[2] Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 14; cf. Decr. Ad gentes, n. 7; Decr. Unitatis redintegratio, n. 3. Questa dottrina non si contrappone alla volontà salvifica universale di Dio, che «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tim 2, 4); perciò «è necessario tener congiunte queste due verità, cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine alla salvezza» (Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 9: AAS 83 [1991], 258).
[7] Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 109, a. 1, ad 1.
[8] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 44 : AAS 91 (1999), 40.
[12] Tale diritto è stato riconosciuto ed affermato anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 (aa. 18-19).
[23] Cf. Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, n. 2: «É grazie a questa divina rivelazione che tutti gli uomini possono nella presente condizione del genere umano, conoscere facilmente, con assoluta certezza e senza alcun errore, ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione (cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, 1, 1)» (DH 3005).
[26] Cf., ad esempio, Clemente di Alessandria, Protreptico IX, 87, 3-4 (Sources chrétiennes, 2,154); Aurelio Agostino, Sermo 14, D [= 352 A], 3 (Nuova Biblioteca Agostiniana, XXXV/1, 269-271).
[28] Cf. al riguardo Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 18: AAS 83 (1991), 265-266: «Se si distacca il Regno da Gesù, non si ha più il Regno di Dio da lui rivelato, e si finisce per distorcere sia il senso del Regno, che rischia di trasformarsi in un obiettivo puramente umano o ideologico, sia l’identità di Cristo, che non appare più il Signore, a cui tutto deve esser sottomesso (cf. 1 Cor 15, 27)».
[29] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 18: AAS 83 (1991), 266. Sul rapporto tra Chiesa e Regno, cf. anche Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus (6 agosto 2000), nn. 18-19: AAS 92 (2000), 759-761.
[30] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus, n. 4: AAS 92 (2000), 744.
[31] Cf. Paolo VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi, n. 80: AAS 69 (1976), 73: «Perché annunziare il Vangelo dal momento che tutti sono salvati dalla rettitudine del cuore? Se, d'altra parte, il mondo e la storia sono pieni dei “germi del Verbo” non è una illusione pretendere di portare il Vangelo là dove esso già si trova nei semi, che il Signore stesso vi ha sparsi?»
[32] Cf. Benedetto XVI, Discorso ai membri della Curia e della Prelatura Romana per la presentazione degli auguri natalizi (22 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 50: «se la libertà di religione viene considerata come espressione dell'incapacità dell'uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo, allora essa da necessità sociale e storica è elevata in modo improprio a livello metafisico ed è così privata del suo vero senso, con la conseguenza di non poter essere accettata da colui che crede che l'uomo è capace di conoscere la verità di Dio e, in base alla dignità interiore della verità, è legato a tale conoscenza. Una cosa completamente diversa è invece il considerare la libertà di religione come una necessità derivante dalla convivenza umana, anzi come una conseguenza intrinseca della verità che non può essere imposta dall'esterno, ma deve essere fatta propria dall’uomo solo mediante il processo del convincimento».
[38] Infatti, laddove è riconosciuto il diritto alla libertà religiosa, è solitamente riconosciuto ad ogni uomo pure il diritto di partecipare ad altri le proprie convinzioni, nel pieno rispetto della coscienza altrui, anche per favorirne l’ingresso nella propria comunità di appartenenza religiosa, come sancito altresì da numerosi ordinamenti giuridici odierni e da una ormai diffusa giurisprudenza al riguardo.
[39] Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, 87.
[46] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), n. 14: AAS 87 (1995), 929.
[49] Originalmente il termine «proselitismo» nasce in ambito ebraico, ove «proselito» indicava colui che, proveniente dalle «genti», era passato a far parte del «popolo eletto». Così anche in ambito cristiano il termine proselitismo spesso è stato utilizzato come sinonimo dell’attività missionaria. Recentemente il termine ha preso una connotazione negativa come pubblicità per la propria religione con mezzi e motivi contrari allo spirito del vangelo e che non salvaguardano la libertà e la dignità della persona. In tale senso, il termine «proselitismo» viene compreso nel contesto del movimento ecumenico: cf. The Joint Working Group between the Catholic Church and the World Council of Churches, “The Challenge of Proselytism and the Calling to Common Witness” (1995).
[52] Cf. Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), n. 31 c: AAS 98 (2006), 245.
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)