00 12/12/2009 18:24
Si è concluso il convegno del Progetto culturale della Cei
Dio oggi non è negato ma sconosciuto


Si è chiuso a Roma, all'Auditorium della Conciliazione, il convegno "Dio oggi: con lui o senza di lui cambia tutto" organizzato dal comitato per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana. Pubblichiamo stralci dall'intervento conclusivo del presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Pontificia Università Lateranense.

di mons. Rino Fisichella

"Quando uno ha finito, allora comincia" (Siracide, 18, 6). È proprio così. Concludere queste giornate ricche di provocazioni su diversi fronti dalla cultura alla fede, equivale a iniziare a riflettere con maggior intensità sui contenuti che sono stati partecipati. Nella lectio conclusiva del suo insegnamento nel 1993, l'ideatore della "teologia politica", Johann Baptist Metz, diceva: "La crisi che ha colpito il cristianesimo europeo non è più primariamente o almeno esclusivamente una crisi ecclesiale (...) La crisi è più profonda: essa non ha affatto le sue radici solo nella situazione della Chiesa stessa: la crisi è divenuta una crisi di Dio. Schematicamente si potrebbe dire: religione sì, Dio no; dove questo no a sua volta non è inteso nel senso categorico dei grandi ateismi. Non esistono più grandi ateismi. L'ateismo di oggi può in realtà già di nuovo riprendere a parlare di Dio - distrattamente o tranquillamente - senza intenderlo veramente".

In una parola, si ammette che la crisi odierna è determinata dal potere e sapere parlare di Dio; la cosa non può lasciare neutrali soprattutto a oltre 40 anni dal Vaticano ii che aveva tra i suoi scopi quello di parlare di Dio all'uomo di oggi in modo comprensibile. La crisi che viviamo, comunque, si potrebbe riassumere in maniera ancora più sintetica: Dio oggi non è negato, è sconosciuto. Probabilmente, all'interno di quest'espressione c'è qualcosa di vero circa il modo di porsi del nostro contemporaneo dinanzi alla problematica che ruota intorno al nome di "Dio". Per alcuni versi, si potrebbe dire che si è passati dal "Dio: un'ipotesi inutile" di venerata memoria, al "Dio: la possibilità buona per l'uomo" di Gianni Vattimo nell'ultima pubblicazione di alcune settimane fa su questo tematica.

Questi giorni hanno permesso di riflettere, di vedere, di ascoltare e discutere sul tema "Dio" in riferimento ai diversi segmenti in cui la cultura si organizza: dalla filosofia alla teologia; dalla scienza al cinema, dalla bellezza delle arti alla letteratura; insomma, un tour de force che ha mostrato le metamorfosi della cultura contemporanea e la stabilità dell'opera d'arte che non conosce trascorrere del tempo. In una parola, potremmo affermare che si è gettato un sasso nello stagno su due fronti: quello dell'indifferenza, che spesso domina il contesto culturale su questa problematica, e quello dell'ovvietà che evidenzia quanta ignoranza domini spesso sovrana sui contenuti religiosi. Indifferenza e ovvietà, purtroppo, rodono alla base quel comune senso religioso che è ancora presente in Italia, rendendo sempre più debole la domanda religiosa e, soprattutto, la sua scelta consapevole e libera. Avere provocato un'ampia riflessione su questo tema è un servizio che si rende alle giovani generazioni più che a quanti vi hanno partecipato.

Noi adulti, alla fine, siamo qui convenuti avendo un'idea chiara della fede in Dio o della sua negazione; probabilmente, l'intensità delle giornate ha permesso che qualche conoscenza ulteriore si sia aggiunta a quanto già possedevamo. Il problema, però, resta per le generazioni che seguiranno, a cui dobbiamo trasmettere con responsabilità non solo le certezze che abbiamo conquistato, ma anche il tentativo di dissolvere i dubbi che ci accompagnano per permettere che si fomenti una cultura che sappia ancora domandare, ricercare e giungere a soluzioni originali capaci di rispondere allo spirito del tempo.

Ritorna immediata, per poter compiere una sintesi di quanto è stato detto in questi giorni, la scena familiare di Paolo per le vie di Atene (Atti, 17, 16-34). Non è cambiato molto da allora. Le strade delle nostre città - sempre più monotone per la ripetitività dei modelli offerti dall'appiattimento urbanistico di questi decenni, da dove sembra scomparsa ogni forma di nuova bellezza - sono cariche di nuovi idoli. L'interesse verso un generico senso religioso - venuto meno nei decenni passati - sembra voler riprendersi una sorta di rivincita in un mondo che mostra ancora la via della secolarizzazione, anche se non è più così chiara ed evidente la strada che vuole seguire, come ha mostrato la relazione del cardinale Angelo Scola.

Espressioni religiose si moltiplicano, spesso prive di spessore razionale per dare maggior spazio all'emotività, mentre nuovi messia dell'ultima ora appaiono di nuovo all'orizzonte, predicando l'imminente fine del mondo. È necessario chiedersi chi sono i nuovi Paolo di Tarso coscienti di essere portatori di una bella notizia che entra nell'areopago del nostro piccolo mondo con la convinzione e la certezza di voler annunciare lo Theòs àgnostos.

Nel mistero dell'enigmaticità della propria esistenza personale, del cosmo e di quanto ci circonda deve sorgere l'interrogativo che tocca il senso e il significato dell'esistenza. Ricorrere, mitologicamente, al "fato" - come molti oggi sono tentati di fare - potrebbe essere una scappatoia facile e già utilizzata nel passato, ma si verrebbe a compromettere il valore della libertà personale che è quanto di più geloso ognuno dovrebbe conservare. In questo richiamo ultimo e radicale alla libertà nel suo rapporto con la verità si esprime anche l'originalità del cristianesimo.

Niente come la fede nel Dio che si fa uomo provoca la libertà ad assumere in prima persona il principio di responsabilità. Il Dio che ama come Gesù è il Dio responsabile del fratello che non rimane nella solitudine della morte. Senza Dio viene meno la possibilità dell'autocomprensione, dell'esercizio della libertà e della responsabilità sociale. Dunque, è proprio vero: con lui o senza di lui cambia tutto.


(©L'Osservatore Romano - 13 dicembre 2009)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)