00 05/09/2009 18:29
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Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 31/03/2003 20.17
In tutti i secoli cristiani vi sono stati autentici eroi della carità verso il prossimo ispirata dal Vangelo di Cristo.
Vediamo in che modo, concretamente, si è sviluppata questa carità verso coloro che in ogni tempo hanno sofferto malattie ed infermità di vario genere.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 31/03/2003 20.18

Con l'avvento del cristianesimo, il concetto di assistenza assunse un valore ed un significato particolarmente importante.

Con l'uscita della Chiesa dalla penombra delle catacombe, andò diffondendosi la pratica dell'assistenza caritativa ai poveri e agli ammalati In questa epoca, assistiamo, difatti, alla diffusione di ospedali intesi soprattutto come asili di carità, piuttosto che come istituti con una qualche base scientifica e terapeutica. Queste istituzioni avevano anche il compito di esercitare la pietas verso le persone diseredate: non pei nulla esse sorgevano presso le sedi episcopali e i monasteri. Vi era un ricovero per i viandanti presso ogni vescovado, dove naturalmente si ospitavano con maggior sollecitudine gli ammalati. Perciò, nei primi secoli del cristianesimo, i ricoveri aperti dai vescovi e dai cristiani facoltosi (ma anche i primi cenobi} erano, insieme, ospizi di pellegrini e ospedali per gli infermi. Molto spesso i nosocomi finivano per essere solo semplici ospizi per poveri, vecchi e pellegrini assumendo rispettivamente i nomi di ptochia, gerontocomi e xenodochia.

Vennero anche aperti i primi brefotrofi e orfanotrofì riservati rispettivamente ai bambini e agli orfani.

Particolarmente importanti furono le istituzioni ospedaliere sorte in Oriente, dove le comunità cristiane erano meglio organizzate e i mezzi più abbondanti per la presenza della capitale dell'Impero I primi ospedali sorsero a Costantinopoli per opera di S Elena (la madre di Costantino Magno) e dei senatori Zotico ed Ebobulo, ma i più importanti furono sicuramente gli xenodochia aperti da S Basilio, tanto vasti da essere chiamati "piccole città"

Quando, poi, ebbero inizio i pellegrinaggi verso la tomba dell'apostolo Pietro a Roma, gli xenodochia si moltiplicaiono anche nella capitale dell'Impero di Occidente. Nel secolo VI, il papa Pelagio stabilì un ricovero per i poveri nella propria dimoia, seguendo le orme di S. Simmaco presso le chiese di S. Paolo e S. Lorenzo.

Sulle grandi vie che conducevano a Roma, via d'Italia e d'Europa sorsero molti ricoveri, le scholae peregrinorum dei Sassoni, Longobardi e Franchi, diffuse e sostenute dai vari sovrani cristiani dell'epoca.

In questo periodo ricordiamo come S.Bernardo da Mentone fondò l’ospizio del piccolo S. Bernardo. Ludovico il Pio fondò l’ospedale del Cenisio, S.Anselmo di nonantola, fondando il suo monastero, vi annettè un vasto ospedale così come tutte le fondazioni monastiche sorgevano attrezzate di centri di accoglienza per i malati.

Nella
sola Francia sono circa 200 gli ospedali di fondazione anteriore al secolo XIII, a cominciare da quello di Childenco a Lione (nel 512) fino al celebre HoleI Dieu istituito a Parigi dal vescovo Landrio (nel VII secolo)

Inoltre, c'erano le labbroserie, nel XII erano circa 2000, tutte gestite dai monaci antoniani di Vienne, in Provenza.

L'ospedale, in seguito a questo periodo storico, si affermò come hospitium, luogo dell'ospitalità.

Nel periodo delle Crociate nacquero i primi ordini cavallereschi e ospitalieri, come quello di S Giovanni di Gerusalemme, di S.Lazzaro, dei Templari e dei Teutonici e sorsero vari asili con il compito fondamentale di assistenza agli infermi.

Tutte queste strutture vennero, poi, assunte dai vari Stati come mezzo di difesa sociale contro le malattie. Non ci fu nessun progresso per la medicina nel Medioevo, la stessa attività di igiene e di sanità pubblica venne addirittura cancellata. L'unico sviluppo del sistema "ospitaliere" fu quello guidato dalla Chiesa .


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 31/03/2003 20.20

Evoluzione del sistema assistenziale.

II concetto di ospedale si è evoluto nei secoli passando da una concezlone esclusivamente laica ad una religiosa, pur conservando la funzione medica anche se I’aspetto sociale diventa sempre più importante. In Occidente si impose il concetto di ospedale come casa di accoglienza per i diseredati e gli uomini fragili. L'ospedale divenne quindi un'istituzione con funzione assistenziale, specialmente a favore dei bisognosi ammalati e invalidi, viandanti e pellegrini, orfani e donne incinte, oltre che poveri e mendicanti. L'aspetto medico era secondario, i posti letto erano limitati, le spese medicinali costituivano una minima parte del bilancio e molti non avevano neppure un medico. Del resto gli unici malati, che venivano accolti negli ospedali, erano solamente quelli poveri, i ricchi si facevano curare nelle loro abitazioni dove era possibile una maggiore igiene.

