sua Prima Lettera ai Corinzi, e che è risuonato nella liturgia di questa sera, è stato scelto da un gruppo di fratelli cristiani del Canada come traccia per la nostra meditazione durante la Settimana di Preghiera di quest’anno.

     L’Apostolo ha appreso con grande tristezza che i cristiani di Corinto sono divisi in diverse fazioni. C’è chi afferma: “Io sono di Paolo”; un altro dice: “Io invece sono di Apollo”; un altro: “Io invece di Cefa”; e infine c’è anche chi sostiene: “E io di Cristo” (cfr v. 12). Neppure coloro che intendono rifarsi a Cristo possono essere elogiati da Paolo, perché usano il nome dell’unico Salvatore per prendere le distanze da altri fratelli all’interno della comunità. In altre parole, l’esperienza particolare di ciascuno, il riferimento ad alcune persone significative della comunità, diventano il metro di giudizio della fede degli altri.

    In questa situazione di divisione, Paolo esorta i cristiani di Corinto, «per il nome del Signore Nostro Gesù Cristo», ad essere tutti unanimi nel parlare, perché tra di loro non vi siano divisioni, bensì perfetta unione di pensiero e di sentire (cfr v. 10). La comunione che l’Apostolo invoca, però, non potrà essere frutto di strategie umane. La perfetta unione tra i fratelli, infatti, è possibile solo in riferimento al pensiero e ai sentimenti di Cristo (cfr Fil 2,5). Questa sera, mentre siamo qui riuniti in preghiera, avvertiamo che Cristo, che non può essere diviso, vuole attirarci a sé, verso i sentimenti del suo cuore, verso il suo totale e confidente abbandono nelle mani del Padre, verso il suo radicale svuotarsi per amore dell’umanità. Solo Lui può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità.

    Mentre ci troviamo alla sua presenza, diventiamo ancora più consapevoli che non possiamo considerare le divisioni nella Chiesa come un fenomeno in qualche modo naturale, inevitabile per ogni forma di vita associativa. Le nostre divisioni feriscono il suo corpo, feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli nel mondo. Il Decreto del Vaticano II sull’ecumenismo, richiamando il testo di san Paolo che abbiamo meditato, significativamente afferma: «Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso». E, quindi, aggiunge: «Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (Unitatis redintegratio, 1). Tutti noi siamo stati danneggiati dalle divisioni. Tutti noi non vogliamo diventare uno scandalo. E per questo tutti noi camminiamo insieme, fraternamente, sulla strada verso l’unità, facendo unità anche nel camminare, quell’unità che viene dallo Spirito Santo e che ci porta una singolarità speciale, che soltanto lo Spirito Santo può fare: la diversità riconciliata. Il Signore ci aspetta tutti, ci accompagna tutti, è con tutti noi in questo cammino dell’unità.

    Cari amici, Cristo non può essere diviso! Questa certezza deve incoraggiarci e sostenerci a proseguire con umiltà e con fiducia nel cammino verso il ristabilimento della piena unità visibile tra tutti i credenti in Cristo. Mi piace pensare in questo momento all’opera del beato Giovanni XXIII e del beato Giovanni Paolo II. Entrambi maturarono lungo il proprio percorso di vita la consapevolezza di quanto fosse urgente la causa dell’unità e, una volta eletti Vescovi di Roma, hanno guidato con decisione l’intero gregge cattolico sulle strade del cammino ecumenico: Papa Giovanni aprendo vie nuove e prima quasi impensate, Papa Giovanni Paolo proponendo il dialogo ecumenico come dimensione ordinaria ed imprescindibile della vita di ogni Chiesa particolare. Ad essi associo anche Papa Paolo VI, altro grande protagonista del dialogo, di cui ricordiamo proprio in questi giorni il cinquantesimo anniversario dello storico abbraccio a Gerusalemme con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora.

    L’opera di questi Pontefici ha fatto sì che la dimensione del dialogo ecumenico sia diventata un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma, tanto che oggi non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo. Possiamo dire anche che il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e dobbiamo avere fiducia che continuerà ad agire in tal senso anche per il futuro. Mentre guardiamo con gratitudine ai passi che il Signore ci ha concesso di compiere, e senza nasconderci le difficoltà che oggi il dialogo ecumenico attraversa, chiediamo di poter essere tutti rivestiti dei sentimenti di Cristo, per poter camminare verso l’unità da lui voluta. E camminare insieme è già fare unità!

