Caro Chisolm,
ti ringrazio per la puntualizzazione, più che opportuna considerando i possibili fraintendimenti in questa materia.
Siccome se ne presenta l’occasione vorrei comunque ampliare ulteriormente il discorso, anche per rispondere a delle obiezioni poste da alcuni.
Esistono dei casi limite in cui viene concessa l’assoluzione generale che è opportunamente regolamentata dalla Chiesa.
Traggo dal libro intitolato "Incontrare Cristo nei sacramenti" a cura del vescovo ausiliare di Colonia, Hubert Luthe, (con prefazione dell’allora card. Ratzinger) a pag.283, il seguente brano:
SENSO E LIMITI DELL'ASSOLUZIONE GENERALE
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Se leggiamo i documenti ecclesiastici sull'assoluzione generale, constatiamo che la legittimità dell'assoluzione generale non è mai stata posta in dubbio, ma c'è stato un ampliamento delle situazioni di necessità: dapprima (guerra mondiale 1914-1918) si pensava solo a quella dei soldati al fronte prima di una battaglia, poi con Pio XII si pensò anche a quella dei bombardamenti (guerra mondiale 1939-1945) e delle catastrofi naturali. A questi stati di necessità straordinari il papa aggiunse pure alcune situazioni permanenti, come la mancanza di sacerdoti (nelle terre di missioni). Per tali situazioni il Rito della penitenza" emanato da Paolo VI, prevede liturgie penitenziali con assoluzione generale. Inoltre, per evitare arbìtrii pastorali e fraintendimenti circa il dovere della confessione, esso concede precisi poteri al vescovo locale.
Ci si è mossi quindi nel senso di estendere il concetto di stato di necessità, presupposto fondamentale per l'assoluzione generale: su questo punto la Chiesa dispone di un certo margine decisionale. Nello stesso tempo divennero più chiari i criteri per stabilire le situazioni di necessità: per concedere l'assoluzione generale ci devono essere dei motivi oggettivi, cioè non dipendenti dal penitente (per es. grande scarsità di sacerdoti, bombardamenti- non è sufficiente una situazione di necessità superabile dal penitente come ad es. una grande affluenza al confessionale prima dei giorni di festa). Diversa è invece la situazione nei territori dove i sacerdoti sono molto scarsi e dove per mesi non si ha alcuna possibilità di confessarsi in condizioni accettabili (senza dover per esempio recarsi molto lontano!). Tuttavia in situazioni del genere il sacerdote dovrebbe offrire la possibilità di confessarsi una volta o l'altra nel corso dell'anno.
I documenti ecclesiastici sull'assoluzione generale esortano i sacerdoti a ricordare ai fedeli il grave dovere di confessare alla prima occasione i peccati mortali. Così le "Norme pastorali circa l'assoluzione sacramentale da impartire in modo generale", emanate il 16 giugno 1972, esigono che i fedeli, cui in casi di necessità è stata impartita l'assoluzione generale, "siano ben disposti, cioè ciascuno sia pentito dei peccati commessi, proponga di astenersene, intenda riparare gli scandali e i danni eventualmente provocati, e proponga, altresì, di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non può confessare. Circa tali disposizioni e condizioni richieste per la validità del sacramento, i fedeli debbono essere accuratamente avvertiti dai sacerdoti" (n. VI). Senza il pentimento, il proposito, la volontà di riparare e di confessarsi personalmente, l'assoluzione generale è quindi invalida (e non solo illecita!), perché il dovere della confessione, come ricordano tali norme pastorali, viene da una disposizione divina, che chiunque abbia la volontà di convertirsi non può disprezzare.
Entro quanto tempo bisogna confessarsi dopo l'assoluzione generale?
Le "Norme pastorali" (n. VII) precisano: prima di ricevere una nuova assoluzione generale, a meno che non vi sia qualche valido motivo che lo impedisca, e comunque in occasione della confessione annuale, cui sono obbligati tutti i cristiani che abbiano commesso peccati mortali (eccetto che in caso di impossibilità morale). L'assoluzione generale offre dunque un aiuto in situazioni di necessità, ma non una scappatoia per aggirare la confessione.