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Offertorio


Il canto del credo permetterà le prime preparazioni dell’altare, la cui mensa è rimasta spoglia, ad eccezione, sul fondo, del corredo della Croce e dei sette candelieri, precedentemente portati in processione. Il Patrizi testimonia che l’altare è il luogo in cui viene deposta la tiara (regnum); la presenza delle statue dei santi Pietro e Paolo è menzionata da Clemente V; si è in seguito ammessa la presenza di due reliquiari, ma mai sullo stesso altare fu tollerata qualsiasi forma di decorazione floreale.

Il cardinale diacono ministrante ed il suddiacono latino (o suddiacono ministrante) stendono sull' altare una tovaglia di tessuto damascato. Il diacono dispone il corporale, la pisside ed i purificatoi portati dal suddiacono. Il calice con il suo cucchiaino e la patena, sono portati al diacono dal sacrista, dopo averli lavati alla credenza papale; un accolito lo segue con le ampolline e una coppa d’argento per la pregustazione, anch’essa lavata dal sacrista.

Questi ultimi riti sono delle novità. Le cerimonie precedenti non menzionano nulla che possa evocare alla memoria simili abluzioni; quanto invece alla pregustazione della materia del sacrificio, il cerimoniale avignonese, la cui redazione fu compiuta tra il 1340 e il 1362, la indica come un uso possibile. Due vescovi assistenti posano sull’altare il messale con il suo cuscino e la bugia (o palmatoria). Il Papa, deposti i guanti e lavatosi le mani, lascia il trono e avanza verso l’altare, dove procederà ai riti d’offertorio.

Della presentazione solenne delle oblate al pontefice da parte dell'alta nobiltà, dei funzionari della corte, dei suoi assistenti, della sua stessa offerta portata dal subdiaconus oblationarius, tutti riti descritti con precisione dall' Ordo romanus, non restano nel cerimoniale apostolico del XV secolo che alcune pallide vestigia . Da quando il pane azimo s’impose a poco a poco in occidente, e ciò dal IX secolo fino ad essere universalmente accolto durante la metà del XI secolo, l’offerta dei fedeli, molto apprezzata in territorio francese, andò consistendo in offerte di altri oggetti, tra i quali, in particolare, si distinguevano l’olio, la cera, le candele, l’oro e il denaro. Nel XIII secolo, il cerimoniale o Ordo di Gregorio X, non presupponevano più riti di offerta alla messa papale.

Le offerte non si praticavano più, che in occasioni straordinarie. Così il Patrizi descrive un rito d’offerta durante una messa di canonizzazione: un cardinale vescovo offrirà al Papa due pesanti candele di cera, un cardinale prete due grandi pani, un cardinale diacono due botti di vino. Sono accompagnati da gentiluomini: un oratore accompagna ognuno dei cardinali, ed offre al papa una candela ed una gabbia con dentro degli uccelli. Occorre osservare che si tratta di una offerta personale e simbolica, fatta al pontefice al fine di ringraziarlo della grazia spirituale ricevuta. E’ bene specificare, per non confondersi: quando all’uso dell’offerta da parte dei fedeli delle oblate eucaristiche si andò aggiungendo l’offerta di altri elementi, si stabilì una rigorosa separazione tra le offerte.

Questa distinzione, che appare chiaramente nello studio dei riti d’offerta, è stata esattamente formulata da san Tommaso d’Aquino, quando, nel trattato della religione, distingue con precisione la semplice offerta che è la presentazione, di carattere libero e indeterminato, fatta a Dio, con l’offerta ad uso del culto o dei suoi ministri, dall’offerta di una materia, in questo caso il pane e il vino, sulla quale sarà compiuto, con l’atto dell’offerta, un rito sacro determinato, un sacrum facere, un sacrificio.

Conviene dunque notare la differenza tra la semplice presentazione delle offerte, non finalizzata al sacrificio, e l’offerta finalizzata al sacrificio. Soltanto dunque il pane e il vino, che a questo punto i ministri sacri portano dalla credenza, dove sono stati preparati, all’altare, sul quale la materia del sacrificio sarà presentata al pontefice perché le offra in un rito di presentazione di prospettiva sacrificale, possono essere oggetto del rito d’offertorio.

L’esposizione di questa distinzione fondamentale è dunque necessaria per una comprensione corretta della natura dell’offertorio. Ciò che Jungmann chiama “l’atteggiamento ostile della liturgia romana recente in relazione alla processione di offertorio”, sembra spiegarsi con la preoccupazione di evitare ogni ambiguità sul significato del gesto e della materia dell’offerta. Il cerimoniale apostolico del Patrizi, abbiamo visto, ha conservato l’offerta nella Messa di canonizzazione, e l’offerta dell’oro dell’imperatore, il giorno della sua incoronazione.

Il pontificale romano del 1595 prevede, appena prima dei riti d’offertorio, l’offerta di un cero al pontefice da parte di colui che viene promosso alla prima tonsura clericale, agli ordini maggiori e minori, e anche da parte delle vergini consacrate. Il vescovo consacrando e l’abate che deve essere benedetto gli offrono due ceri pesanti (intortitia), due pani e due barilotti. Dalla neo abbadessa, riceverà solo le intortitia, mentre i re e le regine offriranno all’arcivescovo metropolitano che li avrà incoronati, dell’oro quantum sibi placet: tanto quanto vorrà riceverne. Non più che nell’Ordo della messa papale del Patrizi che in quello della messa pontificale del Cerimoniale dei Vescovi di Clemente VIII, v’è traccia di offerte nel ritus servandus del messale romano di san Pio V.

Nel 1502, l’ordo missae di Burckard lo prevedeva ancora: al protestantesimo fu riservato il compito di dargli il colpo di grazia. Si potrebbe tuttavia citare una moltitudine di esempi di riti che vi si rifanno, praticati ai sensi di abitudini immemorabili. Sono noti i recenti sforzi nel tentativo di restaurare i riti d’offerta; nessuno tuttavia ignora quanto essi contribuiscano, a ridurre la prospettiva sacrificale dell’offertorio.

(Messa Pontificale di Pio XII per la canonizzazione di Madre Cabrini)
 madre Cabrini

 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)