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DIFENDERE LA VERA FEDE

L'ordinazione alle Donne non è possibile ne oggi ne mai (Documentazione ufficiale)

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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 13/01/2017 14:48

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    Diaconato, informazioni utili. Chi sono i diaconi? Quali i loro compiti? Sette cose da sapere

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    Informazioni utili sul diaconato: che cos’è? Quando è stato istituito? Come si diventa diaconi? Quali sono i compiti del diacono? Il diacono deve essere celibe? Al diaconato possono accedere le donne? Nella Chiesa antica c’erano le diaconesse?

    Sette domande con altrettante risposte per chiarire uno dei temi tornati di recente al centro dell’opinione pubblica: il diaconato. E il numero scelto – sette – non è casuale in quanto rimanda ai primi sette “diaconi” di cui si parla nel libro degli Atti degli apostoli al capitolo 6. Sia ben chiaro: è una semplice scelta evocativa, in quanto – come si suol dire teologicamente – non c’è catena di successione tra i diaconi attuali e il gruppo dei sette. Ma chi sono oggi i diaconi? E quali i loro compiti? Ecco alcune informazioni utili, proprio nella settimana in cui viene celebrato il Giubileo dei diaconi (27-29 maggio), inserito tra i grandi eventi dell’Anno Santo della misericordia.

    Che cosa è il diaconato?
    Il diaconato è un grado del sacramento dell’Ordine; gli altri due sono il presbiterato e l’episcopato. Può costituire una tappa intermedia verso il sacerdozio (diaconato transeunte, cioè di passaggio) o rimanere un ruolo di “servizio” nella vita liturgica e pastorale e nelle opere sociali e caritative (diaconato permanente). 

    A scanso di equivoci circa i gradi dell’Ordine sacro, vale la pena ricordare quanto viene precisato nel Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1554: “Il termine sacerdos – sacerdote – designa, nell’uso attuale, i vescovi e i presbiteri, ma non i diaconi. Tuttavia, la dottrina cattolica insegna che i gradi di partecipazione sacerdotale (episcopato e presbiterato) e il grado di servizio (diaconato) sono tutti e tre conferiti da un atto sacramentale chiamato ‘ordinazione’, cioè dal sacramento dell’Ordine”.

    Ai diaconi, viene chiarito ancora nella Lumen Gentium 29, “sono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio”.

    Quando è stato istituito il diaconato?
    Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi degli apostoli. Ne parlano anche i padri della Chiesa. Per sant’Ignazio di Antiochia, ad esempio, una Chiesa particolare senza vescovo, presbitero e diacono sembra impensabile. Testimonianze sono pure presenti nei diversi Concili e nella prassi ecclesiastica. Dal V secolo, però, per diversi motivi, il diaconato conobbe un lento declino, finendo con il rimanere solo come tappa intermedia per i candidati all’ordinazione sacerdotale. Il Concilio di Trento (1545-1563) dispose che il diaconato permanente venisse ripristinato, ma tale prescrizione non trovò concreta attuazione.

    Fu il Concilio Vaticano II a ristabilire il diaconato (Lumen Gentium 29).

    Come si diventa diaconi?
    Gli aspiranti al diaconato devono ricevere un’accurata preparazione, a norma del diritto. In molte diocesi il percorso formativo – umano, spirituale, dottrinale e pastorale – dura almeno cinque anni e prevede lo studio teologico, un tirocinio nelle comunità parrocchiali, oltre a incontri di approfondimento. Questo iter non finisce con l’ordinazione. Chi riceve il diaconato, infatti, è chiamato a una formazione permanente, “considerata – sia da parte della Chiesa, che la impartisce, sia da parte dei diaconi, che la ricevono – come un mutuo diritto-dovere fondato sulla verità dell’impegno vocazionale assunto” (Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, n.63).

    Quali sono i compiti del diacono?
    Il ministero del diacono è sintetizzato dal Concilio Vaticano II con la triade “diaconía della liturgia, della predicazione e della carità”, con cui serve “il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio”.

    Pertanto, il diacono, “secondo le disposizioni della competente autorità”, può “amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali (le benedizioni, ad esempio, ndr), presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di S. Policarpo: ‘Essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti’” (Lumen Gentium 29).

    Il diacono deve essere celibe?
    Il candidato al diaconato transeunte deve essere celibe e può essere ammesso all’ordinazione solo dopo aver compiuto i 23 anni di età. diaconi permanenti, invece, possono essere ordinati sia tra i battezzati celibi, sia tra coloro che sono già sposati; se però sono celibi, dopo l’ordinazione non possono più sposarsi. Similmente non si può più risposare il diacono rimasto vedovo. Per diventare diacono l’età minima è di 25 anni per i celibi e di 35 per le persone sposate, previo consenso della moglie, in ottemperanza alle disposizioni determinate dalle Conferenze episcopali.

