00 21/09/2009 11:36
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Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 01/12/2002 15.21
                      OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE

Dare da mangiare agli affamati

La fame continua ad essere presente nel mondo, nonostante i progressi tecnologici e la crescita della produzione alimentare e industriale. Non è il cibo che manca: manca un’equa distribuzione dei beni della terra. La fame è frutto della povertà e la povertà e frutto delle ingiustizie. C’è chi ha troppo e chi non ha nulla, o manca comunque del necessario.

Questa prima opera di misericordia corporale ci chiede anzitutto di aprire gli occhi sulla fame e sulla povertà del mondo: del mondo sottosviluppato, dove la fame comporta non solo assenza di cibo, ma anche impossibilità a curare la salute, ad accedere alla scuola, ad avere un lavoro e un reddito; povertà del nostro Paese, dove pure esistono casi e fenomeni di povertà e di emarginazione.

La permanenza della povertà nel mondo ci dice che non è sufficiente il gesto occasionale di misericordia, che assicura un pasto a chi a fame.

La misericordia deve diventare costume di vita; deve portarci a verificare lo stile dei nostri consumi, ad evitare tutto ciò che è superfluo per destinarlo ai poveri ai quali appartiene, a praticare perciò solo l’elemosina, ma la condivisione, la comunione con gli altri. La misericordia di Cristo, infatti, alla quale facciamo riferimento, nella fede, è stata ed è condivisione.



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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.22

Dare da bere agli assetati

La mancanza di acqua richiama all’attenzione la situazione catastrofica del Sahel, una larga fascia a sud che tocca diversi paesi africani, dove da anni piove sempre meno e dove le sabbie del deserto avanzano, seminando la morte: senza acqua non si può vivere, non si può coltivare, è impossibile l’igiene, è problematica la prevenzione come la cura delle malattie.

Questo disastro ecologico sahariano è da imputare in parte non trascurabile – dicono i biologi – all’opera nefasta dell’uomo. Il terreno era costituito di savana e di vegetazione arborea xerofila - cioè amante del secco – capace di resistere all’enorme secchezza dell’ambiente. Questa vegetazione manteneva una ricchissima fauna: giraffe, rinoceronti, antilopi, ecc. La fauna è stata distrutta e sostituita da enormi mandrie di bovini, che hanno calpestato e appiattito il terreno, annientando la vegetazione erbosa e accelerando l’erosione del suolo. Enormi distese sono diventate improduttive in seguito al tentativo di coltivare piante inadatte; i pastori hanno bruciato sconsideratamente la savana per favorire la produzione di erba verde per i bovini, eliminando i già scarsi alberi; la piovosità è diminuita per il continuo indietreggiare della grande selva ombrifera del Congo.

Il disastro di Sahel deve renderci pensosi. Noi pure rischiamo di distruggere con le nostre mani il nostro ambiente umano ora però urge salvare la vita di migliaia di fratelli. Un pozzo d’acqua: forse una persona da solo non può donarlo. Una famiglia un gruppo di famiglie, una parrocchia tutta insieme, sì.

Il Signore ritiene dato a sé un bicchiere d’acqua fresca offerto ai fratelli più umili e bisognosi

Vestire gli ignudi

Ci sono nudità da intendersi in senso letterale: impossibilità di coprirsi per difendersi dal freddo e presentarsi dignitosamente agli altri: è la nudità più umiliante, segno e frutto di estrema povertà. È opera di misericordia donare un vestito, indumenti intimi, calzature a chi ne è privo. È misericordia vera se gli indumenti donati sono in ottimo stato, possibilmente nuovi, acquistati con nostro sacrificio, magari risparmiando sui nostri vestiti, evitando l’esibizionismo del capo firmato. Certa carità, fatta con vestiti vecchi e rattoppati, liberandoci di cose inutili che noi non indosseremmo mai, viene identificata dalla gente semplice come "carità pelosa".

C’è anche una nudità che coincide con l’assenza di un tetto. Nelle grandi città ci sono i cosiddetti "baraccati". Le baracche sono l’ultimo anello dei una serie di abitazioni chiamate eufemicamente "improprie". impropria significa molto spesso: umidità che deturpa e consuma, assenza di servizi igienici, promiscuità per la ristrettezza dei locali, rischio di malattie infettive. Le baracche non ci sono ovunque; abitazioni improprie esistono in ogni città.

