DIFENDERE LA VERA FEDE

Pensieri e poesie

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    °Teofilo°
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    00 31/07/2009 14:19

    SAI TU?

    Sai tu perchè dentro al tuo cuor
    c'è qualche cosa che non sai spiegar
    ma vive in te...?

       E' Gesù che bussa alla tua porta:
       aprigli or, non tardar più.

    Se Lui verrà, ti porterà la pace
    che il tuo cuore vuol ma che non ha.

       Sentirai la gioia di una vita
       piena e vera che non hai provato mai
       e diverrà una fonte viva di felicità,
       proverai l'Amore, quello vero che
       non muore mai.

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    °Teofilo°
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    00 01/08/2009 17:50

    TU SEI

    Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio,
    tu sei il Messia inviato dal Padre,
    tu sei l'Eterna vivente Parola
    fatto uomo come noi.

    Tu sei la via, sei la verità,
    tu sei la vita e la risurrezione,
    chi crede in te, anche se muore
    vivrà in eterno.

    Tu sei il buon Pastore che offre la sua vita
    tu sei il mite Agnello di Dio,
    Tu sei il Maestro e sei il Signore
    ma anche nostro Servitor.

    Tu sei il chicco di grano caduto
    su questa terra per poter morire
    e produrre una nuova spiga matura,
    Tu sei il Risorto.

    Tu sei il Pane vivo disceso dal cielo
    che sazia la fame di ogni credente,
    tu sei la vite che porta il buon frutto
    per la nostra sete.

    Tu sei la luce che illumina l’uomo
    tu sei l'amico e sei il fratello
    Tu sei il fuoco che scalda i cuori
    Tu sei l'Amore.

    Tu sei la sorgente dell'acqua viva
    Tu sei la Roccia che mai non vacilla
    Tu sei il Signore dei signori
    Tu sei il Re dei re.

    Tu sei il Principio Tu sei la Fine
    sei il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega,
    Tu sei il Giudice Misericordioso,
    Tu sei il Salvatore.

    Tu sei il Vittorioso Leone di Giuda
    Tu sei lo Sposo che la Sposa attende
    tu sei Colui che è e che viene:
    Tu sei  il Signore Gesù !.

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    °Teofilo°
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    00 04/08/2009 11:56
    RIVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE
    RIVOLUZIONE DELLA COMUNICAIONE

    Quartine con rime a ripetizione

    La televisione è una continua emozione
    che nella nostra vita fa irruzione
    senza chiedere alcuna autorizzazione
    generando una strana agitazione.

    Se distrattamente fai l’accensione
    e ne cominci stancamente la visione
    subito ti cattura l’attenzione
    con una accattivante informazione.

    Facendo perno sulla persuasione
    che sia fonte di ottima istruzione
    non si perde mai l’occasione
    di far del miglior tempo concessione.

    Si ha persino la convinzione
    Di poter fare liberamente opzione
    Cambiando piacevolmente situazione
    Rimanendo comodi nella stessa posizione.

    Si può passare da un’interessante lezione
    ad una accesa gara di equitazione
    restando attenti durante la pubblicizzazione
    che attrae tutti con tanta seduzione.

    Chi può resistere alla tentazione
    di una bellezza che mette in soggezione
    e dopo aver acceso la passione,
    al cuore fa venir la palpitazione?

    Con ammiccante presentazione
    Si sponsorizzano films d’azione
    E quando c’è un vincitore all’estrazione
    È generale l’ammirazione.

    Assecondando la debole predisposizione
    della nostra spensierata generazione
    spinge a tal grado la provocazione
    da rendere inevitabile la corruzione.

    Fa ritenere intelligente ogni violazione
    perseguendo la subdola operazione
    di dare la netta sensazione
    di sfuggire alla depravazione.

    Rende più certi dell’umana promozione,
    che della sua spirituale distruzione;
    cosa fare per ottenerne la liberazione?
    Ci vuole davvero una bella immaginazione!




    Per tenerle testa occorre una invenzione
    che sia veramente una totale rivoluzione!
    ed ecco già pronta per Internet la connessione,
    che di essere protagonista darà l’impressione.

    Chi si avvicina con timida apprensione
    presto lo apprezza per una grande evasione,
    della realtà inizia la trasformazione,
    magia virtuale, nell’avvincente navigazione.

    Nuovi piaceri, nuova divagazione
    un potere a portata di mano senza frustrazione,
    un successo garantito, non un’illusione
    chi rinuncerà a tanta profusione?

    Infinite possibilità, come una divinizzazione,
    chi potrà rifiutarle una totale dedizione?
    Se non si sa prendere la giusta direzione
    si giunge a sicura mentale confusione.

    Gatti e volpi gridano: afferra l’occasione!,
    propongono per tutto la liberalizzazione,
    facili guadagni, alta quotazione,
    si accede ovunque, altro che bilocazione!

    Forse che sia la statua della bestia della predizione,
    che parla e fa scendere il fuoco come da rivelazione
    che fa bere a tutti il calice della fornicazione
    e chiede a grandi e piccoli la sua adorazione?

    E’ un vero dilemma e ci vorrebbe una soluzione!
    allora è molto meglio mettersi in orazione,
    per chiedere dal Cielo l’illuminazione
    e cercare la salvezza con vera ispirazione.

    Per vincere la battaglia occorre applicazione
    di fortezza, prudenza e determinazione;
    solo così si può evitare di andare in perdizione,
    trovando felicità anziché disperazione.

    Non è certo mia intenzione
    creare una nuova ossessione
    esprimendo la demonizzazione
    della nuova automatizzazione.

    Prendendo tuttavia qualche precauzione
    e volgendo sempre in Alto la tensione
    si ricaverà gran soddisfazione
    nel vincere ogni abominazione.

    Vi sarebbe una sola eccezione:
    Se servisse cioè all’evangelizzazione
    E magari seguendo l’ indicazione
    Di migliorar del mondo la condizione.

    Ma non si può fermar l’evoluzione
    il mondo va verso la globalizzazione
    ognuno tenti di trovar la protezione
    usando la massima circospezione.

