Infatti il suddetto documento aggiunge, nel can.750 del nuovo Codice di Diritto Canonico, al primo comma che tratta delle dottrine solennemente definite, un secondo comma che tratta ancora di verità di fede, ma senza intenzione di definire, e tuttavia, trattandosi di materia di fede, si parla ancora di dottrina “infallibili”.
Ebbene è questo genere di dottrine che è presente nel Concilio e non semplicemente come ripetizione di dottrina già insegnate, ma come insegnamenti nuovi nel senso di esplicitazione di dottrine già definite.
Per esempio, la famosa tesi che “la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica”, come ha già spiegato un recente documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, è un insegnamento nuovo, ma che non è da considerarsi falso o in contrasto con l’insegnamento tradizionale, per il quale la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica.
Il Concilio si pone dal punto di vista dell’esistenza concreta della Chiesa e considera come elementi di Chiesa si trovino anche al di fuori dei suoi confini vivibili, cosa che non smentisce ma conferma il primato del cattolicesimo su tutte le altre religioni; mentre la definizione precedente considera l’essenza sovratemporale della Chiesa nella sua divina perfezione, a prescindere da altre formazioni religiose che in forme inferiori partecipano in qualche modo per somiglianza di quella divina perfezione.
Ed è possibile dimostrare la verità di questo assunto. Del resto, trattandosi qui di verità di fede tradizionale, è impensabile che un Concilio ecumenico, pronunciandosi su questa materia seppur in forma nuova, possa insegnarci il falso, portarci fuori strada o comunque insegnare qualcosa di non coerente con quanto ha insegnato in precedenza, perché vorrebbe dire che la Chiesa tradisce la sua missione e quindi quando Cristo le ha promesso di assisterla sino alla fine del mondo, la ha ingannata, cosa evidentemente assurda e blasfema per un cattolico al solo immaginarla.
Dice infatti l’Ad Tuendam Fidem a proposito dei due commi del can.750: “Il magistero della Chiesa insegna una dottrina da credere come divinamente rivelata (1° comma) o da ritenere in maniera definitiva (2°comma), con un atto definitorio oppure non definitorio. … Nel caso di un atto non definitorio viene insegnata infallibilmente una dottrina del magistero ordinario ed universale” (gli insegnamenti del Concilio). … “Tale dottrina può essere confermata o riaffermata dal Romano Pontefice, anche senza ricorrere ad una definizione solenne. … Di conseguenza, quando su una dottrina non esiste un giudizio nella forma solenne di una definizione, ma questa dottrina, appartenente al patrimonio del depositum fidei, è insegnata dal magistero ordinario ed universale” (come avviene oggi per gli insegnamenti del Concilio) … “essa allora è da intendersi come proposta infallibilmente”, n.9.
Non è vero che il Concilio non impone dottrine e non condanna errori; solo che fa ciò con un linguaggio semplicemente dichiarativo o espositivo, nella forma descritta dal secondo comma e non dal primo, per cui, in base al dettato del secondo comma, quegli insegnamenti del Concilio continuano a possedere la nota dell’infallibilità.
Voi ponete giustamente i requisiti per l’infallibilità delle definizioni solenni, ma trascurate o ignorate che tutti quei requisiti, come risulta dall’Ad Tuendam Fidem, non sono necessari per l’infallibilità delle dottrine dogmatiche di secondo grado o non definite, che comunque il documento chiama “definitive”, ma, per l’infallibilità di questo livello inferiore, è sufficiente che si tratti del Magistero della Chiesa, Pontificio o conciliare, che insegna o sviluppa temi contenuti nel deposito rivelato, si tratti di Scrittura o si tratti di Tradizione, si tratti o non si tratti di dogmi già definiti.
Voi invece fate un salto indebito: dal fatto che il Concilio non definisce nuovi dogmi (e ciò è vero), voi concludete che le nuove dottrine dogmatiche del Concilio non sono infallibili e quindi sono false per il solo fatto che non godono di quel tipo di infallibilità che è proprio delle dottrine definite o dogmi dichiarati come tali.
Invece perché ci sia dottrina infallibile, sempre da come risulta dall’Ad Tuendam Fidem, non è necessario che un Magistero conciliare abbia o manifesti esplicitamente l’intenzione di definire, ma è sufficiente che definisca di fatto anche senza dichiaralo formalmente: ciò che conta è che tratti materia di fede, ossia insegni verità di fede le quali chiariscono o esplicitano dogmi già definiti o testi della Scrittura o dati della Tradizione. Ed è esattamente quello che ha fatto il Concilio.
Per questo voi fate un salto assolutamente illegittimo allorchè, restringendo il concetto di infallibilità alle sole definizioni esplicite solenni, che avvengono rarissimamente, voi asserite che “gli insegnamenti del Papa e dei vescovi in materia di fede non sono sempre infallibili” e che “in linea di principio, seppure eccezionalmente e in epoche di crisi gravissima, non è impossibile che cadano in errore persino in materia di fede”.
