00 13/01/2010 22:40
 Sorriso Vi propongo una riflessione interessante che riprendo da Agenzia Fides:

La Nuova Evangelizzazione secondo il Cardinale Ratzinger

Compito dei sacerdoti è anche quello di istruire i catechisti affinché insegnino la dottrina cattolica in modo esauriente.
Fu in occasione del Grande Giubileo del 2000 che l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, dettò le linee di questo insegnamento.

Fu un intervento che rimase come pietra miliare per la missione dei catechisti e quindi per la missione sacerdotale. Ratzinger, infatti, parlò di nuova evangelizzazione. Spiegò il Cardinale Ratzinger che «la vita umana non si realizza da sé». «La nostra vita è una questione aperta, un progetto incompleto ancora da completare e da realizzare. La domanda fondamentale di ogni uomo è: come si realizza questo - diventare uomo? Come si impara l'arte di vivere? Quale è la strada alla felicità?».

Ecco, dalla risposta a queste domande, cosa significhi evangelizzare: «Evangelizzare vuol dire: mostrare questa strada - insegnare l’arte di vivere. Gesù dice nell’inizio della sua vita pubblica: Sono venuto per evangelizzare i poveri (Lc 4, 18); questo vuol dire: Io ho la risposta alla vostra domanda fondamentale; io vi mostro la strada della vita, la strada alla felicità - anzi: io sono questa strada. La povertà più profonda è l'incapacità di gioia, il tedio della vita considerata assurda e contraddittoria. Questa povertà è oggi molto diffusa, in forme ben diverse sia nelle società materialmente ricche sia anche nei paesi poveri. L'incapacità di gioia suppone e produce l'incapacità di amare, produce l'invidia, l'avarizia - tutti i vizi che devastano la vita dei singoli e il mondo. Perciò abbiamo bisogno di una nuova evangelizzazione - se l'arte di vivere rimane sconosciuta, tutto il resto non funziona più. Ma questa arte non è oggetto della scienza - questa arte la può comunicare solo chi ha la vita - colui che è il Vangelo in persona».

Prima di parlare dei contenuti fondamentali della nuova evangelizzazione il Cardinale Ratzinger volle dire una parola sulla sua struttura e sul metodo adeguato della evangelizzazione. «La Chiesa – disse -
evangelizza sempre e non ha mai interrotto il cammino dell'evangelizzazione. Celebra ogni giorno il mistero eucaristico, amministra i sacramenti, annuncia la parola della vita - la parola di Dio, s'impegna per la giustizia e la carità. E questa evangelizzazione porta frutto: dà luce e gioia, dà il cammino della vita a tante persone; molti altri vivono, spesso senza saperlo, della luce e del calore risplendente da questa evangelizzazione permanente.
Tuttavia osserviamo un processo progressivo di scristianizzazione e di perdita dei valori umani essenziali che è preoccupante. Gran parte dell'umanità di oggi non trova nell'evangelizzazione permanente della Chiesa il Vangelo, cioè la risposta convincente alla domanda: Come vivere? Perciò cerchiamo, oltre l'evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrompere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel mondo, che non trova accesso all'evangelizzazione “classica”.
Tutti hanno bisogno del Vangelo; il Vangelo è destinato a tutti e non solo a un cerchio determinato e perciò siamo obbligati a cercare nuove vie per portare il Vangelo a tutti.

Però qui si nasconde anche una tentazione - la tentazione dell'impazienza, la tentazione di cercare subito il grande successo, di cercare i grandi numeri. E questo non è il metodo di Dio. Per il regno di Dio e così per l'evangelizzazione, strumento e veicolo del regno di Dio, vale sempre la parabola del grano di senape (cf Mc 4, 31 - 32).
Il Regno di Dio ricomincia sempre di nuovo sotto questo segno.

Nuova evangelizzazione non può voler dire: Attirare subito con nuovi metodi più raffinati le grandi masse allontanatesi dalla Chiesa. No - non è questa la promessa della nuova evangelizzazione.