    Se però si vuole favorir la perfezione
    Anziché una probabile dannazione
    È meglio fuggir l’assuefazione
    Ricorrendo a definitiva rottamazione.
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    00 04/08/2009 11:57
    QUEL FETENTE DI UN SERPENTE

    L’antico astuto serpente,
    il desiderio tanto accende
    Da renderlo così ardente,
    che l’anima resta perdente.

    Se però ci si oppone fortemente
    E alle lusinghe non si acconsente
    L’attrazione perde il mordente
    E lo spirito presto si riprende.

    A volte però il gran fetente
    Con le persone più attente
    Usa una tattica più seducente
    Presentando un bene solo apparente.

    Assesta così un bel fendente
    Quando, all’abbaglio attraente
    Il malcapitato subito si arrende
    E non discerne il danno incombente.

    Occorre invece reagire seccamente
    E non lasciargli affondare il dente
    Di una affilata lama più tagliente.
    Così di aver ceduto certo ci si pente.

    E’ davvero molto avvilente
    Scoprir che tanta gente
    È ben poco resistente
    E si lascia trascinar dalla corrente.

    Se ognuno fosse meno assente
    Se non addirittura dormiente
    Avremmo un popolo combattente
    Che sarebbe senz’altro vincente.

    Ma la vittoria avrà certamente
    chi nel Signore è confidente,
    vigila e prega incessantemente
    e la sua parola osserva fedelmente.
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    00 04/08/2009 11:59
    ALLA DONNA


    quartine con rima “BACIATA”.

    Ogni donna e' una creatura meravigliosa,
    per rendere felice l'uomo come compagna preziosa
    un capolavoro fatto dalle mani del Signore
    per deliziarne con la sua presenza il cuore.

    Osso delle sue ossa e carne della sua carne
    senza di lei sarebbe triste e solo, a meno non può farne,
    essa arricchisce, completa e realizza l'Uomo;
    egli gode quando la vede ed ode della sua voce il suono.

    Nel lungo e difficile cammino della vita
    illumina il suo passo e la strada gli addita
    essa lo conforta, consiglia, aiuta, ammonisce,
    quando tutto diventa scuro e la via smarrisce.

    Ogni donna e' un albero di vita, sorgente d'Amore
    beato l'uomo che trova la sua donna: e' il suo tesoro,
    capace di donare tutta se stessa in totale dedizione;
    ogni giorno non mancherà per lui gioia e benedizione.

    Ogni donna e' qualcosa di grande e irripetibile
    trovare le parole per decantarla e' impossibile,
    ma che dirò ancor più della donna amata?
    solo il cuore, unito al suo potrà irradiare la gioia provata.
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    00 04/08/2009 12:01
    SESSO, POSSESSO E SUCCESSO


    Si sente dire molto spesso
    Che di certo è proprio fesso
    Chi non cerca il suo successo

    Capita di sentir lo stesso
    Di chi potendo non fa sesso.
    Vien bollato poi per un cesso
    Chi non brama un gran possesso.

    Spinti in una forte ressa,
    pensando di far progresso
    si inizia la strada del regresso.
    Ci si affanna a più non posso
    per raggiungere un bel fosso.

    Per davvero ti confesso:
    Se alla “rete” hai un accesso
    Non rischiare proprio adesso
    di finire come un pesce lesso.
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    00 04/08/2009 12:03
    COM'E' GRANDE LA VITA


    La vita è una ardita partita
    Sentita come una sfida accanita,
    una gita in salita,
    che addita una meta ambita.

    Se è capita non resta appassita
    Né sfinita quando è avvilita.
    Pur s'è appiattita, è recepita
    Come sortita da una mente perita.

    Dalla terra uscita, di bellezza vestita
    Con Grazia acquisita, dal Cielo è guarnita.

    Può essere ordita con le proprie dita.
    Se da colpe è intristita, non appena pentita
    e davvero contrita, ritorna pulita.

    A volte è atterrita
    Ma se a Dio s’affida
    Non andrà mai smarrita.

    La corrida è finita e la gioia piena avvertita;
    felice è la dipartita se con Dio è gestita la Vita.
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    00 04/08/2009 12:07
    AMERAI

    Ama il Signore con tutto il tuo cuore
    con tutta la mente con tutte le forze
    con tutta la tua anima:
    Egli ha creato la vita tua
    Egli ti ha dato la vita sua.

    Questo comando che oggi ti dò
    sia sempre fisso nel tuo cuor
    lo ripeterai ai figli tuoi,
    in casa tua ne parlerai
    quando riposi o camminerai.

    Lo legherai come un segno al tuo braccio,
    lo metterai davanti ai tuoi occhi,
    Lo scriverai sulle tue porte,
    non dimenticare mai il Signore
    ti riempirà col Suo eterno Amore.
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    00 08/09/2009 21:41

    PARUSIA


    Squilli di trombe riecheggiano in cielo,

    è il potente ritorno del nostro Signore,

    ossa marcite di cadaveri antichi

    si levano ancora a guardare la luce.


    Mai più dolore, nè affanno, nè pena,

    per le sue genti di ogni colore,

    per chi con Lui ha vinto il mondo,

    per quelli che accettano la Sua Parola.


    Lo vedran tutti raggiante di gloria,

    anche coloro che lo hanno trafitto

    e piangeranno l'ultima morte

    per il rifiuto del don della vita.



    Ma chi ha sete attinga a quell'acqua

    e non avrà mai più sete di nuovo,

    diverrà in lui una fonte di vita

    una pace profonda, una gioia infinita.


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    (Teofilo)
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    00 17/09/2009 16:50
    CANTO D'AMORE

    Gloria a Te io canterò, lodi a Te innalzerò,
    il mio grazie a Te offrirò, mio Signore e mio Re.
    Sei tu la mia vita, sol Tu la mia gioia,
    vieni diletto del mio cuor, dammi il Tuo Amor.

    Per Te io lascerò ogni altro amor
    e senza più fermar il mio passo io ti seguirò.

    Rendi vani agli occhi miei, tutti gli altri tesor
    rendi dolci le parole del tuo amor;
    come vino nuovo, esse inebrino il mio cuor
    allora esulterò di felicità.