    Al diaconato possono accedere le donne?
    Nella Chiesa cattolica non è previsto un accesso delle donne a questo ministero.

    Papa Francesco riceve in udienza l'Unione internazionale superiori generali. Nella foto con suor Carmen Sammut (Vaticano, 12 maggio 2016)

    Papa Francesco, ricevendo in Vaticano il 12 maggio 2016 l’Unione internazionale delle superiore generali, in risposta alla domanda di una religiosa, ha annunciato di voler “costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione” delle diaconesse, “soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa”.

    Nella Chiesa antica c’erano le diaconesse?
    Notizie certe circa un diaconato femminile organizzato si hanno per le Chiese d’Oriente. Nel Trattato “Didascalia apostolorum” (“Didascalia degli Apostoli”) si parla delle diaconesse, assegnando loro un ruolo subordinato ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi stessi. Le loro competenze rientravano in servizi di tipo ausiliario, a supporto assistenziale e organizzativo delle comunità cristiane. In ogni caso non si trattava del corrispondente femminile del diaconato maschile (e non si occupavano del servizio all'altare, né dei sacramenti, nota nostra)


    fonte Agenzia SIR

    Ricordiamo anche che: Concluso il viaggio apostolico in Svezia,  durante il volo, nel corso di una conversazione con i giornalisti Papa Francesco ha ribadito che non intende rivedere il “no” della Chiesa Cattolica al sacerdozio femminile, sancito da Giovanni Paolo II con una dichiarazione dogmatica del 1994. “L’ultima parola è chiara: e’ stata data da San Giovanni Paolo II e questa rimane. Questo rimane".





     

    «Io ho le chiavi»

    - Padre Giovanni Scalese

    In un articolo pubblicato ieri su OnePeterFive, Maike Hickson (foto) si chiede: “Potrebbe l’aneddoto raccontato sulla rivista dei Cappuccini essere la chiave per svelare i piani del Papa sull’ordinazione delle donne?”.

    Di che si tratta? Si tratta di un aneddoto narrato tre anni fa (2014) nell’editoriale del numero di aprile della rivista dei Cappuccini svizzeri Ite dal Direttore Fra Adrian Müller. L’originale è in tedesco; non conoscendo il tedesco, vi traduco in italiano la versione inglese della Hickson:Papa Francesco non risiede nell’appartamento pontificio, ma piuttosto nell’albergo del Vaticano [l’Ospizio Santa Marta]. Lí le Guardie [Svizzere] hanno il compito di proteggere il Papa o, talvolta, quando mette la testa fuori dalla porta, andare a prendergli un caffè. 

    Al nuovo Vescovo di Roma non piace fare colazione da solo. Perciò, di solito, si siede ogni volta accanto a qualcuno e incomincia a parlare con lui. In una di tali occasioni, pare che sia avvenuto il seguente incontro:Si dice che Papa Francesco si sia seduto una mattina di fronte a un Arcivescovo e abbia portato il discorso sulla questione del sacerdozio femminile. Poi avrebbe chiesto al suo compagno di tavola che cosa ne pensasse. Quello taceva, non sapendo come rispondere a questa domanda. Dopo un momento di silenzio, si dice che Francesco abbia replicato: “Sí, sí, entrambi i miei predecessori ci hanno chiuso la porta”. 
    Quindi, ridendo, avrebbe detto: “Per fortuna, io ho le chiavi”.

    L’autore dell’editoriale si chiede “quali chiavi il Successore di Pietro effettivamente ha?”. Beh, direi che la risposta sia abbastanza semplice: il Papa ha le “chiavi del regno”, che Cristo ha consegnato a Pietro e ai suoi successori: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16:19). Penso che quella del Papa sia stata nulla piú che una battuta sulle proprie prerogative. Anche se, personalmente, non la trovo di buon gusto (sono stato educato all’adagio “scherza coi fanti e lascia stare i santi”). Ma sappiamo che a Papa Bergoglio piace scherzare, e quindi siamo pronti a perdonargli anche una battuta forse un po’ sopra le righe.

    Quel che invece desta qualche preoccupazione è il contesto in cui è stata fatta la battuta: una conversazione, per quanto inter pocula, sul sacerdozio alle donne. Perché scegliere proprio un argomento cosí delicato per fare una battuta che potrebbe essere facilmente fraintesa? In altre occasioni, lo stesso Pontefice ha confermato che su tale questione non c’è spazio per ripensamenti:Sull’ordinazione di donne nella Chiesa Cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane. Questo rimane(Conferenza stampa durante il volo di ritorno dalla Svezia, 1° novembre 2016).Allora, perché scherzarci sopra?