La carità in questi casi deve procedere strettamente collegata con la giustizia e deve tradursi nell’impegno politico perché il diritto alla casa sia una realtà per ogni uomo.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.23

Alloggiare i pellegrini

I pellegrini del nostro tempo si chiamano emarginati e immigrati. Il loro abbandono della patria, nella stragrande maggioranza, è imposto dalla necessità. È necessità dolorosa perché comporta:

*abbandono della propria terra, della famiglia, della rete di amicizie

*disagio da inserimento abitativo, lavorativo, scolastico per i bambini, sanitario, relazionale anche per la non conoscenza della lingua.

*chiusura talvolta in un ghetto, che è guardato con diffidenza dalla popolazione locale, e in alcuni casi, è oggetto di punte razzistiche.

Fa opera di misericordia chi si impegna per:

*preparare l’emigrazione sia professionale sia spirituale, affinché le tradizioni religiose siano salvaguardate nel nuovo contesto;

*aiutare i nuovi immigrati ad inserirsi nell’ambiente, ad apprendere la lingua, a conoscere leggi, usi e costumi, a trovare una sistemazione dignitosa sia sul piano abitativo che sul piano lavorativo.

*diffondere la cultura dell’accoglienza: gli immigrati non sono solo portatori di "bisogno"; sono anche portatori di valori, sono ricchezza per la comunità che li accoglie.

Visitare gli infermi

Il "buon samaritano" del Vangelo offre al cristiano una traccia di comportamento caritativo esemplare. Appresta all’infortunato le cure immediate, lo trasporta al pronto soccorso, paga di proprio le cure più appropriate, si impegna a ritornare per vedere il malato. In sintesi dà allo sconosciuto sostegno sanitario e calore umano. Il primo atto di misericordia verso il malato è di impegnarci perché abbia una cura efficace, nell’ambito di una reale protezione sanitaria, accessibile a tutti, eventualmente integrando finanziariamente medicine e cure non previste.

Il malato però, oltre alle medicine e al ricovero in ospedale, ha bisogno di umanità. La sua condizione lo rende particolarmente sensibile all’affetto, al colloquio, al rapporto personale. C’è qui un grande spazio per l’esercizio della misericordia, soprattutto per i malati che non hanno nessuno e che, per la lontananza dalla propria residenza, più difficile vedendo parenti e amici. Dovunque ci sono malati, lì il Signore dà appuntamento ai cristiani.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.23

Visitare i carcerati

Quest’opera di misericordia è una delle più difficili da praticare, giacchè il carcere non è un ambiente aperto e accessibile a chiunque. Le leggi e i regolamenti consentono visite esclusivamente a persone autorizzate e a volontari preparati. L’opera di misericordia è comprensibile e attuale se si considera il problema del carcere nel suo insieme e nei riflessi che produce.

Anzitutto il carcerato è un uomo che soffre, perchè si sente causa di altre sofferenze, perché si sente emarginato e condannato ancora prima della sentenza definitiva. Finchè sta in carcere è sempre possibile tenere con lui un rapporto epistolare: è una strada per impedire che la violenza del contesto carcerario lo faccia disperare. Forse l’aiuto maggiore può offerto al termine della pena: un aiuto fatto di vicinanza, di sostegno nel reinserimento lavorativo, nel ricupero di vicinanza, di relazioni più o meno compromesse.

Più grave, in alcuni casi, è la situazione della famiglia. Il coniuge deve portare il peso della solitudine e dell’umiliazione e spesso deve affrontare seri problemi finanziari. I bambini, vittime innocenti, talvolta leggono sul volto dei coetanei lo scherno e il disprezzo: rischiano di veder segnata la loro fanciullezza o adolescenza da un marchio: sono i figli del carcerato.

La pietà cristiana può fare molto: educare la comunità ad evitare assurde condanne e a porsi, invece, in atteggiamento di accoglienza e di solidarietà.

Seppellire i morti

La presenza dei cristiani ai funerali, costituisce il commiato della comunità di fede alla sorella o al fratello partiti per l’incontro definitivo con il Signore. Il culto per la salma di chi ci ha lasciati è la comunità del rispetto e della venerazione dovuti alle persone vive.

