00 28/04/2009 18:57

Il terremoto
non ha distrutto l'amore



L'Aquila, 28. Sono state poche le ore che il Papa ha trascorso con la gente dell'Abruzzo terremotato. Poche rispetto a quanto accade di solito, quando lascia Roma.
Dal Vaticano è partito in macchina intorno alle 9. Sarebbe dovuto andare in elicottero ma il maltempo non lo ha consentito.

Lo accompagnavano gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia, il vescovo Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura, monsignor Georg Gänswein, segretario particolare.

Onna, il paese fantasma dell'aquilano, praticamente raso al suolo dalla prima scossa del terremoto, ha mostrato al Papa la prima immagine del volto dell'Abruzzo sfigurato dal tragico evento. Benedetto XVI è giunto nel cuore della tendopoli allestita poco discosta dalle rovine. Intorno a lui è stata subito una festa grande, solo leggermente disturbata dalla pioggia che è continuata a cadere a intermittenza per tutta la mattinata. Lo hanno accolto l'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari, a titolo personale Gianni Letta, sotto-segretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri italiano, e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso.

In modo molto composto la gente gli è andata incontro. Il Papa ha stretto affettuosamente decine di mani. Ha ascoltato le storie che alcuni brevemente gli hanno raccontato:  un anziano che è rimasto solo dopo aver perso tutto e tutti; un giornalista che ha perso il papà e il figlio; due mamme che hanno perso i loro figli; ha benedetto un neonato che due giovani sposi gli hanno presentato, lo avrebbero dovuto battezzare proprio il giorno dopo il terremoto. Alcuni tenevano tra le mani foto di familiari scomparsi. In molti sono scoppiati in lacrime dinanzi al Papa. Tra i presenti anche Vigili del Fuoco della Città del Vaticano, che sin dal giorno dopo il sisma, stanno prestando la loro opera a favore delle popolazioni terremotate a Onna e all'Aquila.

Dopo la preghiera per i defunti di Onna, Benedetto XVI, a bordo di una macchina della Protezione civile, guidata dallo stesso Bertolaso, ha fatto un breve giro tra le macerie del paese distrutto. Poi è partito verso L'Aquila. La prima sosta è stata presso la basilica di Collemaggio, accolto dal rettore don Nunzio Spinelli. Entrato in basilica attraverso la porta santa, il Papa ha recitato una breve preghiera dinanzi all'urna delle reliquie di Celestino v, sulla quale ha poi deposto il pallio che aveva ricevuto durante la celebrazione della messa per l'inizio del pontificato.
 
Poi di nuovo in macchina verso il campo della scuola della Guardia di Finanza, dove ha incontrato i volontari, i membri delle squadre di soccorso, il personale della Protezione civile, e i militari. Prima il Papa ha sostato nel luogo dove sorgeva la Casa dello studente, per incontrare dodici giovani scampati al crollo dell'edificio. Si è intrattenuto con ciascuno di loro, si è informato sui loro studi e li ha incoraggiati. Alcuni gli hanno consegnato una lettera.

A Coppito è giunto intorno a mezzogiorno. A riceverlo anche il nunzio apostolico in Italia, arcivescovo Giuseppe Bertello e l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi. Dopo i saluti ai sindaci e ai parroci dei 49 comuni più colpiti, e alle clarisse di Paganica - le quali con il monastero hanno perso anche la madre superiora - ha raggiunto il palco allestito al centro del piazzale.

Ha ricevuto il saluto dell'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari, del sindaco Massimo Cialente e del presidente della regione abruzzese Gianni Chiodi. Poi ha rivolto agli aquilani il suo discorso di incoraggiamento e ha affidato alla venerata Madonna di Roio - alla quale ha offerto una rosa d'oro - le popolazioni terremotate. Prima della benedizione ha recitato la preghiera per i defunti e cantato il Regina caeli. Lasciando il piazzale il Papa ha salutato la gente che gli si è fatta incontro. Molti lo hanno abbracciato. È rientrato in Vaticano in macchina, poco prima delle 15.