E dite inoltre che “nessun insegnamento del Concilio Vaticano II può essere definito "infallibile" ("in sensu diviso"): né a titolo di una definizione solenne e straordinaria (mancando l’intenzione espressa), né a titolo del Magistero Universale Ordinario (perché nel caso di un Concilio la Chiesa docente non è "dispersa" in tutto il mondo, caratteristica specifica del MOU, e sopratutto le novità professate nel Concilio mancano dell’universalità verticale cioè temporale necessaria a un vero Magistero ordinario che non è altro che un’eco della Tradizione), e neanche nei punti in cui riprende gli insegnamenti degli altri Concili o della Tradizione (in questo caso gli insegnamenti sono "assolutamente e definitivamente veri", ma non "infallibili" se non "in sensu composito")”, e quindi che è possibile che “vi siano degli errori del genere nei testi del Concilio e nel "Magistero" successivo visto che non è stato esercitato il privilegio d’infallibilità non essendo presenti tutte le condizioni richieste”.
Noto che, sempre da quanto risulta dall’Ad Tuendam Fidem, il Magistero di secondo grado non è sic et simpliciter soltanto quello dei vescovi sparsi nel mondo, ma può essere anche quello dei vescovi in quanto, dopo un Concilio, benchè sparsi nel mondo, insegnano quello che il Concilio in forma straordinaria, ma non necessariamente con volontà di definire, ha insegnato in materia di fede, aggiungendo nuove visioni a quanto già si sapeva.
Dico allora che non vi accorgete che con la vostra interpretazione dell’infallibilità vi precludete l’acquisizione di un immenso patrimonio di dottrina sicura e di fede, che non si trova solo nel Vaticano II, ma in tutta la storia della Tradizione e di nuovo, forse senza accorgervene, tornate ad avvicinarvi ai protestanti, con la sola differenza che mentre essi dichiarano fallibile qualunque proposizione del Magistero, voi ritenete infallibili solo i dogmi definiti e non anche – come invece la Chiesa vi chiede di fare – le proposizioni semplicemente dichiarative prive dell’esplicita volontà definitoria.
Per sapere cosa è di fede e cosa non è di fede, non è necessaria la forma o il modo più o meno solenni o le dichiarazioni esplicite da parte della Chiesa, ma basta verificare che sia la Chiesa a parlare e che ci parli di ciò che Cristo ci insegna o di ciò che essa ha dedotto dogmaticamente dagli insegnamenti di Cristo valendosi della Scrittura e della Tradizione. Le definizioni solenni e straordinarie sono fatte per i duri d’orecchi o per contrastare l’opposizione degli eretici o per chiarire precedenti insegnamenti.
Non cambia il contenuto o la certezza di fede rispetto alle semplici dichiarazioni, ma semplicemente il modo di insegnarlo. Che la Madonna fosse Immacolata la Chiesa lo sapeva già da prima, solo che con la definizione dogmatica ha voluto proclamarlo col massimo della solennità e della pubblicità.
Ma per i discepoli del Signore, fiduciosi nella saggezza e nell’autorevolezza della Santa Madre Chiesa, non c’è bisogno che essa, quando espone la dottrina cattolica, alzi la voce, suoni la tromba o rafforzi il suo dire con speciale enfasi, ma basta che essa parli. Intelligenti pauca. L’importante è avere orecchi. Chi esige troppe condizioni per l’infallibilità mostra una diffidenza che non si addice alla santa semplicità del vero credente, una volta che egli ha compreso che si tratta di materia di fede o di Parola di Dio.
E per dirimere l’apparente contraddizione tra il prima e il poi, non deve fidarsi presuntuosamente del proprio giudizio, ma chiedere umilmente e fiduciosamente alla Madre che gli spieghi, al di là dell’apparente contraddizione, la continuità ed ai teologi che la dimostrino, per cui questi non devono oscurare ciò che è già oscuro o, peggio, essere a loro volta diffidenti. I teologi non devono creare o aggravare i dubbi, ma risolverli, altrimenti mettono in pericolo la fede del popolo di Dio e spingono alla disobbedienza al Magistero.
Il nuovo del Concilio non vi deve turbare o scandalizzare. La vostra Madre non vi ha tradito, ma, come fanno le mamme con i figlioletti che a volte si impuntano e non voglio camminare o per sfiducia nella mamma o per paura del nuovo, la vostra Madre nel Concilio vi chiede di procedere e, come dice il Signore, a guardare che “già le messi biondeggiano” (Gv 4,35).
Chi vi inganna e crea confusione e divisioni non è la Madre Santa, “colonna e fondamento della verità”, semper idem, come diceva il grande ed incompreso Card.Alfredo Ottaviani, ma sono certi figli degeneri, traditori, mestatori, ambiziosi, falsificatori e non interpreti del Concilio, ispirati dal diavolo, - quanto se ne rendono conto? - il cui nome è: modernisti. Chiamiamoli col loro nome.
Dirli “progressisti” è un favore che a loro facciamo, è uno scudo che a loro fa comodo e dietro al quale scorrettamente si riparano da quarant’anni, approfittando di un appellativo in sé lecito ed onesto. Dopotutto progredire è un dovere per tutti. E’ ora invece che gettino la maschera e che li manifestiamo per quello che sono. Preghiamo per la loro conversione e, come dice l’Apostolo, “chi crede di stare in piedi, stia attento a non cadere” (I Cor 10,12).
Con rispetto e cordialità fraterna
Padre Giovanni Cavalcoli, O.P.
Bologna, 9 aprile 2011