00 22/02/2013 19:35

[SM=g1740758] Nuovi studi su Karl Rahner

 

da "Fides Catholica" (2004)

 

L’articolo di D. Berger su K. Rahner, è una traduzione italiana dell’originale tedesco, apparso su “Divinitas” 1 (2003) 68-89. Diversi sono quelli che vedono in Rahner, acriticamente, quasi un nuovo “doctor communis”. In realtà il suo pensiero presenta notevoli punti dolenti che per amore della verità non si possono tacere. Sulla base di studi recenti, il Berger si propone di mettere in luce quanto di problematico emerge dall’opera di K. Rahner. La prima monografia è quella del giovane teologo M. Schulz, Karl Rahner begegnen, Augsburg 1999, in cui si delinea una figura del teologo Rahner in collisione con la teologia classica e con la “Chiesa ufficiale”. L’altra monografia più teologica, H. J. Vogels, “Rahner im Kreuzverhör. Das System Karl Rahners zu Ende gedacht”, Bonn 2002, si propone di indagare quanto il nuovo sistema teologico di Rahner raggiunga la fede della Chiesa. Commenta il Berger: “Ora effettivamente Vogels può mostrare come Rahner, per troppa paura di un grossolano triteismo, si sia votato infine ad un modalismo rivolto all’antropocentrismo: nella dottrina trinitaria di Rahner esiste solo una “trinità della propensione” verso l’uomo”. Ecco il significato fortemente equivoco di quell’espressione cara a Rahner: “Meglio un modalista che un triteista”.

 

Introduzione allo studio di D. Berger del padre Giovanni Cavalcoli, O.P.

Ritengo che tale articolo desterà una certa sorpresa e forse an-che disappunto presso i numerosi seguaci di Rahner sparsi in tutto il mondo ed anche presso coloro che, senza essere ranheriani, hanno una visuale differente del famoso teologo tedesco da quella proposta dal presente articolo. Infatti il saggio di Berger presenta la figura e l’opera di Rahner in tono fortemente critico, ma sulla base di una buona documentazione e di validi criteri di giudizio, fedeli alla dottrina cattolica. Per questo, quando c’è in gioco l’amore per la verità e per la Chiesa non si deve temere, come fa coraggiosamente Berger, di sfatare dei miti pericolosi per il bene delle anime e il pregresso della buona teologia. Lo studio del Berger mostra sostanzialmente – portando l’esempio di Rahner – la corrispondenza che normalmente si trova nel teologo fra il suo pensiero e la sua condotta morale, per cui, mentre normalmente a dottrina sana corrisponde una vita sana, a dottrina erronea facilmente corrisponde una condotta riprovevole. Purtroppo Rahner, come appare dal presente articolo, appartiene a questa categoria di teologi, per quanto nel suo pensiero non manchino gli aspetti validi e nella sua vita le azioni lodevoli. Rahner appartiene a quella generazione di teologi che hanno avuto la chance di operare nella seconda metà del secolo scorso, e quindi di realizzare il rinnovamento teologico promosso dal Concilio Vaticano II.

Rahner ha l’intenzione dichiarata di corrispondere alle direttive del Concilio, al quale, come è noto, egli stesso collabora come esperto. Egli cioè più volte dichiara il suo intento e la necessità di un aggiornamento della teologia tale da saper comunicare all’uomo moderno il perenne messaggio del Vangelo. L’intento è ovviamente di primaria importanza e obbligatorio per ogni teologo tutt’oggi; tuttavia, la cosa che bisogna dire per Rahner, che è stata detta anche da altri eminenti studiosi ed è ulteriormente chiarita dal Berger, è che il tentativo, nonostante l’immensa produzione rahneriana e il largo successo ottenuto, non è riuscito. La teologia cattolica precedente il Concilio, salvo le rare eccezioni di alcuni coraggiosi precorritori, peraltro allora incompresi, presentava indubbiamente una diffusa fedeltà a san Tommaso, ma anche in forme inopportunamente esclusiviste ed arretrate, con una polemica eccessiva nei confronti del pensiero moderno ed un’insufficiente attenzione ai progressi della critica biblica, del pensiero dei Padri, delle scienze umane e della natura. Rahner ha cercato giustamente di rimediare a questi difetti, ma è caduto nell’eccesso opposto di una pericolosa acquiescenza nei confronti degli errori del pensiero moderno, soprattutto quelli di Cartesio, Kant, Hegel, Heidegger, e Bultmann. Rahner ha indubbiamente forniti molti suggerimenti positivi in campo teologico, soprattutto nella produzione del suo primo periodo, nel campo della conoscenza della dottrina dei Padri, della spiritualità, della segnalazione degli errori del nostro tempo e della formulazione di un cattolicesimo moderno, nel campo dell’apostolato dei laici e della vita ecclesiale, nonché nel campo dell’ecumenismo e nella ricerca di un linguaggio moderno col quale comunicare il messaggio della fede. Tuttavia, soprattutto nel secondo periodo della sua produzione, ossia a partire dagli anni dell’immediato post-concilio, ha progressivamente abbandonato il riferimento a san Tommaso, che pure è raccomandato dallo stesso Concilio e da successivi interventi pontifici, per basare con sempre maggior chiarezza il suo pensiero sull’idealismo trascendentale tedesco (il famoso “trascendentale” rahneriano), aggiornato in filosofia da Heidegger e in esegesi biblica da Bultmann. Questo genere di idealismo che perde di vista la discontinuità fra l’esistenza umana e l’Assoluto divino, sì da mutare questo in quella e quella in questo, è tale da favorire sul piano morale, come si può ben comprendere, una forma di arrogante egocentrismo e autoreferenzialità, che trova esatto riscontro, come fa notare il Berger, in varie circostanze della vita di Rahner.
Il trascendentalismo rahneriano, che richiama temi ontologistici oltre che idealisti ed esistenzialisti, relativizza i concetti dogmatici, relegati nell’ambito dell’“ontico”, del “categoriale” e del “dualismo greco”, favorisce una “mistica” gnostica ed atematica quanto mai dubbia ed equivoca, elimina pericolosamente i confini tra la natura e la grazia, sopprime la trascendenza divina per ridurla all’“orizzonte dell’autotrascendenza umana”, concepisce l’uomo come tensione verso Dio rendendo incomprensibile il senso del peccato e della Redenzione (come ha notato giustamente von Balthasar), relativizza la legge morale naturale riducendo idealisticamente l’ideale morale ad una pura e semplice “esperienza trascendentale atematica e preconcettuale” comune a tutte le religioni, cristianesimo compreso (i “cristiani anonimi”), riduce sostanzialmente il soprannaturale al trascendentale inserendo nel cristianesimo un’innaturale tendenza panteistica e trasformandolo in una visione gnostica. Nonostante il suo dichiarato voler appartenere alla Chiesa e la stima che egli ha ricevuto e riceve da molti uomini di Chiesa e teologi cattolici, in realtà Rahner, a leggerlo con attenzione e in tutte le sue opere, come sto facendo io da venticinque anni, scalza la Chiesa dal suo fondamento soprannaturale e dogmatico e in molte occasioni si ribella più o meno apertamente ed astutamente alla dottrina del magistero e dei concili. Molti passi rahneriani indubbiamente, avulsi dal contesto, possono ricevere un’interpretazione ortodossa; ma se li inseriamo nel contesto generale del suo pensiero, mostrano la loro carica dissolvente. Egli infatti ha l’abitudine di mantenere quasi tutti i termini del linguaggio tradizionale, ma dando loro, magari in altra sede, un senso gnostico-idealista, sicché chi legge un dato brano e trova quei termini ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una proposi-zione corretta, ma se va a vedere che cosa Rahner intende con quei termini, si accorge del vero pensiero di Rahner.

