Maria è un mistero soprannaturale, così pure la Chiesa. Chi vuole comprendere un poco un mistero, deve ricorrere ai mezzi adeguati di conoscenza. Questi, nel caso di un mistero, non possono essere i nostri goffi concetti univoci, quelli che valgono per le scienze naturali oppure per il sapere di tutti i giorni. Quello che è un gatto non è un topo: un tale sapere è ben chiaro, ma non troppo profondo. Quando ci muoviamo in questo campo, un po' di senso comune basta per dirci che la parola "è" non è ambigua; una cosa o "è" o "non è" un'altra. Quando però lasciamo questi confini bassi e cominciamo a parlare dei misteri divini, allora non basta più una testa sana, ma ci vuole una intelligenza umile e fedele, pronta a concedere, che la parola 'è' non è più univoca, "chiara", ma piuttosto è analoga, e perciò l'intelletto naturale rimane sempre malcontento; soltanto con la fede l' 'è' diventa di nuovo chiaro, ma in maniera più alta e degna del contenuto che esprime. Uno non è tre, ma nondimeno Dio è uno e tre; uno però non come una cosa terrena, tre non come tre pietre. Similmente, "Maria è la Chiesa" non è un'affermazione come quest'altra: "Fido è il nostro cane", ma quell''è' è analogo e misterioso, si comprende correttamente soltanto da chi aggiunge un "non è", che però non nega l'altro, ma previene un'intelligenza superficiale e falsa dell'identità affermata. Per uno che non crede, ciò che segue è una sciocchezza, ma per quelli che credono sinceramente in Maria e nella Santa Chiesa, quest'esposizione forse sarà di aiuto per meglio capire Colei in cui vivono. FIGLIA DEL TUO FIGLIO
Maria è piena di grazia; ma ciò significa appunto che da se stessa non è nient'altro che creatura, fatta dal Verbo di Dio. Così Ella è figlia del Verbo, non certo nello stesso senso come il Verbo è Figlio del Padre; detta di Maria, l'espressione dice soltanto che è prodotta e totalmente dipendente, e questo per tutta l'eternità: Ecce ancilla Domini. Così pure i membri della Chiesa debbono sapere che loro, e tutta la Chiesa, sono elevati sì in grazia, ma che da se stessi sono soltanto povere creature.
Sì, è vero che Dio chiama a contemplare la Sua gloria e a partecipare alla Sua vita divina, tutto ciò che proviene dal nulla, ma non diventa Iddio, né mai deve dimenticare che è fatto dal nulla e che senza Dio non potrebbe far nulla. Per questo la venerazione di Maria è necessaria nella Chiesa; guardando lei ognuno vede vivamente la creaturalità della nostra vita divinizzata: i Greci, insistendo ancor più di noi sulla deificazione, hanno una pietà mariana ancora, se ciò fosse possibile, più splendida di noi; i protestanti d'altra parte, non volendo sentir parlare di divinizzazione, pongono la Madre di Gesù al fondo della "superficies historica", e resterebbe loro (se vivessero l'errore teoretico) una religione "né umile né alta più che creatura". Maria per la Chiesa è lo specchio dell'umiltà della creatura. Per noi che non soltanto -come Lei- proveniamo dal nulla, ma da ancor più lontano, cioè dal peccato, essa è mediatrice già di questa grazia: che, lasciando ogni superbia satanica, umilmente riceviamo noi stessi dalla benigna mano del Creatore.
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Meta quindi della creazione è il diventar Sposa del Figlio, del Verbo. Ora è impossibile che una pluralità di persone finite, come tale pluralità di esseri non congiunti ad uno, sia questa Sposa. Iddio ha voluto una creazione, non molte disperse; e il suo progetto non è fallito.Questa creatura una, la pura Sposa immacolata, in quanto è una persona, messa innanzi a noi molti, si chiama Maria; e si chiama Chiesa, in quanto comprende in sé anche noi.
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Dimentichiamo per ora noi, i molti, e consideriamo la relazione del Figlio con la Sua Sposa.
