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NO all'intercomunione.....una DEVIAZIONE già condannata negli anni '70 da Paolo VI e poi ricondannata da Giovanni Paolo II nell'Ecclesia de Eucharestia...



UDIENZA GENERALE DI PAOLO VI

Mercoledì, 21 gennaio 1970
 

Diletti Figli e Figlie!

Tutta la Chiesa nel mondo sta celebrando la «settimana di preghiera per l’unità», per la reintegrazione cioè nell’unica Chiesa voluta da Cristo di tutti i Cristiani, insigniti dell’onore e della responsabilità di questo nome e tuttora suddivisi in tante frazioni e separati fra di loro e dalla comunione con la Chiesa. Man mano che cresce l’evidenza di questo fondamentale dovere che chiunque si chiama Cristiano sia per ciò stesso obbligato a conservare, come scrive S. Paolo, «l’unità dello spirito nel vincolo della pace: un corpo solo, un solo spirito, come in unica speranza siete stati chiamati; uno è il Signore, una la fede, uno il battesimo, uno Iddio e Padre di tutti» (Eph. 4, 3-6), cresce insieme la coscienza, il desiderio, il bisogno di restaurare ciò che la Chiesa essenzialmente è, cioè una comunione (Cfr. HAMER, L’Eglise est une communion, Cerf 1962), cresce il disagio, il dolore della insostenibile frantumazione del nome cristiano, cresce l’impazienza di vedere e di godere gli effetti dell’ecumenismo; ma nello stesso tempo si avvertono le difficoltà a raggiungere una riconciliazione sincera ed effettiva fra i Cristiani: sono passati secoli, che hanno cristallizzato questa anormale condizione storica; si sono fatte discussioni e polemiche senza fine da tutte le parti; si sono affermate personalità di grande rilievo intellettuale, morale e spirituale, che hanno difeso e illustrato la propria distinta posizione; sono state fissate composizioni pratiche, di compromesso politico-religioso, evidentemente contrario all’unità cristiana e all’autonomia della Chiesa, come quello di attribuire a differenti territori geografici differenti denominazioni cristiane, e a Principi secolari il dominio in campo religioso (così avvenne con la contrastata pace di Westfalia, dopo la guerra dei trent’anni, a Münster, nel 1648, stabilendo l’assurdo principio: cuius regio eius et religio); si è formata nelle varie Chiese separate e nelle diverse confessioni cristiane una tradizione, una mentalità, una. buona fede; si sono scritti volumi e volumi in difesa di dati sistemi teologici, uno differente dall’altro; si è rivestita la propria Chiesa d’un manto d’intangibile ortodossia; ovvero si è dato pacifico corso al principio del libero esame, autorizzando ogni personale e arbitraria interpretazione della Bibbia, negando autorità al magistero cattolico e accettando quello d’innumerevoli e contrastanti maestri . . .
 Dov’è, dov’è l’unità della fede, della carità, della comunione ecclesiale?


TENTATIVI ARBITRARI

Le difficoltà sembrano insormontabili! L’ecumenismo sembra consumarsi in un conato illusorio! Anche perché i generosi tentativi dell’ecumenismo moderno acattolico, dovendo riconoscere a ciascuna denominazione cristiana la propria credenza, risveglia, sì, e stimola il problema dell’unità, ma non può risolverlo senza quell’autorità e quel carisma precisamente dell’unità, che noi riteniamo essere la divina prerogativa di Pietro. Ma Pietro allora, dicono, alcuni, non potrebbe rinunciare a tante sue esigenze, e non potrebbero cattolici e dissidenti celebrare insieme l’atto più alto e definitivo della religione cristiana, l’Eucaristia, e proclamare finalmente raggiunta la sospirata unità? Pur troppo non così.
 
Non per questa via di fatto, l’intercomunione, come ora si dice, si può conseguire l’unità: come lo sarebbe senza una medesima fede, senza un identico e valido sacerdozio? È di questi giorni la chiara ed autorevole notificazione del Segretariato per l’unione dei cristiani che ricorda il divieto dell’intercomunione (salvo per casi speciali e determinati con la Chiesa Ortodossa), e diffida i Cattolici a farvi ricorso. Non è una via buona; è una deviazione.


Voi ci chiederete allora se non siamo dinanzi ad un problema insolubile, tanto sono numerose e gravi le difficoltà, e tanto sono vani, anzi dannosi i tentativi abusivi e conformisti per una fittizia unità.

No, Figli carissimi, non dobbiamo disperare nell’esito felice dell’ecumenismo promosso dal recente Concilio Vaticano, anche se arduo, lento e graduale. Vi ricordiamo innanzi tutto che molto, moltissimo ha già guadagnato la causa dell’ecumenismo. Non foss’altro l’idea, che ci sembra ormai vittoriosa: il cristianesimo è uno solo. L’unità è voluta da Cristo. Una Chiesa unica la deve esprimere. La causa religiosa ne ha bisogno. Se questo è il dovere e l’interesse dei Cristiani, l’unità dovrà ristabilirsi. Da un movimento storico e spirituale centrifugo siamo già passati ad un orientamento centripeto. Anche passi notevoli affinché l’orientamento diventi movimento verso la comunione ecclesiale e universale sono stati fatti e sono oggi fervorosamente in corso.

UN ESAME DI COSCIENZA
 

È un esame di coscienza, che ci dobbiamo tutti proporre. Risposta generica, e per tutti valida. Procuriamo d’essere cattolici veri. Cattolici convinti. Cattolici fermi. Cattolici buoni. Non può essere un cattolicesimo diluito, approssimativo, mascherato, e tanto meno se smentito nel costume quello che avvicinerà noi ai Fratelli separati, ed i Fratelli separati a noi.

Un mimetismo religioso e morale verso forme di facile e discutibile vita cristiana non abilita alla testimonianza, né all’apostolato, e neppure attrae a sé per le vie della stima, dell’esempio, della fiducia; serve solo a svilire la causa di Cristo e della sua Chiesa. Torna a proposito l’insegnamento del Concilio, e proprio in ordine all’ecumenismo: affinché sia efficace l’attrattiva all’unità nella Chiesa di Cristo «tutti i Cattolici devono tendere alla perfezione cristiana» (Unitatis redintegratio, 4).

Potremmo a questo punto concludere elencando le virtù che da parte nostra possono appianare la via per l’incontro con i Fratelli cristiani tuttora da noi separati: prima virtù, l’unità fra di noi cattolici: ogni divisione, ogni litigio, ogni separatismo, ogni egoismo in seno alla nostra comunione cattolica colpisce la causa ecumenica, ritarda e arresta il cammino per l’incontro felice, smentisce la Chiesa, i cui membri si caratterizzano, come ci ha insegnato il Signore, dalla dilezione scambievole (Cfr. Io. 13, 35).
 
Altre virtù: la fermezza e la semplicità della fede, nutrita dalla Parola di Dio e dal Pane Eucaristico; l’umiltà, poi, per il dono che ci è stato fatto d’averla integra e vera: la bontà a tutti aperta e generosa; lo spirito di servizio e di sacrificio; l’amore a Cristo, a Cristo crocifisso e risorto.

E alla fine, lo sappiamo, come sempre, occorre la preghiera. L’impresa, come dicevamo, è così superiore alle nostre forze, che la forza del Signore è indispensabile. Invocarla dobbiamo, piamente, umilmente, fiduciosamente. Tutti, e sempre.

Su questi pensieri, su questi propositi scenda la Nostra Apostolica Benedizione.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)