    In questo clima di preghiera per il dono dell’unità, vorrei rivolgere i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, qui convenuti questa sera. Con questi due fratelli, in rappresentanza di tutti, abbiamo pregato nel Sepolcro di Paolo e abbiamo detto fra noi: “Preghiamo perché lui ci aiuti in questa strada, in questa strada dell’unità, dell’amore, facendo strada di unità”. L’unità non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino. Se noi non camminiamo insieme, se noi non preghiamo gli uni per gli altri, se noi non collaboriamo in tante cose che possiamo fare in questo mondo per il Popolo di Dio, l’unità non verrà! Essa si fa in questo cammino, in ogni passo, e non la facciamo noi: la fa lo Spirito Santo, che vede la nostra buona volontà.

    Cari fratelli e sorelle, preghiamo il Signore Gesù, che ci ha reso membra vive del suo Corpo, affinché ci mantenga profondamente uniti a Lui, ci aiuti a superare i nostri conflitti, le nostre divisioni, i nostri egoismi; e ricordiamo che l’unità è sempre superiore al conflitto! E ci aiuti ad essere uniti gli uni agli altri da un’unica forza, quella dell’amore, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (cfr Rm 5,5). Amen.




    ____________________________________________________________________
    UDIENZA GENERALE
    Aula Paolo VI
    Mercoledì, 20 gennaio 2016

     

    Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Abbiamo ascoltato il testo biblico che quest’anno guida la riflessione nella Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, che va dal 18 al 25 gennaio: questa settimana. Tale brano della Prima Lettera di san Pietro è stato scelto da un gruppo ecumenico della Lettonia, incaricato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

    Al centro della cattedrale luterana di Riga vi è un fonte battesimale che risale al XII secolo, al tempo in cui la Lettonia fu evangelizzata da san Mainardo. Quel fonte è segno eloquente di una origine di fede riconosciuta da tutti i cristiani della Lettonia, cattolici, luterani e ortodossi. Tale origine è il nostro comune Battesimo. Il Concilio Vaticano II afferma che «il Battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell’unità che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati» (Unitatis redintegratio, 22). La Prima Lettera di Pietro è rivolta alla prima generazione di cristiani per renderli consapevoli del dono ricevuto col Battesimo e delle esigenze che esso comporta. Anche noi, in questa Settimana di Preghiera, siamo invitati a riscoprire tutto questo, e a farlo insieme, andando al di là delle nostre divisioni.

    Anzitutto, condividere il Battesimo significa che tutti siamo peccatori e abbiamo bisogno di essere salvati, redenti, liberati dal male. E’ questo l’aspetto negativo, che la Prima Lettera di Pietro chiama «tenebre» quando dice: «[Dio] vi ha chiamati fuori dalle tenebre per condurvi nella sua luce meravigliosa». Questa è l’esperienza della morte, che Cristo ha fatto propria, e che è simbolizzata nel Battesimo dall’essere immersi nell’acqua, e alla quale segue il riemergere, simbolo della risurrezione alla nuova vita in Cristo. Quando noi cristiani diciamo di condividere un solo Battesimo, affermiamo che tutti noi – cattolici, protestanti e ortodossi – condividiamo l’esperienza di essere chiamati dalle tenebre impietose e alienanti all’incontro con il Dio vivente, pieno di misericordia. Tutti infatti, purtroppo, facciamo esperienza dell’egoismo, che genera divisione, chiusura, disprezzo. Ripartire dal Battesimo vuol dire ritrovare la fonte della misericordia, fonte di speranza per tutti, perché nessuno è escluso dalla misericordia di Dio.

