00 10/12/2011 12:20
[SM=g1740733] ATTENZIONE! Da un pò di giorni, in rete, gira voce di un Documento firmato dall'allora cardinale Ratzinger il quale avrebbe aperto una strada, a suo tempo, per "ripensare" sulla dottrina della Comunione ai divorziati .... è vero? non è vero? o è piuttosto un problema di interpretazioni? e come intenderla questa interpretazione?
che il Matrimonio, intanto, è indissolubile e su questo nessun cardinale, nessun Papa può modificare questa dottrina.... [SM=g1740727]
ciò che la Chiesa può fare, non modificare, è intervenire sulla cosìddetta DISCIPLINA della Chiesa la quale si regola appunto, sulla dottrina che non è modificabile...
la Chiesa che è MADRE E MAESTRA può intervenire specificando, anche caso per caso, una disciplina che NON modificando la Dottrina, può venire incontro agli "indisciplinati", ossia, in questo caso, i divorziati risposati.... [SM=g1740733]

Ma leggiamo attentamente questo Documento.....

Cinque domande-quesiti, una risposta: la carità nella verità. Un'analisi del testo di Joseph Ratzinger sui divorziati risposati

L’Osservatore Romano ha pubblicato in questi giorni uno dei testi meno conosciuti del card. Joseph Ratzinger, presentato nel 1998 in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a proposito di alcune obiezioni contro la dottrina della Chiesa circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati.
L’esigenza di fare chiarezza su un argomento così delicato è molto grande, soprattutto nel contesto storico odierno dove i criteri di unità familiare e di indissolubilità coniugale sono quotidianamente messi alla prova. Il testo di J. Ratzinger, “La pastorale del matrimonio  deve fondarsi sulla verità”, prende le mosse da una Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede – firmata dallo stesso Ratzinger il 14 settembre 1994 – circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, accolta con qualche critica in diversi ambiti ecclesiastici.
Nel 1998, il Prefetto del Sant’Uffizio ritenne opportuno pubblicare un ulteriore documento chiarificatore per rispondere ad alcune obiezioni contro la dottrina e la prassi della Chiesa, e che proveremo adesso a sintetizzare in questa nostra riflessione.

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1. Molti ritengono, adducendo alcuni passi del Nuovo Testamento, che la parola di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio permetta un'applicazione flessibile.


A questa prima obiezione – rivolta al Magistero che, in relazione all'indissolubilità del matrimonio, non considererebbe in modo sufficiente quei passi biblici dove verrebbe menzionata una qualche "eccezione" alla parola del Signore sull'indissolubilità del matrimonio (Mt 5, 32; 19, 9) e riguardo al caso di separazione a motivo della fede (1 Cor 7, 12-16) – il card. Ratzinger fa notare che: “la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio deriva dalla fedeltà nei confronti della parola di Gesù. Gesù definisce chiaramente la prassi veterotestamentaria del divorzio come una conseguenza della durezza di cuore dell'uomo. Egli rinvia – al di là della legge – all'inizio della creazione, alla volontà del Creatore, e riassume il suo insegnamento con le parole: «L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Mc 10, 9).
Con la venuta del Redentore il matrimonio viene quindi riportato alla sua forma originaria a partire dalla creazione e sottratto all'arbitrio umano […]. La parola di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio è il superamento dell'antico ordine della legge nel nuovo ordine della fede e della grazia”.
La possibilità di separazione,  prospetta da S. Paolo in 1 Cor 7, riguarda i matrimoni fra un coniuge cristiano e uno non battezzato. [SM=g1740733] Come ha poi chiarito, infatti, la riflessione teologica successiva sono da considerare “sacramento” – e dunque orientati al rispetto  dell'indissolubilità assoluta – i matrimoni tra battezzati che per loro natura si collocano nell'ambito della fede in Cristo. “Così – precisa Ratzinger – la sistematizzazione teologica ha classificato giuridicamente l'indicazione di San Paolo come «privilegium paulinum», cioè come possibilità di sciogliere per il bene della fede un matrimonio non sacramentale. L'indissolubilità del matrimonio veramente sacramentale rimane salvaguardata; non si tratta quindi di una eccezione alla parola del Signore”.




2. Altri obiettano che la tradizione patristica lascerebbe spazio per una prassi più differenziata, che renderebbe meglio giustizia alle situazioni difficili; la Chiesa cattolica in proposito potrebbe imparare dal principio di "economia" delle Chiese orientali separate da Roma.

