00 26/05/2016 12:37

Di cani e leggi


GIU 1





Ancora Chesterton. Un’altra citazione particolarmente adatta ai nostri tempi – che comincio a pensare siano i tempi di sempre – è quella che segue.


Sta parlando di un tipo d’uomo che, per non chiamare Idealista che implicherebbe troppa umiltà verso il bene impersonale, chiama Autocrate. Questi sono coloro che sostengono che “ogni riforma funzionerà perfettamente, perché loro vigileranno su di essa. 
Dove saranno e per quanto non lo spiegano chiaramente. 
Se gli chiedi poi come faranno ti risponderanno  ‘Oh, insisteremo certamente su questo’; o ‘Io non mi spingerei mai fino a questo punto’; come se potessero tornare su questa terra e eseguire ciò che nessun fantasma ha mai fatto con successo – costringere gli uomini ad abbandonare i loro peccati. Di questi è sufficente dire che non capiscono la natura di una legge più della natura di un cane. Se tu sguinzagli una legge. essa farà quella che fa un cane. 
Obbedirà alla sua natura, non alla tua. Tutto il senso che è stato messo  nella legge (o nel cane) andrà a compimento.  Ma non sarete in grado di portare a compimento neanche la minima cosa che vi siate dimenticati di metterci dentro.” (“Eugenics and other evils“, 1922)

Siamo in tempo di elezioni, e poi di referendum. La politica non è mai stata così distante dal sentire comune, forse perché troppo spesso fatta da chi pensa di conoscere cani e leggi, ma non capisce davvero cosa siano. Hanno lasciato liberi i mastini, che presto cominceranno a mordere. Il guaio è che, sentito l’odore del sangue, questi non riconosceranno più neanche coloro che pensano di esserne padroni.

cane feroce

 

 

Perdonami

Lo sento talvolta anche dal pulpito: l’essenziale è perdonarsi.

Perdonate me: non sono d’accordo.
Non ci si può perdonare da se stessi, come non ci si può sollevare per aria tirandosi per i capelli. Per potersi perdonare bisognerebbe avere in mano il bene e il male, e quelli sono oltre la nostra possibilità.
Ci si può “perdonare” in due maniere: scusandosi, giustificandosi, dicendo “non è colpa mia”; o negando che quello che si è fatto sia male.
Sono ambedue scelte distruttive, perché distruggono l’Io. Eliminano la nostra libertà di scelta, derubricandoci a succubi delle circostanze. Se non siamo responsabili del nostro male non lo siamo neanche del nostro bene. Allora non c’è salvezza, non c’è niente: siamo animali, o meccanismi, non uomini.

Eppure questo è ciò che il potere dominante, l’aria che tira ci somministra tutti i giorni.
Come fa dire Anthony Burgess ad Alex, il teppista protagonista di “Arancia Meccanica”: “Quelli del governo e i giudici e le scuole non possono ammettere il male perché non possono ammettere l’Io“.
Eliminare il male e la possibilità del perdono è come eliminare la persona, eliminare l’Io, e lasciare solo servi da eventualmente punire.

Se non c’è male e non c’è bene, se non si è responsabili di ciò che accade, se non c’è l’Io non è necessario neanche un Dio; basta uno Stato che imponga delle regole, e che elimini chi non le rispetta. L’ultimo moralismo, leggi morali senza morale. Il totalitarismo definitivo.
Il paradosso è proprio questo: che se si abolisce il bene e il male si ha una morale senza bene e male, e perciò tanto più inumana perché il suo oggetto è allora dettato dal potere che la impone. Per cui è bene ciò che il potere dice che è bene, non ciò che l’uomo vede che è bene.

Nel V secolo c’era un’eresia, quella pelagiana, che riconduceva la salvezza alle sole norme morali. Come diceva Ratzinger già venticinque anni fa,

 (I pelagiani) alla fìne avevano dimenticato che l’uomo non si costruisce da solo, con una moralità completa in se stessa; al contrario, perde il senso del mistero, perde così il perdono e perde altresì il realismo della propria vita. (…) Noi viviamo oggi in un mondo paganizzante, razionalista, dove il mistero è difficilmente accessibile. È un mondo, il nostro, che può accettare, perché evidente, la necessità di leggi morali, di norme morali, ma non può capire che c’è un’espiazione, che c’è Uno che può perdonare e può così ricostruire la completezza della nostra vita. In una parola: rendere accessibile questo fattore nuovo che entra con il perdono nella nostra vita è difficile, mentre è abbastanza facile dire una parola morale all’umanità di oggi.
(J.Ratzinger)

Se ci si perdona da sé, invece di chiedere perdono, se si pensa che il bene e la verità siano costrutti opinabili e intercambiabili diventiamo prigionieri di noi stessi. Torniamo schiavi.
Per fare il male, come fare il bene, occorre essere uomini.
Per essere perdonati occorre essere figli.

psicopatia


[Modificato da Caterina63 08/06/2016 17:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)