Un metodo astuto per nuocere senza dar nell’occhio.

Nella misura però in cui il pensiero rahneriano viene veramente capito e messo in pratica, i frutti non possono che essere velenosi. Come mai – qualcuno si chiede – Rahner non è mai stato condan-nato dalla Chiesa? Perché molti lo interpretano benevolmente sen-za accorgersi del suo vero pensiero; per questo tale pensiero non ha recato un danno tale da spingere la Chiesa ad intervenire. Inoltre benché Rahner passi per innovatore e pioniere, in realtà la Chiesa ha già condannato i suoi errori, quando ha condannato l’ontologismo, l’idealismo, il panteismo e quella mescolanza di razionali-smo hegeliano e cristianesimo che fu operata in Germania nell’ottocento ad opera di teologi cattolici come Hermes, Günter e Frohschammer. Giudica innovatore Rahner chi non conosce (o finge di non conoscere) la storia della teologia e degli insegnamenti della Chiesa. In base a queste considerazioni è evidente che non si può considerare Rahner un maestro o – come ritengono i suoi seguaci – il maestro per il nostro tempo, che ha soppiantato Tommaso d’Aquino. La Chiesa certo non ha mai condannato Rahner, ma non lo ha nemmeno mai lodato o raccomandato, a differenza di altri eminenti teologi del novecento o di questo secolo, tutti in varia misura critici di Rahner, i quali in premio del loro valore e per essere portati come esempio, hanno ricevuto alti riconoscimenti, come per esempio i cardinali Hamer e Ratzinger, posti a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, i cardinali Daniélou, Congar e de Lubac, nonché von Balthasar a suo tempo insignito del prestigioso premio Paolo VI. Infine, last but not least, non possiamo non ricordare il Maritain, più volte portato a modello di teologo dagli ultimi Papi. Il suo nome appare anche nella recente enciclica “Fides et Ratio” di Giovanni Paolo II. Bisogna pertanto correggere il tiro. Se prima del Concilio si sparava troppo a destra, oggi si sta sparando troppo a sinistra. Occor-re recuperare quanto di valido c’era nella teologia preconciliare (ribadito dal Concilio: per es. Tommaso), collegandolo a quanto di buono è venuto dopo (anche Rahner ha dato il suo contributo) ma liberandolo dal falso rinnovamento. Sarà questo il compito dei teologi degli anni prossimi. Allora c’è la speranza di far centro.

 

Commiato da un mito pericoloso

 

di David Berger

 

1. Karl Rahner il nuovo “doctor communis”? Ma anche no!

Chi inizia ad occuparsi del teologo gesuita tedesco Karl Rahner è sorpreso soprattutto dalla rilevanza che gli tributano i suoi discepoli ed ammiratori e dalla lode entusiastica che gli si rivolge. Un’inchiesta della rivista Orientierung (Orientamento) alla Pontificia Università Gregoriana di alcuni anni fa, voleva sapere dai 1077 studenti di teologia chi ritenessero in genere come teologo più significativo. Quasi la metà (481) s’espressero per Rahner, nemmeno un terzo per san Tommaso d’Aquino e Eduard Schillebeeckx, solo il 17% per sant’Agostino e Hans Küng. Rahner sembra sia diventato il nuovo princeps theologorum e doctor communis della teologia cattolica. San Tommaso, il dottore angelico, del quale Pio XI ha detto che la Chiesa ha fatto propria la sua dottrina, è scivolato molto sotto, al secondo piano, che deve altresì dividere con un teologo, sulla cui ortodossia noi possiamo perlomeno indagare. Amici e critici del pensiero di Rahner sono concordi: Rahner occupa una posizione chiave per la teologia della seconda metà del 20° secolo. Così scrisse il discepolo di Rahner, Johann Metz, uno dei più grandi propagandisti della teologia della liberazione in Germania, in occasione dell’80° compleanno di Karl Rahner nel 1984: “Karl Rahner ha rinnovato il volto della nostra teologia. Niente è più assolutamente così come era prima di lui…”. Anche quelli che lo criticano e lo rifiutano, vivono ancora delle sue vedute e delle sue altrettanto perspicaci e delicate percezioni nel mondo della vita e della fede. Herbert Vorgrimler indicò nella stessa occasione il suo maestro quale “padre nella fede”.
Anche nel mondo non cattolico l’ammirazione per Rahner non passò inosservata. Così scrisse il teologo protestante svizzero Johannes Flury: “Uno sguardo alla più recente letteratura cattolica mostra che Rahner gode qua e là (di quando in quando) quasi di stima canonica…”. E il protestante storico della teologia Horst Poehlmann nota: “I suoi scritti (quindi di Rahner) sulla teologia sono ritenuti quale nuova Summa Theologica, senz’altro alla pari di quelli di Tommaso d’Aquino”. Che la critica a Rahner non abbia trovato in tale clima alcuna comprensione è facilmente comprensibile. In Germania le voci che osarono porre questioni critiche alla teologia di Rahner, furono, a partire dalla metà degli anni ‘70, messe con insistenza a tacere o marginalizzate come opinioni di dilettanti in teologia e loro emarginati. Lo stesso Rahner partecipò a queste attività, quando egli tentò di impedire la pubblicazione del libro del cardinale Siri Getsemani, che chiamò “panflet” (libello) degno di disprezzo, con pressioni sulla casa editrice e facendo leva sul suo amichevole rapporto con il cardinale Doepfner.
Tuttavia, in tempi più recenti, sono apparsi degli studi in lingua tedesca che non possiamo trascurare con leggerezza o bollare come libelli non scientifici.