Prima che l'assuma a Sé, lei non ha nessun diritto a questa grazia. Inoltre, per poter dire il 'si' di sposa, le occorre già una certa parità con lo sposo. Perciò la sposa deve già essere innalzata alla dignità di figlia nel Figlio, affinché possa effettivamente consentire. Appoggiandosi alla propria forza di creatura non potrebbe ratificare la sua elevazione. Inoltre, ella fu redenta, in senso diverso da noi, ma in un senso vero. Perché ella non è un angelo né il puro inizio della famiglia umana, bensì membro di un genere di peccatori; perciò deve il suo stato di sposa pura (ed il suo sì a questo stato) non a se stessa, né solo al dono gratuito dello sposo, ma al Suo sacrificio redentore.
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Ben è vero che nessun peccato ha macchiato la Vergine, nemmeno la colpa originale, ma questa purezza non la deve alle sue proprie forze ma a chi l'ha redenta. Osserviamo la strana reciprocità. Da una parte è certo (11) che Maria è stata redenta per la morte e la resurrezione di Gesù; dall'altra invece solamente una creatura immacolata lo poteva concepire e partorire e rendere così possibile questa morte. Dov'é allora la causa della nostra salvezza, nel sacrificio di Cristo o nel 'sì' di Maria? La risposta è impossibile poiché falsa è la questione. Non c'è rivalità tra Dio e la Sua creatura. Il nocciolo di tutta la teologia della grazia: qui si scopre chiaramente.
Di questo connubio misterioso lo Sposo è il Verbo divino, e la Sposa è la carne umana (12), come centro di tutte le creature, materiali ed intellettuali; e non come massa impersonale, ma unificata nella persona di Colei in cui "si aduna quantunque in creatura è di bontate". Il frutto di questo connubio non è una terza persona, come nella famiglia umana, ma nient'altro che questa stessa unione; il frutto è lo scambio ammirevole celebrato nella liturgia:
"O admirabile commercium! Creator generis humani, animatum corpus sumens, de Virgine nasci dignatus est: et procedens homo sine semine, largitus est nobis suam deitatem" (13).
Il frutto dunque è Dio nella carne, e questo in due maniere:
L'uomo Gesù: persona divina in natura creata;
Maria, piena di Grazia: rimanendo creatura, Maria viene ammessa a partecipare della vita di Dio stesso. Questa "divinizzazione" è la sua perfezione di Sposa.
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Ci resta una soluzione soltanto": Dio ci ama tutti, e vuole essere amato da noi tutti, nella creatura unica. Noi tutti siamo membri del corpo di Cristo solamente se ed in quanto in noi Maria dice il suo "si" da sposa e diventa così col Verbo divino una sola carne. Alla nostra libertà individuale tocca il lasciar fare a Lei. Ma come! Maria ed io siamo due persone o no? E se due, come mai una può fare per l'altra l'azione più personale possibile, cioè decidere? A questa obiezione rispondono due osservazioni:
1) Il nostro rapporto con Maria non può essere paragonato con nessun altro rapporto con qualsiasi persona finita. Ciò risulta chiaramente già dal solo concetto di hyperdoulia, e nessun cattolico ne dubita.
2) Siamo ormai giunti al punto in cui si sente non soltanto la bellezza, ma anche l'oscurità del mistero, ed ove naufraga chiunque preferirebbe alla verità una certa chiarezza.
Donde originalmente prendiamo la nostra nozione di "differenza"? Come tutti i nostri concetti, ricaviamo anche questo dalle cose che ci circondano. Questa tavola non è quella sedia: le due cose sono differenti. Tali differenze sono esteriori; una cosa sta accanto all'altra, e perciò non è quest'altra. Di una realtà del tutto diversa si tratta quando vogliamo concepire le nostre relazioni con Dio, ed anche, analogicamente, con Maria. Se San Paolo può dire: "vivo autem, iam non ego, vivit vero in re Christus" (15), allora due verità sono certe:
1) Paolo non è Cristo; è personalmente diverso da Lui.
