00 04/09/2009 19:38
Cento anni fa Georges Claude inventava il tubo al neon

La luce che viene dal freddo



 

di Maria Maggi

Oggi non riusciamo più a immaginare una città completamente buia, a meno che non avvenga un black out. Ma fino a poco più di un secolo fa l'uomo lottava ancora contro le tenebre notturne con scarso successo. Tracce di torce e di lampade a olio si trovavano già nelle caverne dell'età della pietra.

Egiziani e fenici inventarono candele costituite di sostanze fibrose impregnate di sego o di cera, che i romani riuscirono a perfezionare introducendo il lucignolo. Il lume a petrolio, che si diffuse a partire dal 1860, segnò un passo avanti in luminosità e durata. Anche l'illuminazione a gas portò un progresso. Tuttavia la svolta decisiva arrivò soltanto con l'elettricità e con la lampadina, messa a punto nel 1879 dall'americano Thomas Alva Edison. L'aspetto moderno dei centri cittadini, con luci sfolgoranti, è però riconducibile all'invenzione del tubo al neon ottenuta cento anni fa, nel 1909, dal francese Georges Claude.

Il fatto che l'elettricità potesse fornire luce era noto già all'inizio dell'Ottocento. Si era notato, infatti, che la corrente elettrica, attraversando conduttori metallici, li scaldava portandoli talvolta all'incandescenza e nel 1805 Humphry Davy aveva ottenuto una scarica elettrica nell'aria interposta tra due conduttori:  mantenendo costante la corrente, la scarica continuava producendo un arco luminoso. 


luce neon Questo fenomeno fu poi effettivamente impiegato per realizzare lampade, che furono utilizzate, a partire dal 1870, per l'illuminazione pubblica di Parigi e di qualche altra città:  la loro luce era però cruda e tremolante e persisteva pericolo d'incendio. Sarebbe stato preferibile, per esempio, portare all'incandescenza un filamento, facendolo percorrere dalla corrente elettrica. Ciò, però, doveva avvenire in assenza di ossigeno, altrimenti in breve tempo il filamento si sarebbe bruciato. Nel 1875 il fisico inglese Crookes ideò un sistema abbastanza rapido ed economico per produrre un vuoto sufficiente in una piccola ampolla di vetro, tuttavia il filamento all'interno continuava a rompersi facilmente. Ci furono tentativi di realizzare la lampadina elettrica da parte di scienziati di tutto il mondo, tra cui il torinese Cruto, ma con scarso successo.

Edison affrontò il problema nel 1878, passò in rassegna circa 6.000 materiali diversi, e finalmente scoprì che per illuminare senza bruciare il filamento non doveva contenere ossigeno. A questo scopo trovò il materiale che poteva andar bene:  il comune cotone da cucito carbonizzato. Il 21 ottobre 1879 accese la sua lampadina, che brillò per 40 ore di seguito. Da allora la lampadina subì molti miglioramenti come l'adozione del filamento di tungsteno, molto resistente al calore, l'introduzione nel bulbo di un gas inerte per ostacolare l'evaporazione e la rottura del filamento, la smerigliatura interna del vetro per offrire una luce riposante e piacevole, e così via. In ogni modo, a partire dalla fine del 1800 la luce elettrica entrò in ogni casa, modificando profondamente il nostro stile di vita e lo stesso aspetto delle nostre città.

L'efficienza luminosa delle lampadine a incandescenza è però scarsa, perché buona parte dell'energia utilizzata viene dissipata in calore. Il filamento incandescente delle lampadine non costituì l'unico modo per ottenere luce dall'elettricità, ma ci vollero trent'anni dall'invenzione di Edison per arrivare alle luci al neon.

Il fenomeno della luminescenza era già noto da quando, nel 1856, il fisico Geissler aveva ottenuto un effluvio luminoso da un tubo contenente gas rarefatto sottoponendolo a una corrente in alta tensione per mezzo di due elettrodi terminali. L'americano Moore compì vari studi e sperimentazioni su questo fenomeno, a partire dal 1894, provando a riempire tubi molto lunghi con azoto e con acido carbonico, a bassa pressione, e ottenendo luce di colorazione rispettivamente rosata e biancastra. Mancava, però, ancora la scoperta del gas neon, che fu ottenuta nel 1898 da due chimici europei, William Ramsay, premio Nobel per la chimica nel 1904, e Morris Travers.

