00 12/10/2010 22:59
 
 Seconda congregazione generale
 
CITTA' DEL VATICANO, 11 OTT. 2010 (VIS). La Seconda Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha avuto inizio nel pomeriggio di oggi alle 16:30 nell'Aula del Sinodo. Nel corso della sessione pomeridiana sono state presentate cinque relazioni per continente.
 
  Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Alla sessione erano presenti 163 Padri Sinodali.
 
AFRICA: CARDINALE. POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SALAAM, PRESIDENTE DEL "SYMPOSIUM OF EPISCOPAL CONFERENCES OF AFRICA AND MADAGASCAR" (S.E.C.A.M.) (TANZANIA). "Il Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar ha un legame intrinseco con la Chiesa in Medio Oriente, soprattutto grazie alla Chiesa in Egitto, che fa parte sia dell'Africa che del Medio Oriente. (...) I cristiani emigrano dal Medio Oriente a causa di quelle che possono essere considerate situazioni di oppressione contro la fede cristiana in alcuni paesi del Medio Oriente. (...) Oggi nessun cristiano della costa dell'Africa orientale avverte l'obbligo di nascondere la propria identità cristiana, nonostante il fatto che l'Islam continui a essere la religione della maggioranza della popolazione. E anche gli insediamenti cristiani separati non sono più necessari. (...) Una collaborazione più stretta tra la Chiesa sub-Sahariana e la Chiesa nel Nord Africa e nel Medio Oriente resta e resterà sempre di importanza fondamentale per la sopravvivenza del Cristianesimo in entrambi i luoghi. Il SECAM rappresenta un eccellente strumento per tale cooperazione".
 
NORD AMERICA: CARDINALE ROGER MICHAEL MAHONY, ARCIVESCOVO DI LOS ANGELES (STATI UNITI D'AMERICA). "Pur riconoscendo la loro unione con Roma, dovrebbero essere incoraggiate le relazioni interecclesiali non solo tra le Chiese 'sui iuris' in Medio Oriente, ma specialmente nella diaspora (IL par. 55). Constatando l'emorragia di cristiani dal Medio Oriente in Europa, in Australia e nelle Americhe, abbiamo cercato in vari modi di trasformare l'emigrazione in una nuova opportunità per sostenere questi cristiani, mentre si stabiliscono nella diaspora. (...) La sfida maggiore che affrontiamo con i nostri immigrati - siano essi cattolici medio orientali o cattolici vietnamiti fuggiti dal loro Paese per il Sud California, o cubani fuggiti da Cuba verso le coste di Miami - non è quella di aiutarli a vivere il mistero della 'communio' fra i cristiani e le varie Chiese cristiane. La sfida più grande è di aiutarli a rispondere alla grazia di dare testimonianza al Vangelo perdonando quei nemici che spesso sono la causa principale dell'aver lasciato la loro patria per trovare pace e giustizia sulle nostre coste".
 
ASIA: ARCIVESCOVO ORLANDO B. QUEVEDO, O.M.I., DI COTABATO, SEGRETARIO GENERALE DELLA "FEDERATION OF ASIAN BISHOPS' CONFERENCES" (F.A.B.C.) (FILIPPINE). "In Asia noi siamo un 'piccolo gregge', meno del 3% su oltre tre miliardi di asiatici. Alla luce delle crescenti diffidenze religiose e degli estremismi religiosi che talvolta sfociano in violenza e morte, potremmo certamente diventare paurosi o timidi. Ma siamo fortificati e incoraggiati dalle parole del Signore, 'Non temere, piccolo gregge'. (...) Tale testimonianza sprona noi vescovi in comunione con il Santo Padre e tra di noi, ad affrontare seriamente le grandi sfide pastorali che abbiamo di fronte in Asia, vale a dire il fenomeno della migrazione, che viene talvolta chiamato la nuova schiavitù, l'impatto negativo della globalizzazione economica e culturale, la questione dei cambiamenti climatici, le istanze dell'estremismo religioso, dell'ingiustizia e della violenza, la libertà religiosa e i problemi biogenetici che minacciano la vita umana nel grembo materno dal concepimento fino alla morte naturale".
 