Nuova evangelizzazione vuol dire: Non accontentarsi del fatto, che dal grano di senape è cresciuto il grande albero della Chiesa universale, non pensare che basti il fatto che nei suoi rami diversissimi uccelli possono trovare posto - ma osare di nuovo con l'umiltà del piccolo granello lasciando a Dio, quando e come crescerà (Mc 4, 26 - 29). Le grandi cose cominciano sempre dal granello piccolo ed i movimenti di massa sono sempre effimeri. Nella sua visione del processo dell'evoluzione Teilhard de Chardin parla del “bianco delle origini” (le blanc des origines): L’inizio delle nuove specie è invisibile ed introvabile per la ricerca scientifica. Le fonti sono nascoste - troppo piccole. Con altre parole: Le realtà grandi cominciano in umiltà. Lasciamo da parte, se e fino a che punto Teilhard ha ragione con le sue teorie evoluzioniste; la legge delle origini invisibili dice una verità - una verità presente proprio nell'agire di Dio nella storia: “Non perché sei grande ti ho eletto, al contrario - sei il più piccolo dei popoli; ti ho eletto, perché ti amo..." dice Dio al popolo di Israele nell'Antico Testamento ed esprime così il paradosso fondamentale della storia della salvezza: Certo, Dio non conta con i grandi numeri; il potere esteriore non è il segno della sua presenza. Gran parte delle parabole di Gesù indicano questa struttura dell'agire divino e rispondono così alle preoccupazioni dei discepoli, i quali si aspettavano ben altri successi e segni dal Messia - successi del tipo offerto da Satana al Signore: Tutto questo - tutti i regni del mondo - ti do... (Mt 4, 9).

Certo, Paolo alla fine della sua vita ha avuto l'impressione di aver portato il Vangelo ai confini della terra, ma i cristiani erano piccole comunità disperse nel mondo, insignificanti secondo i criteri secolari. In realtà furono il germe che penetra dall'interno la pasta e portarono in sé il futuro del mondo (cf Mt 13, 33). Un vecchio proverbio dice: "Successo non è un nome di Dio". La nuova evangelizzazione deve sottomettersi al mistero del grano di senape e non pretendere di produrre subito il grande albero. Noi o viviamo troppo nella sicurezza del grande albero già esistente o nell'impazienza di avere un albero più grande, più vitale - dobbiamo invece accettare il mistero che la Chiesa è nello stesso tempo grande albero e piccolissimo grano. Nella storia della salvezza è sempre contemporaneamente Venerdì Santo e Domenica di Pasqua...».

Dopo aver enucleato la struttura della nuova evangelizzazione, ecco il metodo. Il metodo giusto, infatti, discende proprio da questa struttura. Disse il Cardinale Ratzinger: «Dobbiamo usare in modo ragionevole i metodi moderni di farci ascoltare - o meglio: di rendere accessibile e comprensibile la voce del Signore... Non cerchiamo ascolto per noi - non vogliamo aumentare il potere e l'estensione delle nostre istituzioni, ma vogliamo servire al bene delle persone e dell'umanità dando spazio a Colui, che è la Vita. Questa espropriazione del proprio io offrendolo a Cristo per la salvezza degli uomini, è la condizione fondamentale del vero impegno per il Vangelo. "Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste" dice il Signore (Gv 5, 43).
Il contrassegno dell'Anticristo è il suo parlare nel proprio nome. Il segno del Figlio è la sua comunione col Padre.
Il Figlio ci introduce nella comunione trinitaria, nel circolo dell'eterno amore, le cui persone sono "relazioni pure", l'atto puro del donarsi e dell'accogliersi. Il disegno trinitario - visibile nel Figlio, che non parla nel nome suo - mostra la forma di vita del vero evangelizzatore - anzi, evangelizzare non è semplicemente una forma di parlare, ma una forma di vivere: vivere nell'ascolto e farsi voce del Padre. "Non parlerà da se, ma dirà tutto ciò che avrà udito" dice il Signore sullo Spirito Santo (Gv 16, 13).

Questa forma cristologica e pneumatologica dell'evangelizzazione è nello stesso tempo una forma ecclesiologica: Il Signore e lo Spirito costruiscono la Chiesa, si comunicano nella Chiesa. L'annuncio di Cristo, l'annuncio del Regno di Dio suppone l'ascolto della sua voce nella voce della Chiesa. "Non parlare nel nome proprio" significa: parlare nella missione della Chiesa... Da questa legge dell'espropriazione seguono conseguenze molto pratiche. Tutti i metodi ragionevoli e moralmente accettabili sono da studiare - è un dovere far uso di queste possibilità di comunicazione. Ma le parole e tutta l'arte della comunicazione non possono guadagnare la persona umana in quella profondità, alla quale deve arrivare il Vangelo.