    Per te abbandonerò tutti gli affanni miei
    sicuro in Te sarò, solo in Te rifugio troverò.

    Voglio perdermi in Te, tenermi sempre stretto a Te
    voglio immergermi nel mar della Tua pace;
    libero io respirerò nel puro e terso ciel,
    come il sole accenderai fiamme vive nel mio cuor.

    Con Te attraverserò aspri deserti,
    battaglie vincerò, con Te per sempre un giorno abiterò.
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    (Teofilo)
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    00 03/01/2010 01:10
    In realta', solo se abbiamo Dio nel cuore, siamo in grado di cogliere nel volto dell'altro un fratello in umanita', non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell'infinito mistero dell'essere umano. La nostra percezione del mondo e, in particolare, dei nostri simili, dipende essenzialmente dalla presenza in noi dello Spirito di Dio.
    Benedetto XVI
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    Caterina63
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    00 18/08/2010 12:23

    Il quadro più bello del mondo



    La "Trasfigurazione"
    è l'ultima opera dipinta da Raffaello prima di morire

    Il quadro più bello del mondo

    Custodito in un museo perde gran parte della sua capacità di parola
    di Marco Agostini

    Nel 1517 il cardinale Giulio de' Medici, poi Clemente VII, per la sua cattedrale di Narbona commissionò a Raffaello la Trasfigurazione. Il pittore vi lavorò fino al sopraggiungere della morte il 6 aprile 1520. Nondimeno il cardinale, anziché spedirla in Francia, trattenne l'opera a Roma facendola collocare sull'altare maggiore della chiesa di San Pietro in Montorio.

    Oltralpe il dipinto ci andò con Napoleone nel 1797 rimanendovi per una quindicina d'anni; fu, poi, restituito e sistemato nella Pinacoteca Vaticana.

    Opera ultima di una stagione di eccezionale fervore creativo, la Trasfigurazione è dominata da una complessa elaborazione formale e da una straordinaria scioltezza esecutiva. Giorgio Vasari, alla fine della Vita di Raffaello da Urbino pittore et architetto, annota che: "Gli misero alla morte al capo nella sala, ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de' Medici, la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima di dolore a ognuno che quivi guardava".

    La meraviglia e le lacrime innanzi all'opera d'arte, alla bellezza, non sono solamente tòpoi della letteratura d'arte; nell'ossimorico accostamento "il corpo morto e quella viva" c'è il dramma dell'esistenza, della vita come continuo confliggere con la morte, Mors et Vita duello conflixere mirando: Dux vitae mortuus, regnat vivus, dell'arte che insegna "come l'uom s'etterna".

    La rivelazione del Tabor, espressa con il linguaggio rasserenante e divinizzante dell'arte, getta luce sul volto oscuro della terribile nemica e assicura che di lì si giunge alla gloria. La tavola era considerata già da Vasari il testamento spirituale del pittore: "per mostrare lo sforzo et il valor dell'arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa che a fare avesse, non toccò più pennelli, sopragiugnendoli la morte".

    L'evangelista Matteo - parrebbe esser lui l'apostolo in primo piano a sinistra - sulla cui scorta Raffaello dipinge, colloca l'episodio della Trasfigurazione durante il viaggio di Gesù a Gerusalemme, tra il primo e il secondo annuncio della passione, prima della guarigione del giovane lunatico. La narrazione evangelica esplicita l'intenzione di Gesù di prevenire negli apostoli lo scandalo della croce e di manifestare il significato redentivo della sua morte.

    In alto si osserva la teofania del Tabor e in basso la presentazione del giovane ai discepoli di Cristo in assenza del Maestro. Sul monte il Cristo sfolgorante "vestito di colore di neve, pare che aprendo le braccia et alzando la testa, mostri la essenza e la deità di tutt'e tre le Persone unitamente ristrette nella perfezzione dell'arte". Il Cristo si libra tra le nubi, nel classico atteggiamento conferitogli da Raffaello, al centro di un ideale disco tracciato dai corpi di profeti e apostoli. Lo affiancano Mosè ed Elia, ovvero la legge e la profezia, ai piedi Pietro, Giacomo e Giovanni i testimoni privilegiati dell'avvenimento, in disparte - come già il patrono di Ravenna nel mosaico paleocristiano di Sant'Apollinare in Classe - i santi Felicissimo e Agapito commemorati dal martirologio lo stesso giorno della festa liturgica.

    La Trasfigurazione avviene in un clima calmo, governato dalla simmetria, avvolto da un'intensa luminosità che esalta la superna coerenza delle leggi lineari, plastiche e cromatiche. Alle pendici del Tabor, l'azione è imperniata sulla statuaria donna inginocchiata in primo piano, "la quale è principale figura di quella tavola".

    Inizialmente Raffaello voleva dipingervi la madre del ragazzo, ma ora vi vediamo la Fede, splendida della stessa luce di Cristo. Ha l'ardire e il tratto fiero e nobile di chi chiede per ottenere. È lei a mettere in relazione il gruppo degli apostoli e quello del padre dell'indemoniato.

    Il convulso ma ben compaginato episodio è avvolto nell'oscurità. L'intreccio serrato degli sguardi svela l'impossibilità degli apostoli di compiere il miracolo: il demonio a loro non obbedisce. I loro gesti rinviano a un'autorità più grande, al momento assente. Lo spasmo in verticale delle braccia e il volto spiritato del ragazzo, esprimono lo stravolgimento dell'ordine della creazione operato da Satana: stabilisce un rapporto diretto tra l'alto e il basso, tra il cielo e la terra, tra Colui che libera e colui che incatena, tra Colui che esalta e colui che disprezza, tra Colui che dà all'uomo bellezza e colui che, invece, gliela toglie. Chi libera è il Cristo la cui umanità sul Tabor arretra per un istante scoprendone la divinità.

