00 02/10/2009 19:13
Il cardinale Bertone per l'ingresso dell'arcivescovo Monterisi nuovo arciprete della Basilica ostiense

San Paolo
modello di annuncio senza retorica



 L'Apostolo delle genti non era un brillante oratore né un raffinato comunicatore, ma si è esposto in prima persona per il Vangelo. Perciò anche oggi l'azione evangelizzatrice della Chiesa può essere efficace solo se chi annuncia è disposto al sacrificio. È la sempre attuale lezione paolina quella che il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, ha riproposto presiedendo, nel pomeriggio di giovedì 1° ottobre, la celebrazione eucaristica nella basilica di San Paolo fuori le Mura in occasione dell'ingresso dell'arcivescovo Francesco Monterisi, nuovo arciprete.

Com'è noto, lo scorso 3 luglio Benedetto XVI ha nominato a questo incarico il presule, che per undici anni è stato segretario della Congregazione per i vescovi e prima ancora nunzio in Corea, delegato per le rappresentanze pontificie in Segreteria di Stato e nunzio in Bosnia ed Erzegovina. Succede al cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, il primo a ricoprire questo incarico dopo che il Papa con il motu proprio del 31 maggio 2005 aveva stabilito che a San Paolo fuori le Mura fosse "preposto, al pari delle altre tre Basiliche maggiori, un arciprete".

Dopo aver ringraziato il porporato - presente al rito - "per il servizio svolto con grande competenza, non solo pastorale ma anche culturale, artistica e tecnica", Bertone ha rivolto un saluto all'abate Edmund Power - concelebrante principale insieme con lo stesso Monterisi - e alla comunità monastica benedettina della Basilica ostiense. Quindi ha fatto riferimento all'Anno paolino, conclusosi lo scorso 28 giugno, tracciando un profilo dell'Apostolo, alla cui intercessione ha affidato il mandato del nuovo arciprete. "San Paolo - ha spiegato - viene raffigurato con la spada nelle mani.


Chi lo guarda senza conoscere la storia del cristianesimo, potrebbe" pensare "che si tratti di un grande guerriero. Il cristiano sa invece che significa esattamente il contrario:  fu lo strumento con cui venne messo a morte. In quanto cittadino romano non poteva essere crocifisso come Pietro; morì dunque di spada. Ma - ha avvertito - anche se questa era considerata una forma nobile di esecuzione, nella storia dell'umanità egli rientra tra le vittime, non tra gli oppressori".

La spada è stata il simbolo della sua vita di combattente, di uomo d'azione, al servizio del bene e dell'amore. "Paolo - ha argomentato il segretario di Stato - è il missionario per antonomasia", tanto che continua a essere "il patrono di quanti vanno alla ricerca di nuove strategie pastorali e missionarie".

Il cardinale Bertone ha poi offerto altri tasselli per ricostruire l'identikit dell'Apostolo. Anzitutto - ha ricordato - "non era un diplomatico" e "quando fece dei tentativi diplomatici, ebbe poco successo". Piuttosto "non aveva altra arma che il messaggio di Cristo". Dunque "era un uomo disposto a dare tutto e questa era la sua vera forza". Inoltre non era un abile parlatore:  con Mosè e Geremia condivideva la mancanza di talento oratorio. "Non ha operato - ha aggiunto il segretario di Stato - grazie a una brillante retorica o servendosi di raffinate strategie di comunicazione, ma impegnandosi in prima persona ed esponendosi". Per questo "anche oggi l'azione evangelizzatrice della Chiesa potrà essere efficace solo nella misura in cui coloro che annunciano in suo nome sono disposti al sacrificio".

Anche alla spada nelle mani di san Paolo si possono attribuire ulteriori significati:  è simbolo della parola di Dio, quindi di verità. E quest'ultima "può far male, può ferire, come appunto una spada appuntita. Va a colpire la vita vissuta nella menzogna o anche solo determinata a scegliere di ignorare la verità". Per Bertone, di conseguenza, "chi si dedica alla verità fino in fondo, non necessariamente sarà ucciso, ma giungerà comunque vicino al martirio".
Quindi un richiamo alla tenerezza paterna di Paolo, la cui predicazione ha successo soprattutto per la sua disponibilità a soffrire in prima persona. "La sofferenza e la verità - ha argomentato - vanno sempre insieme. La sofferenza è necessaria per accreditare la verità, ma solo la verità dà alla sofferenza un significato".

Infine un rimando alla "festeggiata" dalla liturgia del giorno:  santa Teresina del Bambino Gesù, patrona delle missioni e dottore della Chiesa. "Paolo e la piccola Teresa di Lisieux - ha detto - sono stati missionari in modo diverso". La lezione per i cristiani di oggi è che sebbene siano "diverse le strade che ognuno percorre realizzando la propria vocazione, unico è lo spirito che deve tutti accomunarci".

Al rito hanno partecipato i cardinali Bernard Francis Law, arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore, e Salvatore De Giorgi, pugliese come Monterisi, che è nato a Barletta 75 anni fa. Sono intervenuti anche presuli e prelati suoi corregionali che prestano servizio nella Curia romana e moltissimi familiari - tra cui i tre fratelli dell'arcivescovo - e amici, oltre a numerose personalità. Era anche presente il direttore del nostro giornale. Il nuovo arciprete, da parte sua, ha ringraziato Benedetto XVI per la missione affidatagli e tutti i presenti.



(©L'Osservatore Romano - 3 ottobre 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)