La seconda obiezione pone in rilievo una certa tolleranza e flessibilità sul piano pastorale, accolta da alcuni in epoca patristica in riferimento a singole situazioni difficili (sebbene i Padri si attenessero chiaramente al principio dottrinale dell'indissolubilità del matrimonio).
In base a questo criterio le Chiese orientali separate da Roma avrebbero sviluppato una certa condiscendenza benevola in singole situazioni difficili, pur rimanendo fedeli alla dottrina dell'indissolubilità del matrimonio. In determinati casi, infatti, le Chiese orientali permetterebbero un secondo e anche un terzo matrimonio. Prassi, quest’ultima, che la Chiesa cattolica non avrebbe mai condannato esplicitamente.
[SM=g1740733] Ma a tale obiezione il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede risponde: “Esiste un chiaro consenso dei Padri a riguardo dell'indissolubilità del matrimonio. Poiché questa deriva dalla volontà del Signore, la chiesa non ha nessun potere in proposito. Proprio per questo il matrimonio cristiano fu fin dall'inizio diverso dal matrimonio della civiltà romana […]. La Chiesa del tempo dei Padri esclude chiaramente divorzio e nuove nozze, e ciò per fedele obbedienza al Nuovo Testamento”.

In seconda battuta, J. Ratzinger – tenuto conto che singoli Padri, a esempio Leone Magno, cercarono soluzioni «pastorali» per rari casi limite – riferisce che: “nella Chiesa del tempo dei Padri i fedeli divorziati risposati non furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione dopo un tempo di penitenza. E' vero invece che la Chiesa non ha sempre rigorosamente revocato in singoli paesi concessioni in materia, anche se esse erano qualificate come non compatibili con la dottrina e la disciplina”.
Si giunse così a due sviluppi contrapposti: nelle Chiese orientali separate da Roma, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in situazioni matrimoniali difficili si protrasse ulteriormente nel secondo millennio e condusse ad una prassi sempre più liberale; “oggi – sottolinea Ratzinger – in molte Chiese orientali esiste una serie di motivazioni di divorzio, anzi già una «teologia del divorzio», che non è in nessun modo conciliabile con le parole di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio”.  [SM=g1740722]
Nella Chiesa d’Occidente, grazie alla riforma gregoriana, fu recuperata la concezione originaria dei Padri. “Al riguardo – chiarisce il Prefetto del Sant’Uffizio – non è esatta l'affermazione che la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente tollerato la prassi orientale. Certamente Trento non ha pronunciato nessuna condanna formale. I canonisti medievali nondimeno ne parlavano continuamente come di una prassi abusiva. Inoltre vi sono testimonianze secondo cui gruppi di fedeli ortodossi, che divenivano cattolici, dovevano firmare una confessione di fede con un'indicazione espressa dell'impossibilità di un secondo matrimonio”.




3. Molti propongono di permettere eccezioni dalla norma ecclesiale, sulla base dei tradizionali principi dell'epicheia e della aequitas canonica.

“Epicheia” ed “aequitas canonica” sono due termini di matrice filosofico-teologica molto vasti, utilizzati in questo nostro caso specifico nell’ambito giuridico del Diritto Canonico.
L’obiezione relativa al significato teologico del primo termine (Epicheia) farebbe riferimento  al cosiddetto caso di «buona fede»: se un fedele è convinto che il suo primo matrimonio è stato nullo, anche se non è riuscito ad ottenere la dichiarazione di nullità, sulla base dell’epicheia potrebbe contrarre una seconda unione canonica e, sempre sulla stessa base, la Chiesa dovrebbe permetterlo (cf. Angel Rodríguez Luño, in “L’Osservatore Romano”, 26.11.1997).
Ma, “Epicheia ed aequitas canonica – afferma il card. Ratzinger citando i contributi teologici di don Marcuzzi e del prof. Rodríguez Luño – sono di grande importanza nell'ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono essere applicate nell'ambito di norme, sulle quali la Chiesa non ha nessun potere discrezionale. L'indissolubilità del matrimonio è una di queste norme, che risalgono al Signore stesso e pertanto vengono designate come norme di «diritto divino». La Chiesa non può neppure approvare pratiche pastorali – ad esempio nella pastorale dei Sacramenti –, che contraddirebbero il chiaro comandamento del Signore.
In altre parole: se il matrimonio precedente di fedeli divorziati risposati era valido, la loro nuova unione in nessuna circostanza può essere considerata come conforme al diritto, e pertanto per motivi intrinseci non è possibile una recezione dei sacramenti.
La coscienza del singolo è vincolata senza eccezioni a questa norma”; e ancora, spiega Ratzinger divenuto Pontefice: “Poiché il matrimonio ha essenzialmente un carattere pubblico-ecclesiale e vale il principio fondamentale «Nemo iudex in propria causa» («Nessuno è giudice nella propria causa»), le questioni matrimoniali devono essere risolte in foro esterno. Qualora fedeli divorziati risposati ritengano che il loro precedente matrimonio non era mai stato valido, essi sono pertanto obbligati a rivolgersi al competente tribunale ecclesiastico, che dovrà esaminare il problema obiettivamente e con l'applicazione di tutte le possibilità giuridicamente disponibili”.