    Anche sul Golgota la sua umanità arretrerà tanto da "non esser più d'uomo il suo aspetto", tuttavia, in forza di quel sacrificio, per la carne piagata della divinità crocifissa, l'uomo sarà liberato dallo spirito del male e il mondo riavrà la sua antica bellezza. I numerosi disegni preparatori di Raffaello dimostrano anche per questa scena una lunga e complessa elaborazione; se l'intervento degli allievi ci fu, fu solo per completare l'opera. L'enfatica gestualità, l'animazione complessa si rispecchiano nel dinamismo nuovo della composizione da cui traspare il superbo classicismo raffaellesco, e un naturalismo tragico accentuato dalla differenza netta e morbida delle ombre.

    Il dipinto, sottoposto agli schianti violenti dell'ombra e della luce, impone la visione da vicino e da lontano: in chiesa avrebbe dovuto favorire il movimento di avvicinamento dei fedeli all'altare. Sviluppata verticalmente, la pala sull'altare avrebbe dovuto offrire la scena della liberazione al sacerdote che celebrava innanzi da una posizione ravvicinata, e quella della Trasfigurazione ai fedeli che più discosti contemplavano quanto il mysterium fidei velava e rivelava.

    Al sacerdote ricordava il monito di Gesù circa l'incapacità degli apostoli di guarire e liberare il ragazzo lunatico: "Per la vostra poca fede", in alcuni manoscritti per la vostra "nessuna fede", nella Vulgata per incredulitatem. "Questa razza di demoni si scaccia con la preghiera e il digiuno" (Matteo, 18, 21). L'incredulità può ostacolare la liberazione dei fratelli. La Fede, in ginocchio, con il volto girato agli apostoli e le mani indicanti il ragazzo posseduto, mostra il compito: "Ora che il Maestro non è più con voi, a voi è affidato l'incarico di ascoltare la supplica di aiuto dell'umanità assediata dal maligno e di liberarla nel nome di Cristo secondo il suo comando".

    L'incredulità è all'origine del non esercizio dell'autorità pur essendone stati investiti. L'incredulità impedisce di vedere con gli occhi della fede la "trasfigurazione" del pane e del vino nel Corpo, Sangue, anima e divinità di Cristo. I cenni degli apostoli convogliano l'attenzione dal basso all'alto. Un tempo sostenevano la capacità visiva del sacerdote al momento dell'elevazione, facendogli scorgere nella candida Ostia il Cristo sfolgorante in cielo e invitavano i fedeli ad avvicinarsi al mistero.

    Un'opera d'arte sacra posta in un museo, anche con le migliori intenzioni e forse più custodita, perde tre quarti della sua capacità di parola solo per il fatto che è posta fuori del contesto per il quale è stata creata. Oggi, nella Pinacoteca, la Trasfigurazione è solo un oggetto, ancorché tra i più eccellenti, allineato tra i molti, ma privo della forza che gli proveniva dall'essere parte del mistero liturgico, dello spazio della preghiera. La delibera che giustificava il mosaico in basilica sottolineava il desiderio di avere, se non altro, una copia "del più bel quadro che abbia il mondo". Ma ora che l'originale è a pochi passi nel museo, pare innaturale accontentarsi in chiesa della copia.

    (©L'Osservatore Romano 6 agosto 2010)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 10/01/2014 12:08
      Magnificat"  

     
    a cura di ELISEO SGARBOSSA ssp

    «Stella del nostro mar»
       

    Vittoria Colonna (Marino, 1490-Roma, 1547), poetessa e nobildonna, figlia di Fabrizio Colonna signore di Anagni e moglie di Ferrante d’Avalos marchese di Pescara, fu una delle donne più celebri del Rinascimento italiano. Rimasta vedova senza figli, cercò conforto nelle amicizie con illustri personalità della cultura e dell’arte, fra cui i cardinali Contarini, Bembo e Reginald Pole, e i più noti umanisti del suo tempo.

    Coinvolta negli scontri fra le famiglie Colonna e Farnese, fu esiliata da Roma e viaggiò molto fra Napoli e il Nord Italia, ospite delle corti di Ferrara (Estensi) e di Mantova (Gonzaga), preferendo infine rifugiarsi presso diversi monasteri del Lazio: Orvieto, Viterbo, Roma. Documento di una vita così intensa è il suo epistolario (Lettere, 1530-1570).

    La sua fama letteraria è dovuta alle sue opere poetiche – Rime (1538), Rime Spirituali (1546),Pianto sulla Passione di Cristo Orazione sull’Ave Maria (1556). Ma Vittoria è altrettanto celebre per il suo stretto rapporto affettivo e intellettuale con Michelangelo, al quale fu legata da profonda amicizia. Colpita infine da una grave malattia, fu accolta dalla nipote Giulia Colonna e morì il 25 febbraio 1547 nel palazzo di Torre Argentina in Roma.

    Ecco due suoi sonetti mariani dalle Rime Spirituali.

    Vergine pura...

    Vergine pura, che dai raggi ardenti
    del vero Sol ti godi eterno giorno,
    il cui bel lume in questo vil soggiorno
    tenne i begli occhi tuoi paghi e contenti,

    uomo il vedesti e Dio, quando i lucenti
    suoi spirti fêr l’albergo humile adorno
    di chiari lumi, e timidi d’intorno
    stavan tremando al grand’ufficio intenti.

    Immortal Dio nascosto in mortal velo
    l’adorasti Signor, figlio il nutristi;
    l’amasti sposo e l’onorasti padre.

    Prega lui dunque, che i miei giorni tristi
    ritorni in lieti; e tu, donna del cielo,
    vogli in questo desìo mostrarti madre.

    Stella del nostro mar

    Stella del nostro mar, chiara e secura,
    che ’l Sol del Paradiso in terra ornasti
    del mortal sacro manto, anzi adombrasti
    col vel virgineo tuo sua luce pura,

    chi guarda al gran miracol più non cura
    del mondo vile, e i vani empi contrasti
    sdegna de l’oste antico, poi ch’armasti

    d’invitta alta virtù nostra natura.
    Veggio il Figliuol di Dio nudrirsi al seno
    d’una vergine madre, ed ora inseme
    risplender con la veste umana in Cielo;

    onde là su nel sempre bel sereno
    al beato s’accende il vivo zelo,
    al fedel servo qui la cara speme.