EUROPA: CARDINALE PÉTER ERDO, ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM-BUDAPEST, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, PRESIDENTE DEL "CONSILIUM CONFERENTIARUM EPISCOPORUM EUROPAE" (C.C.E.E.) (UNGHERIA). "L'Europa è debitore del Medio Oriente. Non soltanto una moltitudine degli elementi fondamentali della nostra cultura proviene da quella regione, ma anche i primi missionari del nostro continente sono arrivati da lì. (...) Pensando al Medio Oriente, noi europei dobbiamo esaminare la nostra coscienza. È vivo ancora il messaggio del Vangelo tra di noi, quella buona novella che abbiamo ricevuto dagli apostoli? O non si vede più nella nostra vita quella luce e quell'entusiasmo che scaturisce dalla fede in Cristo? Nei nostri tempi, quando i profughi ed emigranti cristiani arrivano in Europa dai diversi Paesi del Medio Oriente qual'è la nostra reazione? Siamo abbastanza attenti alla cause che costringono migliaia se non milioni di cristiani a lasciare la terra dove abitavano i loro antenati da quasi duemila anni? È vero che anche il nostro comportamento è responsabile per quello che sta accadendo? Siamo proprio di fronte ad una grande sfida. (...) Sappiamo esprimere in modo efficace il nostro sostegno ai cristiani del Medio Oriente? (...) I cristiani che arrivano dal Medio Oriente bussano alla porta dei nostri cuori e risvegliano la nostra coscienza cristiana".
 
OCEANIA: ARCIVESCOVO JOHN ATCHERLEY DEW, DI WELLINGTON, PRESIDENTE DELLA "FEDERATION OF CATHOLIC BISHOPS' CONFERENCES OF OCEANIA" (F.C.B.C.O.) (NUOVA ZELANDA). "Tra i cinque milioni di cattolici in Australia un numero piccolo ma importante fa parte delle Chiese cattoliche orientali. Le due principali Chiese cattoliche orientali in Australia sono la Maronita e la Melchita (...) Oltre a queste Chiese cattoliche orientali, vi sono anche la Caldea, Sira, Siro-Malabarese e Copta. Le eparchie maronita, melchita e caldea si estendono in Nuova Zelanda offrendo servizi pastorali e liturgici anche alle comunità lì residenti. Il Medio Oriente è presente in Oceania attraverso i migranti e i rifugiati che si sono stabiliti nella regione: ebrei europei sin dagli inizi dell'insediamento in Australia e Nuova Zelanda, nonché rifugiati dalla Germania degli anni intorno al 1930 e sopravvissuti alla Shoah; libanesi, palestinesi, egiziani; iracheni, cristiani e musulmani; e, in tempi più recenti, rifugiati curdi dall'Iraq, dall'Iran e dalla Turchia. I nostri legami storici sono fortemente caratterizzati dalla guerra e dalla pace. (...) Questi legami vengono cementati oggi attraverso la presenza di numerosi pellegrini dell'Oceania che visitano la Terra Santa, attraverso il reinsediamento dei rifugiati, i programmi di aiuto allo sviluppo di Caritas Internationalis; la presenza di ordini religiosi internazionali che si dedicano al lavoro educativo o al sostegno dei luoghi sacri".
 
AMERICA LATINA: ARCIVESCOVO RAYMUNDO DAMASCENO ASSIS, DI APARECIDA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO (C.E.L.AM.) (BRASILE). "Nei nostri paesi latino-americani e dei Caraibi abbiamo molti emigranti mediorientali - di prima e seconda generazione - la maggior parte dei quali sono cristiani. Molti sono entrati a far parte della Chiesa latina e ci sono piccoli gruppi con le proprie eparchie. Il nostro desiderio è che si cresca ancora di più nella coscienza della nostra comune fede cattolica e che ci si avvicini maggiormente a un'azione missionaria condivisa. In questo momento stiamo realizzando in tutte le nostre Chiese la cosiddetta 'Missione Continentale', frutto della Conferenza Generale di Aparecida. Sarebbe una splendida testimonianza poterci unire in questo sforzo evangelizzatore. Da ultimo, vogliamo condividere con voi la preoccupazione per il conflitto israelo-palestinese. Anche in questo siamo in comunione con il Santo Padre nel suo sforzo di trovare una soluzione al conflitto. Che sia ristabilita nella terra di Gesù la pace fra questi due popoli!".
 
