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I quattro secoli di storia dalla Curia di Sisto V alla svolta di Paolo VI


di Michele Di Ruberto
Arcivescovo segretario
della Congregazione delle Cause dei Santi


Dei quattro secoli della storia della Congregazione delle Cause dei Santi il primo periodo è, senza dubbio, determinante. Con la Costituzione apostolica Immensa aeterni Dei, del 22 gennaio 1588, Sisto V istituì quindici dicasteri, tra i quali uno specifico per la liturgia e per le cause di canonizzazione:  la Sacra Congregazione dei Riti. Questa fase si chiude il 5 luglio 1634 con il breve Coelestis Hierusalem cives, vera magna charta della Congregazione dei Riti, frutto dell'esperienza dei decenni precedenti e di numerosi decreti, emanati soprattutto nella prima parte del pontificato di Urbano VIII. Tutta l'esperienza giuridica sulle cause dei santi fu raccolta da Benedetto XIV nel De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione per confluire, infine, nel Codice Pio-Benedettino (IV, II, 1999-2166).

Dopo il concilio Vaticano ii, Paolo VI, dando un nuovo assetto agli organismi di governo della Curia Romana, il 15 agosto 1967 pubblicò la costituzione apostolica Regimini Ecclesiae universae. Pochi anni dopo, con la lettera apostolica del 19 marzo 1969, Sanctitas clarior (Acta Apostolicae Sedis, LXI, 1969, pp. 149-153), modificava una parte dei canoni del diritto pio-benedettino e, l'8 maggio 1969, con la Costituzione Sacra rituum congregatio sopprimeva la Sacra Congregazione dei Riti, dividendo le sue due competenze in altrettante Sacre Congregazioni:  una per il Culto Divino e l'altra per le Cause dei Santi.

L'ambito assegnato a quest'ultima riguarda "tutto ciò che si riferisce alla beatificazione dei servi di Dio, o alla canonizzazione dei beati, o alla conservazione delle reliquie". In questo modo si modificò anche l'assetto procedurale. Secondo il Codice Pio-Benedettino due erano i processi che si dovevano istruire per le cause dei santi:  uno ordinario e l'altro apostolico.

Il motu proprio li soppresse, sostituendoli con un unico processo detto "cognizionale", istruito dal vescovo del luogo di morte del servo di Dio, dopo aver ottenuto il nihil obstat dalla Santa Sede, avvalendosi di una duplice autorità:  una ordinaria, esercitata per diritto proprio e spesso ampliata, e una delegata dalla Sede Apostolica.


Si trattò di una profonda innovazione che rese più rapide l'istruttoria e la trattazione delle cause. In particolare l'introduzione della causa, che prima era affidata alla Santa Sede e firmata dal Papa, d'allora in poi fu svolta in diocesi con il decreto dell'ordinario, che istituiva il tribunale per l'istruzione del processo. Quando il processo arrivava a Roma, dopo averne esaminato la validità giuridica la Sacra Congregazione procedeva alla trattazione delle virtù o del martirio.

Questo fu il primo passo per la revisione di tutta la materia relativa alla beatificazione e alla canonizzazione contenuta nel Codice di Diritto Canonico del 1917. Di conseguenza il dicastero fu dotato di una struttura che assicurava funzionalità e rapidità nei vari adempimenti.

Innanzitutto fu creato l'Ufficio giudiziale perché seguisse il complesso iter delle cause:  "il primo Ufficio giudiziario, che è retto dal segretario, coadiuvato dal sottosegretario e da un congruo numero di officiali" (Sacra rituum congregatio, n. 6). Era competenza dell'ufficio preparare una relazione nella quale, dopo aver dato brevi cenni biografici del servo di Dio, si verificava se l'avvio della causa fosse nei tempi previsti dalla norma.

Si esplorava poi il fondamento della fama sanctitatis o martyrii e infine si rilevavano le ragioni ecclesiali per proporre la figura del servo di Dio. Il "nulla osta", concesso ex audientia dal Papa, riconosceva il fondamento della fama sanctitatis o martyrii e autorizzava il vescovo diocesano a introdurre la causa. Lo stesso ufficio redigeva gli interrogatoria e una instructio in cui si indicavano i punti da esplorare con l'aiuto di una commissione di esperti in re historica et archivistica. Nell'ambito dello stesso ufficio giudiziale fu affidato alla competenza del sottosegretario lo studio dei presunti miracoli, esaminati sotto l'aspetto scientifico e tecnico dalla consulta medica, istituita da Pio xii con il nome di "Commissione", nell'ottobre 1948, e affiancata dal relativo regolamento.


Il secondo ufficio era presieduto dal Promotore generale della fede che, coadiuvato dal sottopromotore e da alcuni minutanti, redigeva un "voto" sullo stesso materiale esaminato dall'Ufficio giudiziale per la concessione del nulla osta necessario all'introduzione della causa. Era inoltre competenza del promotore generale la redazione delle animadversiones sul Summarium testium et documentorum e la stesura definitiva della Positio sulle virtù o sul martirio.

Poi era il momento dell'Officium Historicum-Hagiographicum, cui presiedeva il relatore generale, coadiuvato dal vicerelatore e da aiutanti di studio esperti in re historica et archivistica. La costituzione Sacra rituum congregatio, al numero 10 - facendo un esplicito riferimento al motu proprio del 6 febbraio 1930, con il quale Pio XI aveva istituito la sezione storica che fu poi denominata appunto Officium Historicum-Hagiographicum - stabiliva che era compito di questo organismo redigere la positio in base alla documentazione ricavata dalla ricerca archivistica.

Il quadro procedurale era dunque diviso in due fasi. Nella "fase diocesana", ottenuto il nulla osta, l'ordinario dove era morto il servo di Dio, procedeva a introdurre la causa e a istruire il processo cognizionale, seguendo gli interrogatoria e la instructio, che miravano a evidenziare tutte le questioni inerenti alla vita o al martirio. Nella seconda fase - quella romana che si svolgeva nell'ambito della Congregazione - gli atti processuali erano oggetto di valutazione formale e di merito. In particolare prima si svolgeva una discussione sul martirio, sulle virtù e sui miracoli. Le Positiones super martyrio, super virtutibus e super miraculis venivano discusse in un congresso formato da prelati e consultori del dicastero e presieduto dal segretario, coadiuvato dal sottosegretario, e in una sessione dei padri della congregazione, presieduta dal cardinale prefetto. L'esito veniva riferito al Papa.

In un secondo momento si arrivava al riconoscimento pontificio del martirio, della eroicità delle virtù o del miracolo. Dopo l'approvazione del Papa, si promulgavano i relativi decreti, sempre alla presenza del Pontefice. Il servo di Dio - come aveva stabilito Pio X nel 1913 - otteneva il titolo di venerabile con la pubblicazione del decreto sulle virtù eroiche. Alla beatificazione solenne si giungeva dopo il riconoscimento di due miracoli attribuiti all'intercessione del venerabile servo di Dio. La canonizzazione sopraggiungeva dopo il riconoscimento di due nuovi miracoli, accertati dopo la beatificazione. In occasione dell'anno santo del 1975 Paolo VI sostituì la necessità di riconoscere un secondo miracolo con l'introduzione dello studio sulla fama signorum che si attribuiva al beato. Questa dispensa fu confermata successivamente ed è divenuta norma.



(©L'Osservatore Romano - 12-13 giugno 2009)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)