2) Eppure dice: "In me vive Cristo". Dunque non accanto a me, -qui son io, e là è Lui- ma Lui vive proprio e veramente in me. E questo 'me' non significa qualunque cosa fuori della persona, ma giusto quel nucleo di Paolo, ove maggiormente è lui stesso: Interior intimo meo. Sono quindi diverso da me, perché lì ove più di tutto sono io, proprio lì trovo Dio, cioè "un altro"? Vediamo come i nostri concetti, astratti dalle differenze locali, sono incapaci di esprimere il nostro rapporto con Dio in noi. Ma la fede capisce il balbettio.
Similmente la lingua inciampa anche quando vuole descrivere la relazione di ogni creatura intellettuale con Maria, la Creatura. Ognuno ha la libertà terribile di decidersi contro Cristo, cioè Dio in Maria. Ma, se coopera con la grazia e consente alla vocazione salutare, allora è lui che risponde, ma non risponde lui, è Maria che risponde in lui. Questo è il senso più profondo (ve ne sono degli altri) dei due adagi: Maria mediatrix omnium gratiarum - Extra Ecclesiam nulla salus. Proprio perché il Verbo di Dio ha una sola sposa e perché nondimeno ci siamo anche noi "i molti", proprio per questo di fronte a Cristo tutti noi siamo uno in Maria (come di fronte al Padre siamo uno in Cristo) (16) e così Maria viene chiamata Madre nostra, "quae sursum est, quae libera est" (17).
Guardiamoci però bene dall'esagerare le conseguenze di questa sua maternità su di noi. (Vedremo che ce n'è anche un'altra). La relazione bipolare Sposo-Sposa non diventa, accedendo noi, tripolare. Non in questo senso siamo figli di Cristo e di Maria. L'espressione "figli di Cristo" meritatamente non si usa; e figli di Maria siamo, perché noi, i molti impuri, per la sua pura mediazione consentiamo al Verbo di Dio. Lei è una persona a cui dobbiamo tutto il bene che abbiamo e che siamo, perché il nostro centro più profondo, la nostra libera decisione buona, è partecipazione a Lei. Mancano però altre caratteristiche della relazione comune fra madre e figlio: non riceviamo la nostra personalità propria da Essa, ma già prima che nasciamo in Essa, siamo persone determinate. D'altra parte non abbiamo -come invece ogni figlio di madre terrena- originalmente la stessa dignità che ha la madre; noi veniamo dal di fuori, dalla colpa, e quanta purezza abbiamo, l'abbiamo da Lei, anzi, in un vero senso Lei è questa purezza dentro di noi. Questa verità sufficientemente giustifica l'uso caro ad ogni cattolico, di parlare di Maria come nostra Madre, benché in un senso molto differente dall'altro, per il quale è la madre di Gesù, e lo è anche nostra, perché madre di Gesù. Poiché Cristo non viene dal di fuori, non deve a Sua madre la perfezione soprannaturale. Di ciò parleremo ancora.
La medesima maternità universale (nel senso descritto, meno proprio) si esprime anche nel vecchio detto "Extra Ecclesiam nulla salus", preso nel suo senso più profondo. Maria è la Chiesa, e solo perché siamo membra di Essa, della nuova Eva, creata sulla Croce in purezza e santità, solo per questo partecipiamo alla salvezza; poiché la salvezza è la vita eterna, e la vita eterna è la contemplazione amorosa del Padre, ma nessuno può vedere il Padre se non l'Unigenito e qualunque membro della Sua Chiesa, Sua Sposa beneamata, diventata una carne con Lui. Gli è unita, dapprima in se stessa, senza di noi, poi in Se stessa, ma anche per noi (18) poi, e sempre di più, in Se stessa, ma anche in noi, nella nostra libertà che deve crescere senza limiti. L'opposizione quindi non è quella di "Maria in Sé" e "Maria in noi", ma quest'altra: "Maria in Sé senza di noi" e "Maria in sé in noi".
