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La negazione dell'esistenza di Dio

 

"Il faticoso lavoro per cercare di convinceregli altri che Dio non esiste, in realtà molto spesso non è altro che un costante ricordo di Dio. Dio resta un enigma e un problema continuo, che alla fine trova la sua soluzione in un amore travolgente o in un odio selvaggio". (Cardinale STEFAN WYSZYNSKI, Uva pezzo di pane, Paoline, Alba 1982, p. 124)

 

l. Dovendo attrezzarsi per la battaglia culturale al fine di promuo­vere la ragionevolezza della Fede, per contribuire alla conversione di chi non crede e per difenderla dagli attacchi di quanti la contestano, ogni cattolico deve conoscere almeno le più elementari nozioni che riguar­dano l'ateismo.

 

2. Ateismo (a-Theos = senza Dio) significa negazione di Dio, per­ciò ateo è chi afferma che non esiste Dio.

 

3. È bene ricordare che l'ateismo diventa fenomeno di massa solo nell'epoca moderna, a partire dalla Rivoluzione francese. Mai, in passato, sono esistite civiltà o culture atee. Certamente esistevano singoli atei, ma le loro idee non influenzavano i popoli e le culture.

 

4. Nato in epoca moderna, l'ateismo è già in declino. La società post-moderna, nella quale il cattolico è immerso e dove svolge la sua opera di evangelizzazione, sta riscoprendo la dimensione religiosa. Sono sempre di più i delusi dal materialismo rozzo e volgare e si cercano nuove forme di religiosità, nuovi approcci al divino. Questo è un dato certamente positivo, da considerare attentamente per una proficua opera evangelizzatrice, anche se il cattolico constata, con preoccupazione, una esplosione di nuove religioni che con la vera Fede non hanno niente a che fare.

 

5. Stando ai dati forniti dallo studioso Massimo Introvigne, oggi esistono più di 20.000 nuove religioni. A queste si possono sommare oltre 30.000 confessioni che si definiscono cristiane.

 

6. Torniamo all'ateismo perché, sebbene in declino, non sono rari quelli che negano l'esistenza di Dio. Esso può presentarsi sotto forme diverse. Le principali sono tre:

- ateismo speculativo, o teoretico, o filosofico: è un sistema di pen­siero che nega esplicitamente o implicitamente l'esistenza di Dio.

- ateismo pratico: è un atteggiamento tipico di quanti vivono facendo completamente a meno di Dio, pur non negandone in linea di principio l'esistenza.

- ateismo militante: è una negazione di Dio che sfocia nella lotta violenta contro la Religione ed i suoi rappresentanti. In questo secolo l'esempio più manifesto di ateismo militante si è incarnato nel Comuni­smo, che ha provocato la morte di milioni e milioni di credenti e la distruzione di innumerevoli chiese ed altri edifici religiosi, educando intere generazioni all'ateismo.

 

7. Capita spesso di incontrare persone che si dichiarano atee, che negano l'esistenza di Dio. Come risponde un cattolico a queste forme di ateismo? Innanzitutto, sempre con la preghiera, implorando da Dio la con­versione di chi non crede. Una preghiera elevata a Dio con estrema fiducia, sapendo delle innumerevoli conversioni registrate nel corso della storia. Sol­tanto in questo secolo, per fare qualche esempio tra i più noti, hanno abbandonato l'ateismo uomini del calibro di Alexander Solzenicyn, di André Frossard, di Gilbert Keith Chesterton e di Vittorio Messori.

 

8. Poi il cattolico si attrezzerà per rispondere in modo mirato. All'ateismo teoretico, che è di pochissime persone, quelle che filosofano, bisogna opporsi mostrando la possibilità della ragione, quindi della vera filosofia, di giungere alla certezza intellettuale che Dio esiste. È quanto faremo nei prossimi capitoli.