Rivolgiamo la nostra attenzione ad un libro su Rahner, molto interessante sotto l’aspetto biografico, del giovane teologo Michael Schulz , e al più recente studio di Heinz Juergen Vogels: “Rahner in interrogatorio incrociato”, benché verranno presi in considerazione anche altri ulteriori studi a margine nella nostra relazione bibliografica.

 

2. Incontrare Karl Rahner: Novità sulla vita dell’influente teologo

Il fatto che l’opera di Karl Rahner riveste un tale ruolo chiave rispetto alla teologia e alla storia della Chiesa degli ultimi 40 anni, è collegato con il fatto che i numerosi testi redatti dal gesuita – la sua bibliografia completa contava alla sua morte più di 4000 numeri – sono ritenuti estremamente difficili da comprendere, in uno strano rapporto. Il teorico della scienza Erich Rupp arriva addirittura al punto di parlare in questo contesto di “un modo di esprimersi incomprensibile, esoterico, affettato e involuto”, molto lontano dal buon senso. Anche chi non si vuole associare a questo duro giudizio, darà il benvenuto al libro di Schulz, in quanto mostra in modo general-mente comprensibile e didatticamente intelligente la vita ed il pensiero di Rahner. Ancora più importante appare però prima del sunnominato contesto, che esso evita egregiamente il pericolo di scrivere sul tema un’agiografia armonizzante che sfocia nei superlativi. Questo vale soprattutto per la prima parte del libro che si occupa molto esaurientemente della biografia di Rahner, della sua giovinezza a Friburgo, dell’influsso della sua pia madre, dell’appartenenza al “Quickborn”, della sua entrata nella compagnia di Gesù e del compimento degli studi filosofici dopo l’ordinazione sacerdotale alla scuola di Martin Heidegger e Martin Honecker nella sua città natale. Schulz non approfondisce lo studio di Rahner alle scuole supe-riori dell’ordine a Feldkirch, Pullach e Valckenburg (Olanda).

Tra i suoi maestri appartengono a questo periodo (il futuro cardinale) A. Bea, lo studioso di Lutero Josef Grisar, il famoso dogmatico Hermann Lange, il medievalista Heinrich Weisweiler e il futuro teologo personale di Pio XII Franz Huerth in teologia, e i professori Frick, Frank e Jansen in filosofia. Per quanto riguarda i filosofi è da tene-re presente che questi nel loro insegnamento avevano già abbandonato un chiaro e coerente riferimento al pensiero di san Tommaso d’Aquino in favore di pensatori più recenti. Cristoph Weber afferma giustamente – a prescindere dalla sua strana definizione del tomismo come ideologia – in questo contesto: «Ma ancora di più: i gesuiti tedeschi e austriaci che sempre… si posero come difensori del tomismo, non erano più, a partire del 1930 circa, completamente convinti di questa ideologia». Come primi sono da cita-re qui Bernhard Jansen ed Erich Przywara, che già nel 1925 si avvicinarono strettamente… a Kant; e dopo che furono resi noti gli studi del membro dell’Ordine belga Josef Maréchal verso il 1929, non ci fu più arresto, né freno. Dalla metà degli anni ‘30 i gesuiti tedeschi ed austriaci erano, per la neoscolastica, praticamente persi… Le dichiarazioni dei professori di teologia sullo studente Rahner invece sono poco lusinghiere: Franz Huerth, come il famoso studioso della gnosi Karl Pruemm, riferirono più tardi che Rahner aveva mostrato loro apertamente il suo disprezzo, in quanto durante le loro lezioni si sedeva nell’ultima fila e ostentatamente risolveva cruciverba o leggeva romanzi polizieschi.

 

2.1 Chi è colpevole del fallimento della promozione di Rahner?

In modo tanto più esteso e chiarificatore Schulz approfondisce la questione della promozione rifiutata da Honecker. In questo egli segue, senza nominarlo, i risultati della ricerca di Ott, che nel frattempo si sono ampiamente affermati, mentre Ott in principio, a motivo appunto di questi studi, si era esposto ai forti attacchi dei discepoli di Rahner. Questo non è un caso. Essi mostrano infatti che le relazioni che lo stesso Rahner ha dato di questo evento non corrispondono alla verità. Queste servirono a Rahner chiaramente solo per mettere in cattiva luce Honecker e per stilizzare se stesso come vittima indifesa di neoscolastici senza spirito.
Dai suoi superiori dell’Ordine, Rahner fu mandato nella sua città natale di Friburgo alla fine degli studi regolari e dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1934, per laurearsi in filosofia presso il professore di filosofia del luogo, Martin Honecker, in vista del suo programmato impiego come professore di filosofia in uno scolasticato dell’Ordine. Qui conobbe anche Martin Heidegger (1889 – 1976) e conobbe il suo pensiero più da vicino. Nella sua tesi di laurea, in cui doveva lavorare sulla teoria della conoscenza di san Tommaso d’Aquino, egli ha mischiato in modo selvaggio pensieri di Heidegger con quelli del gesuita francese Maréchal e cercato di motivarli con citazioni di Tommaso: questo fu anche il motivo per cui Honecker gli restituì il lavoro per rielaborarlo.