Per essere autentico, il culto dei morti deve riflettere un sincero impegno per la vita. Anzitutto la misericordia va usata per i morenti: vi sono coinvolti i presenti, i vicini, il personale sanitario (medici, infermieri), la comunità cristiana nel suo insieme. Tutti sono impegnati ad aiutare i fratelli e le sorelle a morire bene: senza forme di terrorismo psicologico, ma anche senza evasioni. Si devono preparare le persone ad incontrarsi con il Signore, presentando come padre e amico, attraverso la preghiera e la ricezione dei Sacramenti.

È atto di misericordia rasserenare i morenti, assicurando loro la vicinanza solidale alle persone che rimangono, soprattutto se si tratta del coniuge e dei figli in tenera età.

È atto di misericordia anche diffondere una cultura cristiana della morte, inserendola nel contesto della vita umana. La morte non deve mai essere provocata, né dall’alcool, né dalla droga, né da altre violenze o inutili imprudenze; ma quando arriva va accolta nello spirito della fede: è il passaggio verso la comunione definitiva e gioiosa con Dio.

 


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.25
    LE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALI

1. Consigliare i dubbiosi

Le persone insicure, ansiose, psicologicamente fragili, bisognose di essere ascoltate, per chiarirsi interiormente, si incontrano ad ogni passo e in ogni ambiente.

I settimanali sono pieni di lettere confidenziali, nelle quali le persone pongono all'esperto o al direttore problemi e dubbi, che non possono esprimere in un colloquio, perché nessuno è disponibile ad ascoltarle.

Succede, non di rado, che un passeggero nei bus o nei treni, si metta a parlare con chi gli siede accanto, dopo una rapida esplorazione con lo sguardo sulla sua disponibilità Parla delle cose sue, di fatti banali, insignificanti. il colloquio talvolta è solo un pretesto, per spezzare la sua insopportabile solitudine.

Le persone sole sono una moltitudine: ci sono anziani che si sentono e sono considerati inutili, perché improduttivi; ci sono persone con handicap fisici e psichici e ci sono i loro familiari, anch'essi emarginati; ci sono individui accasciati da disgrazie, che lentamente sono diventati misantropi, scontenti.

L'opera di misericordia chiamata in causa da questa moderna e diffusa povertà, si chiama "ascolto": tempo dato all'ascolto, disponibilità ad ascoltare anche quando c'è poco tempo e ci sono molte faccende importanti da sbrigare. La cosa più importante nella vita è la persona, è l'avviare un dialogo, l'aprire un rapporto.

La comunità parrocchiale può facilitare l'esercizio dell'ascolto, individuando sul territorio le situazioni più problematiche e mettendole a contatto con una rete di volontariato ben preparato; oppure avviando un centro di ascolto o il "telefono amico


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.25

                                 2. Insegnare agli ignoranti

Le tipologie di ignoranza sono numerose. La più conosciuta è la carenza di istruzione scolastica elementare. Nel mondo, gli analfabeti sono oltre 800 milioni: sono presenti, in massima parte, nei paesi della fame e del sottosviluppo. Si dà scarsa attenzione nei media a questa piaga dell'umanità: si è più colpiti dall'immagine di un lebbroso, di un bambino denutrito, di una regione bruciata dalla carestia

In realtà dall'alfabetizzazione dipende, in buona parte, la soluzione di altri gravi problemi: la fame, la malattia, la povertà. Chi sa leggere e scrivere può comunicare con gli altri, è più autonomo, ha il senso della propria dignità, è aiutato a cogliere il senso dell'igiene, prevenendo le malattie.

Chi, all'alfabetizzazione, aggiunge la formazione professionale, è in grado di lavorare la terra, di sfruttare le acque e le risorse naturali, di capire i suoi diritti e i suoi doveri, di esigere rispetto, di opporsi allo sfruttamento.

Una strada per combattere l'analfabetismo, qui sta l'opera di misericordia è il finanziamento anche parziale di una "microrealizzazione" di tipo scolastico, proposta dai missionari, o dalla Caritas o da organismi di volontariato. Serve per pagare i maestri, o le attrezzature o il materiale scolastico.

Anche nel nostro Paese ci sono casi di evasione scolastica: sono bambini vittime dell'incoscienza dei genitori, che per un facile guadagno li avviano all'accattonaggio, o a lavori abusivi. Vengono sottratti all'istruzione elementare indispensabile e condannati all'emarginazione. È opera di misericordia individuare le piccole vittime dell'ignoranza, convincere i genitori a ravvedersi ed eventualmente far intervenire l'amministrazione pubblica, per salvare i diritti di piccoli indifesi.

C'è anche l'ignoranza delle verità religiose: è la meno percepita, ma è la più grave, perché impedisce di conoscere Dio e il suo amore e, di conseguenza, di capire il senso della propria vita. Ognuno è chiamato a diffondere il dono della fede, con discrezione, umiltà, coraggio. Alcuni sono chiamati, formalmente, dalla Chiesa a questo servizio di carità: i catechisti. I genitori sono per natura e per vocazione i «primi annunciatori della fede».

3. Ammonire i peccatori

Peccatori da ammonire siamo tutti noi e tutti siamo invitati a richiamare i fratelli che sbagliano. È il senso della solidarietà di chi si sente in cordata. Nessuno deve perdersi: ogni caduta è una sconfitta per tutti. L'egoista, lo scostumato, lo sfruttatore, l'orgoglioso, il pigro, il violento... rendono il mondo più povero e rubano a tutti un po' di fierezza umana.

Ci sono poi colpe che divengono facilmente contagiose e creano un malcostume sociale, sempre più difficilmente sanabile:

l'uso sregolato della propria sessualità, l'infedeltà coniugale, il disprezzo della vita, la guida pericolosa, la trasgressività fine a sé stessa, l'illegalità, la corruzione, l'evasione fiscale, l'inquinamento e il non rispetto dell'ambiente, le spese inutili e capricciose...

Assistere a questo degrado passivamente, può essere indice di complicità. Il Signore Gesù ci ha indicato il comportamento coerente dicendoci: «Se tuo fratello commette una colpa, va e ammoniscilo, fra te e lui solo: se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello» (Matteo 18,15).

La correzione fraterna è un'arte difficile: esige delicatezza, rispetto> discrezione, gradualità, umiltà. In ogni caso è un dovere cristiano e parte dal principio che ognuno è responsabile dei propri fratelli


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.27

4. Consolare gli afflitti

Le afflizioni sono espressioni di una sofferenza così intensa e continuativa, da generare la prostrazione dell'animo e l'oscuramento della speranza.

Possono provenire dalle cause più disparate: una malattia fisica di cui non si conosce la natura e l'esito; un momento dl gravi difficoltà economiche (un debito che non si riesce a pagare, la stretta dell'usura..); il deterioramento dei rapporti familiari tra marito e moglie, tra genitori e figli; la perdita di stima nell'ambiente di lavoro... L'esito comune e l'angoscia: uno ha l'impressione di non farcela più, si trova come in un tunnel di cui non intravede l'uscita, si sente isolato, abbandonato.
Giustamente, all'opera di misericordia è stata attribuita l'identità di consolazione: «Consolare», stare con le persone sole. È importante infatti in simili momenti sentire al fianco qualcuno disponibile a camminare insieme e insieme cercare una soluzione.

Le due cose vanno abbinate. L'opera di misericordia per essere efficace deve proporsi la scomparsa o l'attenuazione dell'angoscia. Perciò ci si deve adoperare per individuare le cause dell'afflizione e rimuoverle, ad esempio, facendo chiarezza sulla malattia, organizzando solidarietà economiche, facilitando il ricupero del dialogo interrotto in famiglia o della stima nell'ambiente del lavoro.

Talvolta le afflizioni colpiscono intere popolazioni o comunità, a causa di emergenze, quali il terremoto, inondazioni, siccità, guerre... Si è in presenza di un dramma collettivo, nel quale soccombono anzitutto i membri più deboli.

La consolazione in questi casi deve coinvolgere tutta la comunità cristiana. Una formula significativa ed efficace di aiuto è il gemellaggio fra una diocesi o una parrocchia e la comunità colpita. Il gemellaggio è un impegno continuativo ad esprimere vicinanza (con corrispondenza, con visite...) e aiuto concreto, in risposta alle varie tipologie di bisogno che via, via emergono, fino alla conclusione dell'emergenza, in uno spirito di reciprocità. Può essere considerata la traduzione, nei limiti dell'umano, dell'alleanza biblica.

5. Perdonare le offese

Il perdono dei nemici è l'impegno più difficile che ci ha affidato il Signore. Ce lo ha presentato con caratteristiche precise: Come obbligo: «Avete inteso che fu detto. Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico"; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Matteo 5,43).