 

9. All'ateismo pratico, oggi piuttosto diffuso, specialmente tra i giovani, il cattolico risponde mostrando l'insanabile contraddizione che esiste quando si è disposti ad affermare l'esistenza di Dio ma poi non si tiene conto di Lui nella vita di tutti i giorni. Dal punto di vista culturale, questa posizione non merita alcun apprezzamento.

 

10. All'ateismo militante si risponde con il combattimento corag­gioso, denunciando senza mai stancarsi tutto il male che ne deriva all'uomo e i crimini che hanno sempre accompagnato la sua storia. Il Nazional-socialismo ed il Comunismo, due delle più grandi tragedie del nostro secolo (la più grande, almeno per quanto concerne il numero delle vittime, è quella dell'aborto) sono la dimostrazione evidente dei frutti mortali dell'ateismo militante.

 

11. Poiché l'ateismo militante, specialmente quello di stampo marxista, sebbene ormai in declino in tutto il mondo, esercita ancora una certa attrazione, specialmente tra giovani e studenti che ad esso si richia­mano spesso senza conoscerne teoria e metodi, riteniamo opportuno dedicargli uno dei prossimi capitoli, per fornire al cattolico utili argo­menti per la sua battaglia culturale.

 

Agnosticismo

 

12. Agnostico è colui che ritiene la ragione umana incapace di cogliere verità certe su Dio e sull'anima. È un atteggiamento che sfocia, molto spesso, nell'ateismo pratico.

 

13. Immanuel Kant (1724-1804) va sostanzialmente considerato un agnostico, sebbene ammettesse l'esistenza di Dio. Egli però sosteneva che i poteri della nostra conoscenza non possono affermare nulla di sicuro in merito a Dio e all'anima. Sostanzialmente agnostica è anche la posizione dei fautori del cosiddetto "pensiero debole" (per es., Gianni Vattimo), i quali affermano che la ragione non è in grado di raggiungere nessuna verità certa né riguardo l'esistenza di Dio né in merito a valori morali assoluti.

 

14. L'agnosticismo è piuttosto diffuso. Il cattolico gli si oppone facendo ricorso alla ragione e difendendone la capacità di dimostrare l'e­sistenza di Dio.

 

Indifferenza religiosa

 

15. L'indifferenza religiosa è l'atteggiamento di quanti attribui­scono a tutte le religioni lo stesso valore e, nei fatti, finiscono con non seguirne alcuna. Essa sfocia spesso nell'ateismo.

 

16. È un atteggiamento molto diffuso ai nostri giorni. Un certo tipo di inconsapevole indifferenza religiosa lo registriamo anche in ambiente cattolico. Qui, una errata concezione dell'ecumenismo porta molti a credere che essere cattolici, musulmani, ebrei, buddisti o induisti non è poi così decisivo per la salvezza dell'uomo, essendo sufficiente cre­dere in Dio. La Chiesa ha sempre condannato questa posizione. Oltre­tutto, essa disarma le ragioni dell'opera di evangelizzazione che va indi­rizzata non solo verso quanti non credono, ma anche nei confronti di coloro che, pur credendo in Dio, non conoscono la vera religione.

 

17. L'indifferenza religiosa può essere "pratica", cioè di chi non pratica nessuna religione, o "teorica", cioè di chi considera false, dannose e inutili tutte le religioni, pur non escludendo l'esistenza di Dio.

 

18. Come risponde un cattolico all'indifferenza religiosa? Difficil­mente il cattolico può combattere discutendo di Dio e mostrando la ragionevolezza della Fede, perché l'indifferente non si occupa - quindi non trova interessante discutere - di Religione. La battaglia contro l'in­differenza religiosa va affrontata ricorrendo in primo luogo a mezzi spiri­tuali (la preghiera, i Sacramenti, l'offerta di digiuni e sacrifici). Tuttavia, forse uno spiraglio esiste: se l'indifferente si interessa di argomenti secon­dari (antropologia, filosofia, scienza, etc.), si potrebbe tentare di partire dai suoi interessi per giungere alla vetta di Dio.