Maria = la Chiesa è dunque la Sposa del Figlio di Dio, ed ogni anima che vive nella grazia" è 'sponsa in Sponsa", e -essendo la Chiesa il corpo mistico del Verbo- per mediazione di Essa ogni anima, fedele è figlio nel Figlio ad gloriam Patris.
Qui però sorge una grave obiezione. I nostri fratelli separati, per i quali la nostra devozione alla vergine è uno scandalo assai importante, ci rimproverano, perché sembra a loro che noi introduciamo una "via delle istanze" complicata e non reperibile nella Bibbia. Della nostra catena 'per Mariam ad Jesum et per Jesum ad Patrem" ammettono la seconda mediazione soltanto -essendo Gesù il nostro unico mediatore-, mentre nella mediazione di Maria non vedono che una invenzione umana di origine ben sospetta. Intendiamoci bene. Non si tratta più di quell'errore grossolano: vedere nei cattolici Maria sullo stesso piano di Gesù e insorgere contro questa eresia. Ogni protestante che ci conosca un poco, sa che anche noi professiamo Cristo come il nostro unico mediatore presso il Padre. Ma non vogliono sentir dire che per giungere a Cristo, nostro fratello, che vive immediatamente nei nostri cuori occorre un'altra mediazione, un ponte personale, che, come ogni ponte, pur congiungendo, presupporrebbe una distanza, la quale nel nostro rapporto con Gesù semplicemente non c'è! Che cosa risponderemo?
Forse questo: la mediazione che noi difendiamo e la loro immediatezza non sono in opposizione. No, Maria non è un'"inter-ens" gnostico, una persona posta tra Cristo e noi, tale da impedirci di toccare immediatamente il Verbo incarnato. Una tale immaginazione adopera delle categorie che qui sono completamente fuori uso. Maria non sta tra il Cristo e me come una specie di muro finissimo, ma al contrario, proprio il fatto che io immediatamente incontro Cristo, questo in verità Maria mi dà. Sono distinto da Essa in quanto che sono peccatore e soltanto una partecipazione della grazia creata -Lei invece è gratia plena- ma non arrivo a Cristo attraverso Lei, ma in Lei e Lei in me (comunque nella relazione di Maria, la Creatura, con me, una creatura, rimanga la differenza delle nostre persone, questa differenza non entra decisamente nella relazione della Creatura col Verbo; non dimentichiamo che il concetto di "persona" partecipa alla misteriosità soprannaturale, e, fin dalla sua origine teologica -nelle questioni trinitarie- sempre rappresenta una realtà non rotonda, assoluta in sé, ma relativa e reciproca). Il fatto che Cristo, Maria ed io nella storia (anche futura, glorificata nei cieli) siamo tre uomini differenti, è ben vero, ma qui non centra; poiché non in quanto uomo accanto a uomo, Maria è in me, ma in quanto per partecipazione alla croce ed alla risurrezione di Cristo Essa è diventata personalmente la pura Creatura.
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Come il corpo fisico, Maria partorisce anche il corpo mistico. "Dio Figlio vuole formarsi e, per così dire, incarnarsi ogni giorno, per mezzo della diletta Sua madre, nei suoi membri" (19). Anche il corpo glorioso di Cristo, nel quale veniamo inseriti con il battesimo, è in identità misteriosa colui che Ella ha dato alla luce. Perciò ogni rigenerazione, quando la Madre Chiesa partorisce un nuovo figliuolo, è partecipazione dell'unica incarnazione, nella quale Dio assume come propria possessione una parte del mondo.
Questo merita una spiegazione ulteriore. Noi non nasciamo dalla Chiesa -già esistiamo quando in Essa entriamo-, ma rinasciamo, meglio: in noi dalla Chiesa = Maria nasce Cristo. Perché Lui è la mia vera vita, si può dire che Maria, essendo Madre di Cristo anche in me, è anche madre mia.
(cliccando sul nome all'inizio avrete il testo intero....invito Airone a meditarlo con calma)......
Fraternamente Caterina