ARCIVESCOVO ELIAS CHACOUR, DI AKKA, SAN GIOVANNI D'ACRI, TOLEMAIDE DEI GRECO-MELKITI (ISRAELE). "Negli ultimi venti secoli è stato come se i nostri cristiani di Terra Santa fossero condannati e avessero il privilegio di condividere l'oppressione, la persecuzione e la sofferenza con Cristo. (...) Come arcivescovo della comunità cattolica più grande in Terra Santa, la Chiesa cattolica melkita, vi invito qui, e chiedo al Santo Padre, di dedicare sempre più attenzione alle pietre vive della Terra Santa. (...) Siamo in Galilea da tempi immemori. Ora siamo in Israele. Vogliamo restare dove siamo e abbiamo bisogno della vostra amicizia più che dei vostri soldi".
 
ARCIVESCOVO BOUTROS MARAYATI, DI ALEP DEGLI ARMENI (SIRIA).  "Se vogliamo che questa Assemblea speciale sia feconda, dobbiamo pensare a una conferenza speciale per ciascun paese, avente un aspetto ecumenico, dove poter discutere delle questioni a seconda delle situazioni locali. Indubbiamente le sfide sono le stesse, ma ogni paese ha una situazione propria. (...) Negli ultimi 100 anni l'emigrazione o la deportazione violenta hanno continuato a verificarsi in Oriente. (...) Stiamo forse aspettando il giorno in cui il mondo come spettatore e l'indifferenza delle Chiese occidentali rimarranno fermi ad osservare la 'morte dei Cristiani d'Oriente? Malgrado le crisi e le difficoltà che si presentano alla nostra vista cristiana e alle nostre relazioni ecumeniche, noi continuiamo a 'credere, sperando contro ogni speranza".

 
TERZA CONGREGAZIONE GENERALE
 
CITTÀ DEL VATICANO, 12 OTT 2010 (VIS). - La terza Congregazione Generale dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha avuto inizio questa mattina alle 9:00 nell'Aula del Sinodo, in presenza del Santo Padre e di 165 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato Sua Beatitudine l'Arcivescovo Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano), e Capo del Sinodo della Chiesa Siro Cattolica.
 
PADRE DAVID NEUHAUS S.I., VICARIO DEL PATRIARCA DI GERUSALEMME DEI LATINI PER LA PASTORALE DEI CATTOLICI DI LINGUA EBRAICA (GERUSALEMME). "L'ebraico è anche la lingua della Chiesa cattolica in Medio Oriente. Centinaia di cattolici israeliani esprimono tutti gli aspetti della loro vita in ebraico, inculturando la loro fede in una società definita dalla tradizione ebraica.(...) Si tratta oggi di una grande sfida per il Vicariato di lingua ebraica. Infine, il Vicariato cattolico di lingua ebraica si sforza di fare da ponte tra la Chiesa, prevalentemente di lingua araba, e la società israeliana ebraica, al fine di promuovere l'insegnamento del rispetto per il popolo dell'Antica Alleanza e la sensibilità verso il grido di giustizia e di pace per gli ebrei e i palestinesi. Insieme, i cattolici di lingua araba e quelli di lingua ebraica devono rendere testimonianza e lavorare in comunione per la Chiesa nella terra dove essa è nata".
 
ARCIVESCOVO LOUIS SAKO, DI KIRKUK DEI CALDEI, AMMINISTRATORE PATRIARCALE DI SULAIMANIYA DEI CALDEI (IRAK). "Il mortale esodo che affligge le nostre Chiese non si potrà evitare. L'emigrazione è la più grande sfida che minaccia la nostra presenza. Le cifre sono preoccupanti. Le Chiese Orientali, ma anche la Chiesa universale, devono assumersi le proprie responsabilità e operare con la comunità internazionale e le autorità locali scelte comuni che rispettino la dignità della persona umana. Scelte che siano basate sull'uguaglianza e sulla piena cittadinanza, con impegni di associazione e di protezione. La forza di uno Stato si deve basare sulla credibilità nell'applicazione delle leggi al servizio dei cittadini, senza discriminazione tra maggioranza e minoranza. Vogliamo vivere in pace e libertà invece di sopravvivere".
 
