00 08/09/2009 12:46

Il Concilio Vaticano II non ha trattato l'escatologia per sè. Poiché però l'escatologia è legata in modo indissolubile alla cristologia, alla soteriologia e all'ecclesiologia, i Padri non hanno potuto non esprimere alcuni insegnamenti escatologici, in particolare discutendo della Chiesa in Lumen gentium (nn. 48-51) e Gaudium et spes (nn 38-39) e nei principi fondamentali di Nostra aetate, Dignitatis humanae Ýe Ad gentes divinitus.

Tradizionalmente, il cattolicesimo romano parlava dei De novissimis, definizione gradualmente sostituita dal termine "escatologia", che significa studio delle "cose estreme" (ta eschata): morte, giudizio, cielo e inferno. Certo, negli anni successivi al Concilio è sorta una pletora di ambiguità e di errori relativi alle cose escatologiche, molti dei quali proseguono nei giorni nostri. Enumerarli uno per uno, andrebbe ben oltre i limiti di questa presentazione.


Nel 1979.....la Congregazione per la Dottrina della Fede, ritornò severamente sulla Dottrina Cattolica ribadendo in modo inequivocabile l'insegnamento della Chiesa specialmente "sulle cose ultime"........

Questo intervento pose uno sbarramento alle forme di teologia moderne devianti dalla Verità rivelata, mettendo in rilievo le speculazioni che erano nate e confermando gli abusi commessi, nel Nuovo Catechismo i novissimi sono ritornati nell'originale catechesi......inoltre viene ribadito l'errore di valutazione sull'Inferno "vuoto" secondo Hans Urs von Balthasar....e l'errore di un certo "cristianesimo anonimo" secondo Karl Rahner....

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I cristiani si preoccupano costantemente - e giustamente - delle cose ultime. È attraverso le cose ultime che le promesse di Cristo giungono al loro compimento. Non deve pertanto sorprendere che in questo ambito nascano ambiguità ed errori, anche mentre la Chiesa insegna in modo fermo e convincente le verità rivelate sulla morte, il giudizio, il cielo e gli inferi.
Come ci si potrebbe attendere, l'escatologia ruota intorno a queste quattro realtà e al rapporto tra di esse. Tra queste quattro realtà, ve ne sono due che oggi presentano poche difficoltà, ossia la morte e il cielo.

La morte è una realtà molto chiara: ognuno di noi affronta l'immanenza della propria morte e di quella delle persone care. Sebbene possiamo interrogarci sul come e sul perché, non possiamo metterne in discussione la realtà e l'ineludibilità. Ciò che ci attende attraverso l'orrore e il buio della morte è la promessa della vita eterna, la promessa di una vita successiva. Il cielo è sia una speranza innata, sia una realtà rivelata: ognuno di noi desidera trascendere la minaccia dell'annullamento di se stesso e dei propri cari. Il cielo è la sconfitta della morte. "Passato un breve sonno, veglieremo in eterno. E non vi sarà più morte; morte, morrai". In un certo senso, morte e cielo vanno insieme. La prospettiva del cielo come espressa in Giovanni 14, e la risurrezione illustrata da San Paolo (1 Tessalonicesi 4, 13; 5, 11; e Corinzi, 15) rappresentano una difficoltà relativamente minore nell'escatologia contemporanea.
 

Il giudizio e l'inferno sono invece questioni completamente diverse. Mentre entriamo nel ventunesimo secolo, portiamo con noi un grande bagaglio del diciannovesimo e del ventesimo secolo. Soprattutto, sosteniamo l'attacco dell'indifferenza religiosa, che si è trasformata in pluralismo religioso. Non solo vi è chi afferma che l'affiliazione religiosa, in particolare il battesimo in Cristo, è irrilevante, ma vi è anche chi sostiene che la giustificazione può giungere attraverso persone e strumenti diversi da Gesù Cristo e la Sua Chiesa. Strettamente collegato a tale modo di pensare è il riferimento a teorie deterministiche psicologiche, sociologiche e socio-biologiche che screditano la responsabilità umana.

Secondo tali teorie, gli esseri umani fondamentalmente non sono responsabili delle proprie scelte. Le cattive azioni - o il peccato, se possiamo osare parlare di una cosa simile - sarebbero quindi il risultato di una personalità squilibrata, di relazioni inadeguate o di un'eredità genetica. L'idea di un giudizio che non sia medico o terreno, oggi per molti è un anatema. Ne consegue dunque che non può esistere un inferno, o che, anche se un tale posto dovesse esistere, non vi sarebbe nessuno. Dunque in un certo senso anche il giudizio e l'inferno vanno insieme. Gli errori principali nell'escatologia sono pertanto radicati nella negazione del giudizio o nella negazione di conseguenze di un tale giudizio che siano diverse dal purgatorio o dalla ricompensa, ossia nella negazione dell'inferno. Nei termini dell'escatologia, il primo problema riguarda lo stato dei non battezzati al momento del giudizio.