Pochi anni fa leggevo la biografia di un ottimo sacerdote del nostro secolo, Don Didimo, parroco di Bassano del Grappa. Nelle sue note si trovano parole d'oro, frutto di una vita di preghiera e di meditazione. Al nostro proposito dice Don Didimo, per esempio: "Gesù predicava nel giorno, di notte pregava." Con questa breve notizia voleva dire: Gesù doveva acquistare da Dio i discepoli. Lo stesso vale sempre. Non possiamo guadagnare noi gli uomini. Dobbiamo ottenerli da Dio per Dio. Tutti i metodi sono vuoti senza il fondamento della preghiera. La parola dell'annuncio deve sempre bagnare in una intensa vita di preghiera.

Dobbiamo aggiungere un passo ulteriore. Gesù predicava di giorno, di notte pregava - questo non è tutto. La sua intera vita fu - come lo mostra in modo molto bello il Vangelo di S. Luca - un cammino verso la croce, ascensione verso Gerusalemme. Gesù non ha redento il mondo tramite parole belle, ma con la sua sofferenza e la sua morte. Questa sua passione è la fonte inesauribile di vita per il mondo; la passione dà forza alla sua parola. Il Signore stesso - estendendo ed ampliando la parabola del grano di senape - ha formulato questa legge di fecondità nella parola del chicco di grano che muore, caduto in terra (Gv 12, 24). Anche questa legge è valida fino alla fine del mondo ed è - insieme col mistero del grano di senape - fondamentale per la nuova evangelizzazione. Tutta la storia lo dimostra. Sarebbe facile dimostrarlo nella storia del cristianesimo.

Vorrei ricordare qui soltanto l'inizio dell'evangelizzazione nella vita di S. Paolo. Il successo della sua missione non fu frutto di una grande arte retorica o di prudenza pastorale; la fecondità fu legata alla sofferenza, alla comunione nella passione con Cristo (cf 1 Cor 2, 1 - 5; 2 Cor 5, 7; 11, 10s; 11, 30; Gal 4, 12 - 14). "Nessun segno sarà dato, se non il segno di Giona profeta" ha detto il Signore. Il segno di Giona è il Cristo crocifisso - sono i testimoni, che completano "quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1, 24). In tutti i periodi della storia si è sempre di nuovo verificata la parola di Tertulliano: E' un seme il sangue dei martiri. Sant'Agostino dice lo stesso in modo molto bello, interpretando Gv 21, dove la profezia del martirio di Pietro e il mandato di pascere, cioè l'istituzione del suo primato sono intimamente connessi. Sant'Agostino commenta il testo Gv 21, 16 nel modo seguente: "Pasci le mie pecorelle", cioè soffri per le mie pecorelle (Sermo Guelf. 32 PLS 2, 640). Una madre non può dar la vita a un bambino senza sofferenza. Ogni parto esige sofferenza, è sofferenza, ed il divenire cristiano è un parto. Diciamolo ancora una volta con parole del Signore: Il regno di Dio esige violenza (Mt 11, 12; Lc 16, 16), ma la violenza di Dio è la sofferenza, è la croce. Non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita. Il processo di espropriazione sopra indicato è la forma concreta (espressa in tante forme diverse) di dare la propria vita. E pensiamo alla parola del Salvatore: "... chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà..." (Mc 8, 36)».


Dal Dossier di Agenzia Fides segue infine una piccola classifica, sempre tratta dalle parole dell'allora card. Ratzinger, che tre i nodi essenziali per questa evangelizzazione e che io condenserò all'essenziale:



1. Conversione: «Quanto ai contenuti della nuova evangelizzazione - disse il cardinale Ratzinger - è innanzitutto da tener presente l'inscindibilità dell'Antico e del Nuovo Testamento. Il contenuto fondamentale dell'Antico Testamento è riassunto nel messaggio di Giovanni Battista: metanoe‹te - Convertitevi! Non c'è accesso a Gesù senza il Battista; non c'è possibilità di arrivare a Gesù senza risposta all'appello del precursore, anzi: Gesù ha assunto il messaggio di Giovanni nella sintesi della sua propria predicazione.