Nel XIII secolo gli ospedali e i lebbrosari aumentarono a dismisura, secondo alcuni ne esistevano 19000 presso i quali prestavano la loro opera i religiosi. Si assistette ad un incremento degli istituti di beneficenza e ad uno sviluppo delle fondazioni già esistenti.


Verso la fine del Medioevo, la rete assistenziale venne nazionalizzata, vari istituti furono unificati e nacquero vari ospedali maggiori, che riunivano competenze prima disperse.

La causa di questo cambiamento, per molti studiosi, e da ricercarsi nella stessa incapacità della medicina dell'epoca di affrontare e risolvere le nuove e pericolose patologie, che si andavano diffondendo sempre più.

Si sviluppano, in questo stesso periodo, le confraternite (associazioni con fini misti di culto e beneficenza) e gli ordini religiosi ospedalieri (congrega/ioni religiose dedite alla preghiera, alla meditazione, e anche all'assistenza degli infermi). Fra gli ordini secolari, molti dei quali sopravvivono ancora oggi, possiamo ricordale gli infermieri dell'ordine del Santo Spirito (fondato a Montpellier nel 1160), l'ordine di san Camillo, fondatore della congrega/ione ospedalieri dei Ministri degli infermi, l'ordine dei fratelli dell'ospitalità di san Giovanni di Dio (conosciuto in Italia come i "Fatebenefratelli"). la confraternita delle Figlie della carità, divenuta poi ordine di laiche. Quest'ultimo ordine fu fondato da san Vincenzo de' Paoli (1581-1660), la cui attività organizzativa in campo caritativo ebbe nel '600 una straordinaria importanza sociale oltre che religiosa.

In molti ospedali, le suore di San Vincenzo divennero il fulcro dell'infermieristica.

Negli ospedali di questo periodo si potevano trovare sia il bambino abbandonato che il vecchio, lo storpio, il demente, la partoriente e il morente.

II concetto di ospedale, infatti, faceva riferimento ad una istituzione con il compito di esercitare la pietas verso le persone diseredate. In pratica una vera e propria "casa di accoglienza" per tutti i bisognosi.

Un esempio è l'ospedale diventalo noto come il "Fatebenefratelli". Sorto nella seconda metà del '500 a Roma, ad opera dell'ordine dei fratelli dell'ospitalità di san Giovanni di Dio, sull'Isola Tiberina. In questa struttura i regolamenti prevedevano le modalità con cui accogliere le persone malate e quelle emarginate. In genere ogni derelitto, che entrava nell'ospedale, veniva accolto dal priore in persona, il quale gli lavava i piedi e distribuiva il vitto dopo la preghiera comune sia ai frati infermieri che ai malati. E’ evidente come i religiosi dell'ordine dei fratelli dell'ospitalità di san Giovanni di Dio si ispirassero al modello della carità cristiana per esercitare la pietas del servizio ai malati. Era questa la concezione alta di ospedale inteso come Hospitium, non pensato cioè unicamente in funzione dei malati bensì degli emarginati in genere. Si voleva in realtà, difendere la parte sana della società da quella 'malata".


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 31/03/2003 20.21

Sorsero e si diffusero rapidamente in tutta Europa due precise istituzioni, i lebbrosari e i lazzaretti sviluppatisi all’interno della più ampia tipologia delle strutture ospedaliere.

Tale funzione fu anche materia di un editto reale nella Francia del 1662 il quale decretava la costruzione di ospedale generale per ogni città e grande villaggio allo scopo di rinchiudervi i poveri che sarebbero stati cosi educati alla devozione cristiana e al lavoro.

 La trasformazione degli ospedali

Nel secolo XVI in seguito a vari capovolgimenti sociali politici e religiosi, l'organizzazione ospedaliera subì un profondo mutamento. Gli ospedali assunsero il carattere di istituzioni pubbliche concepite come mezzi di difesa sociale dalla malattia, tornando ad essere organizzati principalmente dallo Stato: da questo momento storico la funzione terapeutica lasciò a desiderare.

Naturalmente continuavano ad esistere istituti di carattere religioso-assistenziale: brefotrofi, convalescenziari, ricoveri per mendicanti ed orfani. Ed anche negli ospedali del mondo occidentale, organizzati dallo Stato, continuavano a prestare la loro opera molti religiosi.