    Miniature dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

    S’è accennato all’amicizia di Vittoria Colonna con Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Quando lo scultore terminava il suo primo capolavoro, la Pietà (1499), Vittoria non aveva ancora compiuto dieci anni, ma rimase presto affascinata dal genio di Michelangelo. Il quale la conobbe, anni dopo, e a sua volta fu colpito dalla bellezza di lei, e più tardi dalla intensità delle sue esperienze umane e religiose. Vittoria divenne per lui una amica fraterna e ispiratrice, anzi "un amico", come lo stesso artista affermò quando ella venne a mancare: «Morte mi tolse un grande amico». Ciò avveniva quando Vittoria, a cinquantasette anni, concludeva la sua esistenza terrena, dopo essere stata a lungo assistita da Michelangelo in persona. Riportiamo a confronto alcuni versi dello scultore, duri come schegge di marmo ma originali per il mistero che evocano: nella bellezza dei volti scolpiti (si pensi alle sue Madonne), l’arte rende viva e immortale l’opera, che sopravvive al suo creatore.

    Come una "Pietà" vivente

    Com’esser, donna, può quel c’alcun vede
    per lunga sperïenza, che più dura
    l’immagin viva in pietra alpestra e dura
    che ’l suo fattor, che gli anni in cener riede?

    La causa a l’effetto inclina e cede,
    onde dall’arte è vinta la natura.
    E ’l so, che ’l pruovo in la bella scultura,
    c’all’opra il tempo e morte non tien fede.

    Dunche, posso ambo noi dar lunga vita
    sì che mill’anni dopo la partita,
    quanto voi bella fusti e quant’io lasso
    si veggia, e com’amarvi i’ non fu’ stolto.

    Sol d’una pietra viva
    l’arte vuol che qui viva
    al par degli anni il volto di costei,
    non già mortal, ma diva,
    non solo agli occhi miei.

    Poi la ferita al cuore dell’artista, quando Vittoria gli viene a mancare:

    Come resterò ’n vita?
    Ahi trista sorte!
    Ch’io ne trarrò la morte?

    (Michelangelo).






    Un profondo sentimento quotidiano
       

    «Maria è stata l’unica donna ad essere insieme madre e vergine, tanto nello spirito come nel corpo»
    (sant’Agostino).
      

    «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28).

    Le parole dell’Angelo, «Ti saluto», che nella preghiera noi recitiamo come Ave, esprimono un profondo sentimento di gioia, di pienezza, di fiducia verso Maria.

    Per noi uomini che percorriamo un cammino di fede, il riferimento a questo profondo sentimento è quotidiano. È a Maria, infatti, che ci rivolgiamo nei momenti di difficoltà, quando la sofferenza invade la nostra vita, quando fatichiamo a scorgere la "luce", quando ci sentiamo delusi e affaticati, ma è anche a lei, Vergine purissima, Madre amorosissima, che con riconoscenza esprimiamo il nostro grazie per aver partorito il Verbo di Dio e con devozione chiediamo intercessione presso il Trono dell’Altissimo.

    M. Buonarroti (1475-1564), Madonna che allatta il Figlio, Gabinetto dei disegni, Firenze.
    M. Buonarroti (1475-1564), Madonna che allatta il Figlio, Gabinetto dei disegni, Firenze.

    O Vergine purissima, brano costruito su una melodia semplice, ma orecchiabile e piacevole, diventa più incisivo grazie all’alternarsi del coro e dell’assemblea.

    Al solista è affidato l’inciso, una linea cantabile arricchita dalla profondità del testo che, nelle diverse strofe, contempla Maria esaltandone la preziosa verginità, pur nel suo ruolo di madre, la fedeltà, l’amore, la gloria e anche la realtà di figlia: è la Madre di Gesù, ma anch’essa figlia di Dio.

    L’invocazione Ave Maria è affidata all’assemblea quasi a voler sottolineare come, coralmente, tutti gli uomini invocano la Vergine, affidano a lei la propria vita con la consapevolezza che il carico delle fatiche quotidiane è alleggerito se si rivolge lo sguardo alla bontà di Maria. Nel ritornello è possibile inserire il coro a più voci per rendere più varia la breve durata del canto.

    La struttura del brano richiede duttilità, scioltezza e una scorrevolezza delicata per non appesantire l’esecuzione.

    Si ponga sempre particolare attenzione all’accento tonico delle parole (soprattutto Àve Marìa), rispettando il quale l’insieme risulta più espressivo e significativo.

    Vergine con Bambino, mosaico dei secc. VI-VII, chiesa della Madre di Dio, Cipro.
    Vergine con Bambino, mosaico dei secc. VI-VII, chiesa della Madre di Dio, Cipro (foto Lores Riva).

    L’autore, don Giovanni Ferrero, è senza dubbio uno degli artefici del rinnovamento del canto religioso e liturgico italiano del post-Concilio. Sacerdote della Società San Paolo, proveniente dalla Diocesi di Mondovì, si distinse per lo spiccato talento musicale e la vena poetica che riversò nelle sue composizioni, in cui la facile e bella melodia non è mai banalità, ma sensibilità interiore che rivela l’anima "mariana" del compositore al quale erano tanto care le parole che Dante pone sulle labbra di san Bernardo nella stupenda preghiera indirizzata alla Vergine: «Donna, sei tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disianza vuol volar senz’ali».

    Luisa Tarabra
         

    Per i collegati URM lo spartito è reperibile presso la Direzione di Madre di Dio(piazza San Paolo 12, Alba, CN. Tel. 0173-2961).
      

    O VERGINE PURISSIMA

    O Vergine purissima, ave, o Maria!
    O Madre amorosissima, ave, o Maria!

    Tu che tutto puoi, ricordati di noi,
    presso il trono dell’Altissimo.

    O Madre sempre vergine, ave, o Maria!
    O Figlia del tuo Figlio, ave, o Maria!

    O Madre della grazia, ave, o Maria!
    O Porta della gloria, ave, o Maria!






