00 14/06/2009 22:29
Dal Blog Messainlatino
 
Il Vescovo emerito di Cahors, Mons. Maurice Gaidon, raggiunta l’età della pensione e con quella, forse, la libertà di manifestare le proprie opinioni, ha pubblicato nei mesi scorsi un libro che ha disturbato non pochi suoi colleghi transalpini: Un évêque français entre crise et renouveau de l’Église, Ed. de l’Emmanuel, 2008 (Un vescovo francese tra crisi e rinnovamento della Chiesa).



Ecco, tratte dal suo libro e da noi fedelmente tradotte, le frasi che più hanno fatto discutere, poiché sono un pubblico riconoscimento di quel che è sotto gli occhi di tutti ma che la "linea ufficiale" del perbenismo episcopale vieta di pronunciare, a maggior ragione a qualcuno che provenga da quei ranghi. Le prendiamo dalla seconda parte del libro, che ha tre capitoli dai titoli ben eloquenti: Una traversata del deserto, Noi siamo dei codardi, Una Chiesa paralizzata?




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"Da dove viene questa impressione di strano torpore che percepisco al contatto con le nostre comunità disorientate, de nostri preti disincantati, dei miei fratelli vescovi dal silenzio pavido nelle nostre assemblee?"

"Io penso che il nostro linguaggio manchi di vigore e che il soffio profetico è troppo assente dai nostri testi sapientemente misurati e degni di risoluzioni votati alla fine di ‘meeting radical-socialisti’ [..] Un testo si diluisce quando è rivisto e corretto in un’assemblea di un centinaio di membri, alcuni dei quali non parlano mai mentre altri prendono la parola senza complessi. In un’assemblea in parte infiltrata da "grosse mitre" che preparano attentamente certe elezioni e si spartiscono i "posti chiave" dell’episcopato [..] Noi non amiamo uscire da un tono conciliante e cerchiamo prima di tutto il conforto di un consenso molle nei campi più sensibili, come lo sono i problemi di marale coniugale e le questioni di bioetica. Avevo già trovato queste esitazioni al momento della legge sull’aborto e constatato che non eravamo pronti a incrociare la spada con i politici. Risento la stessa impressione quando il governo si prepara a aprire i dibattiti sui contratti di unione tra due persone dello stesso sesso. Da dove viene questa paura allorché noi non esitiamo a far sentire la nostra voce in altri problemi sociali?"

"E alcuni di noi non la finiscono di tessere le lodi a questo regime degno di elogi... il che è un colmo. Non abbiamo a lodare un regime che tratta la Chiesa con tanta disinvoltura e non perde un’occasione di sollevare ostacoli alla diffusione del messaggio cristiano. Non dobbiamo incensare un potere politico il cui liberalismo morale contribuisce a degradare il clima della nostra società [..] Non dobbiamo passare la spugna troppo velocemente sulle scelte legislative che hanno portato alla banalizzazione dell’aborto [...] Pagheremo caro e a lungo queste decisioni alle quali abbiamo opposto una resistenza davvero mediocre e un discorso senza spigoli vivi e accenti vigorosi"



"Ho vissuto male "la riforma liturgica" imposta nel giro di una domenica e con un autoritarismo clericale insopportabile. [..] Ho l’impressione di aver vissuto questi anni come una lenta deriva, spinti dalle mode e dai linguaggi stabiliti nel nostro universo clericale e di ritrovarmi, all’ora della mia ultima tappa, in un doloroso smarrimento, invaso dal sentimento di aver subito passivamente le prese di posizione e le decisioni dei miei fratelli nell’episcopato e di aver seguito con loro la china dei compromessi anziché usare un linguaggio ruvido e profetico dei testimoni e degli annunziatori di una Parola che è ‘una spada’".



"La speranza non ha niente a che vedere con un ottimismo su comando che regna troppo sovente nelle officine ecclesiastiche che io frequento"

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Le parole di questo Vescovo non devono scoraggiarci, al contrario, egli stesso ci incoraggia a NON fare più questi errori...
queste parole si riallacciano con il discorso fatto ai Rettori dei Seminari da parte del segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, dal quale dipendono appunto i Seminari...

Così ammoniva san Gregorio Magno:


Ci siamo ingolfati in affari terreni...
Vi sono altre cose, fratelli carissimi, che mi rattristano profondamente sul modo di vivere dei pastori. E perché non sembri offensivo per qualcuno quello che sto per dire, accuso nel medesimo tempo anche me, quantunque mi trovi a questo posto non certo per mia libera scelta, ma piuttosto costretto dai tempi calamitosi in cui viviamo. Ci siamo ingolfati in affari terreni, e altro è ciò che abbiamo assunto con l'ufficio sacerdotale, altro ciò che mostriamo con i fatti.

Noi abbandoniamo il ministero della predicazione e siamo chiamati vescovi, ma forse piuttosto a nostra condanna, dato che possediamo il titolo onorifico e non le qualità. Coloro che ci sono stati affidati abbandonano Dio e noi stiamo zitti.
Giacciono nei loro peccati e noi non tendiamo loro la mano per correggerli. Ma come sarà possibile che noi emendiamo la vita degli altri, se trascuriamo la nostra? Tutti rivolti alle faccende terrene, diventiamo tanto più insensibili interiormente, quanto più sembriamo attenti agli affari esteriori. Ben per questo la santa Chiesa dice delle sue membra malate: «Mi hanno messo a guardiana delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita» (Ct 1, 6). Posti a custodi delle vigne, non custodiamo affatto la vigna, perché, implicati in azioni estranee, trascuriamo il ministero che dovremmo compiere.

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa (Om. 17, 3. 14; PL 76, 1139-1140. 1146)


Fonte: Haerent Animo
Un testo molto attuale vero? sembra scritto per noi oggi...



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)