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«Stà tranquillo e segui la tua strada»


Così padre Leopoldo Mandic, prendendogli il viso tra le mani, disse al giovane seminarista Albino Luciani. Ricordi di Antonia Luciani sul fratello Papa Padova, 27 settembre 1999


Ricordi di Antonia Luciani sul fratello Papa


Prima della testimonianza di Antonia Luciani, è stata letta una frase di papa Luciani e il commento che ne fa don Giussani: «Il vero dramma della Chiesa che ama definirsi moderna è il tentativo di correggere lo stupore dell’avvenimento di Cristo con delle regole». Commenta Giussani:«È una mirabile frase di Giovanni Paolo I. Sarebbe stato provvidenziale quel suo mese di pontificato anche solo per questa osservazione di cui non si trova altrove l’equivalente».


Papa Luciani con la sorella Antonia

Papa Luciani con la sorella Antonia

ANTONIA LUCIANI:
Ringrazio quanti hanno organizzato questa serata. Di mio fratello posso dire che è sempre stato l’uomo della preghiera fin da ragazzo, da seminarista, da sacerdote, ma penso anche dopo: sempre.
Quando era in seminario, le volte che scriveva a casa io mi ricordo che diceva: «Mi raccomando tanto alle vostre preghiere». Tutte le volte che scriveva raccomandava questo; quando veniva a casa, lo stesso.
Quando era ragazzo, e anche dopo, è sempre stato fedele al suo dovere: recitava il rosario giornaliero e, quando poteva, partecipava alla messa; gli dispiaceva di non poterlo fare.

Io me lo ricordo più che altro da giovane prete, perché, dopo, le nostre vite si sono un po’ divise.

Visto che mi trovo a Padova vorrei raccontare questo episodio. Avevo una zia suora che lavorava all’ospedale civile di Padova e una volta che sono venuta a trovarla mi ha detto: «Facciamo una passeggiata fino al cimitero, così che se dovessi morire e tu nel tempo tornassi a Padova, potrai venire a recitarmi una preghiera». Così siamo andate al cimitero e lì ho visto, nel recinto riservato ai religiosi, una tomba tutta coperta di ceri e di fiori. Quando sono tornata a Belluno ho raccontato a mio fratello: «Sai, nel cimitero ho visto una tomba tutta coperta di fiori e di ceri nel recinto riservato ai religiosi».
Allora lui mi ha detto: «Guarda che quella è la tomba di padre Leopoldo; io ne ho avuto un bel ricordo: quello è certamente un santo! Quando io ero ancora in seminario, una volta ero nello studio, ad un certo punto è entrato il vicerettore e mi ha detto: “Guarda che c’è qui un padre cappuccino famoso di Padova e se vuoi approfittare puoi parlargli”. Così lo ho incontrato nel corridoio, mi ha preso il viso tra le mani e mi ha detto: “Sta’ tranquillo e segui la tua strada”. Questo è il ricordo che ho sempre serbato di padre Leopoldo».

I ricordi più belli di mio fratello li ho di quando si era in famiglia. Durante l’estate lui veniva ad aiutare a fare il fieno in campagna perché mio padre era operaio e allora il lavoro in campagna lo si faceva noi donne. D’estate si tagliava il fieno e partecipava anche mio fratello. Lui tagliava il fieno e quando mi aiutava a raccoglierlo mi raccontava sempre cose della Chiesa. Per esempio di come veniva eletto un papa.
Certo lui non avrebbe mai immaginato che sarebbe successo proprio a lui! Se ci si fermava a lungo a tagliare il fieno, allora tornando a casa mi diceva: «Guarda che si fa tardi! Chissà se farò in tempo ad andare in chiesa a fare la visita e a recitare il rosario». Allora prendeva dalla tasca la corona del rosario e diceva: «Dai, lo recitiamo strada facendo, così in chiesa faccio la visita e basta!».

Posso raccontare un altro episodio di quando era ragazzo, ma forse lo avete letto. Mio nonno andava al pascolo con due mucche e una ne avevamo anche noi; mia mamma approfittava e mandava mio fratello ad accompagnare il nonno al pascolo e così portava anche la nostra mucca. E gli diceva di prendersi anche un libro o qualcosa da studiare: a quel tempo aveva dieci anni e stava preparandosi per entrare in seminario.
Andava dal parroco dove c’era un maestro che gli faceva un po’ di lezione perché lui aveva fatto la quarta elementare, ma il parroco aveva visto che era un bambino intelligente e gli aveva consigliato di prepararsi bene a fare l’esame di ammissione, così invece di fare la “preparatoria” (che sarebbe stata come la quinta elementare) passava direttamente in prima ginnasio. Un giorno è andato al pascolo e ha messo lo zaino, con dentro il libro, il quaderno e la merenda che la mamma gli aveva dato (pane e formaggio che era quello che poteva avere), vicino ad un abete e poi è andato a giocare con gli altri ragazzi. Intanto la mucca, si vede che ha sentito l’odore del pane, gli ha mangiato non solo la merenda, ma anche il quaderno e il libro.
È tornato a casa piangendo e dicendo: «Che cosa si fa adesso?».

La mamma gli ha risposto: «Purtroppo bisogna andarlo a dire in canonica al parroco!». Allora sono andati con questo ragazzo che piangeva e il maestro gli ha risposto: «Non ti preoccupare: la mucca si è mangiata il quaderno e tu non potrai più andare in seminario!». Questo bambino è scoppiato a piangere allora il parroco ha detto: «No, no! Ce ne saranno ancora di quaderni, e tu preparati ad andare in seminario». Il giorno che compiva undici anni è partito per andare in seminario.

Posso dire anche che i primi anni, quando tornava dal seminario, era un ragazzo come tutti gli altri, ne combinava ancora. Giocava con gli altri ragazzi e faceva anche qualche birichinata.
Facevano il ginnasio del seminario a Feltre, poi passavano al liceo a Belluno.

Da quando ha messo la veste (in prima liceo mettevano la veste talare), e lo diceva anche mia mamma, è cambiato: sempre allegro lo stesso, suonava, cantava (avevamo un armonium in casa e lui si preparava per accompagnare la messa) però è cambiato tanto. Intanto pregava molto, perché la preghiera era la prima cosa da fare per lui. Ricordo anche le lettere che scriveva in cui si raccomandava: «Pregate per me perché io possa seguire la vocazione e fate pregare». E si raccomandava alle preghiere di qualche persona che conosceva, soprattutto di qualche vecchietta che potesse ricordarlo nella preghiera.


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)