L’Eucarestia merita una particolare attenzione, dal momento che tutta la vita della Chiesa scaturisce e culmina nella celebrazione della Eucarestia. Essa non è semplicemente “un sacramento tra gli altri”, ma è la stessa Presenza reale e irripetibile del Cristo, che ha promesso di rimanere nella sua Chiesa fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20). Per essere teologicamente esatti bisogna dire che tutti i sacramenti, come l’esistenza stessa della Chiesa, nascono dall’unica sorgente dell’Eucarestia. Possiamo allora indicare l’Eucarestia con la definizione di “sacramento originario”.
La testimonianza del NT
L’Eucarestia come sacramento nasce dalle parole che Gesù pronuncia nel contesto dell’Ultima Cena, insieme ai gesti che l’accompagnano. Prima di quel momento, però, Gesù ne aveva parlato durante il ministero pubblico ai suoi discepoli, ma senza essere adeguatamente compreso (cfr. Gv 6,22ss). La prima generazione cristiana pone la celebrazione della Eucarestia al centro della tradizione (cfr. 1 Cor 11,23ss e At 2,42-48).
Le parole di Gesù sul pane e sul calice indicano nel pane e nel vino non un simbolo ma la realtà stessa della materia del suo Corpo e del suo Sangue (Mt 26,26 e par.). Lo si vede già dalla formulazione stessa delle parole: “Prendete… questo è…”; non dice “rappresenta” o “richiama” il mio Corpo e il mio Sangue.
La certezza assoluta che Cristo, col pane e il vino, abbia inteso davvero la materialità del suo Corpo umano, risulta dal lungo discorso da Lui tenuto nella sinagoga di Cafarnao (cfr. Gv 6, 22ss). In un passo vi è una particolare affermazione, ripetuta poi più volte, che suscita scandalo e spinge alcuni discepoli ad allontanarsi da Lui: “Il pane che io darò è la mia carne” (cfr. vv. 51-57). Il collegamento tra Corpo e Pane, Sangue e vino, non è affatto simbolico. Infatti, se Gesù non chiama indietro i discepoli che lo abbandonano dopo questo discorso, è segno che essi hanno capito bene quel che Lui intendeva dire: un’offerta reale, concreta, del suo Corpo come nutrimento dell’uomo.
L’eucaristia nella comunità di Corinto
La prima generazione cristiana ha una cognizione abbastanza chiara dell’eucaristia come Pane diverso dal pane. Lo possiamo già vedere nel testo più antico che ci è pervenuto: 1 Cor 11,23ss.:
La celebrazione eucaristica avveniva nelle case private; nella stessa occasione la comunità viveva un momento di fraternità consumando anche un pasto normale. E’ ovvio che le due mense sono chiaramente distinte, ma l’Apostolo lo ribadisce in termini molto drastici: “Chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (v. 29). In altre parole, se la ricezione del Sacramento della Eucaristia non è accompagnato da un cammino di fede e di discepolato, rischia di caricare la persona di una notevole responsabilità davanti a Dio.
S. Paolo intende dire che il dono della Eucaristia ci incontra senza mezzi termini: è l’offerta gratuita della salvezza, ma se si lascia andare a vuoto pur ricevendola, la salvezza si muta in una condanna.
L’eucaristia nella prima comunità di Gerusalemme
Il libro degli Atti descrive lo stile di vita della comunità cristiana di Gerusalemme: in At 2,43-48 troviamo un sommario che include praticamente tutti gli elementi essenziali di quella comunità cristiana originaria:
- Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli
- Nell’unione fraterna
- Nella frazione del pane (termine tecnico per indicare l’Eucaristia)
- Nella preghiera (ogni giorno insieme frequentavano il Tempio)
- Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune
- Intanto il Signore aggiungeva alla comunità quello che erano salvati
Ci sembra, alla luce di questo quadro, che una comunità per potersi dire “cristiana” abbia bisogno di edificarsi su dei basamenti necessari quali: il discepolato (vale a dire: l’ascolto assiduo della dottrina apostolica), l’esperienza della fraternità, la celebrazione eucaristica sentita come l’incontro della comunità col Risorto, la capacità di pregare insieme, la solidarietà nei bisogni materiali.
Si vede chiaramente come la celebrazione eucaristica abbia un posto tra gli elementi essenziali della vita della prima comunità. La Chiesa ha appreso bene questa lezione e ha stabilito la celebrazione quotidiana nella Parrocchie; il rischio però è quello dell’assuefazione, quando non succede addirittura che il celebrante si trovi davanti un gruppo di persone che si ignorano reciprocamente (p. es., come avviene nei santuari). Se l’assemblea non è una comunità si rischia di celebrare ciascuno la “sua Messa”. Il Signore intende radunare alla sua mensa figli e fratelli, non “estranei”.
Gesù è il Signore. Alleluia.