    La condivisione di questa grazia crea un legame indissolubile tra noi cristiani, così che, in virtù del Battesimo, possiamo considerarci tutti realmente fratelli. Siamo realmente popolo santo di Dio, anche se, a causa dei nostri peccati, non siamo ancora un popolo pienamente unito. La misericordia di Dio, che opera nel Battesimo, è più forte delle nostre divisioni. Nella misura in cui accogliamo la grazia della misericordia, noi diventiamo sempre più pienamente popolo di Dio, e diventiamo anche capaci di annunciare a tutti le sue opere meravigliose, proprio a partire da una semplice e fraterna testimonianza di unità. Noi cristiani possiamo annunciare a tutti la forza del Vangelo impegnandoci a condividere le opere di misericordia corporali e spirituali. E questa è una testimonianza concreta di unità fra noi cristiani: protestanti, ortodossi, cattolici.

    In conclusione, cari fratelli e sorelle, tutti noi cristiani, per la grazia del Battesimo, abbiamo ottenuto misericordia da Dio e siamo stati accolti nel suo popolo. Tutti, cattolici, ortodossi e protestanti, formiamo un sacerdozio regale e una nazione santa. Questo significa che abbiamo una missione comune, che è quella di trasmettere la misericordia ricevuta agli altri, partendo dai più poveri e abbandonati. Durante questa Settimana di Preghiera, preghiamo affinché tutti noi discepoli di Cristo troviamo il modo di collaborare insieme per portare la misericordia del Padre in ogni parte della terra.

    Saluti:

     

    * * *

    Un pensiero speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ci ricorda che tutti i credenti in Cristo, attraverso il Battesimo, fanno parte del popolo di Dio. Cari giovani, pregate affinché tutti i cristiani diventino sempre di più un’unica grande famiglia; cari ammalati, offrite le vostre sofferenze per la causa dell’unità della Chiesa di Cristo; e voi, cari sposi novelli, coltivate l’amore misericordioso e gratuito come quello che Dio nutre per noi.



     

    [Modificato da Caterina63 20/01/2016 15:23]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/01/2016 09:46

    FOCUS di Fr. Riccardo Barile O.P.
    Che siano tutti una cosa sola
     

    Una liturgia che esprima in pienezza una confessione cristiana potrebbe essere più efficace di elaboratissime liturgie della parola che, a parte il suggerimento di segni più o meno spettacolari, si basano sul minimo comune denominatore, cioè restano alla soglia... protestante. Non ha più fascino ecumenico coinvolgente un sacramento, anche se non tutti vi possono partecipare in pienezza? Una riflessione per la Settimana per l'Unità dei cristiani. 


    In Europa si dà sempre di più la contiguità di tradizioni e riti cristiani sullo stesso territorio, oggi aumentata per l’immigrazione dall’Est e dunque con ortodossi. Spesso i nuovi arrivati sono in difficoltà a reperire un luogo di culto e sempre più spesso è la comunità cristiana già esistente che mette a disposizione edifici di preghiera un po’ periferici e per lo più non parrocchiali.

    Così in un territorio della vecchia Europa e che non è l’Italia, un gruppo di fedeli cattolici con un loro statuto speciale gestisce una piccola chiesa non parrocchiale e nei giorni festivi la mette a disposizione di una comunità di cristiani orientali che ivi si è costituita.

    Ora, in occasione di una festa patronale fu celebrata la Messa secondo il Messale di Paolo VI, ma con il canto dell’ordinario e di altre parti in latino, con vesti riccamente ornate (ricamate), senza altare verso il popolo e dunque con la liturgia eucaristica verso l’abside cioè verso un “Oriente teologico”, con profusione di incensi e di chitarristi strimpellanti neppure l’ombra. Poiché il prete della comunità dei cristiani orientali, canonicamente e felicemente sposato, era presente non fosse altro per via delle buone relazioni da mantenere, alla fine commentò il tutto con due esclamazioni: «Ma allora anche i latini hanno una “divina” liturgia!», «Meglio questa celebrazione che tutto quello che si mette in piedi nella Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani!».

    Ovviamente non si tratta di sminuire la preghiera di Gesù «perché tutti siano una cosa sola» (Gv17,21), né la preghiera nell’ottavario per l’Unità iniziata nel 1908 dal reverendo Paul Wattson, ma si tratta di riflettere sul qualcosa di serio che è veicolato soprattutto dall’ultima esclamazione. Sembra, infatti, che sia più fruttuosa una liturgia o preghiera che esprima in pienezza una confessione cristiana e alla quale fedeli e ministri di altre confessioni prendono parte come possono, invece di mettere in piedi elaboratissime liturgie della parola che, a parte il suggerimento di segni più o meno spettacolari, si basano sul minimo comune denominatore, cioè restano alla soglia... protestante. È veramente questa la preghiera che Gesù vuole dai suoi?