Nonostante i battesimi di sangue e desiderio, l'insegnamento costante della Chiesa, derivante dalle parole che il Signore ha rivolto a Nicodemo: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Giovanni 3, 5), è che non conosciamo il destino dei non battezzati dopo la morte. Sebbene in tali casi facciamo affidamento sulla misericordia di Dio, non possiamo affermare la salvezza per i non battezzati. Il secondo problema riguarda invece lo stato dei colpevoli al momento del giudizio. Anche supponendo che i cristiani e i non cristiani si presentino fianco a fianco dinnanzi al tribunale divino, non possiamo affermare il perdono per il peccatore impenitente. Ancora una volta ci affidiamo alla misericordia di Dio.


Sono tutti cristiani? Questo è importante?

Alcuni pensieri teologici attuali, indubbiamente influenzati dalle teorie politiche dell'uguaglianza e della democrazia, nonché da un'errata interpretazione di Dignitatis humanae, quando si tratta della salvezza desiderano una parità di risultato piuttosto che una parità di opportunità. Ossia: alcuni sono scontenti di trovare tutti gli uomini uguali davanti a Dio nella loro libertà umana; desiderano invece vedere tutti gli uomini uguali davanti a Dio nella giustificazione.

Tuttavia, negando le conseguenze della libertà umana di accettare il Salvatore e della collaborazione dell'uomo alla propria salvezza, essi negano gli effetti del battesimo e affermano che tutti gli uomini, battezzati e non, possono vedere realizzate le promesse fatte da Cristo ai battezzati. In altri termini, anche se qualcuno ha rifiutato Cristo nella propria vita, sarà con Lui nel regno di Dio. Sapendo che questi pensieri sono contrari alle Scritture e alla tradizione, si cerca di risolvere il problema dell'incorporazione in Cristo e nella Sua Chiesa in due modi distinti.

Il primo consiste nell'affermare che tutti gli esseri umani sono cristiani, sia che essi scelgano di esserlo, sia che non lo scelgano, sia che lo sappiano, sia che non lo sappiano. Il secondo modo consiste nel rigettare le esigenze del cristianesimo, ossia nell'affermare che esse valgono per gli uni ma non per gli altri, che vi sono altre vie di salvezza al di fuori di Cristo.

La nozione del "cristiano anonimo" è legata strettamente all'opera di Karl Rahner. In poche parole, Rahner ha esposto la tesi secondo cui alcuni uomini, che non sono stati battezzati e che non hanno vincolo o conoscenza alcuna del cristianesimo, in qualche modo sono cristiani anonimi. Poiché tutti gli uomini per loro natura sono ordinati a Dio e capaci di percepire la Sua grazia santificante che opera in loro, coloro che esistenzialmente accettano tale grazia manifestano il desiderio implicito di essere incorporati in Cristo e nella Sua Chiesa. Giacché vivono giustamente e secondo coscienza, essi sono, in effetti, cristiani e quindi uomini redenti. Sebbene Rahner abbia avuto l'accortezza di precisare che non tutti i non cristiani sono cristiani anonimi e che chiunque venga salvato, viene salvato attraverso il mistero pasquale di Cristo, in molte menti è sorto il concetto che ogni persona che sia fondamentalmente di buona volontà e orientata a Cristo venga salvata: in realtà tutti, nel profondo del proprio cuore, sarebbero cristiani.

Sebbene questo cristianesimo anonimo possa apparire confortante a taluni, altri, le cui riflessioni li hanno portati a considerare il cristianesimo anonimo indebitamente trionfalistico, in quanto presume di porre il cristianesimo al di sopra delle altre religioni , lo considerano un abominio. Fondamentalmente, le teorie del cristianesimo anonimo vogliono mantenere l'aspirazione della Chiesa, includendo nei suoi confini (in)visibili il maggior numero possibile di persone. Tuttavia, tra il cristianesimo implicito come cammino per la salvezza e le religioni non cristiane come cammino per la salvezza il passo è breve.

Perché Cristo dovrebbe essere l'unico mediatore della salvezza? Quando si tratta della salvezza, è importante essere o non essere cristiano? Non sorprende, quindi, scoprire che la breve distanza tra i due concetti viene superata da tutti coloro che vorrebbero rendere il cristianesimo una specie di primus inter pares tra le religioni, come ad esempio Jacques Dupuis .

Il libro di Dupuis ha già ricevuto grande attenzione da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, e non ci soffermeremo qui su tale testo, soprattutto in considerazione del fatto che la dichiarazione Dominus Iesus della Congregazione ha già risposto alle difficoltà in questione .

In effetti, non tutti gli uomini sono - in modo implicito o esplicito - cristiani. E il cristianesimo, l'incorporazione in Cristo e nella Sua Chiesa attraverso il sacramento del battesimo, in ultimo e alla fine dei tempi, sarà importante. Pensarla diversamente significa sbagliare. Fino a che punto può arrivare un tale errore? Quanto profondamente può influire sullo sforzo missionario della Chiesa? Riflettiamo sulle osservazioni di un sacerdote missionario americano in Bangladesh sulle persone che egli serve: "Non m'interessa che diventino cristiani. Voglio che siano i migliori musulmani possibili".

Questo modo di pensare non può conciliarsi con il comandamento del Signore: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Matteo 28, 19-20)


continua.........


[Modificato da Caterina63 08/09/2009 13:16]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)