    In ogni caso — senza con questo voler fare i musoni che non riescono neppure a capire una battuta, ma solo per mettere i puntini sulle “i” — forse val la pena di chiarire (non certo al Papa, che lo sa bene, ma ai miei lettori) che il “potere delle chiavi” dato da Gesú a Pietro (e solo a lui, a differenza del “potere di legare e sciogliere”, dato anche agli altri apostoli) non è un potere assoluto: è un potere supremo (nel senso che è superiore a qualsiasi altro potere umano), ma non è assoluto (nel senso che non è sciolto da qualsiasi altro potere, avendo sopra di sé l’autorità di Cristo, Capo della Chiesa).

    Ci siamo occupati del “potere delle chiavi” in un recente post, a cui rimandiamo. Qui ci limiteremo a ricordare quanto afferma in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica:Il “potere delle chiavi” designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesú, il “Buon Pastore” (Gv 10:11), ha confermato tale incarico dopo la risurrezione: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21:15-17). 

    Il potere di “legare e sciogliere” indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesú ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli [cf Mt 18:18] e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno (n. 553).Dunque, il “potere delle chiavi” consiste nell’autorità per governare la Chiesa. Piú avanti il Catechismo aggiunge:Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi [cf Mt 16:18-19]; l’ha costituito pastore di tutto il gregge [cf Gv 21:15-17] (n. 881).
    Il Papa, Vescovo di Roma e successore di San Pietro, “è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” [LG 23]. “Infatti il Romano Pontefice, in virtú del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente” [LG 22; cf CD 2 e 9] (n. 882).Dunque, il potere del Papa è “pieno, supremo e universale”, ma non assoluto.

    Il Concilio Vaticano I, che ha definito il dogma del primato del Romano Pontefice (di solito si insiste di piú sull’infallibilità, senza rendersi conto che si tratta solo di un necessario corollario del primato), ha solennemente dichiarato:Se uno dice che il Romano Pontefice ha solo un ufficio di ispezione o direzione, ma non la piena e suprema potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo nelle cose che riguardano la fede e i costumi, ma anche in quelle che riguardano la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o [se uno dice] che egli avrebbe solo la parte piú importante, ma non tutta la pienezza di questa suprema potestà; o [se uno dice] che la sua potestà non è ordinaria e immediata su tutte e singole le chiese [particolari] e su tutti e singoli i pastori e fedeli: anathema sit (Denzinger-Schönmetzer, n. 3064).

    Siccome però ci furono, soprattutto in Germania, delle interpretazioni errate della suddetta definizione, l’Episcopato tedesco emanò una dichiarazione (gennaio-febbraio 1875), successivamente ratificata dal Papa Pio IX, in cui si precisava la vera natura del primato pontificio:I decreti del Concilio Vaticano non forniscono neppure un’ombra di fondamento all’asserzione, secondo cui il Papa con essi sarebbe diventato un principe assoluto, e anzi, in forza dell’infallibilità, assolutissimo, “piú di qualsiasi altro monarca assoluto nel mondo”. Innanzi tutto, il dominio della potestà ecclesiastica del Pontefice è essenzialmente diverso dal principato civile del monarca; né in alcun modo i cattolici negano la piena e somma potestà del signore di un territorio per quanto riguarda le questioni civili

    Ma inoltre neppure rispetto alle questioni ecclesiastiche il Papa può chiamarsi un monarca assoluto, essendo lui subordinato al diritto divino e obbligato a ciò che Cristo ha disposto per la sua Chiesa. Egli non può mutare la costituzione data alla Chiesa dal divin fondatore, analogamente a quanto fa il legislatore civile che può mutare la costituzione dello Stato. La costituzione della Chiesa in tutti gli aspetti essenziali si fonda sull’ordinamento divino e perciò è immune da ogni arbitraria disposizione umana (Denzinger-Schönmetzer, n. 3114).

    Piú chiaro di cosí! Tornando alla nostra questione (il sacerdozio femminile), essa è appunto uno degli “aspetti essenziali” della costituzione della Chiesa, che nessuno — neppure il Papa — può modificare. Nella malaugurata ipotesi che un giorno un Papa decidesse di cambiare l’attuale disciplina, la sua decisione sarebbe semplicemente nulla; e i Vescovi che imponessero le mani a una donna, non le farebbero altro che una carezza sulla chioma e incorrerebbero nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica (Normae de gravioribus delictis, 21 maggio 2010, art. 5). Per cui, direi di starsene tranquilli, nessuno potrà mai attentare alla costituzione divina della Chiesa.



     


    [Modificato da Caterina63 22/10/2017 16:26]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)