    Sembra poi che la ricchezza tradizionale della Chiesa latina tutto considerato e alla lunga risulti più autorevole delle ultime novità. Questo è tante volte il sentore della base. Chi invece dai vertici è incaricato di organizzare, cerca di tenersi lontano da tale ricchezza tradizionale (il discorso si potrebbe ampliare alle vocazioni, ma fermiamoci qui). Ammessa la piena legittimità cattolica di una autonoma liturgia della parola, prevista tra l’altro nientemeno che dal Cerimoniale dei vescovi ai nn. 221-226, viene da domandarsi: non ha più fascino ecumenico coinvolgente un sacramento, anche se non tutti vi possono partecipare in pienezza?
    E perché cattolicamente non proporre anche l’adorazione eucaristica? Una liturgia della parola a se stante è veramente “tradizionale” o non è un poco una elaborazione dei nostri tempi? La tradizione ha usato la Scrittura come elemento che da solo sostiene una celebrazione, oppure come elemento trasversale per la celebrazione di sacramenti e sacramentali?


    Ecco quante domande - per ora senza risposta - possono sorgere da una (vera) barzelletta ecumenica. Comunque, in questi casi, «purché si preghi»...







       Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani dal 18 al 25 gennaio 

    La pratica della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani fu introdotta nel 1908 da Padre Paul Wattson, fondatore di una comunità religiosa anglicana che entrò in seguito nella Chiesa cattolica. 
    L’iniziativa ricevette la benedizione del Papa san Pio X e fu poi promossa dal Papa Benedetto XV, che ne incoraggiò la celebrazione in tutta la Chiesa cattolica con il Breve Romanorum Pontificum, del 25 febbraio 1916
    .

    orbene.... <img border='0' class='smile' alt= e cosa ha detto di preciso Benedetto XV ricordato da Benedetto XVI come per esortarci ad un sano ecumenismo? altrimenti non avrebbe senso citare il suo predecessore se poi non lo si legge e non lo si mette in pratica... ergo...
    leggiamolo:

    BREVE  
    CUM CATHOLICAE ECCLESIAE  
    IL VESCOVO BENEDETTO,  
    SERVO DEI SERVI DI DIO.  
    A PERPETUA MEMORIA
       
     
    Poiché la verità della Chiesa cattolica risplende principalmente per la sua unità, nulla è più auspicabile che gli uomini strappati infelicemente dalle braccia di questa Madre ritornino finalmente a Lei, con pensieri e propositi corretti. I Romani Pontefici Nostri Predecessori, particolarmente per quanto riguarda lo scisma d’Oriente non hanno mai cessato, in ogni tempo, sia con l’autorità dei Concilii, sia con paterne esortazioni, sia anche indicendo preghiere, di adoperarsi con tutte le forze affinché quelle popolazioni Cristiane, così numerose e nobili, potessero professare con un cuore solo e un’anima sola l’antica fede dalla quale si sono miseramente separati.  
    Pertanto abbiamo approvato con tanto fervore la preghiera che qui presentiamo e che si propone lo scopo che i popoli Cristiani d’Oriente costituiscano nuovamente un unico ovile con la Chiesa Romana e siano diretti da un unico Pastore. Dopo aver udito anche i Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, con la massima volontà abbiamo arricchito tale preghiera di quei celesti tesori della Chiesa dei quali l’Altissimo ci ha costituto dispensatori.  
     
    Per questo a tutti i fedeli di ambo i sessi che ovunque, sulla terra, reciteranno la seguente preghiera quotidianamente per un mese in qualsiasi lingua, purché fedele al testo originale, nel giorno del mese scelto da ognuno a proprio piacimento, veramente pentiti, dopo essersi confessati e dopo aver ricevuto la Santa Comunione visitino devotamente una Chiesa o un Oratorio pubblico, e qui preghino secondo la Nostra intenzione, concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati.  
     