    L’ora dell’Ave Maria
       

    Conosciamo il celebre idillio che conclude La chiesa di Polenta del Carducci. Ma forse ignoriamo che il poeta toscano si ispirò a un autore inglese, George Gordon Noel Lord Byron, il quale nel poema Il Pellegrinaggio del cavaliere Aroldo evocò prima di lui la mistica suggestione dell’Angelus serale.

    Lord Byron (1788-1824) viaggiò molto in Italia, prima di concludere la sua avventurosa esistenza a Missolungi (Grecia). A Venezia fu affascinato dalle tele di Tiziano e in Romagna, nella pineta di Ravenna, si commosse in presenza delle testimonianze dantesche. Ma fu la presenza di Maria che, in concomitanza con altri eventi familiari, determinò la sua conversione alla fede, dopo una giovinezza dissoluta. L’Ave Maria della sera, annunziata dai campanili della pianura padana, fu una delle esperienze che segnarono più a fondo la sua sensibilità e accompagnarono i suoi anni maturi.

    Giosuè Carducci (1835-1907), premio Nobel per la letteratura, condivise con il poeta inglese la passione romantica per la storia nazionale, ma non altrettanto la sensibilità religiosa. Più che la Vergine Maria, nella celebre ode La chiesa di Polenta il Carducci cantò la chiesetta romanica, visitata un giorno con una giovane amica, in atteggiamento di pellegrino culturale. Quella chiesetta sull’Appennino, nel territorio di Guido da Polenta, ammirata come testimone di tragiche ed epiche vicende storiche, fu tuttavia il luogo di un incontro spirituale con la "Madre antica" che da lassù aveva visto trascorrere migrazioni incessanti di tribù nemiche, affratellate dalla fede. Nella evocazione di tali eventi, l’orgoglioso massone, cantore di Satana, era stato toccato nell’intimo dall’Ave Maria, e trovò persino il coraggio di difendere l’onore della Vergine contro uno scritto dissacrante di Gabriele D’Annunzio.

    Riportiamo qui di séguito, a confronto, i due idilli, come omaggi paralleli resi a Maria da due autori, distanti fra loro e apparentemente estranei a temi devozionali.

    Miniatura dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

    Il canto del giorno morente (Byron)

    Ave Maria! Sulla terra e sul mare
    quest’ora più d’ogni altra celeste
    è la più degna di te, Benedetta.
    Ave Maria! Benedetta quest’ora,

    Benedetto il giorno, il paese, il luogo
    dove tante volte ho sentito in pienezza
    questo annuncio scendere in terra
    dalla campana della torre lontana.

    Saliva leggero il canto del giorno morente;
    non un soffio turbava l’aria tinta di rosa,
    eppure le foglie sui rami trasalivano
    vibrando in fremiti di preghiera.

    Ave Maria! È l’ora di pregare.
    Ave Maria! È l’ora di amare.
    Ave Maria! È l’ora che il nostro spirito
    si elevi fino a te, fino al tuo Figlio!

    Ave Maria! Volto stupendo, occhi socchiusi
    sotto l’ala della Colomba onnipotente!
    Ti miro adesso in un’immagine dipinta?
    Ma essa traduce in bellezza la Pura Verità.

    Miniatura dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

    Salve, chiesetta del mio canto (Carducci)

    Salve, affacciata al tuo balcon di poggi
    tra Bertinoro alto ridente e il dolce
    pian, cui sovrasta fino al mar Cesena
    donna di prodi,

    salve, chiesetta del mio canto! A questa
    madre vegliarda, o tu rinnovellata
    itala gente da le molte vite,
    rendi la voce

    de la preghiera; la campana squilli
    ammonitrice: il campanil risorto
    canti di clivo in clivo a la campagna
    Ave Maria.

    Ave Maria! Quando su l’aure corre
    l’umil saluto, i piccioli mortali
    scovron il capo, curvano la fronte
    Dante ed Aroldo.

    Una di flauti lenta melodia
    passa invisibil fra la terra e il cielo:
    spiriti forse che furon, che sono
    e che saranno?

    Un oblio lene de la faticosa
    vita, un pensoso sospirar quïete,
    una soave volontà di pianto
    l’anima invade.

    Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
    roseo ’l tramonto ne l’azzurro sfuma,
    mormoran gli alti vertici ondeggianti
    Ave Maria.





     Un canto per Maria 

     
    a cura di MARIO MOSCATELLO e GIUSEPPE TARABRA

    E in lei, ricchezza di grazia
       

    «Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria era stata redenta fin dal suo concepimento»
    (Catechismo della Chiesa cattolica, 491).

      

    Vergine Maria, Madre del Signore, Immacolata Vergine, Madre dell’Amore. In un breve ritornello di quattro invocazioni, ecco balzare in primo piano, come in un altorilievo, tre dei quattro dogmi proclamati dalla Chiesa riguardanti Maria: verginità, immacolata concezione, maternità divina. Ma anche il quarto, l’Assunzione, seppure in maniera velata, è presente nell’imperativo Lodiamo, che a ben guardare lascia intendere quella posizione "gloriosa" di Maria accanto al Figlio da noi contemplata quale primizia dei redenti.

    Pechino: la Cattedrale (sec. XVIII), dedicata all'Immacolata Concezione.
    Pechino: la Cattedrale (sec. XVIII), dedicata all’Immacolata Concezione (foto Image).

    Anzi, proprio quel Lodiamo dà motivo alle strofe che sono una successione di invocazioni laudative che, come pennellate, evidenziano ora un colore ora un altro, creando una specie di stupendo caleidoscopio che non solo ne esaltano la figura, ma aiutano a cogliere la ricchezza di grazia che Dio ha effuso in colei che Dante con felice intuizione osò definire «umile e alta più che creatura», «ne lo cui caldo – è ancora il sommo poeta a dare un’ulteriore pennellata di colore – Dio non disdegnò di farsi sua fattura».

    Ave, o Figlia dell’Altissimo; ave, o Sposa del Paraclito; ave… E qui la litania delle invocazioni strofiche potrebbe allungarsi più di quanto l’autore non abbia inteso limitandone il numero.

    A. Bouts (1460-1549), Assunzione di Maria, Museo d'arte antica, Bruxelles.
    A. Bouts (1460-1549), Assunzione di Maria, Museo d’arte antica, Bruxelles (foto Scala).

