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Continuiamo la lettura dell’Ordo del vescovo di Pienza.


Il Papa arrivato all’altare riceve la patena con l’ostia, poi il calice dove il diacono avrà versato del vino a sufficienza per tre persone, per il pontefice stesso, per il diacono ed il suddiacono. Quest’ultimo vi ha mescolato un po’ d’acqua per mezzo del cucchiaino. Il Papa compie l’oblazione del pane, poi il diacono, ministro ordinario del preziosissimo sangue, recita col papa la formula d’oblazione del calice. Il cerimoniere impone al collo del suddiacono il velo omerale, affinché conservi la patena, coperta da questo velo, fino alla preparazione dei riti di comunione, alla fine del Pater noster.

Troviamo questa forma di rispetto della patena fin dall’ordo romanus. Tuttavia alla fine del VII secolo, era inizialmente un accolito che, coperto da un velo di lino, teneva fino al canone la patena di grande dimensione; in seguito un suddiacono sequens la riceveva super planetam, veniva dinanzi all’altare e vi attendeva che il suddiacono regionarius gliela prendesse, terminato il canone.

Si procede all’incensazione delle oblate, dell’altare, del Papa, dei cardinali, del clero in ordine di dignità, ecc. Il papa continua la Messa. Per l’elevazione, e fino dopo la comunione del pontefice, otto accoliti apostolici tengono delle torce di cera; un ulteriore accolito, incensa il santissimo sacramento.



Riti di Comunione


Dopo l’elevazione, il sacrista, con le spalle coperte da un velo, prende con la mano destra, la cannuccia d’oro che servirà al Papa per la comunione al calice (fistula); nella mano sinistra tiene un calice. Preceduto da un accolito che porta le ampolline e una coppa d’oro, scortato dalla guardia d’onore in armi, si reca alla credenza papale; ivi lava con acqua e vino la fistula, il calice e la coppa d’oro, li asciuga e li depone sull’altare.

Se è apparso molto chiaramente fino ad oggi che la messa pontificale descritta dal cerimoniale dei vescovi post-tridentino è in un certo qual modo, eccetto alcune particolarità ed alcune norme d’etichetta di tenore regale, soltanto un adattamento della messa papale alle proporzioni di una cattedrale, a questo punto si verifica un rito unico e che sempre i papi conservarono come un privilegio personale, e che non accordarono nemmeno al patriarca di Lisbona: la comunione ad sedem exaltatam, al trono, già citata nell’ordo Romanus.


L’ordo romanus, la prima descrizione rituale del culto eucaristico a Roma che possediamo, presenta, al momento della comunione, una grande complessità di riti, fra cui una molteplicità di riti d’immistione. Non ricorderemo qui l’ordo se non in quanto ci permetterà di comprendere alcuni riti antichi che ci tramandano il cerimoniale del vescovo di Pienza e i libri tridentini. Dopo l’embolismo del Pater, che accompagna la consegna della patena, avviene la prima immistione nel calice del fermentum, una porzione di particola consacrata durante una messa precedente. Si procede allora al bacio della pace.

Dopo aver deposto sulla grande patena tenuta dal diacono i due grandi pani consacrati, che furono offerti, e da cui ha staccato un frammento che lascia sull’altare (prima frazione), il papa si avvia verso il trono. Mentre gli accoliti ricevono dall’arcidiacono, assistito dai suddiaconi, i pani consacrati, dentro dei sacchetti di lino e si portano verso i vescovi e i preti, due suddiaconi portano la patena del papa fino al trono dove egli si trova. La, su questa patena, i diaconi compiono la frazione. I vescovi e i preti compiono la medesima frazione dei pani consacrati. Durante tutta questa solenne funzione, si canta l’Agnus Dei. In seguito, il diaconus minor presenta la patena al pontefice.

Egli si comunica, avendo cura di staccare una parte del pane consacrato, che mette nel calice pronunciando la formula “haec commixtio et consecratio”, in occasione di questa seconda commistione. Poi prende il preziosissimo sangue nel calice che gli viene presentato dall’arcidiacono. Il clero comunica sotto la specie del pane dalle mani del pontefice, al trono, e sotto la specie del vino dalle mani dell’arcidiacono, all’altare. Tutti si comunicano col corpo e ad un calice (scyphus) di vino, in cui si è mescolato del preziosissimo sangue.

(Pio XII S.Messa canonizzazione di Santa Maria Goretti)


  santa Maria Goretti

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)