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La guida alle messe d’Italia contro la sciatteria

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    Caterina63
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    00 02/04/2009 22:49
    Riprendo quest'intervista dal quotidiano "Il Centro", del Gruppo l'Espresso. Interessante e popolare punto di vista dell'autore di "Guida alle Messe", libro già presentato in questo precedente post. Per carità: non sarà un'intervista da Rivista teologica, ma alcuni indizi sono veramente rivelatori e condivisibili. Leggete, leggete...

    La guida alle messe d’Italia


    Giuliano Di Tanna

    Il bello e il brutto della liturgia in un libro di Camillo Langone
    «Non c’è legame geografico fra buoni ristoranti e belle messe. Al Sud si mangia meglio che nel resto d’Italia, ma la liturgia non mi piace. La liturgia ambrosiana è fra le più belle, ma mi guardo bene dal dire che a Milano si mangia meglio che altrove».

    Con Camillo Langone viene naturale parlare di cibo, anche quando c’è di mezzo l’acqua santa e l’incenso. Potentino di nascita ma parmigiano d’adozione, 47 anni, scrittore e giornalista, Langone è famoso anche per la «Maccheronica», la rubrica dedicata ai ristoranti italiani che, da anni, tiene sul Foglio. Da un’altra rubrica, sempre ospitata dal quotidiano diretto da Giuliano Ferrara, la «Guida alle messe», è nato un libro dallo stesso titolo che esce ora da Mondadori (313 pagine, 15 euro). Nel volume Langone «recensisce» le messe che si celebrano nelle chiese italiane. L’Abruzzo - che, pure, l’autore ama: ha parenti a Pescara - ne esce maluccio. Ma anche nel resto d’Italia la liturgia passa tempi bui, almeno allo sguardo idiosincratico dello scrittore, che ne parla in questa intervista al Centro.


    La scelta delle messse da «recensire» ha in comune qualcosa con quella dei ristoranti della «Maccheronica»?

    «No, a parte il fatto che, di domenica, quando sono fuori Parma, mi capita di andare prima a messa e poi al ristorante. Io non spreco mai nulla».

    A che ora va a messa?

    «A me piace dormire. Quando sono a Parma, dormo e poi vado a messa la domenica pomeriggio. Quando ci vado per la rubrica della “Guida alle messe” cerco sempre di andare, la domenica mattina, alle messe che si celebrano fra le 10,30 e le 11,30».

    Che criterio ha seguito nella scelta delle chiese?

    «Come per i ristoranti, ho cercato di andare a messa nelle chiese che pensavo potessero piacermi, cercando di rappresentare tutti i filoni del cattolicesimo. Per esempio, a un certo punto, mi sono detto: qua bisogna monitorare anche i Focolarini. E così ho fatto anche per altri gruppi e ordini religiosi».

    I suoi giudizi, invece, su cosa si basano?

    «Sui testi, innanzitutto. Ho studiato “Introduzione allo spirito della liturgia”, il libro scritto dal cardinale Ratzinger prima che diventasse Papa. Il mio punto di riferimento, insomma, è la messa papale, l’ordinamento generale del messale romano, quello che ai preti serve per dire messa. Io sono per il rispetto dei messali. Poi naturalmente c’è la mia sensibilità personale per alcune cose».

    Che cosa le dà più fastidio nell’attuale liturgia in Italia?

    «Ci sono delle questioni che possono sembrare di natura estetica, ma che non lo sono. Come, per esempio, la genuflessione, l’inginocchiarsi in chiesa. Ho capito che il vero discrimine è proprio la genuflessione. Secondo me, dove non ci si inginocchia, non c’è messa cattolica».

    Perché?

    «Perchè non si crede nell’esperienza reale di Cristo nell’ostia. Inginocchiarsi significa riconoscere la presenza di Dio nella messa. Stare in piedi, invece, significa partecipare a un rito umano. E allora io dico: chi se ne frega della messa se non c’è Dio. Il messale, inoltre, dice che è obbligatorio inginocchiarsi a parte i casi di impedimento fisico. Se non c’è genuflessione, c’è un problema teologico centrale e gravissimo».

    L’Abruzzo non esce bene dalla sua «Guida alle messe»: perché?

    «Va detto che in questa impresa ho avuto anche degli informatori, tutte persone affidabili. In molte chiese, invece, ci sono andato di persona. Alle messe nella cattedrale di San Cetteo a Pescara e nel duomo di Teramo, per esempio, ho assistito personalmente. Ma sicuramente mi sono perso per strada alcune messe significative. Per certi versi, l’Abruzzo appartiene al Sud. Intendo il Sud ecclesiastico più deprimente, quello che troviamo specialmente in provincia. Nelle chiese abruzzesi ho scoperto un’insensibilità al sacro tipica della provincia meridionale: tante candele elettriche al posto di quelle di cera, canzoni con chitarre. Come in Calabria, in Lucania, in Campania».

    Lei sostiene che senza le innovazioni liturgiche succedute al Concilio Vaticano II, la Chiesa in Italia avrebbe perso più fedeli di quanti non ne abbia poi persi: perché?

    «Sì. Anche se, purtroppo, non c’è la controprova di questa tesi. Mi affido all’esperienza del cardinale Biffi che, in un suo libro autobiografico, racconta che, quando era parroco a Legnano, si accorse che la messa in latino rappresentava davvero un problema. Io credo che la messa nelle lingue locali abbia un qualche senso. Ho l’impressione che sia necessaria. Non sono fra quanti dicono che bisogna assolutamente tornare indietro. Da cattolico credo che bisogna tenere dentro tutto e sono favorevole al motu proprio di Papa Benedetto XVI sulla ripresa della messa di Pio V entro certi limiti. E per me il limite è questo: ci dovrebbe essere una messa in latino, con il canto gregoriano, in ogni cattedrale di città sede di arcivescovado».

    Perché, per lei, è così importante il rito?

    «Perché il rito ti eleva. L’improvvisazione è umana. Il rito, invece, è qualcosa di stabile e che stabilizza. Il rito non è più umano, tanta è la distanza che lo separa ormai dalla sua creazione. L’improvvisazione - per esempio, le preghiere dei fedeli - è umana. Vi si sente sempre l’uomo. Ma io nella messa non voglio sentire l’uomo, ma qualcosa che mi avvicini a Dio. Ecco, il rito è importante perché aiuta ad avvicinarci a Dio. Il rito deve tendere all’eterno. Non si può inventare, tutti i giorni, una lingua diversa. E la lingua della religione è il rito».



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 02/04/2009 22:51
    Degustazione cattolica
    Una messa è una messa, ma non tutte le messe sono ugualmente efficaci. Ecco le più belle e le più brutte secondo Langone, il primo critico liturgico al mondo

    di Camillo Langone

    Da quando ho inventato il mestiere di critico liturgico, un mestiere bellissimo che farei a tempo pieno se solo riuscissi a commettere simonia (e invece non c’è un soldo), mi vengono rivolte due domande:

    1) Quali sono le messe più belle d’Italia?
    2) Ma le messe non sono tutte uguali?

    La prima domanda è posta da cattolici praticanti o aspiranti tali, la seconda è la tipica obiezione di chi a messa c’è stato l’ultima volta quando aveva quattordici anni, oppure di chi da quattordici anni frequenta la stessa parrocchia e si è convinto che il mondo finisca lì.

    Al contrario le messe sono tutte diverse. Lo sospettavo da sempre: da devoto sradicato e inquieto ho avuto l’occasione di esplorare cappellette e cattedrali, santuari e monasteri, in città e in campagna, al Nord, al Centro, al Sud, e con un simile campionario anche un soggetto meno maniaco di me si sarebbe accorto di una certa mutevolezza, chiamiamola così. Ne ho avuto infine la prova lavorando alla Guida delle messe (Mondadori) che in questi giorni è arrivata in libreria. Raccogliendo informazioni su centinaia di messe domenicali differenti ho potuto misurare l’enorme estensione del ventaglio liturgico.

    Fondandosi sulla roccia della verità la Chiesa può concedersi molte licenze (sono le sette e le eresie a dover essere uniformi e repressive) e così ogni prete, ogni comunità, ogni fedele si comporta più o meno come gli pare. Ho scoperto che l’Ordinamento Generale del Messale Romano è un testo ignoto a chierici e laici, peggio che se fosse scritto in aramaico e reperibile solo in alcune grotte nella zona del Mar Morto. Mentre invece “le norme per preparare gli animi, di-sporre i luoghi, fissare i riti” si trovano in libreria (otto euri) e su internet (gratis).

    Comunque la liturgia è bella perché è varia: messe di due ore e messe di venticinque minuti, messe cantate e messe mute, messe con l’organo, messe con la chitarra, messe in italiano, messe in latino, messe un po’ in italiano e un po’ in latino, messe nelle lingue di ogni continente (specie nelle grandi città), rito romano, rito ambrosiano, rito bizantino, messe come le celebra il Papa (poche), messe come il Papa non celebrerebbe mai (molte, abbondando i preti superbi e dispettosi), navate zeppe, navate deserte, chiese frequentate solo da donne, chiese frequentate solo da uomini (con qualche messa tridentina succede), prediche lunghe, prediche brevi, preti che parlano di Dio, preti che parlano di politica, preghiera eucaristica 1 o 2 o 3 o 4 o vattelapesca, sacerdote spalle ai fedeli, sacerdote rivolto ai fedeli, nessun chierichetto, molti chierichetti (in certi casi pure chierichette), un quintale di incenso, zero incenso, sempre in ginocchio, sempre in piedi, comunione nelle due specie, comunione monospecie, ci si stringe la mano, ci si abbraccia, ci si bacia, non ci si tocca per niente… A ciascuno il suo divino.

    Una Guida contro la sciatteria

    Chiaramente ogni liturgia rappresenta una diversa teologia, idee di Dio all’apparenza inconciliabili: chi passasse senza adeguata preparazione dalla messa teocentrica, lunghi silenzi vibranti di sacro, di Santa Maria della Pietà (Bologna), alla messa antropocentrica, logorroica e fracassona, di Santa Maria a Mare (Maiori, Costiera Amalfitana), penserebbe a due religioni diverse. Grazie al Cielo la Chiesa è appunto cattolica, che in greco significa “universale”, capace di tutto comprendere. Ciò non vuol dire che tutte le messe siano ugualmente efficaci.

    Il sacramento è sempre valido (non devo ricordare su queste pagine che Cristo è presente nell’ostia anche in caso di prete indegno o di canti strazianti) ma il suo potenziale di conversione cambia di volta in volta e di norma è sottoutilizzato. Se una messa riesce a catturare i sensi, anziché respingerli, lo Spirito che in essa si incarna si approfondisce in noi. E ci cambia, e cambia il mondo. Vorrei che la Guida, la prima del genere mai realizzata, servisse da pungolo a sacerdoti e comunità per migliorare la propria liturgia secondo le semplici, ragionevoli indicazioni del nostro amato Papa Benedetto XVI, cancellando gli errori formali che rischiano di diventare sostanziali e quella disperante sciatteria, somma di candele elettriche e repertorio musicale subsanremese, che alcuni nostalgici confondono con la quintessenza della modernità (lo era negli anni Settanta, forse).

    Ma non ho ancora risposto alla prima domanda: quali sono le messe più belle d’Italia? L’ho tenuta per ultima perché ho paura di sbagliare, perché sono consapevole di quanto pesi la sensibilità personale, perché giudicare è pericoloso (c’è il rischio che poi qualcuno giudichi me), perché la competizione non è cristiana… Ma non posso essere pilatesco, dovrò sbilanciarmi.

    Comincerò col dire che in alcune città la liturgia mi sembra mediamente più curata che in altre: a Genova, dove l’influsso del mai abbastanza compianto cardinale Siri si fa ancora sentire, e poi a Milano, potenza del rito ambrosiano, e quindi a Brescia, a Bologna, a Firenze… Nelle chiese di Parma si possono ammirare il Correggio e il Parmigianino, per il misticismo rivolgersi altrove.

    A Roma c’è logicamente un po’ di tutto. Il Sud è il reame della chitarra beat, chi non porta i pantaloni a zampa d’elefante può rifugiarsi in qualche cattedrale e in pochi altri luoghi. A Genova mi sentirei di consigliare la messa carmelitana di Sant’Anna e quella latina di San Carlo, a Milano Sant’Ambrogio, sebbene a volte infastidita dai flash. L’incontinenza fotografica in certi orari penalizza altre basiliche ben officiate, come l’Annunziata a Firenze o San Carlo al Corso a Roma o San Nicola a Bari. A Brescia grazie a Dio i turisti sono pochi e nel Duomo Vecchio e a Santa Maria delle Grazie l’atmosfera è davvero religiosa. Del Triveneto voglio ricordare il santuario affollatissimo della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza e la cappella intimissima del monastero Totus tuus Maria di Gorizia.

    Per non sbagliare, Sant’Antimo

    Se la domenica vi trovate nel Lazio non dimenticate l’abbazia di Farfa (Montecassino può attendere). Santa Susanna, a Roma vicino piazza Esedra, è il classico occhio del ciclone: un’oasi di gregoriano femminile nel rumoroso deserto di Babele. La Trinità dei Pellegrini, verso Campo de’ Fiori, è il motu proprio che ha vinto la scommessa: molti giovani e molti stranieri nella parrocchia espressamente dedicata da Papa Benedetto al rito tridentino.

    Ma la messa del mio cuore resta quella di Sant’Antimo, meravigliosa abbazia immersa nella meravigliosa campagna di Montalcino, coi frati vestiti di bianco e il messale di Paolo VI trasfigurato da latino e canto gregoriano. È la più cattolica che ci sia per la sua capacità di abbracciare tutti coloro che hanno fatto, fanno e faranno eucaristia in memoria di lui: i morti, i vivi, i non ancora nati. Chi è andato a Sant’Antimo dietro mio suggerimento mi ha sempre ringraziato. Magari poi avrà anche mangiato e bevuto bene.

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)