     
    A quei fedeli, poi, che con cuore contrito abbiano recitato in qualsiasi giorno la stessa preghiera, concediamo secondo la forma ordinaria della Chiesa trecento giorni da bonificare sulle penitenze comminate o in qualunque modo dovute. Consentiamo misericordiosamente che tutte queste indulgenze, remissioni dei peccati e riduzioni di penitenze possano essere applicate a modo di suffragio anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio. Ciò, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le presenti norme avranno valore perpetuo.  
     
    Infine, affinché in futuro nessuna variazione od errore possano intervenire nella preghiera sotto pubblicata, ordiniamo che un esemplare della stessa venga conservato nell’archivio dei Brevi Apostolici.  
     
    Preghiera per l’unione dei Cristiani d’Oriente alla Chiesa Romana

    «O Signore, che avete unito le diverse nazioni nella confessione del Vostro Nome, Vi preghiamo per i popoli Cristiani dell’Oriente. Memori del posto eminente che hanno tenuto nella Vostra Chiesa, Vi supplichiamo d’ispirar loro il desiderio di riprenderlo, per formare con noi un solo ovile sotto la guida di un medesimo Pastore. Fate che essi insieme con noi si compenetrino degl’insegnamenti dei loro santi Dottori, che sono anche nostri Padri nella Fede. Preservateci da ogni fallo che potrebbe allontanarli da noi. Che lo spirito di concordia e di carità, che è indizio della Vostra presenza tra i fedeli, affretti il giorno in cui le nostre si uniscano alle loro preghiere, affinché ogni popolo ed ogni lingua riconosca e glorifichi il nostro Signore Gesù Cristo, Vostro Figlio. Così sia ».  

    Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 15 aprile 1916, nel secondo anno del Nostro Pontificato.  
    BENEDICTUS PP. XV



    <img border='0' class='smile' alt=

    BREVE  
    ROMANORUM PONTIFICUM  
    IL VESCOVO BENEDETTO,  
    SERVO DEI SERVI DI DIO.  
    A PERPETUA MEMORIA  
     
     
     
    In ogni tempo i Romani Pontefici Nostri Predecessori ebbero a cuore — e anche a Noi preme moltissimo — che i Cristiani che si sono dolorosamente allontanati dalla Chiesa Cattolica siano invitati a tornare ad essa, come ad una madre da loro abbandonata. Splende infatti nella fondamentale unità della fede il principio della verità della Chiesa, e non diversamente l’Apostolo Paolo esorta gli Efesini all’unità dello spirito, da conservarsi nel vincolo della pace, la quale prevede un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo (Ef. IV, 5).  
     
     
    Con grande gioia abbiamo appreso che la Società chiamata « della Espiazione », fondata a New York, ha proposto preghiere da recitarsi dal giorno della festa della Cattedra Romana di San Pietro fino alla festa della Conversione di San Paolo affinché si ottenga questo grande obiettivo dell’unità, e Ci siamo pure rallegrati per il fatto che queste preghiere, benedette dal Santo Padre Pio X di recente memoria e approvate dai Sacri Vescovi dell’America, si sono diffuse in lungo e in largo negli Stati Uniti.  
     
     
    Pertanto, affinché più facilmente si consegua l’obiettivo desiderato, e le suddette preghiere si recitino ovunque con grande vantaggio delle anime, Noi, udito anche il parere dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, a tutti i fedeli dell’uno e dell’altro sesso che in qualunque parte della terra — dal giorno 18 del mese di gennaio, festa della Cattedra Romana di San Pietro, fino al giorno 25 dello stesso mese, nel quale si onora la Conversione di San Paolo — reciteranno ogni anno tali preghiere una volta al giorno, e poi nell’ottavo giorno, veramente pentiti, confessati e nutriti della Santa Comunione, dopo aver visitato qualsiasi Chiesa o pubblico Oratorio abbiano innalzato a Dio pie preghiere per la concordia dei Governanti Cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione di Santa Madre Chiesa, Noi concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria di tutti i loro peccati.  
     