 

Empietà

 

19. L'empietà è l'atteggiamento di chi nega l'esistenza di Dio, ma giunge fino all'odio e alla bestemmia della divinità.

 

20. Sono purtroppo molti coloro che bestemmiano Dio, ma assai pochi quelli che fanno pubblico elogio della bestemmia. Tra questi segnaliamo Manlio Sgalambro che ha scritto un Trattato dell'empietà.

 

21. Il cattolico, specialmente il militante, combatte l'empietà con mezzi spirituali (preghiera, i Sacramenti, digiuni e sacrifici), evitando lo scontro verbale con l'empio perché spesso gli si dà occasione di bestem­miare ulteriormente. Naturalmente l'empio è un miserabile ed un vigliacco e il cattolico non teme di considerarlo tale: bestemmia Dio che sta nei cieli e possiede infinita pazienza, ma solitamente si guarda bene dal combattere i potenti ed i forti di questa terra, capaci di restituire pan per focaccia. L'empio fa soltanto pena e non merita alcuna stima.

 

Le cause dell'ateismo

 

22. Lo studioso Battista Mondin, nel suo magistrale volume "Dio: chi è?" (editore Massimo), che ha fatto da guida alla nostra esposizione in questo capitolo, elenca alcuni tra i motivi per i quali l'uomo sceglie la via dell'ateismo.

 

23. Il cattolico li deve conoscere a fondo, per dotarsi degli stru­menti necessari alla battaglia contro l'ateismo e per la conversione di chi non crede.

 

24. Alcuni scelgono l'ateismo perché non credono possibile conci­liare l'esistenza di un Dio infinitamente buono con la presenza del male, soprattutto quello sofferto dagli innocenti, nel mondo.

 

25. Il cattolico sa che il male resta sostanzialmente un mistero per l'uomo, anche se il credente riceve dalla Fede risposte chiarificatrici (dopo la Croce viene la risurrezione; molto del male esistente è frutto dei peccati; vi è l'opera del demonio, etc.) e dalla sana filosofia risposte parzialmente soddisfacenti. Ma sa distinguere il male che è mistero (per esempio la sofferenza di innocenti) dal male che è provocato dalla cattiveria umana (per esempio le guerre, la fame, la povertà in genere e molte delle sofferenze sopportate da innocenti), male - quest'ultimo - che troppo comodamente viene attribuito all'indifferenza di Dio per le sorti dell'uomo.

 

26. Altri scelgono l'ateismo perché non sanno conciliare l'esistenza di Dio con la libertà dell'uomo. Se Dio esiste - essi affermano - l'uomo non è libero, e dunque preferiscono eliminare Dio. A costoro si risponde illustrando che cosa sia la vera libertà e mostrando che essa è dono di quel Dio che intendono negare. A questo scopo il cattolico potrà servirsi dell'Enciclica Veritatis splendor, di Giovanni Paolo Il, che offre abbon­danza di argomenti.

 

27. Altri invocano a sostegno del loro ateismo il "cattivo esempio" dei cattolici e della Chiesa. In questo caso, i cattolici, specialmente i mili­tanti che non rifuggono la battaglia culturale per l'affermazione della verità, dopo un serio esame di coscienza e decisi propositi di non peccare più, abbiano il coraggio di smascherare le falsità storiche che vengono promosse dalla cultura laicista dei tempi nostri e non temano di chiedere conto a chi li attacca delle loro opere.

 

28. È quanto suggerisce di fare un agnostico onesto, Leo Moulin. Ecco le sue parole, che andrebbero imparate a memoria dai cattolici: "Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l'essere riusciti a creare nei cristiani, nei cat­tolici soprattutto, una cattiva coscienza, a instillargli l'imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere dalla Riforma sino ad oggi, ce l'hanno fatta a convincervi di essere i responsa­bili di tutti o quasi tutti i mali del mondo. Vi hanno paralizzati nell'au­tocritica masochistica, per neutralizzare le critiche di ciò che ha preso il vostro posto.