Rahner si rifiutò di eseguire questa rielaborazione ed ebbe contro Honecker, per il corso della sua vita, solo espressioni sarcastiche e maligne. Rahner dipinse sempre Honecker come un testardo neotomista e l’accusò di aver accettato solo lavori che erano “caratterizzati dal suo spirito” e aggiunse: «Come se egli avesse poi uno spirito». Schulz osserva al riguardo: «Questa osservazione villana non può essere presa come interpretazione da prendere sul serio della rispettabile opera filosofica che Honecker ci ha lasciato. Anche Lotz con la sua tesi di laurea è stato promosso da Honecker, sebbene non fosse una mera ricostruzione storica dell’interpretazione (spiegazione) dell’essere di Tommaso d’Aquino. Lo stesso accadde ad altri. Per il rifiuto del lavoro di Rahner non si può quindi semplicemente accusare Honecker di una ristrettezza di vedute senza spirito».
Tuttavia, adesso come allora, qualcosa rimane inspiegato: siccome sembrano introvabili sia il manoscritto della dissertazione di Rahner con le note a margine di Honecker, sia la sua lettera a Rahner in cui viene motivata la ricusazione, le esatte circostanze rimangono oscure. Nel diligente lavoro che l’archivio Rahner a Innsbruck presta da tanti anni, sembra piuttosto inverosimile che lettera e manoscritto siano semplicemente spariti. Dopo che Rahner si rifiutò di eseguire la rielaborazione della dissertazione richiesta da Honecker, fu trasferito dal suo Ordine ad Innsbruck, e lì si laureò entro pochi mesi da Josef A. Jungmann, dottore in teologia. Dopo una breve attività di docenza ad Innsbruck, la facoltà di teologia ad Innsbruck fu chiusa a seguito dell’annessione dell’Austria al Reich tedesco nel 1939. Rahner rimase in Austria e sviluppò, insieme al suo confratello di allora Hans Urs von Balthasar, il piano di una comune nuova dogmatica che doveva abbandonare le ormai dismesse vie scolastiche. Ma allorché nel 1941 la Casa Editrice Herder volle renderne possibile la realizzazione, Urs von Balthasar si ritirò. Schulz osserva che era stato anche il modo di pensare di Rahner, orientato al soggetto umano, che spaventò Bal-thasar nel redigere con questi un testo di dogmatica in comune. Già nella discussione (recensione) della dissertazione di Rahner Spirito nel mondo, Balthasar aveva chiaramente criticato la parzialità soggettivistica del pensiero rahneriano, a cui manca completamente il bilanciamento con la direzione verso l’oggettivo.

 

2.2 Karl Rahner ed il magistero sotto Pio XII e Giovanni XXIII

Schulz tratta solo brevemente di quegli anni in cui Rahner s’impegnò per gli interessi rispettivamente di quegli attivisti viennesi e dei teologi dell’annuncio di Innsbruck che erano vicini al cattolicesimo riformatore tedesco. In questo campo lo storico ecclesiastico di Francoforte Hubert Wolf ha ottenuto preziose conoscenze. Nel 1994 ha pubblicato un’edizione storico-critica della lettera di risposta che Rahner aveva redatto su incarico del Cardinale di Vienna, Innitzer, nel 1943 al Memorandum – Groeber, ed ha elaborato in una lunga introduzione anche molte accurate e ben motivate caratteristiche della personalità di Rahner.

Qui può essere presentato solo in sintesi il risultato del suo studio: «Qui si deve prima di tutto rilevare una certa arroganza del professore di teologia e del molto istruito gesuita, che guarda dall’alto in basso “il semplice curato delle anime”, “l’uomo medio” e “chierico medio che ha studiato troppo poco…”. “Rahner è nel suo giudizio, tra l’altro, molto di parte… A chi lavora come lui, a chi egli si sa unito (specialmente suo fratello Hugo), a quello accorda le migliori intenzioni, anche nella possibile scelta equivoca delle parole. Qui Rahner esce in grande forma: “Chi fraintende il libro di Hugo dimostra solo la sua ignoranza teologica”. Se si tratta di altri teologi, Rahner usa altri metri di giudizio più rigidi… Trovano, inoltre, poca considerazione i tomisti romani attorno a Réginald Garrigou-Lagrange… Nel lavoro degli altri Rahner trova generalmente poco di buono: la teologia della scuola gli è “troppo comoda”…, i testi disponibili so-no piuttosto il più basso livello dello studio da richiedere ad un giovane teologo…». «Il parallelo con Martin Heidegger, che lasciava valere solo la propria impostazione, diventa invadente… Rahner argomenta non raramente pro domo sua: prende sotto protezione gli interessi della teologia dell’annuncio anche per questo motivo, perché suo fratello Hugo li cura; s’immagina il compito degli uffici pastorali, perché a Vienna si era guadagnato il pane in uno di questi, e s’identifica con il suo lavoro; difende la guida del rinnovamento pastorale e liturgico attraverso i Vescovi perché Innitzer fa così a Vienna; prende sotto protezione la liturgia popolare e la cura delle anime perché collabora al volume aggiuntivo; celebra i nomi di Johann Baptist Lotz e Max Mueller perché non può menzionare il suo nome, questi però insieme con lui formano la Scuola cattolica di Heidegger a Friburgo e… sono i soli in Germania che ancora capiscono veramente qualcosa di filosofia; difende la lezione della filosofia moderna come molto utile per la teologia cattolica, perché egli stesso la segue.
Il verdetto di Groeber che colpisce nell’intimo: alcuni che cercarono un collegamento con i più recenti sistemi filosofici, vengono spazzati via…. I pericoli che sono insiti in questa sicurezza di sé e la tendenza latente della sopravvalutazione di sé non sono affatto da trascurare». Questi tratti essenziali della personalità intellettuale di Rahner non si evincono solo dal parere redatto su Rahner, ma il ricercatore s’imbatte in essi nell’osservazione di tutta la carriera scientifica di Rahner: «Vale la pena di constatare che Rahner rimase fedele a se stesso nei tratti essenziali del suo pensiero». Dal 1949 al 1964 è poi professore di teologia ad Innsbruck. Qui mette il fondamento per la sua futura fama con le sue molteplici pubblicazioni sui più disparati argomenti e la sua attività di editore (curatore) della seconda edizione del Dizionario per la teologia e la Chiesa.
In questo periodo ci sono anche le difficoltà di Rahner con il magistero papale, che da Schulz non vengono taciute o minimizzate: la nuova interpretazione assai arbitraria dei dogmi della verginità (vogliamo consapevolmente prescindere dall’“aspetto biologico”) e dell’Assunzione in cielo di Maria; la sua tesi della risurrezione dell’uomo nel momento della morte, da ciò la risultante interpretazione del dogma dell’Assunzione corporea di Maria in cielo conforme alla svolta antropocentrica della teologia, e le sue idee sulla concelebrazione che contraddicono non solo al diritto ecclesiastico del 1917, ma conducono al fatto che al giovane gesuita viene inflitto un divieto di scrivere su questi temi da parte del Santo Uffizio, e dall’Ordine viene sottoposto, su incarico del Santo Uffizio, ad una censura preventiva. Lo stesso Pio XII mette in guardia in un pubblico discorso per la conclusione dell’anno mariano su alcune tesi di Rahner. Anche le assai forti reazioni di Rahner a questa opposizione non sono taciute da Schulz. Rahner mise in moto tutto, specialmente l’opinione pubblica, per mettere Roma sotto pressione.

