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DIFENDERE LA VERA FEDE

Messaggio di Benedetto XVI all'Islam: INSIEME CONTRO LA POVERTA'

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    Caterina63
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    00 11/09/2009 18:25
    Messaggio per la fine del Ramadan

    Cristiani e musulmani
    insieme per vincere la povertà


    "Cristiani e musulmani:  insieme per vincere la povertà" è il tema del messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso in occasione della fine del Ramadan 'Id al-Fitr 1430 H. / 2009 a.d. firmato dal presidente, cardinale Jean-Louis Tauran, e dal segretario, arcivescovo Pier Luigi Celata.

    Cari Amici Musulmani,

    1. In occasione della conclusione del mese di Ramadan, desidero porgervi auguri di pace e di gioia e, tramite questo Messaggio, proporre una comune riflessione sul tema:  Cristiani e Musulmani:  insieme per vincere la povertà.

    2. Dobbiamo senza dubbio rallegrarci che, nel corso degli anni, questo Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è divenuto non solo una consuetudine, ma un appuntamento atteso. In molti Paesi, esso è un'occasione d'incontro amichevole tra numerosi Cristiani e Musulmani. Non è raro, anzi, che esso corrisponda a una preoccupazione condivisa, propizia a scambi fiduciosi e aperti. Tutti questi elementi non costituiscono già dei segni di amicizia tra noi per i quali rendere grazie a Dio?

    3. Per venire al tema di quest'anno, la persona umana che versa in situazione di indigenza è indiscutibilmente al centro di precetti che, a titoli diversi, ci sono cari. L'attenzione, la compassione e l'aiuto che tutti, fratelli e sorelle in umanità, possiamo offrire a colui che è povero per ridargli il suo posto nella società degli uomini, è una prova vivente dell'Amore dell'Altissimo, poiché è l'uomo in quanto tale che Egli ci chiama ad amare e ad aiutare, senza distinzione di appartenenza.

    Sappiamo tutti che la povertà umilia e genera sofferenze intollerabili; esse sono spesso all'origine di isolamento, di ira, addirittura di odio e di desiderio di vendetta. Ciò potrebbe spingere ad azioni di ostilità con tutti i mezzi disponibili, cercando di giustificarli anche con considerazioni di ordine religioso:  impossessarsi, in nome di una pretesa "giustizia divina", della ricchezza dell'altro, ivi compresa la sua pace e sicurezza. È per questo che respingere i fenomeni di estremismo e di violenza esige necessariamente la lotta contro la povertà attraverso la promozione di uno sviluppo umano integrale, che il Papa Paolo VI definì come "il nuovo nome della pace" (Lettera Enciclica Populorum Progressio, 1975, n. 76).

    Nella recente Lettera Enciclica Caritas in Veritate sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, Sua Santità il Papa Benedetto XVI, tenendo conto del contesto attuale dell'impegno in favore dello sviluppo, mette in luce, tra l'altro, la necessità di una "nuova sintesi umanistica" (n. 21) che, salvaguardando l'apertura dell'uomo a Dio, lo ricollochi "al centro e al vertice di tutto quanto esiste sulla terra" (n. 57). Un autentico sviluppo, pertanto, non potrà non essere ordinato a "tutto l'uomo e a tutti gli uomini" (Populorum Progressio, n. 42).

    4. Nella sua omelia del 1 gennaio scorso, in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2009, il Papa Benedetto XVI, distingueva tra due tipi di povertà:  una povertà da combattere e una povertà da abbracciare.
    La povertà da combattere è sotto gli occhi di tutti:  la fame, la mancanza di acqua potabile, la scarsità di cure mediche e di alloggi adeguati, la carenza di sistemi educativi e culturali, l'analfabetismo, senza peraltro tacere dell'esistenza di nuove forme di povertà "come ad esempio nelle società ricche e progredite, ...fenomeni di emarginazione, di povertà relazionale, morale  e  spirituale"  (Messaggio  per la Giornata Mondiale della Pace 2009, n. 2).
    La povertà da scegliere è quella che invita a condurre uno stile di vita semplice ed essenziale, che evita lo spreco, rispetta l'ambiente e tutti i beni della Creazione.
    Questa povertà è anche quella, almeno durante certi periodi dell'anno, della frugalità e del digiuno. La povertà scelta predispone a uscire da noi stessi e dilata il cuore.
     
    5. Come credenti, desiderare la concertazione per cercare insieme soluzioni giuste e durature al flagello della povertà significa anche riflettere sui gravi problemi del nostro tempo e, quando è possibile, impegnarsi insieme per trovare una risposta. È necessario, in questo, che il riferimento agli aspetti della povertà legati alla globalizzazione delle nostre società rivesta un senso spirituale e morale, poiché condividiamo la vocazione a costruire una sola famiglia umana nella quale tutti - individui, popoli e nazioni - regolano i loro comportamenti secondo i principi di fraternità e responsabilità.

    6. Uno sguardo attento sul complesso fenomeno della povertà ci conduce a vederne fondamentalmente l'origine nella mancanza di rispetto della dignità innata della persona umana e ci chiama a una solidarietà globale, per esempio attraverso l'adozione di un "codice etico comune" (Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontifica Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001, n. 4) - le cui norme non avrebbero solamente un carattere convenzionale, ma sarebbero radicate nella legge naturale iscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano (cfr. Rm 2, 14-15).