Femministe, omosessuali, terzomondiali e terzomondisti, esponenti di tutte le minoranze, contestatori e scontenti di ogni risma, scienziati, umanisti, filosofi, ecologisti, animalisti, moralisti laici: da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c'è problema, o errore, o sofferenza della storia che non vi siano stati addebi­tati. E voi, - così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari per dar loro man forte. Invece io (agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se talvolta del vero c'è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di Cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perché non chiedete a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è avve­nuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche?" (VITTO­RIO MESSORI, Pensare la storia, Paoline, Cinisello Balsamo [MI] 1992, pp. 23-24).

 

29. Certi giungono all'ateismo perché convinti che la scienza ed il progresso tecnologico abbiano finalmente eliminato le superstizioni reli­giose. Grazie alle conquiste della scienza, l'uomo non teme più la natura, non la divinizza come accadeva in epoche passate, ma ne è diventato padrone. L'uomo avrebbe così scoperto che nella natura non vi è alcuna traccia di Dio ma solo leggi che la governano e che sono totalmente comprensibili alla ragione umana.

 

30. Il cattolico risponde invitando tutti i sostenitori di queste tesi ormai obsolete ad aggiornarsi. Da un lato, la cronaca ci informa che pro­prio nei Paesi a maggiore sviluppo tecnologico e scientifico si registra oggi un'esplodere di nuove religioni, segno che il bisogno di Dio è un dato insito nella natura umana, anche nell'uomo della civiltà tecnologica. D'altro lato, proprio la scienza moderna, mentre continua la sua inda­gine sulla natura e arricchisce il suo bagaglio di informazioni, scopre in essa un ordine ed un finalismo che non si riesce a spiegare con le sole conoscenze scientifiche e che rimandano a Dio come loro autore. Pro­prio di questo argomento parleremo in un prossimo capitolo.

 

31. Altri giungono all'ateismo grazie al loro benessere materiale che li induce a dimenticarsi di Dio e a preoccuparsi solo dei propri interessi. Dal punto di vista culturale, questo ateismo non merita alcuna stima. A tutti costoro il cattolico saprà spiegare le ragioni della Fede.

 

32. Altri, infine, scelgono la via dell'ateismo perché consapevol­mente o inconsapevolmente intendono fuggire dalle respopsabilità che derivano dall'ammettere l'esistenza di Dio. Questo è un atteggiamento di viltà, che si vince praticando la virtù e superando le proprie paure. Anche a questi, il cattolico dovrà mostrare le ragioni della Fede, attra­verso una necessaria opera di evangelizzazione.

 

"L'ateismo non è soltanto macchinoso e raro, è anche un fenomeno recente, una bizzarria sostenuta da pochi e da poco tempo nel solo ambiente di certa intelligencija occi­dentale".

(JEAN GUITTON, tratto da VITTORIO MESSORI, Inchiesta sul Cristianesimo Oscar Mondadori, 1993, p. 72)

 

Dio, il male, la libertà

 

"Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". (Gv. 8, 31-32)

 

1. Tra le varie cause che conducono all'ateismo, elencate nel prece­dente capitolo, due di esse meritano una qualche riflessione, preavver­tendo che, anche qui, ci obblighiamo a semplificazioni che a qualcuno potranno apparire persino azzardate.

 

2. La prima della cause che portano alcuni a negare l'esistenza di Dio deriva dalla presenza del male nel mondo.

 

3. Perché, ci si domanda, se Dio è infinitamente e sommamente buono permette che nel mondo si compia il male, perché tollera la soffe­renza degli innocenti, non impedisce le malattie e non ferma gli sconvol­gimenti della natura (terremoti, inondazioni, cataclismi, eruzioni vulca­niche, etc.) che seminano morte e distruzione, colpendo indifferente­mente buoni e reprobi? Perché permette lo svolgimento delle guerre e ogni altra forma di violenza che causano danni spaventosi e atroci dolori anche agli innocenti?