Con ciò intendeva le sue iniziative (raccolta di firme, lettere a vescovi amici ecc.) molto concretamente come azioni fondate ecclesialpoliticamente. Al suo amico Vorgrimler scrisse: «Non bisogna agevolare troppo questi orribili bonzi (intendendo il cardinale Ottaviani ed i suoi collaboratori al Santo Uffizio). Se si accorgono della resistenza saranno più prudenti nel prossimo caso. Questa nuova ondata di integralismo deve essere combattuta in tutti i modi!». Schulz constata in merito a questa citazione, che si lascia completare da altre ulteriori impressionanti dichiarazioni di Rahner: «Rahner tendeva chiaramente verso un parlare villano». Solo sotto Giovanni XXIII si modifica sensibilmente la situazione in seguito all’esordio dei cardinali Doepfner e Koenig, come dell’allora cancelliere Konrad Adenauer: Rahner diviene, nonostante le obiezioni del cardinale Ottaviani, consigliere conciliare privato del cardinal Koenig. Sono piuttosto l’attività di retroscena di Rahner ed i contatti che vengono allacciati in quel periodo che giocano un importante ruolo. Nel Collegio Germanicum ed Hungaricum, dove Rahner abita durante il Concilio, conosce il giovane alunno Karl Lehmann, il quale poi dal 1964 di-venta per tre anni il suo assistente. Nelle questioni ancora inesplo-rate sul preciso ruolo di Rahner nello svolgimento e nei risultati del Concilio, anche Schulz rimane piuttosto incerto. Molto dettagliata-mente vengono invece esposte le tappe della vita post-conciliare di Rahner: così circa l’assunzione e lo “spopolamento” della cattedra Guardini a Monaco (1964-1967).
Interessante è qui la reazione de-scritta dall’autore per la mancanza di studenti alle sue lezioni. Al suo discepolo e amico Vorgrimler scrisse allora: «In fin dei conti della lamentela sulle mie lezioni non me ne importa un cavolo. Perché se qui esce un libro ragionevole, torna più a vantaggio della Chiesa, che se io edifico qualche centinaio di persone stupide come Guardini».

 

2.3 L’amarezza di Rahner verso la “Chiesa ufficiale” alla fine della sua vita

Qui risuona la crescente amarezza che si constata già dal 1970 circa: diventa particolarmente chiara al cosiddetto Sinodo di Wuerzburg, dove egli crede di dover constatare un fallimento della “Chiesa ufficiale” (un’espressione equivoca che Rahner usa ripetuta-mente da quel momento). Qui avviene anche una discussione degna di riflessione con il cardinale Hoeffner, che in un testo voleva fissare per iscritto la dottrina che Gesù è Dio. Rahner si indignò di questa pretesa e accusò le idee del Cardinale di mitologismo, a causa del quale il cristianesimo perderebbe tutta la sua credibilità. Particolare amarezza scatenò in Rahner il fallimento del quotidiano liberale di sinistra Publik nel novembre 1971. Egli vide l’inizio della ritirata della Chiesa in un “ghetto” pre-conciliare, e litigò anche con il suo Cardinale protettore di un tempo Doepfner. In modo chiaramente equilibrato, Schulz descrive la discussione per la cattedra d’insegnamento a Monaco di teologia fondamentale nell’anno 1979. Sebbene Rahner avesse proposto il suo discepolo Johann B. Metz quale candidato per questa cattedra d’insegnamento, il cardinal Ratzinger, allora arcivescovo di Monaco, non appoggiò questa candidatura, per cui anche il ministro per il culto fece marcia indietro.

Rahner allora accusò Ratzinger di abuso di potere.

Schulz scrive a proposito: «Rahner si arrogò il diritto di spingere dentro a forza i suoi sostenitori. Così provò anche in un Sinodo a lanciare i suoi amici in determinati posti. Nello stesso anno anche al compagno di battaglia di Rahner, Hans Küng, fu tolto il permesso d’insegnamento, cosa che indusse Rahner a parlare di “pericoli di uno sterile reazionario provincialismo nella Chiesa”, “che possono diventare fino ad un certo grado, reali”». Similmente anche quando papa Giovanni Paolo II dopo l’ictus del generale dei Gesuiti Pedro Arrupe, insediò come delegato il teologo padre Dezza, che in Germania veniva considerato piuttosto conservatore, Rahner vide in ciò un atto di abuso di potere, col quale il Papa voleva mettere le briglie alla teologia della Chiesa ufficiale. Sullo sfondo c’era in questo un’idea di Rahner, espressa esplicitamente nel 1982 in un incontro della provincia dell’Ordine, che la teologia scientifica ha il diritto formale “di formulare dichiarazioni sul Magistero”.
Da allora viene sostenuta da alcuni teologi tedeschi – perlomeno di provenienza rahneriana – la tesi che, accanto al Magistero dei Vescovi e del Papa esiste in parallelo a questo un equivalente Magistero dei teologi. In Germania suscitò scalpore la traduzione tedesca del libro Getsemani del cardinale Siri, la cui uscita Rahner cercò, senza successo, di impedire con minacce contro la competente casa editrice e con diffamazioni delle opere scientifiche del benemerito Cardinale in campo neutro. Ma anche il libro pubblicato insieme con Heinrich Fries nel 1983 per il cinquecentesimo anniversario della nascita di Martin Lutero: “Unione delle Chiese – possibilità reale”, in un certo senso anticipa la problematica della dichiarazione di consenso di Augsburg sulla giustificazione. Schulz nomina in questo contesto il cardinale Ratzinger che vedeva nel libro un’azione che non si può pretendere che vuole spingere ad una «cavalcata forzata verso l’unità e, nelle tesi sostenute, una figura artistica di acrobazia teologica». Rahner propose in esso, con tutta serietà, che “in un’ordinazione vescovile evangelica vescovi cattolici che consacrano insieme potrebbero rimuovere la mancanza nella successione apostolica…». Anche la cosiddetta “Questione segreta Rahner”(?), che si cerca invano nella biografia di Rahner di Karl Heinz Neufeld, che peraltro si sforza nella fedeltà ai dettagli, viene trattata da Schulz relativamente in modo esauriente sotto il titolo Pesce e arruffata: Rahner scrisse non solo lettere al suo amico Vorgrimler, ma anche alla scrittrice Luise Rinser.