ARCIVESCOVO YOUSSEF BÉCHARA, DI ANTELIAS DEI MARONITI (LIBANO). "Dato che la stragrande maggioranza dei paesi del Medio Oriente sono musulmani e rifiutano quindi la laicità, sarebbe meglio utilizzare invece per il nostro Sinodo il termine cittadinanza o stato civico perché si tratta di un termine più accettato e che si riferisce alle stesse realtà (...). Ma affinché la realtà della cittadinanza venga ammessa, generalizzata e integrata a livello delle costituzioni e soprattutto delle mentalità, occorre un duplice lavoro: a livello societario popolare, i mezzi di comunicazione sociale possono essere di grande aiuto poiché si tratta di radicare nelle masse i principi che la cittadinanza comporta, soprattutto l'uguaglianza di tutti e l'accettazione della diversità religiosa e culturale; a livello educativo (...), la nozione di cittadinanza può essere approfondita durante gli anni della formazione. Occorre un lavoro di risanamento dei programmi per eliminarne le discriminazioni. Questo duplice lavoro è necessario se si vuol andare oltre le classi alte - per le quali la cittadinanza, il dialogo e anche la libertà sono ammesse -per raggiungere le masse che possono essere manipolate e abbandonarsi a ogni tipo di estremismo".
 
VESCOVO SALIM SAYEGH, AUSILIARE DI GERUSALEMME DEI LATINI, VICARIO PATRIARCALE DI GERUSALEMME DEI LATINI PER LA GIORDANIA (GERUSALEMME). "Fra i problemi che la Chiesa in Medio Oriente deve affrontare, si deve menzionare il problema delle sette, causa di grande confusione dottrinale. (...) Cosa si può fare per salvaguardare il tesoro della fede e limitare la crescente influenza delle sette? (...) Si chiede con insistenza ai sacerdoti e ai pastori di anime di visitare le famiglie e di assumersi la responsabilità di spiegare, difendere, diffondere, vivere ed aiutare a vivere la fede cattolica. Occuparsi seriamente della formazione cristiana degli adulti. (...) Sensibilizzare le scuole cattoliche sulla loro missione cattolica. (...) Avere il coraggio di rivedere i testi del catechismo così che essi possano esprimere con chiarezza la fede e la dottrina della Chiesa cattolica".
 
ARCIVESCOVO VINCENT LANDEL, S.C.I. DE BETH., DI RABAT, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE DELL'AFRICA SETTENTRIONALE (C.E.R.N.A.) (MAROCCO). "La nostra responsabilità come Chiesa è aiutare i cristiani ad accettare le differenze con i loro amici musulmani, (...) ad avere un atteggiamento umile e fiducioso nei confronti di chi è diverso da noi. (...) La nostra responsabilità come Chiesa è aiutare i cristiani di passaggio a capire meglio che si può vivere la fede cristiana con allegria ed entusiasmo in una società totalmente musulmana. Ciò li aiuterà a ritornare nel loro Paese con un'altra idea dei musulmani che hanno incontrato, e a eliminare i pregiudizi che rischiano di far imputridire il mondo".
 
ARCIVESCOVO PAUL YOUSSEF MATAR, DI BEIRUT, BEIRUT DEI MARONITI (LIBANO). "La responsabilità delle potenze occidentali: hanno commesso ingiustizie ed errori storici nell'incontro con il Medio Oriente. Inoltre dovrebbero riparare le ingiustizie che soffrono popoli interi, specialmente quello palestinese. I cristiani di questa regione, che furono ingiustamente identificati con quelli, trarrebbero beneficio da queste riparazioni grazie ad una coesione con i loro fratelli.(...) La responsabilità dei cristiani occidentali e del mondo: devono conoscere meglio i loro fratelli e sorelle del Medio Oriente per essere più solidali con le loro cause. Inoltre dovrebbero esercitare pressione sull'opinione pubblica,  come i loro governanti, per ristabilire la giustizia nelle relazioni con il Medio Oriente e l'Islam, e aiutare a liberare il mondo dal fondamentalismo e guidarlo verso la moderazione".

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)