 

4. La seconda delle cause che portano alcuni a negare l'esistenza di Dio riguarda la presunta incompatibilità tra la libertà dell'uomo e la pre­scienza di Dio.

 

5. Se Dio ha previsto l'accadere di tutte le cose, se Dio sa, prima che accada, come mi comporterò, ne consegue che io non sono real­mente un uomo libero. Infatti, Dio non può sbagliarsi, quindi deve cer­tamente accadere quello che Lui sa prima. Ma se deve accadere, vuol dire che è già stabilito, che non sono io a deciderlo, dunque non sono vera­mente libero.

 

6. Un esempio: se Dio conosce, prima che accada, che io commet­terò un delitto, e se è impossibile che Egli si sbagli, quel delitto deve necessariamente accadere e io non sono realmente libero di commetterlo o di evitarlo. Lo dovrò commettere necessariamente.

 

7. Questi due argomenti sono tra i più sfruttati da quanti, negando l'esistenza di Dio, cercano di dare una giustificazione razionale del loro ateismo. È dunque necessario che ogni cattolico sappia come si può rispondere a chi avanza queste obiezioni.

 

Dio e il male

 

8. Per chi non crede in Dio, il male, per lo meno un certo tipo di male, resta un mistero totalmente insondabile, capace anche, talvolta, di condurre alla disperazione.

 

9. Perché ci sono bambini che nascono con gravi handicap o sono colpiti da gravi malattie e sofferenze, mentre altri non lo sono? Perché uomini che tutti considerano buoni, che hanno speso una vita com­piendo gesti di vera e propria generosità verso il prossimo e addirittura verso il nemico, tuttavia soffrono e penano? Perché la morte ha il potere di spezzare crudelmente giovani vite, mentre altri vivono a lungo? Per­ché la povertà, la miseria, la fame colpiscono milioni e milioni di uomini, mentre altri vivono nell'abbondanza e nel lusso?

 

10. Dov'è Dio? Se Egli realmente esistesse, e fosse infinitamente buono, perché non interviene? Per l'ateo la presenza del male non ha ri­sposte. Invece, per chi crede nel Dio dei cristiani, si apre uno spiraglio di comprensione, e anche se il male nella sua complessità resta pur sempre un mistero per il lume della ragione, questo non esclude che la ragione illuminata dalla Fede ne scorga parzialmente il senso, il significato.

 

11. La Fede cristiana dà alcune risposte allo scandalo del male. Dio è infinitamente buono e non può fare né volere il male, sicuramente il male morale, il peccato, che è una offesa fatta a Dio disobbedendo alla sua legge.

 

12. Allora, chi è causa del male? Dobbiamo precisare: il male morale, il peccato, è sempre originato da creature libere, dagli uomini e dagli angeli ribelli, che sono capaci di volerlo e di compierlo. Queste creature libere sono anche responsabili di gran parte del male fisico (guerre, violenze, etc).

 

13. Dio ha creato l'uomo libero, lo ha dotato di libero arbitrio. Proprio in questa libertà risiede uno dei caratteri che fa l'uomo "imma­gine e somiglianza di Dio" (cf. Gn 1,26).

 

14. Ora, l'uomo, abusando della sua libertà, è capace di fare il male. È vero che Dio potrebbe impedirglielo, ma al prezzo di togliergli la libertà, di contraddirsi, di annullare un carattere dell'umanità che Egli stesso ha voluto, eliminando un dato che rende l'uomo immagine e somiglianza di Dio. In altre parole: Dio dovrebbe correggere la sua opera creatrice e quindi ammettere implicitamente di essersi sbagliato. Smetterebbe, con questo, di essere Dio.

