00 16/11/2009 09:27
[SM=g1740733] interessanti riflessioni da Messainlatino....

Cronache romane 1: storie di ordinaria desacralizzazione

Festa di Ognissanti, in una normale parrocchia di Roma, diocesi del Papa.

Sorvoliamo sull’edificio a forma di palestra, dominato da una “pala d’altare” raffigurante le nozze di Cana attualizzate con invitati in giacca e cravatta.

Il Santissimo è relegato da un lato, dall’altro un bel crocifissone (degno di don Camillo, ma un po’ spaesato in quel contesto…). Ben più visibile lo schermo dove scorrono le slides con i testi dei canti, tipo karaoke.

Facciamo il possibile per evitare la fatidica domanda: “Vuoi fare la prima lettura?” – “Vuoi leggere la preghiera dei fedeli?” – si sa, nella mente di certi liturgisti e quindi nella buona fede degli ‘animatori parrocchiali’, ognuno deve assolutamente fare qualcosa, bisogna per forza coinvolgere, coinvolgere, fortissimamente coinvolgere… Pericolo scampato, la signora seduta poco più avanti si è aggiudicata l’ultima corvée disponibile.

La Messa è tutta cantata con un esaltante mix di organo, chitarre e sonagli vari (un po’ come mescolare l’aranciata col Chianti). Il canto di ingresso, perfettamente intonato alla solennità liturgica è una versione italiana di Oh when the Saints go marching in – la melodia è la stessa. Un paio di commenti-monizioni della maitresse liturgica sono inevitabili.

Il lato B delle signorine che mi stanno davanti è molto gradevole, ma forse durante la consacrazione sarebbe meglio riuscire a vedere il Corpo di Nostro Signore – purtroppo le ginocchia postconciliari sono notoriamente doloranti e gli altari abbassati non permettono di vedere oltre i deretani alzati.

La sacra funzione si chiude con un canto finale che dice pressappoco “che bello andare in giro per le strade con la gente della mia città…” e al mix di cui sopra si aggiunge anche il battimani.

Insomma, un continuo happening in cui si fatica ad elevarsi verso la liturgia eterna celebrata incessantemente in Cielo dagli angeli. Pensiamo tristemente ai motivi logistici che per oggi ci hanno impedito di recarci a Trinità dei Pellegrini (ma ci rifaremo domani) eppure nel complesso dobbiamo ammettere che quella Messa è stata perfettamente in regola.
Il prete non ha inventato, non ha compiuto vistosi abusi.

Né possiamo totalmente addebitare la cosa al messale in sé, poiché abbiamo visto celebrazioni “riformate” assolutamente degne e celesti, officiate in piena devozione e col massimo decoro (Benedetto XVI ne è un esempio). E del resto l’avanspettacolo liturgico è iniziato già prima della promulgazione del nuovo messale (basta vedere i filmati delle prime Messe beat).

Non è questione (soltanto) di rubriche o di messale, il problema è a monte: ci vengono in mente le riflessioni del card. Ratzinger e di don Nicola Bux sulla liturgia “fabbricata” dal gruppo, nonché quelle di Martin Mosebach sulla perdita della liturgia come qualcosa di ricevuto dall’alto, una realtà che è più grande di noi e ci precede. “Cosa mi aspetta oggi?” è l’inevitabile domanda in tempi di liturgie-bricolage. C’è chi la costruisce bene e chi la costruisce male, ma è in ogni caso costruita dal “gruppo” o dalla “comunità” che ha smesso di guardare in alto e danza intorno al proprio vitello d’oro (o di slides e cartelloni colorati).


Qualcosa è andato storto e qualcuno, per l'amor di Dio (è proprio il caso di dirlo!) ponga rimedio “colà dove si puote ciò che si vuole”…

SC



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Cronache romane 2: quella Roma onde Cristo è romano

Messa cantata nella commemorazione dei fedeli defunti nella parrocchia “tridentina” di Trinità dei Pellegrini (Parrocchia elevata personalmente dal Pontefice Benedetto XVI): solenne e sobria allo stesso tempo, è stupefacente ad un certo punto “auto-sorprendersi” a pregare bene e spontaneamente: cor ad cor loquitur, cosa alquanto difficile nella continua logorrea di tante messe in forma ordinaria.


Si avverte la percezione chiara di quanto sia terribile la morte (nera come i paramenti e brutta come i teschi che ornano il messale e il catafalco), ma anche della dolcezza con cui tutta la Chiesa accompagna le anime defunte verso la vita eterna. Anche quando non si comprendono distintamente tutte le parole, il gregoriano (la Chiesa terrena e celeste!) sembrava quasi piangere e allo stesso tempo "cullare" queste anime (inclusa un giorno quella di ciascuno di noi). Anche le anime purganti piangevano e insieme pregavano per noi che le aiutiamo a salire l'ultimo gradino verso il Paradiso...


Nell'ultimo giorno poi sarà sconfittà anche la morte, sarà addirittura colta di sorpresa lei che pensava di avere l'ultima parola! (mors stupebit et natura)


Rex tremendae maiestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me fons pietatis! - Allora persino l'umana paura di quel giorno in cui "cuncta stricte discussurus", in cui renderemo conto di tutto, ma proprio tutto, si trasforma nella fiduciosa richiesta di perdono verso quel Re la cui maestà è tanto terribile quanto misericordiosa, poiché Egli stesso è la fonte della pietà (fons pietatis). Dies irae che si scioglie progressivamente in un Dies misericordiae.


Altra riflessione invece sulla "romanitas" di questo rito. La bellezza di questa e di tante chiese dell'Urbe, dalle colonne degne di incorniciare un imperatore e a maggior ragione il Re dei re contrasta con lo “stile Ikea” di molte liturgie...a qualcuno tutto questo apparato, addirittura un alto catafalco nero, con candele ai lati, potrà sembrare un po' troppo pomposo e barocco, in definitiva un'aggiunta di troppo (che secondo i riformatori andava tolta con gli stessi scriteriati criteri con cui i moderni esegeti vivisezionano persino i Vangeli, con la scusa di trovare il "vero" Gesù, cioè quello che piace a loro).

In realtà non è stata un' aggiunta (peraltro graduale nel corso dei secoli) di quello stile, quella cultura, alla presunta semplicità del Vangelo - al contrario è avvenuto il processo inverso:è avvenuta, in una parola una vera inculturazione: Cristo ha fecondato quella culture che trovava e che trova sui suoi passi. Cristo ha deciso di incarnarsi non solo "stricto sensu" a Betlemme, ma anche a Roma per mezzo di Pietro - “quella Roma onde Cristo è romano” diceva Dante Alighieri . E ha continuato a fecondare ciò che Roma è diventata nel corso dei secoli, dalle catacombe al barocco.


SC

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)