Nelle nazioni meno sviluppate in ogni caso, i missionari, e volontari cattolici hanno sempre prestato e continuano a prestare la loro preziosa opera di assistenza agli infermi e ai più deboli. Basti qui ricordare semplicemente l’opera di Madre Teresa di Calcutta che in India ha saputo portare con la forza dell’amore, le cure necessarie a tantissime persone, non solo personalmente, ma soprattutto fondando un ordine contemplativo-assistenziale che continua e dilata la sua opera. Si tratta delle missionarie della carità.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 02/07/2003 20.28
BUCCHIANICO: San Camillo de Lellis. Riformatore della Sanita'

La Gloria di San Camillo (G.B. Pittoni, 1687 - 1767) Chiesa di San Gregorio, Bologna - Foto archivio D'AbruzzoIl Papa Benedetto XIV ha riconosciuto ufficialmente in Camillo de Lellis un iniziatore e maestro di "una nuova scuola di carità". I Pontefici successivi l'hanno confermato come patrono degli ospedali - oltre che degli infermi - e come modello ed esempio degli operatori sanitari.
La situazione degli ospedali italiani alla fine del '500 lasciava alquanto a desiderare, l'assistenza era largamente inadeguata o del tutto carente, i malati subivano la sorte spesso della più completa emarginazione.
San Camillo si sentì chiamato a un'opera di riforma che lo impegnò personalmente e "contagiò" beneficamente la società del suo tempo.
Lo possiamo quindi definire un "riformatore sanitario" in piena regola, capace ancor oggi di suggerire ai cristiani del mondo attuale i principi basilari e i modi operativi per attuare una "riforma sanitaria" che risponda alle fondamentali esigenze evangeliche.
Come S. Camillo realizzò la "sua" riforma sanitaria?
La sua opera è stata molteplice e ha avuto varietà di obiettivi, dettati dalle situazioni concrete e affrontati con una volontà illuminata e tenace.

Cambia il concetto di "malato"

Ai tempi di S. Camillo, a Roma come altrove, l'ospedale era un estremo rifugio per disperati. Mentre infatti i ricchi o benestanti erano assistiti nelle loro case da medici privati, all'ospedale affluivano poveri di ogni genere, abbandonati, vagabondi, gente affamata e macilenta, nonché una marea di contagiosi rifiutati dalla società. E quando questi non potevano o non volevano entrare nell'ospedale si trattenevano nelle loro misere abitazioni o, se non ne avevano, si rifugiavano nelle "grotte romane" cioè negli anfratti dei ruderi dell'antichità classica o sotto gli archi dell'acquedotto dell'agro romano.
La società rinascimentale li ignorava, li riteneva gli ultimi e li emarginava. S. Camillo li cerca, li assiste, ne fa "i primi" in senso assoluto.
La cultura umanistica - si sa - esaltava l'"uomo" come essere sommo e centro dell'universo. Ma quale uomo? L'uomo ideale e l'uomo eccezionale: l'individuo geniale, l'artista creatore, il principe astuto e forte, l'invitto capitano di ventura, lo scopritore di nuovi mondi. Ma il poveraccio senza prestigio e senza potere, e per di più malato o malandato, non trovava in questa cultura alcuna considerazione.
S. Camillo scopre "questo" uomo, scopre che costui è un uomo. Voleva dedicarsi a Dio nella preghiera e nella penitenza e Dio lo mette di fronte al malato e al povero. Voleva "servire" Dio in convento secondo la tradizione ascetico-monacale, e Dio lo porta all'ospedale al servizio di questa misera gente.
"Servire i poveri infermi, figlioli di Dio e miei fratelli".
Da buon convertito vede innanzitutto i "figli di Dio", ma assai spesso li chiama "miei fratelli", con una commozione umana e immedesimazione con la loro sorte che supera tutte le teorizzazioni sul concetto di uomo che facciamo spesso noi moderni.
Il malato è per S. Camillo veramente "un uomo", un uomo concreto, un pover'uomo, povero di beni ma povero soprattutto del bene della salute. Prima "vede" quest'uomo e poi "discute" sui suoi diritti.
I "diritti" dei malati non sono per lui dei principi ideali stampati sulle costituzioni o nelle leggi, ma sono i "bisogni concreti" che esigono risposta da chi sta attorno ai malati stessi. Così il concetto di "persona" non è per Camillo un'astrazione filosofica, ma qualcosa di incarnato e di sofferto.
Il malato - per usare le sue espressioni - è "la persona stessa di Cristo", è "pupilla e cuore di Dio", è "mio signore e padrone". Anche al miscredente, al blasfemo, a quello che l'insulta, Camillo dice: "Tu mi puoi comandare ciò che vuoi...!".
La visione cristiana arricchisce ma non offusca la integrale percezione umana del malato come uomo, dell'individuo che anche nella sua povertà e infermità resta sempre di una "dignità" unica e insopprimibile.
È al servizio di quest'uomo che Camillo dedica la sua vita.