 

15. Dio non può contraddire se stesso, privando angeli e uomini della loro libertà. Egli tollera che questi possano fare il male, ma nella sua infinita bontà Egli ha deciso di ricavare il bene anche dal male. Suc­cede, talvolta, che un dolore, una malattia, un'esperienza traumatica tra­sformino un uomo e lo facciano avvicinare a Dio, permettendogli in tal modo di conoscere e amare Dio e di ottenere la vita eterna.

 

16. Dunque: il male morale, il peccato, è sempre colpa dell'uomo il quale è colpevole anche di molto del male fisico che esiste nel mondo. Non si può comodamente attribuire a Dio la causa delle guerre, della fame del mondo, dell'ingiustizia. Se l'uomo si comportasse secondo i Comandamenti di Dio e imparasse ad amare il prossimo (e lo può fare, purché lo voglia) le guerre diminuirebbero e la fame verrebbe mitigata.

 

17. Dio consente che l'uomo guerreggi e distribuisca malamente le risorse della terra, per citare solo due mali fisici, perché vuole conservare l'uomo libero (anche di fare il male) e vuole ricavare dal male anche del bene.

 

18. Sentiamo il Catechismo della Chiesa Cattolica: "Dal più grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e l'uccisione del Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini, Dio, con la sovrab­bondanza della sua grazia, ha tratto i più grandi beni: la glorificazione di Cristo e la nostra Redenzione" (n. 312).

 

19. Ma, nonostante questo, insegna il Catechismo "con ciò, però, il male non diventa un bene" (n. 312).

 

20. Riguardo il male, sia fisico (anche quello che non dipende dal­l'uomo, come certe malattie che colpiscono gli innocenti, per fare un solo esempio) che morale, la Fede insegna che esso scomparirà del tutto solo in Paradiso. Il male è entrato nella storia dell'uomo e del mondo con il peccato originale e sparirà solo nella vita eterna.

 

21. Ora, chi non crede in Dio, non può accettare questa spiegazio­ne, che è una verità rivelata da Dio. Tuttavia, nei confronti di chi si di­chiara ateo o agnostico, è opportuno procedere prima dimostrando, con la sola ragione, che Dio esiste e che i Vangeli dicono cose vere; poi, da qui, sarà certamente più facile fidarsi (dunque aver Fede) delle promesse di Gesù Cristo riguardanti la eterna felicità cui siamo destinati nel Paradiso.

 

22. In una prospettiva di Fede, il male fisico assume un significato profondo, un senso, diventa perfino strumento per acquisire meriti davanti a Dio. Ma tutto questo lo si potrà comprendere, anche se parzialmente, solo quando avremo aperto l'intelligenza e la volontà alla Parola di Dio.

 

23. Concludendo: il male fisico e il male morale restano pur sem­pre un mistero. Chi non crede si ferma dinanzi alla constatazione della loro presenza distruttrice di anime e di corpi. Invece, in una prospettiva di Fede, si sa che il male accompagna solo la condizione della vita ter­rena. Per quanto concerne il male morale, il peccato, certamente non può essere voluto da Dio ed è da attribuire solo agli uomini e agli angeli ribelli. Invece, riguardo al male fisico: "Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene, per vie che conosceremo pienamente nella vita eterna" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 324).

 

Dio e la libertà

 

24. Posto che Dio esista e sia infallibile, posto che sia onnisciente, dunque che tutto conosca, ne dobbiamo trarre la conseguenza che Egli sa tutto senza mai sbagliarsi.

 

25. Se Dio sa tutto, sa anche che una certa persona si salverà in pa­radiso o si dannerà all'inferno. E non solo: Egli sa persino se questa de­terminata persona commetterà o meno un delitto. E poiché non può sbagliarsi, sarà necessario, obbligatorio, che quella persona vada in Para­diso se Dio lo ha previsto o all'inferno se ha previsto il contrario. E sarà anche necessario, obbligatorio, che commetta o meno un delitto, se Egli ha previsto che questo debba accadere o non.

 

26. