00 19/03/2011 18:03
[SM=g1740733]  ATTENZIONE!!!!!

sul Corriere della sera di oggi 19 marzo 2011 è uscita la consueta provocazione:


Milano, la Diocesi sdogana il divorzio
al via il corso su come educare i figli

L'iniziativa per aiutare le coppie che si separano a non provocare danni ai loro bambini
"Non vogliamo entrare nelle cause della separazione", spiega il responsabile del progetto

di ZITA DAZZI

Genitori ancora. È il titolo di un corso voluto dalla Diocesi di Milano per aiutare le famiglie che si separano a non fare danni ai loro figli. Un corso che sdogana ufficialmente il divorzio e che si terrà in una sede grande come quella del Centro diocesano di via Sant’Antonio 5, in una sala da 300 posti. Assunto di partenza è che «in una crisi familiare bisogna tutelare i bambini. Non lavorare perché la coppia resti unita a tutti i costi».

Inizia fra una settimana, l’obiettivo è quello che viene coltivato da decenni nei consultori pubblici che organizzano incontri per spiegare ai genitori separati quel che è necessario fare per non danneggiare i figli nel corso delle inevitabili diatribe legate alla rottura della famiglia. «Non vogliamo entrare nei motivi della separazione, cerchiamo solo di parlare agli adulti del vissuto dei bambini e dei ragazzi durante il crollo familiare», spiega il professo Ezio Aceti, psicologo coordinatore del progetto.

La Chiesa di Milano già da tempo ha avviato una profonda riflessione sul tema delle famiglie in crisi. Lo stesso arcivescovo Dionigi Tettamanzi, con la celebre “Lettera ai separati e divorziati”, due anni fa, invitò le parrocchie a non escludere chi viveva una situazione di crisi e chiedeva perdono per il passato atteggiamento di chiusura verso persone così sofferenti. Ne sono seguite conseguenze pratiche sempre più importanti. Da un mese, la parrocchia del Redentore in via Palestrina ha iniziato un percorso spirituale rivolto ai separati. Adesso parte il corso per tutelare i bambini coinvolti nei divorzi.

«Abbiamo deciso di scendere in campo perché nei nostri 34 consultori vediamo sempre più coppie in crisi, un fenomeno di massa e trasversale — spiega Alfonso Colzani, responsabile del Servizio diocesano per la famiglia — che non può essere affrontato in un’ottica confessionale. È necessario offrire un contributo di riflessione che apra spiragli di speranza a chi vive questi drammi. Il punto di partenza è che si rimane padri e madri anche quando la famiglia finisce. Il nostro titolo è “genitori ancora”, non “coniugi ancora”».

Nella sala del Centro San’Antonio non verranno affrontati i singoli casi — per le consulenze personali ci sono i consultori della Diocesi — ma verrà fornita una chiave di lettura generale. «Il bambino piccolo — spiega lo psicologo Aceti — vive la separazione in modo angosciante perché pensa di esserne lui la causa e mette in moto una serie di strategie perché ha paura di essere abbandonato. I più grandi invece capiscono che i genitori hanno deciso di separarsi autonomamente, ma cercano di manipolare il papà e la mamma. Gli adulti a loro volta cercano di manipolare i figli per usarli nello scontro con l’ex partner. Ma così si fanno solo danni».

Il suggerimento degli esperti convocati dalla Diocesi non sarà quello di ricostruire un’unione ormai disfatta. Non più. «Oltre a un’impostazione generale per favorire il dialogo e la speranza — dice Aceti —  daremo anche consigli molto pratici. Perché il rapporto con i figli sia pedagogicamente corretto, perché i bambini vivano in modo sereno pur nella ferita, i genitori devono cercare di non parlar male l’uno dell’altro, fin dove possibile. E devono cercare di avere sulle scelte importanti un atteggiamento condiviso».



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 Come dobbiamo interpretare questa notizia?

bè, così come è stata data lascia ameraggiati e perplessi, sopratutto per la frase:
«in una crisi familiare bisogna tutelare i bambini. Non lavorare perché la coppia resti unita a tutti i costi».

se è vero il primo contesto che è la tutela dei figli, non è affatto vero che non possa o non debba intesserarci verificare se qualche divisione può essere ricostruita, specialmente laddove non ci sono ancora figli dalle nuove coppie concubine e adulterine....

Possiamo dire che l'iniziativa può essere buona ed utile soprattutto per quella quantità di famiglie allargate con più figli da genitori diversi....queste famiglie o concubinati sono irrisolvibili, soprattutto appunto, se si sono risposati civilmente.... in tal caso non possiamo fare più nulla, loro potrebbero ricorrere alla Sacra Rota, ma resterebbe un problema loro personale mentre a livello comunitario è interessante il futuro di questi figli....
 