Come segno della novità cristiana, ossia della nascita alla vita nuova: «...perché siate figli del Padre celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni» (Matteo 5,43).

Come condizione per ottenere il perdono: «Pregate così..."rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori»» (Matteo 6,12).

L'insistenza con cui Gesù ha indicato con la parola e con la sua testimonianza personale la strada del perdono, aiuta a cogliere la ricchezza spirituale che esso contiene: spesso è causa di conversione ed è comunque una strada di evangelizzazione.

Il perdono delle offese è opera richiesta non solo ai singoli, ma anche alle comunità nazionali e internazionali. Senza il perdono, sarà l'orgoglio a dominare la scena del mondo, e con esso la violenza e la guerra. I cristiani che accettano la dimensione della misericordia e del perdono diventano anima di un mondo riconciliato, non violento, pacifico.


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Consiglia  Messaggio 8 di 9 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 01/12/2002 15.28

6.Sopportare pazientemente le persone moleste

Molestia e tutto ciò che disturba la nostra quiete, riduce la nostra sicurezza, scompagina i nostri piani.

Il termine richiama una varietà di immagini: la zingara che ci insegue petulante per estorcerci l'elemosina; l'amico che avvia una lunga conversazione telefonica in un momento in cui siamo pressati di urgenze; l'automobilista scortese; i bambini che giocano sotto le finestre impedendoci di riposare; i vicini di casa che litigano a voce alta come fossero in un'isola deserta.

Ma poi ci sono le molestie più pesanti: i giudizi errati e maligni dati sui nostro operato, l'ingratitudine di chi abbiamo beneficato, il pettegolezzo noioso del vicinato: in alcuni momenti tutto sembra congiurare contro la resistenza dei nostri nervi. La sapienza cristiana ci porta a distinguere tra molestia e molestia.

Ci sono molestie che provengono dalla cattiveria umana, altre che sono espressione di maleducazione, altre infine che scaturiscono da strutture sbagliate. il disturbo dei bambini che giocano, ad esempio, può dipendere dall'assenza di verde pubblico e di spazi per il gioco. Il disturbo dei vicini di casa dipende in buona parte dalle strutture edilizie, progettate all'insegna del massimo risparmio e senza la preoccupazione di salvaguardare la privacy.

Il dovere di sopportare non coincide con il martirio:

* il primo dovere è di evitare noi le molestie agli altri, assumendo l'abitudine dl interrogarci sui riflessi delle nostre azioni;

* un secondo dovere è di impegnarci tutti, per creare una città a misura d'uomo e per alzare il senso civico della comunità e il rispetto delle persone;

* infine dobbiamo accettare i disagi inevitabili. Le piccole croci che scaturiscono dalla convivenza e dalla diversità ci possono aiutare a maturare in umanità.

                                7. Pregare Dio per i vivi e per i morti

Questa è l'unica opera che comporta un esplicito richiamo alla fede. Essa lascia quasi trasparire il senso della nostra debolezza, la fatica a praticare la misericordia nella vita quotidiana:

per questo ci appelliamo alla fonte, affidiamo i nostri fratelli alla misericordia divina.

La preghiera è l'atto più grande di misericordia. In ultima analisi è il Signore che cambia il cuore degli uomini e delle donne; è Lui il padrone della natura e della storia, della malattia e della salute; è Lui l'unico veramente capace di far andare un po' meglio il mondo. La preghiera peri vivi e per i morti è un atto di fede nella realtà del Corpo Mistico. Gesù incarnandosi si è unito ad ogni persona; ha unito tutti gli uomini a sé in un unico grande corpo, del quale Lui è la testa e noi siamo le membra: un corpo nel quale vigono le leggi della comunione, della responsabilità reciproca.

La Scrittura ci invita a pregare per ogni necessità nostra e degli altri. Dobbiamo pregare soprattutto per le persone che il Signore ci ha messo accanto o che ci ha fatto incrociare sul nostro cammino: il sacerdote per i suoi fedeli, la mamma per i figlioli e per il marito, il maestro per gli alunni, il medico per i suoi pazienti e viceversa.

Anche i nostri morti devono entrare nell'orizzonte della nostra preghiera: sono uniti a noi, perché sono uniti a Cristo. E il rapporto è reciproco: noi usiamo loro la misericordia del suffragio, loro implorano per noi la benedizione, cioè tutto ciò che è veramente bene per noi.