00 25/08/2010 18:30
Sui luoghi della "rivelazione" di Giovanni

Nel monastero di Patmos dove si respira l'unità


di Elisabetta Galeffi


È successo una notte di Pasqua in una delle mille chiese del monte Athos. Un coreografo inglese, in vacanza nella terra dei suoi avi, ha sentito l'impulso irrefrenabile di cambiare la sua vita:  diventare sacerdote secondo il credo nel quale il padre, originario dalla Grecia, l'aveva fatto battezzare.

Così non è tornato più a Brighton, ai suoi spettacoli e alle molte star che aveva conosciuto in giro per il mondo. Dopo la decisione di quella notte il coreografo è diventato padre Martinianos e a farlo viaggiare - perché ci sono delle costanti dell'esistenza malgrado le più rivoluzionarie decisioni - ci pensa la Chiesa ortodossa greca.

Un sacerdote speciale:  sette lingue parlate fluentemente e un gran senso delle cose del mondo. Il mondo che quest'uomo mostra, senza timidezze, di avere conosciuto intensamente. E di cui, tutto sommato, si porta ancora l'odore addosso. Dal monte Athos a Costantinopoli, a stretto contatto con il Patriarca Bartolomeo, poi per un anno e mezzo a Gerusalemme e da lì a Patmos, da dove presto partirà ancora per il monte Athos con un grande progetto da realizzare.
 
Lo incontriamo proprio a Patmos, l'isola dove l'apostolo amato da Gesù, Giovanni, fu mandato in esilio dall'imperatore Domiziano per la sua instancabile predicazione del Vangelo. Su questa piccola isola greca, persa in un mare blu cobalto e resa arida dai venti che permettono alla vegetazione di crescere solo nelle zone più riparate, San Giovanni, rinchiuso in una caverna indicata dalla tradizione locale, ebbe le visioni da lui stesso descritte, fra gli anni 90 e 95, nell'ultimo libro della Bibbia, l'Apocalisse, che in greco significa "rivelazione".

Nella grotta, dove si susseguono pellegrini e visitatori, un foro sulla roccia, ornato poi di argento, segna il luogo dove l'apostolo conobbe e vide le parole di Dio. E una croce tracciata con le sue mani è ciò che resta del trascinamento mistico che prese il sopravvento durante le sue visioni.
Il monastero di Patmos, dove padre Martinianos ci ha ricevuti, si trova sul punto più alto e impervio della Chora, l'insediamento principale e antichissimo dell'isola.

Le visioni di Giovanni e la fama che di conseguenza guadagnò l'isola, chiamata per questo "seconda Gerusalemme", l'hanno resa anche di grande interesse artistico. Ricchissima di chiese di ogni dimensione e importanza, di isolati monasteri sia femminili che maschili tutti appartenenti alla Chiesa ortodossa greca, Patmos iniziò la sua rinascita intorno all'anno 1088, quando, la prima cappella, quella di Sant'Anna, all'interno della grotta di San Giovanni, fu fatta edificare da Hosios Christodoulos, un monaco originario di Nicea. Fu lui che si occupò in seguito dell'edificazione del principale monastero dell'isola, quello dedicato a san Giovanni il Teologo, grazie alla totale libertà di costruire luoghi di culto a Patmos che gli aveva concesso l'imperatore Alessio i Commeno.
 
Il monastero, che dall'esterno sembra una fortezza, fu edificato sulla vetta più alta con l'idea di costruire un luogo ben difendibile dai pirati. Alla morte del monaco, nel 1093, era completata la costruzione delle possenti mura esterne della chiesa principale, il cosiddetto Catholicon, del refettorio e di alcune celle delle venti di cui dispongono oggi i monaci. Gli affreschi più antichi sono quelli che restano nel refettorio. In seguito, i lavori continuarono a più riprese:  nel xii secolo per la cappella dedicata alla santa Vergine e per quella in ricordo del fondatore, mentre nel xv secolo furono nuovamente fortificate le mura esterne. Gli affreschi più recenti sono di scuola cretese, a differenza dei primi, in uno stile bizantino più antico.
 
Le invasioni turche avevano fatto rifugiare a Patmos molte ricche famiglie di Creta, famiglie colte che costruirono tanti dei più bei palazzi della Chora e fecero arrivare sull'isola il meglio della società a loro contemporanea. Mentre l'importante biblioteca del monastero, che ha oltre nove secoli di storia, conserva manoscritti realizzati dall'xi fino al xv secolo, oltre un archivio di documenti bizantini che riguardano l'amministrazione pubblica e la storia religiosa.

Padre Martinianos racconta che i monaci che vivono stabilmente qui sono dieci e occupano metà delle celle. Non c'è però un problema di vocazioni, che la Chiesa ortodossa greca quasi non conosce, ma gli altri religiosi che occupano le restanti celle svolgono la loro missione all'esterno del monastero, tra la gente e nelle chiese dell'isola. La vita di chi opera soltanto nel monastero è scandita da ritmi regolari:  la preghiera mattutina, dalle tre di mattina fino alle sei e mezzo e quella della sera subito dopo la cena fino alle nove. Le liturgie si succedono, invece, per tutto il giorno all'interno della basilica principale, dove sono sempre presenti almeno due sacerdoti. Padre Martinianos spiega che nella liturgia non vengono letti passi tratti dall'Apocalisse, anche qui dove il libro è stato dettato da san Giovanni. Di esso non si mette certo in discussione la canonicità, ma il testo non è entrato nel lezionario bizantino.

L'isola di Patmos e i suoi monasteri fanno parte del patriarcato di Costantinopoli e sono quindi sotto la diretta giurisdizione del Patriarca Bartolomeo, a differenza della stragrande maggioranza delle isole greche, che dipendono dall'arcivescovo ortodosso di Atene. Del Patriarca, al quale padre Martinianos è stato molto vicino nei suoi quattro anni e mezzo trascorsi a Costantinopoli, il monaco non smette di parlare, quando gli viene chiesto cosa apprezza di più della sua chiesa in questo momento storico. Così espone la difficoltà della vita di ogni giorno, ma anche i grandi sforzi per trovare una felice e durevole collaborazione con la Chiesa cattolica.

Il superamento degli antichi rancori, mai completamente sopiti, che dividono le Chiese "sorelle" così vicine, richiederà ancora del tempo:  padre Martinianos lo sottolinea, certo però che si è decisamente sulla buona strada. "A livello popolare, per alcuni greci ortodossi estremisti" - spiega - "giocano ancora un ruolo importante alcuni fatti storici":  la progressiva divaricazione culturale e religiosa che di fatto vide il passaggio di molti territori prima dipendenti da Bisanzio sotto la giurisdizione romana, il terribile sacco di Costantinopoli del 1204 e altri episodi, il fallimento dell'unione sancita al concilio di Firenze del 1439.

"Ma la stragrande maggioranza dei greci che vivono ai nostri giorni non dà più tanta importanza a fatti legati alla storia e ha uno spirito piuttosto tollerante. Esistono però ancora banali incomprensioni, che tuttavia non debbono scoraggiarci nello sforzo di trovare un dialogo", dice ancora Martinianos. Sono "incomprensioni tra chi è cresciuto insieme nella stessa terra e nella stessa società, come ortodossi e cattolici in Grecia, portando con sé, quasi nel proprio dna, vecchie ruggini".

Proprio per favorire il superamento di ostacoli più che altro a livello di mentalità, padre Martinianos si prepara a inaugurare nei prossimi mesi un grande progetto:  la ristrutturazione del quartiere e della chiesa di Hagios Dimitrios, attinente al monastero Hilandari nel monte Athos, per ospitarvi un centro per l'ecumenismo, dove si possano ritrovare insieme laici e religiosi, sia ortodossi sia cattolici sia protestanti. Un luogo pensato soprattutto per studiare e restaurare l'immenso numero di antichi manoscritti, icone e affreschi conservati nelle moltissime chiese e nei monasteri che sono disseminati sul monte Athos, ma anche dove riunirsi per la preghiera.


(©L'Osservatore Romano - 25 agosto 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)