Questa afferma di possedere oltre 1800 (!!) lettere molto private di Rahner, la cui pubblicazione è stata rigorosamente vietata dall’Ordine dei Gesuiti. Rahner che ivi si rivolge alla Rinser con il vezzeggiativo di “Wuschel” (arruffata), e che da lei nelle lettere viene chiamato “pesce”, sembra aver sofferto molto, così la Rinser, di non godere della sua esclusiva amicizia. La pia madre di Rahner pregò perciò Luise Rinser di mantenere la debita distanza, e il governo dell’Ordine, da parte sua, il Rahner. A questo punto il lettore del libro di Schultz si chiede a buon diritto se queste cose poi debbano trovare menzione in un libro di un religioso teologo defunto. L’autore tenta di giustificarsi facendo la domanda: «Sarebbe anche da chiedere, se e fin dove le domande, le crisi di fede, le vie mistiche, vie di ritorno a Dio (inteso piuttosto come uno spirito apersonale) della Rinser e la sua pungente critica alla Chiesa abbiano influenzato la teologia di Ra-hner». Quello che Schulz non scrive è che ci fu certamente un’influenza reciproca, che non giovava alla vita di fede di entrambi. La Rinser scrisse a Rahner verso il 1966: «Pesciolino, te l’ho già detto diverse volte, tu sei mostruosamente pericoloso per me. Mi educhi ad un relativismo che potrebbe essere mortale…». Se si crede alla poetessa, lei fu anche una delle ultime persone con cui Rahner parlò al telefono poche ore prima di morire. Poco dopo il suo 80° compleanno, Rahner muore a Innsbruck nel 1984. Il requiem lo celebra uno dei suoi tanti discepoli saliti al rango di vescovo, il Vescovo di Innsbruck, Reinhold Stecher.
La seconda parte del libro di Schulz non è meno avvincente . Con grande capacità di immedesimazione e stando in una tradizione di ricezione, si sforza di mostrare la coincidenza tra la dottrina della Chiesa e le tesi di Rahner. L’autore si orienta in questo all’ultima grande opera di Rahner, il Corso base della fede (1976). Non viene taciuto il teso rapporto di Rahner con la teologia scolastica. Viene richiamata l’attenzione alla nouvelle théologie francese, le cui idee formano il fondamento per la nuova determinazione del rapporto tra natura e grazia, come quello dell’“esistenziale soprannaturale” e del “cristianesimo anonimo”. Viene riportata chiaramente la cristologia, progettata nell’ambito della teologia trascendentale criticata dal cardinale Siri come eretica e la nuova concezione della dottrina trinitaria dipendente da Hegel. Ancor più dettagliatamente di questi punti tratta però il nuovo studio, già sopra menzionato, di Vogels, che seguiamo nel prossimo capitolo.

 

3. Heinz Juergen Vogels: La teologia di Rahner raggiunge la fede della Chiesa?

Habent sua fata libelli – Il libro di Vogels ha una sua preistoria di cui dobbiamo brevemente trattare. Nel 1982 Heinz Juergen Vo-gels chiese in un’ampia analisi dei relativi testi di Rahner nella rivista Scienza e Sapienza: «La teologia di Rahner raggiunge la fede della Chiesa?». Vogels dimostra, in un’analisi molto accurata di molti testi di Rahner, tutta una serie di evidenti contraddizioni con la dottrina della Chiesa: modalismo nella dottrina trinitaria e adozionismo nella cristologia; rifiuto del carattere di persona dello Spirito Santo e del titolo di Figlio di Dio; monoergismo e monoteli-smo, derivante da questo: una negazione implicita della maternità divina di Maria, e l’affermazione della possibilità dell’autoredenzione dell’uomo. L’articolo di Vogels scatenò nel gesuita Miggelbrink una forte reazione. Egli assomma tutto il suo tentativo di confutazione, che ignora del tutto i testi menzionati e analizzati da Vogels, nel citare perlopiù innocue preghiere e testi di meditazione di Rahner intercalati con diffamazioni personali. Tutta la sua critica sgorga esclusivamente dalla voglia di litigare, nec scienter, nec sapienter. Miggelbrink rimane però debitore delle prove di dove esattamente Vogels falsifichi una citazione o abbia citato selettivamente falsificando.

Al contrario, per lui è chiaro: se Rahner avesse effettivamente scritto qualcosa di non ortodosso, il Santo Uffizio oppure la Congregazione per la dottrina della Fede sarebbero intervenuti a sfavore e i suoi libri non avrebbero alcun imprimatur. Da ciò conclude, che i veri eretici sono quelli (quindi Vogels) che accusano Rahner di discostarsi dalla fede: «Si espongono al pericolo dell’eresia quelli che troppo sicuri di sé denunciano gli altri come eretici». Solo nel 1998 Vogels apprese attraverso la pubblicazione dell’autore di queste righe della replica di Miggelbrinks, sollecitato dalla pubblica discussione, nuovamente stimolata dalla questione circa l’ortodossia della teologia di Rahner; e incoraggiato da illustri teologi come il cardinale Ratzinger e Schuermann, anche Vogels ha ora ripreso nuovamente la discussione critica e sul presupposto della replica di Miggelbrinks e dell’apologia di Rahner di altri teologi ha nuovamente posto la domanda, fin dove la teologia di Rahner raggiunge la fede della Chiesa.

 

3.1 “Meglio un modalista che un triteista” (Rahner)

Vogels parte dalla molto citata e discussa frase di Rahner sulla dottrina trinitaria, nel suo contributo per la raccolta di opere Myste-rium salutis: «Non esiste… intratrinitariamente un reciproco “tu”. Il Figlio è l’espressione del Padre, che non può ancora una volta essere concepita come dichiarante». Già nel sano “istinto della fede dei credenti”, questa frase dovrebbe suscitare sorpresa. Questa sorpresa diventa per Vogels uno stimolo per occuparsi più da vicino della dottrina trinitaria di Rahner. La citata frase viene osservata da Vogels insieme alle osservazioni di Rahner, nelle quali il gesuita parla dell’uomo in genere e di Cristo quale Epifania di Dio nella storia. Il Figlio è per Rahner la dichiarazione di sé del Padre, solo nella storia, e per questo non è da concepire ancora una volta come dichiarante, ossia come intertrinitariamente dicente “tu” .
Ora si potrebbe opporre a Vogels l’appunto che egli strappi questi passi dal contesto, e li collochi in modo così nuovo da trovare per forza quello che egli vuole trovare in Rahner. Ma Rahner nel Corso fondamentale diviene egli stesso così chiaro che non c’è bisogno di una combinazione fra i diversi passi. Là postula dal secondo modo di sussistenza di Dio un’identità con la sua storica espressività, che avviene solo in Gesù Cristo, ma giustamente Vogels trae la conseguenza: «Una preesistente espressione trinitaria immanente di Dio, un figlio preesistente, non esiste in questa “concezione”». Gesù Cristo è solamente un’espressione storica, non la preesistente divina espressione di sé di Dio. Il motivo più profondo per questa posizione di Rahner che contraddice chiaramente alla dottrina della Chiesa, Vogels la vede nelle premesse filosofiche di Rahner: più precisamente nella sua completa resa al sistema filosofico trascendentale. Rahner ha sviluppato questo sistema dapprima nel contesto della teologia fondamentale, e poi però ha inserito tutto quello che comunemente è oggetto della teologia. Così, anche la cristologia, che in Rahner come “Cristologia dal basso”, è in grado di comprendere Cristo solo filosoficamente, come “Salvatore assoluto”.