4. Molti accusano l'attuale Magistero di proporre una visione preconciliare del matrimonio.

C’è chi sostiene, fra i teologi, che i documenti magisteriali più recenti mostrano una concezione naturalistica e legalistica del matrimonio; il Concilio Vaticano II – dicono ancora – ha superato questo ostacolo descrivendo il matrimonio in modo più personalistico come patto di amore e di vita, aprendo così la possibilità di risolvere le situazioni difficili in modo più umano.
Fondato sul medesimo concetto alcuni studiosi si chiedono se non si possa parlare di “morte del matrimonio”, quando il legame personale dell'amore fra due sposi non esiste più, e se in questo caso  il Papa non abbia la possibilità di sciogliere il matrimonio.
Il futuro Pontefice ricorda però che nei recenti pronunciamenti ecclesiastici alcune affermazioni centrali si fondano sulla “Gaudium et spes” (una delle quattro Costituzioni prodotte dal Concilio). “E' tuttavia inadeguato – precisa J. Ratzinger – introdurre una contrapposizione fra la visione personalistica e quella giuridica del matrimonio. Il Concilio non ha rotto con la concezione tradizionale del matrimonio, ma l'ha sviluppata ulteriormente”; e ancora: “Che il matrimonio vada molto al di là dell'aspetto puramente giuridico affondando nella profondità dell'umano e nel mistero del divino, è già in realtà sempre stato affermato con la parola "sacramento", ma certamente spesso non è stato messo in luce con la chiarezza che il Concilio ha dato a questi aspetti”. [SM=g1740733]
Per quanto concerne la seconda obiezione Ratzinger risponde: “Se la Chiesa accettasse la teoria che un matrimonio è morto, quando i due coniugi non si amano più, allora approverebbe con questo il divorzio e sosterrebbe l'indissolubilità del matrimonio in modo ormai solo verbale, ma non più in modo fattuale. L'opinione, secondo cui il Papa potrebbe eventualmente sciogliere un matrimonio sacramentale consumato, irrimediabilmente fallito, deve pertanto essere qualificata come erronea. Un tale matrimonio non può essere sciolto da nessuno. Gli sposi nella celebrazione nuziale si promettono la fedeltà fino alla morte”.
[SM=g1740721]


5. Molti affermano che l'atteggiamento della Chiesa nella questione dei fedeli divorziati risposati è unilateralmente normativo e non pastorale.

La quinta ed ultima obiezione critica contro la dottrina e la prassi della Chiesa riguarda alcuni problemi di carattere pastorale. Si reputa eccessivamente legalistico il linguaggio dei documenti ecclesiali, e la durezza della legge prevarrebbe sulla comprensione per situazioni umane drammatiche.
L’uomo moderno, così, non riuscirebbe più a comprendere un simile linguaggio, e mentre la storia sacra racconta di un Gesù disponibile all’ascolto per le necessità di tutti gli uomini (soprattutto per quanti vivono ai margini della società), la Chiesa mostrerebbe un atteggiamento rigoroso e da giudice nei confronti di alcune persone – ferite per alcuni errori commessi – escludendole dai sacramenti o da certi incarichi.
Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ammette che determinate forme espressive del Magistero ecclesiale risultino, talvolta, di difficile comprensione. “Queste – precisa – devono essere tradotte dai predicatori e dai catechisti in un linguaggio, che corrisponda alle diverse persone e al loro rispettivo ambiente culturale. Il contenuto essenziale del Magistero ecclesiale in proposito deve però essere mantenuto. Non può essere annacquato per supposti motivi pastorali, perché esso trasmette la verità rivelata”.  [SM=g1740733]
Per quanto riguarda la posizione del Magistero sul problema dei fedeli divorziati risposati, J. Ratzinger sottolinea che “i recenti documenti della Chiesa uniscono in modo molto equilibrato le esigenze della verità con quelle della carità”.
 “Se in passato – conclude il Prefetto del Sant’Uffizio – nella presentazione della verità talvolta la carità forse non risplendeva abbastanza, oggi è invece grande il pericolo di tacere o di compromettere la verità in nome della carità. Certamente la parola della verità può far male ed essere scomoda. Ma è la via verso la guarigione, verso la pace, verso la libertà interiore. Una pastorale, che voglia veramente aiutare le persone, deve sempre fondarsi sulla verità. Solo ciò che è vero può in definitiva essere anche pastorale. «Allora conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32)”.




[SM=g1740733] appare dunque evidente che l'interpretazione di alcuni che vorrebbero Ratzinger favorevole al divorzio è errata ....





[Modificato da Caterina63 10/12/2011 12:24]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)