    7. Sembra che in diversi luoghi del mondo siamo passati dalla tolleranza all'incontro, a partire da un vissuto comune e da preoccupazioni condivise. Questo è già un importante traguardo che è stato raggiunto.
    Mettendo a disposizione di tutti la ricchezza che scaturisce dalla preghiera, dal digiuno e dalla carità degli uni e degli altri, non è forse possibile che il dialogo mobiliti le forze vive di quanti sono in cammino verso Dio? Il povero ci interpella, ci sfida, ma soprattutto ci invita a collaborare per una nobile causa:  quella di vincere la sua povertà!

    Buon e felice 'Id al-Fitr' !


    (©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2009)


                                
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 11/09/2009 18:31
    Il contatto tra due culture nell'incontro tra Francesco e al-Kâmil

    Il santo dal sultano


    di Stefano Maria Malaspina
     

    In una lettera scritta dal campo dei crociati nei primi mesi del 1220, il vescovo di Acri, Giacomo di Vitry, fa riferimento ad alcuni giovani frati, appartenenti a un ordine nato da poco e dediti alla predicazione e all'imitazione della vita degli apostoli. Accenna inoltre alla presenza nel campo di Damietta del loro fondatore Francesco, e al suo tentativo di evangelizzazione presso la corte del sultano al-Kâmil.
     
    "Ardente dello zelo della fede, non ha temuto di attraversare l'esercito dei nemici, e dopo aver predicato per alcuni giorni la parola di Dio  ai  saraceni,  non  ottenne  gran  che. Il sultano,  re  dell'Egitto,  gli  chiese però in segreto  di  implorare  il Signore secondo le sue intenzioni  perché,  sotto  ispirazione  divina, egli  potesse aderire alla religione che più piacesse a Dio".

    L'incontro del santo di Assisi con l'illuminato principe musulmano, noto per la sua giustizia e per la sua erudizione in Occidente, è stato da subito oggetto di commenti, riflessioni e fantasie. Ha suscitato interesse, curiosità e domande, e non ha smesso di stimolare la penna degli scrittori e l'ispirazione di pensatori e artisti; fino a diventare - nelle ultime interpretazioni - un pacifico incontro, collocato in un passato lontano, fra un esponente della religione islamica e un predicatore della croce di Cristo.

    IslamLa memoria dell'avvenimento ha attraversato i secoli:  ne è ad esempio conservato il ricordo nella Vita di Tommaso da Celano; san Bonaventura descrive Francesco come "acceso di amore perfetto"; la visita diventa un'epica impresa, messa in versi da Enrico di Avranches; trova posto negli affreschi di Giotto ed è testimoniata dalla cosiddetta Tavola Bardi, opera del XIII secolo conservata presso la basilica di Santa Croce a Firenze, che colloca l'episodio di Damietta in un contesto urbano. La vicenda è inoltre costantemente ripresa all'apparire delle tensioni fra Occidente e Oriente:  così nel XV secolo, quando è ancora posto l'accento sulla violenza e sulla potenza del sultano, e così al tempo del fallimento ottomano davanti ai bastioni di Vienna, nel 1683.

    La natura universale della missione predicatrice dei frati minori, indipendentemente dal risultato ottenuto, è testimonianza dell'ideale evangelico incarnato da Francesco d'Assisi:  già nella cosiddetta Regola non bullata, infatti, un capitolo è dedicato a "coloro che vanno fra i saraceni". Vi si propongono due vie:  una di testimonianza senza liti né contese, pur nella confessione della fede cristiana; e una seconda via più esplicita, di chiara predicazione del Vangelo, aperta alla possibilità del martirio.

    John Tolan, dell'Università di Nantes, ha ripercorso attraverso lo studio delle testimonianze storiche e delle eredità artistiche otto secoli di interpretazioni dell'episodio, raccogliendone i frutti nel volume Il santo dal sultano. L'incontro di Francesco d'Assisi e l'islam (Bari, Laterza, 2009, pagine xii-420, euro 30). Appare chiaro che la missione in Egitto non è da leggersi come "una stravaganza o un semplice episodio fuori del normale:  è invece un momento chiave per capire Francesco e l'atteggiamento del nascente ordine dei frati minori verso l'islam", anche se non è facile comporre a sistema i punti di vista attraverso cui questo incontro è stato interpretato.

    "Così, Voltaire presenta Francesco come un folle fanatico di fronte a un sultano saggio e tollerante"; mentre altri difendono la visione cattolica tradizionale, non senza amplificare la risonanza storica di un avvenimento che non modificò le sorti della quinta crociata. Arrivando a toccare i motivi della peculiare presenza francescana in Terra Santa e la costruzione, nel corso del XIX e del XX secolo, della figura di Francesco quale "apostolo della pace", Tolan ricostruisce "un ritratto delle paure e delle speranze", dei rischi e delle opportunità che nel corso della storia medioevale e moderna il contatto fra le culture ha suscitato e può ancora provocare.


    (©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2009)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)