00 15/11/2010 12:45

Un cimitero di guerra sa unire i popoli


di padre Renato Zilio*

LONDRA, lunedì, 15 novembre 2010 (ZENIT.org).- 324. Sono i nostri italiani, che questa terra inglese di Brookwood conserva sepolti come in uno scrigno. Domenica 14 novembre è stata l’occasione di visitarli in maniera ufficiale, come tutti gli anni, in una commossa cerimonia civile e religiosa. La data - normalmente la prima domenica di novembre - era stata posticipata per ritrovarsi insieme, in questo rito, alle celebrazioni della comunità inglese. Ammirevole coincidenza. È questo un gesto di memoria e di pietà, a cui la comunità italiana è ormai affezionata da sempre. Anche quest’anno, sotto una pioggia battente.

Come in un silenzioso e grandioso pellegrinaggio - condotto quest’anno dall’Ambasciatore Alain Giorgio Maria Economides, dal Console Generale Uberto Vanni d'Archirafi insieme ad Autorità militari, Associazioni e Organismi vari - tutti ritrovavano una coralità importante, in questo alto momento simbolico. È il riunirsi della comunità italiana di Inghilterra e del Galles attorno alle sue tombe, in un immenso cimitero militare inglese. Ed è ricordare insieme il duplice dolore di una Patria: perdere i suoi figli in terra straniera, lontano dai suoi confini. Il dolore sa riunire insieme, si sa, quanto una grande gioia o una festa. Ma forse ancora di più, perché attraversa i confini dell’invisibile per la scomparsa di qualcuno. Così, è stato bello veder ognuno deporre una corona di fiori e segretamente, allo stesso tempo, un grazie. Un fiore è sempre “your best way to say thank you!” ripetono gli inglesi nel loro remembrance day.

Il cimitero militare di Brookwood, infatti, è occasione speciale per ricordare chi ha vissuto un pezzo di vita come un’opera incompiuta. E ha affrontato il sacrificio più grande che si possa richiedere a un uomo, offrendosi a un ideale come una vittima su un’altare. Ricorda a noi che continuiamo a vivere quanto sia importante essere animati da un ideale e saper superare i conflitti con la forza del dialogo e della pace. Un ideale, questo, per eccellenza.

Sottolineava, infine, padre Pietro Celotto: “Con le massime autorità, passando a benedire tomba per tomba i nostri caduti, viviamo un atto di cristiana pietà e di merito al valore del loro sacrificio per la Patria lontana. La morte di questi eroi non sia avvenuta invano. Il loro esempio resti un monito a tutti specialmente ai giovani. La pace, è vero, è un’aspirazione fondamentale degli uomini. Spesso degenera in forme di egoismo e di odio: la nostra storia, allora, si fa tormentata storia di incomprensioni e di morte. Beati, invece, i costruttori di pace, perché di essi è il Regno dei cieli!”.

“La pace dovrà restare una preziosa eredità per chi viene dopo di noi...”. Sembrava questo, andandosene, il pensiero di ognuno: lo portava dentro di sè come un augurio. O, forse, come una preghiera.

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*Padre Renato Zilio è un missionario scalabriniano. Ha compiuto gli studi letterari presso l'Università di Padova, e gli studi teologici a Parigi, conseguendo un master in teologia delle religioni. Ha fondato e diretto il Centro interculturale di Ecoublay nella regione parigina e diretto a Ginevra la rivista "Presenza italiana". Dopo l'esperienza al Centro Studi Migrazioni Internazionali (Ciemi) di Parigi e quella missionaria a Gibuti (Corno d'Africa), vive attualmente a Londra al Centro interculturale Scalabrini di Brixton Road. Ha scritto “Vangelo dei migranti” (Emi Edizioni, Bologna 2010) con prefazione del Card. Roger Etchegaray.



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)