L’esistenza umana viene interpretata come una domanda a cui Dio risponde. In modo del tutto esemplare questa risposta viene data in Cristo, che così appare sempre e solo come caso esemplare dell’umano in generale, come “supremo caso del compimento della realtà “umana”. Egli è «di fronte a Dio come completa, pura persona umana conscia di sé, che gli va a genio e lo accetta, mentre Cristo come uomo accetta la promessa di Dio». Questa opzione fondamentale si ripercuote naturalmente in tutta la cristologia e mariologia: Rahner postula pressappoco un’autocoscienza umana di Gesù. Mentre il Concilio di Calcedonia insegna che in Cristo esiste solo un persona divina, Rahner dice che «credere ad un centro d’azione divino è un equivoco, esiste solo un centro d’azione umano in Cristo». Conformemente Rahner mostrò sempre un’avversione a parlare di Cristo come vero Dio: quando, come già riferito, al Sinodo di Wuerzburg, il giurista di diritto canonico Hubert Flatten richiese ai sinodali, sostenuto dal cardinale Josef Hoeffner, la professione in “Gesù Cristo quale Figlio di Dio”, Rahner si oppose loro sicuro di sé e disse che questo oggi non si può dire, senza esporsi al sospetto di un superato mitologismo. Anche nella mariologia Rahner evita poi coerentemente il titolo di Theotokos del Concilio di Efeso. Di Maria si parla solo come “caso radicalmente riuscito della Redenzione”.
Che maternità divina sia qualcosa di completamente diverso dal generale essere redenti, a Rahner sfugge già nei primi scritti e nel Corso fondamentale lo ha tolto cosicché non viene più tematizzata la questione della Maternità divina. Con più chiarezza si mostrano i vagabondaggi cristologici di Rahner, quando egli crea il collegamento tra cristologia e dottrina trinitaria: «La persona umana di Gesú è di fronte (secondo Rahner) ad una sola persona divina; il Figlio non assume (come nella cristologia di Calcedonia) una natura umana.
Quello che Dio accetta è il Logos, … oggettivamente, non inteso in modo personale. Logos è per Rahner l’esprimibilità, non la effettiva, intratrinitaria espressione di Dio. Il Logos è un modo con cui Dio si comunica». Rahner stesso parla del Logos letteralmente come “modo d’un dato di fatto”. Si vede più tardi qui, ciò che è chiaro per ogni teologo specialista: la descritta dottrina propria di Rahner è legata molto strettamente alla sua dottrina trinitaria. Già il termine “modo del dato di fatto” indica la direzione. E qui Vogels può rendere comprensibile la reiterata espressione di Rahner: «Meglio un modalista che un triteista». E ora effettivamente Vogels puó mostrare come Rahner, per troppa paura di un grossolano triteismo, si sia votato infine ad un modalismo rivolto all’antropocentrismo: nella dottrina tri-nitaria di Rahner esiste solo una “trinità della propensione” verso l’uomo. Non esiste una preesistente immanente trinità indipendente dal tipico modo del dato di fatto per noi: Figlio e Spirito vengono intesi non come persone, ma unicamente come modi di espressione del Padre in vista rispettivamente dell’uomo e della storia.
Le annotazioni sulla cristologia hanno già mostrato che il Logos qui è solo un altro nome per Dio nel modo della parola. Il Logos intratrinitario non sparisce con ciò completamente, ma viene ridotto alla rappresentazione, che contraddice profondamente la qualità di Dio quale actus purus, secondo cui egli è solo la possibilità della auto-espressione di Dio, «un tipo di energia, una disponibilità di Dio, ma non una seconda Persona in Dio». Questo è evidente e particolarmente incisivo nel Corso fondamentale in cui Rahner, per così dire, ha coerentemente portato a compimento le sue precedenti manovre degli scambi che aveva adottato. Per Rahner il Logos «non è in effetti una persona divina, e di conseguenza Cristo è solo una persona umana, che… accetta Dio e viene accettata da Dio». Quindi l’analisi che il cardinale Siri tanti anni prima presentò sulla cristologia di Rahner in Getsemani, non può essere stata così astrusa, come numerosi teologi universitari tedeschi allora diedero ad intendere!

 

3.2 Tre caratteristiche fondamentali del pensiero rahneriano

Secondo Vogels queste inequivocabili idee eterodosse sono cor-relate con tre caratteristiche fondamentali del pensiero di Rahner:

  1. Dapprima Vogels constata un progressivo disinteresse per la Sacra Scrittura, particolarmente per i Sinottici, che mostrano ricorrentemente il “Figlio” come parificato al Padre. È appariscente in questo contesto anche un dato di fatto, che ha già indicato anni fa il cardinale Scheffczyk; infatti la Sacra Scrittura nel Corso fondamentale non gioca alcun ruolo.
  2. Così si evidenzia nel pensiero di Rahner una riserva nei con-fronti della “cristologia classico-ecclesiale”, e della “dottrina magisteriale”, nonché una minimalizzazione dei dogmi con vaste conseguenze. Questi vengono intesi come “un possibile” ma “non come l’unico possibile” modo di esprimere la dottrina cristiana. Molto volentieri Rahner avverte che la dottrina della Chiesa «non può essere assolutizzata». Questo poi non lo fa nemmeno lui. Vogels dimostra molto chiaramente che il concetto fondamentale di Rahner contraddice completamente il concetto di teologia della teologica classica, che conviene così mirabilmente alla dottrina della Chiesa ed alla sua coscienza di sé: Rahner non parte nella sua teologia dal dogma, egli «non accetta in primo luogo la Rivelazio-ne, ma traccia il quadro di una dottrina a priori dell’Uomo-Dio» , per poi vedere se «il senso che è da sviluppare dell’Incarnazione di Dio viene coperto attraverso le spiegazioni del magistero della Chiesa» , successivamente constata spesso che la sua costruzione corrisponde esattamente al credo della Chiesa. Ciò tuttavia – come Vogels può mostrare in modo convincente nella cristologia di Rahner – rappresenta una valutazione totalmente erronea: «la dottrina trinitaria e la cristologia della Chiesa e quella di Rahner non si conciliano…».
  3. Questa valutazione di Rahner che mette una accanto all’altra senza problemi due posizioni che si contraddicono, come se non esistesse il principio della contraddizione, è indubbiamente spiegabile con il terzo punto: e precisamente si constatano in terzo luogo un confusionismo filosofico ed una stretta unione ad Hegel ed all’esistenzialismo del primo Heidegger. Nella dottrina trinitaria e nella cristologia, Rahner rispettivamente confonde e scambia ricorrentemente prima e seconda sostanza, natura e persona, essere universale ed individuo. Lo schema esistenzialista si ritrova nella costruzione rahneriana dell’esistere dell’uomo rivolto a Dio e di Dio rivolto all’uomo. Esso conclude con la filosofia di Hegel dello Spirito assoluto, che solo è volto verso sé stesso, in quanto esce da sé nella storia e diventa egli stesso storico. Il posto della tesi lo prende Dio, quello dell’antitesi l’uomo, quale “spirito che viene verso se stesso” oppure la creazione, nella quale Dio diventa storico, e si esprime proprio realmente . Alla sintesi corrisponde l’Uomo-Dio, in cui si compie pienamente il diventare mondo di Dio. Un pensiero fortemente emanazionistico viene qui unito con una visione della storia del mondo e dello spirito, che viene intesa come una storia della trascendenza, della auto-trascendenza dentro a Dio, e come tale nel suo punto d’arrivo identica con l’assoluta comunicazione di sé di Dio, che è ciò che Rahner intende per unio hypostatica. L’unicità di quest’ultima cade naturalmente per mezzo di ciò, poiché una tale assoluta trascendenza di sé dello spirito in Dio è secondo Rahner «da pensare che succeda in tutti i soggetti spirituali». Giustamente ritiene Vogels, che Rahner voleva rendere comprensibile la fede per mezzo della filosofia hegeliana, ma che non gli è riuscito in alcun modo: «Lo strumentario del pensiero hegeliano e dell’esistenzialismo si dimostra contro l’intenzione di Rahner inidoneo alla spiegazione del dato su Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio. Questo giudizio vale naturalmente anche per quei discepoli di Rahner che lo hanno seguito in questo punto: prima di tutti Hans Küng, la cui cristologia secondo la sua dichiarazione, è improntata totalmente alla convinzione fondamentale che l’Assoluto stesso ha storia, è storico» . Infine qui diventa di attualità quello che papa Pio XII nella sua veramente profetica enciclica Humani Generis espose con chiarezza. Con uno sguardo all’evoluzionismo, esistenzialismo e storicismo ed al tentativo di interpretare con il loro aiuto in modo nuovo la fede della Chiesa, il Papa chiarisce in modo inequivocabile: Chiesa e scienza della fede non si possono legare ad un «qualsiasi sistema filosofico di vita breve». Una evacuazione della terminologia tramandata e della tradizione filosofica, che raggiunge in san Tommaso il suo apice, significa una catastrofe.

Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Fides et Ratio (nn. 55 e 96), così come la dichiarazione Mysterum Ecclesiæ (1973), hanno nuovamente sottolineato questo fatto, aggiungendo che ci sono determinati concetti filosofici fondamentali ed idee che la Chiesa ha impiegato nel suo annuncio dottrinale e che, indipendentemente dal loro rispettivo contesto, conservano un “valore di conoscenza universale” (n. 96). Solo essi sono, nel campo della teologia speculativa, veramente idonei all’intellectus fidei. Se questo non viene osservato, si arriva a decurtazioni e deformazioni della verità, come all’incirca in questo caso (n. 98) nella cristologia, che unilateralmente promana “dal basso”. Secondo quanto finora esposto, sembra che queste frasi siano dirette a Rahner.

 

4. Conclusione

Vogels constata, in conclusione, che il sistema di Rahner si presenta alla luce del Magistero come una “costruzione sbagliata”. Si configura come “cancellazione, scambio e confusione dei concetti” dello Spirito divino increato con lo spirito creato, della natura con la grazia , che appiattisce completamente lo specificum christianum; confonde l’esperienza dell’essere con quella di Dio; e questo è il punto centrale di tutta la problematica del pensiero rahneriano. «Questa è la brutta fine dell’impostazione antropologica della teologia». Vogels si rende perfettamente conto con ciò della portata delle sue dichiarazioni, specialmente dopo i rimproveri che gli sono stati fatti dai sostenitori dei discepoli di Rahner, che secondo Karl Heinz Weger oggi hanno occupato le cattedre della teologia scolastica, ed anche numerose sedi vescovili. Secondo Vogels, Rahner non voleva nient’altro che servire il dogma e spiegarlo. Però: ciò che egli voleva non gli è, come pare, riuscito. Fa certamente male, – così lo scrittore – parlare di Rahner in modo così disincantato, ma dobbiamo dire la verità nella carità (Ef 4,15), non tacere la verità per carità. Dopo l’appassionante e addirittura emozionante lettura dello studio di Vogels, emerge veemente il quesito, se non sia giunto il tempo che quella istituzione, a cui nella Chiesa Cattolica è affidata la conservazione della purezza della fede, ancora una volta accetti un confronto più approfondito con la dottrina di Rahner. In questo non si tratta di un giudizio sulla persona di Rahner. E, a tale riguardo, non è rilevante se avesse buone intenzioni, si tratta solo dei suoi scritti.

Noi oggi possiamo, meglio di allora, riesaminare con l’aiuto dei più recenti studi, nei quali egli più o meno acriticamente viene stilizzato altamente come nuovo dottore della Chiesa. Ci sarà mai un momento più adatto di quello attuale per una rilettura ufficiale, e perché uno dei migliori conoscitori del pensiero rahneriano e del suo difficile linguaggio possa presiedere la Congregazione in ciò competente? E non sarebbe questo, proprio per le proteste e minacce prevedibili per questo caso, un grandioso segno di quell’amore al prossimo, disinteressato e intellettuale, che certamente è il suo compito peculiare?

 

 

 

 

Karl Rahner fotografato con uno dei suoi adepti, il futuro cardinal Karl Lehmann.

[SM=g1740771]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)