    Concediamo inoltre la possibilità di lucrare la predetta indulgenza plenaria a coloro che, confessati debitamente i peccati e ricevuta la Santa Comunione, compiuta pure la visita nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro in Roma, chiedano perdóno. Inoltre, agli stessi fedeli che con il cuore contrito, in qualunque degli otto giorni menzionati, abbiano recitato le stesse preghiere, concediamo duecento giorni di indulgenza nella forma consueta della Chiesa. Concediamo che tutte e singole queste indulgenze, remissioni dei peccati e attenuazioni delle penitenze possano essere applicate, a modo di suffragio, anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio.  
     
     
    Le presenti concessioni saranno valide anche in futuro, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le preghiere che dovranno essere recitate, negli otto giorni sopra stabiliti per l’unità della Chiesa, sono le seguenti, e affinché su di esse non venga operata alcuna variazione, abbiamo ordinato che una copia delle stesse alla custodita nell’Archivio dei Brevi Apostolici.  
     
     
    « Antifona (Giovanni, XVII, 21): Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.  
    — Io dico a te che tu sei Pietro.  
    — E su questa pietra io edificherò la mia Chiesa ».  
     
     
    Preghiera: « Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi Apostoli: Vi lascio la pace, vi dò la mia pace, non guardare ai miei peccati, ma alla fede della tua Chiesa; dégnati di pacificarla e riunirla secondo la tua volontà, tu che vivi e Regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen ».  
     
     
    Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 25 febbraio 1916, nell’anno secondo del Nostro Pontificato.  
     
     
    BENEDICTUS PP. XV 

    <img border='0' class='smile' alt=


    Le intenzioni, cosi' come erano concepite nello spirito originario sono ancora le seguenti:

    PRIMO GIORNO 18 gennaio, Cattedra di San Pietro. Pregare per il Papa e i Vescovi e tutto il Clero 

    SECONDO GIORNO 19 gennaio, Pregare per la conversione di tutti gli scismatici e per la conversione di tutti i "poveri peccatori", come ha chiesto la Madonna a Fatima.. 

    TERZO GIORNO 20 gennaio, Apparizione all'ebreo Ratisbonne. Pregare per la conversione dei Luterani e dei protestanti d'Europa in genere 

    QUARTO GIORNO 21 gennaio, Sant'Agnese, Pregare per la conversione degli Anglicani 

    QUINTO GIORNO 22 gennaio, Pregare per la conversione dei protestanti d'America. 

    SESTO GIORNO 23 gennaio. Pregare per la conversione dei cattolici non piu' praticanti e per tutti i politici che, battezzati, non rispettano più la Legge di Dio.

    SETTIMO GIORNO 24 gennaio. Pregare per la conversione degli Ebrei. 

    OTTAVO ed Ultimo giorno 25 gennaio Conversione di San Paolo. Pregare per la conversione degli islamici e di tutti i pagani.

    Tra le preghiere tradizionalmente approvate per tale pratica, figura la seguente CORONCINA per l'Unita' 

    Ci si serva di una comune corona del Rosario

    Deus, in auditorium intende, Domine ad adiuvandum me festina Gloria Patri

    Sui grani del Padre Nostro recitare : "Sacro Cuore di Gesu'. abbiate pieta' di noi e dei nostri fratelli avvolti nelle tenebre dell'errore". 

    Sui grani dell'Ave Maria recitare;"Venga, o Signore Gesu', il tuo Regno, nell'unita' della Chiesa, per mezzo della tua Santa Madre". 

    Si concluda con : Vergine Immacolata, Voi che per singolare privilegio di grazia foste preservata dalla colpa originale, guardate pietosa ai nostri fratelli dissidenti, che sono pure figli vostri. Non pochi di loro, benche' separati, conservano un qualche culto per Voi. E Voi, generosa qual siete, ricompensateli, impetrando a loro la grazia della conversione. Vittoriosa qual siete, dell'infernale serpe, fin dal principio della vostra esistenza, rinnovate, ora che piu' stringe la necessita', gli antichi trionfi, glorificate il Figlio vostro, riconducendo le pecorelle smarrite all'unico ovile, sotto la guida del Pastore universale, e sia vostra gloria, o Vergine sterminatrice di tutti gli errori, aver riportato cosi' la pace in tutto il mondo cristiano. Amen. 

    - Salve Regina Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare et infideles universos ad Evangelii lumen perducere digneris: 
    - te rogamus, Domine, audi nos Regina Sacratissimi Rosarii, ora pro nobis
        







    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)