    L’autore è Giovanni Ferrero, senza dubbio uno degli artefici del rinnovamento del canto religioso e liturgico italiano del post-Concilio.

    Sacerdote della Società San Paolo, proveniente dalla Diocesi di Mondovì, si distinse per lo spiccato talento musicale e la vena poetica che riversò nelle sue composizioni, in cui la facile e bella melodia non è mai banalità, ma sensibilità interiore che rivela l’anima "mariana" del compositore, al quale erano tanto care le parole che Dante pone sulle labbra di san Bernardo nella stupenda preghiera indirizzata alla Vergine: «Donna, sei tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disïanza vuol volar sanz’ali».

    La lode – utilizzabile in ogni momento di preghiera comunitaria o in ogni momento celebrativo mariano – è edita dalle Edizioni Paoline Musicali e Discografiche nella raccolta Maria Regina di giovinezza.

    Luisa Tarabra 
         

    Per i collegati URM lo spartito è reperibile presso la Direzione di Madre di Dio(piazza San Paolo 12, Alba, CN. Tel. 0173-2961).
      

    LODIAMO LA VERGINE MARIA

    Lodiamo la Vergine Maria,
    la Madre del Signore!
    Lodiamo l’Immacolata Vergine,
    Madre dell’Amore!

    Ave, o Figlia dell’Altissimo,
    ave, o Sposa del Paraclito,
    ave, o Madre del Signore, o Maria!

    Lodiamo…

    Ave, Regina gloriosissima,
    ave, Regina potentissima, ave,
    Regina degli Apostoli, o Maria!

    Lodiamo…

    Ave, o Madre amabilissima,
    ave, o Madre amorosissima, ave,
    o Madre della Grazia, o Maria!

    Lodiamo…


       

     


    [Modificato da Caterina63 10/01/2014 14:02]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 16/01/2014 10:06

      Nell’ora della morte
       

    Anonimo, ritratto di Alfonso Maria de' Liguori a 30 anni (foto Barontini).Questo canto popolare mariano è attribuito a sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), napoletano. Già avviato alla carriera di avvocato, a trent’anni decise di dedicarsi alla cura pastorale fra il popolo. Ordinato sacerdote, divenne poi vescovo e fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore o Redentoristi (1732). Mentre attendeva con zelo alle missioni popolari nell’Irpinia, scrisse trattati di teologia morale e libri di ascetica, che ebbero notevole diffusion. Sono celebri Le glorie di Maria, L’apparecchio alla morte, Del gran mezzo della preghiera, Pratica di amare Gesù Cristo, ecc. Canonizzato nel 1832, sant’Alfonso fu dichiarato Dottore della Chiesa e patrono dei confessori, o ministri della riconciliazione.


    Miniature dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

    L’ora triste ed affannosa
    da cui pende eternità,

    l’ora tanto dolorosa
    sulla vittima già sta.

    O Maria, o Madre mia,
    con fiducia corro a te;
    in quest’ultima agonia
    prega, prega tu per me.

    Come fúggesi uno strale,
    come vola un destrïer,
    la mia vita spiegò l’ale,
    giunse al colmo del sentier.

    O Maria, o Madre mia…

    Son meschina navicella
    che vogando in alto mar
    sopraffatta da procella
    già s’affonda, già scompar.

    O Maria, o Madre mia…

    Il mio spirito s’allenta
    ed affannasi il respir,
    freme il cor e mi tormenta
    indicibile martir.

    O Maria, o Madre mia…

    Ombre squallide, vaganti,
    son castigo a tutti i rei;
    come pàionmi giganti
    ora tutti i falli miei!

    O Maria, o Madre mia…

    Striscia, sibila, s’adira
    anche il Serpe insidiator,
    mi combatte, mi raggira
    con insolito livor.

    O Maria, o Madre mia…

    Miserere, tu clemente
    pietosissimo Gesù,
    miserere d’un morente
    che fra poco non è più.

    O Maria, o Madre mia…

    Un sospiro... e questa creta
    vile polvere sarà,
    mentre l’anima a sua meta
    immortal ritornerà.

    O Maria, o Madre mia…

    Tace il labbro, l’occhio è fisso,
    spunta un gelido sudor...
    E mi cade il Crocifisso
    dalle mani sopra il cor!

    O Maria, o Madre mia…

     
     
     
     
     
     
     





    Un amore intenso e profondo
       

    «Il figlio si sforzi di imitare la Madre, se desidera il suo favore»
    (san Bernardo).

      

    Come nel cielo di una serena notte d’estate brillano innumerevoli stelle, ma una sola è la più luminosa, così nella varietà dei nomi che identificano milioni di persone, uno sopra tutti risuona melodioso invadendo delicatamente la profondità del nostro animo: è il nome di Maria che, come fulgida stella, acceca i nostri occhi e ricolma i nostri cuori di una gioia ineguagliabile. La musicalità del suo nome, la dolcezza del suo sguardo, la sua bellezza interiore ed esteriore tutta pura, immacolata e santa, hanno colpito Bernadette a Lourdes, i tre pastorelli a Fatima, Mariette a Banneux… e oggi offrono al popolo cristiano, in questo tempo di banalità, di degrado della femminilità e di sensualità commercializzata, la serena contemplazione di un amore così intenso e profondo che si fa dolcezza e tenerezza, guida e rifugio, aiuto e sollievo.

    Anonimo, Madonna con i santi Pietro e Paolo (sec. XV), Santa Maria in Campis, Foligno (Perugia).
    Anonimo, Madonna con i santi Pietro e Paolo (sec. XV), Santa Maria in Campis, 
    Foligno (Perugia - © 2010. Foto Scala Firenze).

    Il metro composto che caratterizza il ritmo di Nome dolcissimo ci guida alla scelta esecutiva che richiede un andamento leggero e moderato; si consiglia un’attenzione particolare all’accento delle parole: una corretta e controllata apertura sonora sull’accento tonico rende l’esecuzione più espressiva ed esercita un influsso positivo sia nell’animo di coloro che cantano sia di coloro che ascoltano.

    La melodia è semplice, racchiude un autentico spirito meditativo attraverso il quale emerge il significato del testo. La sensibilità che si evidenzia nel percorso melodico e nella struttura della frase musicale preferisce una sonorità pacata, ma gioiosa: Maria è una donna semplice, ma di una ricchezza interiore sovrumana; quindi noi devoti ci rivolgiamo a lei con umiltà, mantenendo un atteggiamento di riservata meditazione, ma nel nostro cuore si accende una luce così forte e intensa da trasformare le piccole azioni della quotidianità in eventi quasi divini.

    La facciata (part.) del nuovo Santuario (sec. XX) della Madonna nera di Tindari (Messina).
    La facciata (part.) del nuovo Santuario (sec. XX) della Madonna nera di Tindari (Messina – foto Diego Zanetti).

    Il popolo cristiano si rivolge a Maria con la certezza di ricevere ascolto, di trovare ispirazione per mettere ordine al caos e alla frenesia della propria vita.

    Il canto, eseguibile in ogni momento celebrativo mariano o di preghiera comunitaria, anche se non specificatamente adatto per le celebrazioni eucaristiche, può essere utilizzato come canto conclusivo durante le celebrazioni nei mesi dedicati alla Madonna.

    L’autore, Andrea Angelo Castelli, è un sacerdote bergamasco nato nel 1876 e morto nel 1970, amico di Giovanni XXIII.

    Luisa Tarabra 
         

    Per i collegati URM lo spartito è reperibile presso la Direzione di Madre di Dio(piazza San Paolo 12, Alba, CN. Tel. 0173-2961).
      

    NOME DOLCISSIMO

    Nome dolcissimo, nome d’amore,
    tu sei rifugio al peccatore.

    Fra i cori angelici, va l’armonia:
    ave Maria, ave Maria.
    Fra i cori angelici, va l’armonia:
    ave Maria, ave Maria.

    Saldo mi tieni sul buon sentiero,
    degli anni eterni al gran pensiero. Rit.

    T’invoca l’esule, il pellegrino,
    fidente e supplice a te vicino. Rit.

    Le stelle fulgide, quando la sera,
    accolgon tenere la mia preghiera. Rit.

     
     
     
     
     
     
     
     






    Un forte grido di speranza
       

    «Se manca il contrappeso dell’eternità, ogni sofferenza, ogni sacrificio appare assurdo, sproporzionato»
    (Raniero Cantalamessa, ofm cap).

      

    Andrò a vederla un dì. Quanta ricchezza! Quanta profondità! Quanta fede in questa affermazione! Il tempo scorre misterioso, la nostra vita si muove correndo veloce, le giornate frenetiche sono organizzate nei minimi dettagli, ma oltre il tempo, lo spazio, la materialità, l’uomo di fede, invaso dal mistero divino, può sgombrare il proprio pensiero dal superfluo e spingere lo sguardo verso l’eternità dove potrà lasciarsi "accecare" dalla luminosità di Maria.

    Ignoto, Madonna in trono, cripta del Duomo di Parma (ca. 1059).
    Ignoto, Madonna in trono, cripta del Duomo di Parma (ca. 1059).

    Nella storia di tutti i tempi molti sono gli artisti che in svariate opere di pittura, scultura, poesia, hanno rappresentato il volto di Maria, ma nell’immaginazione di ogni credente risplende un volto particolare, si accende una luce unica che rinnova nel cuore il dono di una rappacificante speranza e di un profondo sostegno. È grazie all’intensità di questa luce che è forte e potente nell’uomo il desiderio di assaporare la delicata bellezza della Vergine.

    Nel brano, strutturato in forma strofica, emerge un ritornello durante il quale è facile lasciarsi trasportare dalla linea musicale che, attraverso un crescendo sia melodico sia dinamico, evidenzia il percorso dell’uomo che gradualmente cammina verso il "cielo" che è eternità di amore e di pace, che è "patria" di ogni vivente, che è luogo in cui potrà abbandonarsi nelle braccia di Maria.

    Il testo delle strofe racchiude un forte "grido di speranza": è a Maria che il credente chiede di entrare nella sua anima per avere conforto, consolazione e aiuto. La melodia che accompagna questo messaggio è molto semplice, ruota sull’alternanza di pochi suoni abbinati però in modo delicato, tanto da creare una linea musicale piacevole e orecchiabile. L’andamento metrico prevede un’esecuzione sciolta nell’accentuazione e nell’articolazione ritmica per evitare qualsiasi tipo di appesantimento che renderebbe il tutto grossolano e poco delicato.

    U. Gamba, Per immergere il tempo nell'eternità, Laboratorio dell'autore, Gorno (Bergamo).
    U. Gamba, Per immergere il tempo nell’eternità, Laboratorio dell’autore, Gorno (Bergamo).

    Questa lode è utilizzabile in ogni momento di preghiera comunitaria o, comunque, in ogni momento celebrativo mariano. Suggestiva e di grande effetto è l’esecuzione effettuata in presenza di una grande assemblea. È un canto di autore ignoto che, probabilmente, si è tramandato nella tradizione popolare.

    Luisa Tarabra 
         

    Per i collegati URM lo spartito è reperibile presso la Direzione di Madre di Dio(piazza San Paolo 12, Alba, CN. Tel. 0173-2961).
      

    ANDRÒ A VEDERLA UN DÌ

    Andrò a vederla un dì,
    in cielo patria mia,
    andrò a veder Maria,
    mia gioia e mio amor.

    Al ciel, al ciel, al ciel!
    Andrò a vederla un dì 
    (bis).

    Andrò a vederla un dì,
    è il grido di speranza,
    che infondemi costanza
    nel viaggio e fra i dolor. Rit.

    Andrò a vederla un dì,
    lasciando questo esilio;
    le poserò qual figlio
    il capo sopra il cuor. Rit.

    Andrò a vederla un dì,
    le andrò vicino al trono,
    ad ottenere in dono
    un serto di splendor. Rit.

     
     
     
     
       





    [Modificato da Caterina63 16/01/2014 10:40]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)