Il nostro compito ha queste priorità in caso di separati o divorziati:
 
- se solo separati, tentare ogni strada per farli riappacificare.....
- se separati con figli usare anche la loro disponibilità e partecipazione affinchè la Famiglia possa ricomporsi....
- se divorziati ma NON risposati... POSSIAMO LAVORARE ANCORA affinchè cessino l'adulterio e si concentrino sulla testimonianza che devono dare ai figli, preoccupandosi esclusivamente di loro....
- se divorziati e risposati, l'unica soluzione è recuperare il rapporto CRISTIANO CON I FIGLI e con loro.... affinchè RICONOSCENDO L'ERRORE e non potendo purtroppo tornare indietro, vivano cercando di mettere riparo ai danni fatti, con una vita esemplare, SENZA PRETENDERE L'EUCARESTIA, approfondire la Comunione SPIRITUALE ed aiutare i figli a non commettere gli stessi errori...
 

Il tutto ovviamente non deve far sentire queste persone ripudiate dalla Chiesa o dalla comunità, al contrario, pur manifestando ad essi il loro errore, far sentire loro che sono amati e che Cristo chiede ad essi degli sforzi in più, dei sacrifici per riparare il danno fatto, ma SENZA SENSI DI COLPA piuttosto BATTAGLIERI invece, andare incontro al Signore, cercando di superare ogni falso moralismo, ma anche ogni facile indulgenza....

 Così si è espresso Benedetto XVI, infatti, nel Discorso alla Sacra Rota del gennaio 2011:


Non esiste, pertanto, un matrimonio della vita ed un altro del diritto: non vi è che un solo matrimonio, il quale è costitutivamente vincolo giuridico reale tra l'uomo e la donna, un vincolo su cui poggia l'autentica dinamica coniugale di vita e di amore. Il matrimonio celebrato dagli sposi, quello di cui si occupa la pastorale e quello messo a fuoco dalla dottrina canonica, sono una sola realtà naturale e salvifica, la cui ricchezza dà certamente luogo a una varietà di approcci, senza però che ne venga meno l'essenziale identità. L'aspetto giuridico è intrinsecamente legato all'essenza del matrimonio. Ciò si comprende alla luce di una nozione non positivistica del diritto, ma considerata nell'ottica della relazionalità secondo giustizia.

Il diritto a sposarsi, o ius connubii, va visto in tale prospettiva. Non si tratta, cioè, di una pretesa soggettiva che debba essere soddisfatta dai pastori mediante un mero riconoscimento formale, indipendentemente dal contenuto effettivo dell'unione.

Il diritto a contrarre matrimonio presuppone che si possa e si intenda celebrarlo davvero, dunque nella verità della sua essenza così come è insegnata dalla Chiesa. Nessuno può vantare il diritto a una cerimonia nuziale. Lo ius connubii, infatti, si riferisce al diritto di celebrare un autentico matrimonio. Non si negherebbe, quindi, lo ius connubii laddove fosse evidente che non sussistono le premesse per il suo esercizio, se mancasse, cioè, palesemente la capacità richiesta per sposarsi, oppure la volontà si ponesse un obiettivo che è in contrasto con la realtà naturale del matrimonio.

A questo proposito vorrei ribadire quanto ho scritto dopo il Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia: «Data la complessità del contesto culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la massima cura pastorale nella formazione dei nubendi e nella previa verifica delle loro convinzioni circa gli impegni irrinunciabili per la validità del sacramento del Matrimonio. Un serio discernimento a questo riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere responsabilità che non sapranno poi onorare (cfr Propositio 40). Troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale» (Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 22 febbraio 2007, n. 29: AAS 99 [2007], p. 130).

IL DIRITTO A CONTRARRE MATRIMONIO CATTOLICO PRESUPPONE L'ACCETTAZIONE DELLA DOTTRINA STESSA SULL'INTERO SACRAMENTO...
SPOSARSI IN CHIESA NON E' UN DIRITTO SE ALLA BASE MANCASSE QUESTO PRESUPPOSTO...



nel gennaio 2010, nel medesimo incontro il Papa ebbe a ricordare:


"Occorre rifuggire da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale, in cui ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità, al fine di poter superare, tra l’altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Il bene altissimo della riammissione alla Comunione eucaristica dopo la riconciliazione sacramentale, esige invece di considerare l'autentico bene delle persone, inscindibile dalla verità della loro situazione canonica. Sarebbe un bene fittizio, e una grave mancanza di giustizia e di amore, spianare loro comunque la strada verso la ricezione dei sacramenti, con il pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale".



 impossibile fraintendere le sue parole.....

benvengano dunque iniziative che sostengano il progresso di fede dei Figli dei coniugi separati, divorziati o risposati ed anche il recupero alla fede dei genitori, MA SENZA COMPROMESSI ALLA DOTTRINA SUL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO O PER LA RICEZIONE DELL'EUCARESTIA.....


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)