2. Il Regno di Dio: «Nella chiamata alla conversione - disse il Cardinale Ratzinger - è implicito, come sua condizione fondamentale, l'annuncio del Dio vivente. Il teocentrismo è fondamentale nel messaggio di Gesù e dev'essere anche il cuore della nuova evangelizzazione. La parola-chiave dell'annuncio di Gesù è: Regno di Dio. Ma Regno di Dio non è una cosa, una struttura sociale o politica, un'utopia. Il Regno di Dio è Dio. Regno di Dio vuol dire: Dio c'è. Dio vive. Dio è presente e agisce nel mondo, nella nostra - nella mia vita. Dio non è una lontana "causa ultima", Dio non è il "grande architetto" del deismo, che ha montato la macchina del mondo e starebbe adesso fuori - al contrario: Dio è la realtà più presente e decisiva in ogni atto della mia vita, in ogni momento della storia. (...) Insegnare a pregare. La preghiera è fede in atto.
. Perciò la liturgia (i sacramenti) non è un tema accanto alla predicazione del Dio vivente, ma la concretizzazione della nostra relazione con Dio. In questo contesto mi sia permessa una osservazione generale sulla questione liturgica.
Il nostro modo di celebrare la liturgia è spesso troppo razionalista. La liturgia diventa insegnamento, il cui criterio è: farsi capire - la conseguenza è non di rado la banalizzazione del mistero, la prevalenza delle nostre parole, la ripetizione delle fraseologie che sembrano più accessibili e più gradevoli per la gente. Ma questo è un errore non soltanto teologico, ma anche psicologico e pastorale. L'onda dell'esoterismo, la diffusione di tecniche asiatiche di distensione e di auto-svuotamento mostrano che nelle nostre liturgie manca qualcosa. Proprio nel nostro mondo di oggi abbiamo bisogno del silenzio, del mistero sopra-individuale, della bellezza. La liturgia non è l'invenzione del sacerdote celebrante o di un gruppo di specialisti; la liturgia (il "rito") è cresciuta in un processo organico nei secoli, porta in sé il frutto dell'esperienza di fede di tutte le generazioni. Anche se i partecipanti non capiscono forse tutte le singole parole, percepiscono il significato profondo, la presenza del mistero, che trascende tutte le parole. Non il celebrante è il centro dell'azione liturgica; il celebrante non sta davanti al popolo nel nome proprio - non parla da se e per se, ma "in persona Cristi". Non contano le capacità personali del celebrante, ma solo la sua fede, nella quale si fa trasparente Cristo. "Egli deve crescere, e io invece diminuire" (Gv 3, 30).

3. Gesù Cristo: «Con questa riflessione il tema Dio si è già esteso e concretizzato nel tema Gesù Cristo: Solo in Cristo e tramite Cristo il tema Dio diventa realmente concreto: Cristo è Emanuele, il Dio-con-noi - la concretizzazione dell'"Io sono", la risposta al Deismo. Oggi la tentazione è grande di ridurre Gesù Cristo, il figlio di Dio solo a un Gesù storico, a un uomo puro. Non si nega necessariamente la divinità di Gesù, ma con certi metodi si distilla dalla Bibbia un Gesù a nostra misura, un Gesù possibile e comprensibile nei parametri della nostra storiografia. Ma questo "Gesù storico" è un artefatto, l'immagine dei suoi autori e non l'immagine del Dio vivente (cf 2 Cor 4, 4s; Col 1, 15). Non il Cristo della fede è un mito; il cosiddetto Gesù storico è una figura mitologica, auto-inventata dai diversi interpreti. I duecento anni di storia del "Gesù storico" riflettono fedelmente la storia delle filosofie e delle ideologie di questo periodo.

4. La vita eterna: «Un ultimo elemento centrale di ogni vera evangelizzazione è la vita eterna. Oggi dobbiamo con nuova forza nella vita quotidiana annunciare la nostra fede. (....)
Così ritorniamo al nostro punto di partenza: Dio. Se consideriamo bene il messaggio cristiano, non parliamo di un sacco di cose. Il messaggio cristiano è in realtà molto semplice. Parliamo di Dio e dell'uomo, e così diciamo tutto».


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)