Il neon è un gas nobile che, quando è attraversato dalla corrente elettrica, emette una luce rossa e, tra tutti i gas rari, presenta la scarica più intensa alle tensioni e alle correnti normali. A scoprire questa proprietà del neon fu, nel 1909, il chimico francese Georges Claude, che la sfruttò, sulla base del funzionamento del tubo di Moore, per fabbricare lampade dalle forme più varie e fantasiose:  non avendo bisogno del filamento per emettere luce, infatti, i tubi al neon possono assumere qualsiasi forma. Si rivelò presto il tipo di lampada molto adatta per le insegne pubblicitarie:  il primo negozio ad avere un'insegna al neon fu nel 1912 quello di un barbiere di Boulevard Montmartre a Parigi. L'anno successivo sugli Champs-Elysees comparve una pubblicità le cui lettere, composte di tubi al neon, misuravano più di un metro d'altezza ciascuna.

Il tubo al neon fu, poi, brevettato nel 1915 e nel 1923  fu introdotto sul mercato americano dalla società Claude neon light, Inc. Il primo cliente americano fu un rivenditore di auto di Los Angeles. Successivamente Claude scoprì la possibilità di variare la colorazione della luce prodotta miscelando altri gas assieme al neon.
 
Si presentava, nondimeno, il problema della tonalità della luce per avere una lampada a scarica elettrica adatta all'illuminazione di uffici e abitazioni:  era, infatti, difficile ottenere dall'eccitazione di sostanze aeriformi una luce bianca con accettabile resa cromatica. Le ricerche portarono alla sperimentazione di un rivestimento della parete interna del tubo di scarica mediante polveri con effetto fluorescente. Una lampada a vapori di mercurio a bassa pressione fluorescente fu messa a punto da André Claude, cugino di Georges. Sul mercato statunitense le lampade fluorescenti apparvero nel 1938, mentre in Europa si diffusero solo nel secondo dopoguerra.
 
Si tratta di lampade contenenti vapori di mercurio che emettono una radiazione ricca di luce ultravioletta, quando sono attraversate da corrente elettrica. Il materiale fluorescente di cui è ricoperto il tubo, investito da tali radiazioni, emette luce visibile. Una differente composizione del materiale fluorescente permette di produrre una luce più calda oppure più fredda.

Questo è il principio su cui si basano ancora oggi le lampade al neon, il cui funzionamento in realtà è dovuto alla presenza di vapori di mercurio, e non al neon.
Oltre a essere utilizzato per la realizzazione di insegne luminose commerciali e illuminazione di interni in locali pubblici e privati, il neon è anche apprezzato da designer, architetti e persino da artisti perché mantiene nel tempo caratteristiche di raffinatezza e innovazione. Le possibilità d'impiego sono, infatti, numerosissime:  quello lineare classico, quello che segue l'andamento delle forme da illuminare, quello che è sagomato a comporre vere e proprie sculture, senza dimenticare le vaste possibilità date dalle diverse intensità della luce erogata o dai metodi con cui è possibile modulare la luce prodotta.

Offre inoltre vantaggi quali:  accensione-spegnimento a oltranza senza che si pregiudichi la durata dell'elemento; nessun effetto di surriscaldamento dei tubi; personalizzazione del prodotto a seconda delle esigenze e finalità di utilizzo; lunghissima durata; costi di gestione estremamente contenuti e risparmio energetico. Una lampadina al neon da 20 watt, infatti, fa la stessa luce di una a incandescenza da 100 watt, però presenta il problema dello smaltimento, contenendo una sostanza pericolosa e inquinante come il mercurio.

La predominanza dei tubi al neon è ora insidiata dai light emitting diode (led, "diodo a emissione luminosa"), dispositivi che sfruttano le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori. Dapprima utilizzati solo per orologi digitali e dispositivi elettronici ora i led sono impiegati sempre più in sostituzione di alcune sorgenti di luce tradizionali e anche nell'illuminazione domestica per i risultati raggiunti grazie alle tecniche innovative sviluppate nel campo e gli innumerevoli vantaggi, tra cui l'elevato rendimento e, non ultimo, l'assenza di mercurio.


(©L'Osservatore Romano - 5 settembre 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)