I saluti rivolti al Papa



All'inizio dell'incontro all'Aquila, Benedetto XVI è stato salutato dall'arcivescovo Molinari, dal presidente della regione Chiodi e dal sindaco Cialente. "Questo suo sostare in mezzo alle nostre ferite e al nostro dolore - ha detto il presule - è un passaggio del quale il Signore si serve per portare conforto, aiuto e la guarigione da ogni tentazione contro la fede e da ogni crisi della nostra speranza".

Quindi ha auspicato tempi rapidi per la ricostruzione. "O ci sarà subito - ha detto - o non ci sarà. E sarebbe la nostra morte, più brutta di quella causata dal terremoto. Ogni ostacolo alla rinascita - ha concluso - del mondo del lavoro e della nostra università, alla costruzione di nuove case, sarebbe un delitto infame". Successivamente il presidente della regione ha affermato l'impegno della classe politica per la ricostruzione della città, "con le case, i negozi e le chiese", dei paesi "con i loro centri storici", ma soprattutto "dei valori, dei principi e delle tradizioni".

"Vogliamo ripartire - ha detto - dal ricomporre le nostre famiglie, ridare serenità ai nostri figli".

Infine il sindaco ha ricordato al Papa come la popolazione abbia dimostrato dignità esemplare e forza d'animo straordinaria. "Lei - ha detto - è qui come quel padre che infonde coraggio ai figli. La accogliamo con quel poco che ci è rimasto. Con le lacrime di chi ha perso i propri affetti. Con le macerie di una città e di un territorio che hanno subìto una profonda ferita, ma che non si spezzerà mai. Le sue parole e l'azione concreta della Chiesa saranno per noi una guida sulla strada della rinascita".


Una pagina di condivisione



Nessun terremoto, almeno in Italia, ha avuto un'esposizione mediatica così alta come è accaduto per quello d'Abruzzo. Ma la tecnologia e la spettacolarizzazione non sono riuscite a lenire la paura e il dolore che ogni sisma provoca e imprime in forma inconscia e indelebile nel cuore e nella memoria degli scampati. È dunque nel bisogno di tornare a vivere nella normalità, di rimarginare lentamente le ferite dei lutti e di illuminare con la speranza l'incognita del futuro che il Papa, a Onna e a L'Aquila, ha saputo inserirsi con dolcezza e discrezione. E la gente colpita lo ha sentito vicino.

La visita di Benedetto XVI è stata un desiderio maturato sin dal primo tremare distruttivo della terra e poi rimandato per non intralciare i primi soccorsi. Pioggia e maltempo hanno contribuito a renderla meno facile, ma l'incontro del vescovo di Roma con la gente d'Abruzzo c'è stato. In tre ore umanissime, in cui il Papa è stato accolto come un parente caro che viene a consolare e al quale si sente il bisogno di raccontare per alleggerirsi almeno un po' di quel peso che ha sconvolto la vita.
 
Benedetto XVI ha sfatato con naturalezza luoghi comuni che hanno sempre cercato e cercano di accreditarne un'immagine distaccata e fredda. Ha ascoltato ognuno dei tanti che lo hanno salutato di persona. Ha parlato a tu per tu con uomini e donne, adulti e bambini, vescovi e sindaci, preti e laici:  tutti guardando negli occhi, stringendo forte le mani, lasciandosi baciare e abbracciare da madri commosse, da ragazze e giovani a un tratto felici.

Ma il Papa è andato soprattutto a pregare. A dire insieme una preghiera forte, a levare verso Dio "il grido di dolore e di speranza" di una comunità duramente provata. A ripetere "il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani e anche di piccoli innocenti" strappati all'affetto dei loro cari. E per quanti sono stati colpiti ha chiesto solidarietà concreta e progetti certi per il futuro. Case e chiese solide in una ricostruzione rapida.

La visita di Benedetto XVI resta una pagina esemplare di condivisione con chi soffre e spera. Da parte di un Papa che sa essere semplice senza artifici perché sa farsi prossimo restando schivo e libero dalle apparenze mediatiche.

c. d. c.



(©L'Osservatore Romano - 29 aprile 2009)

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)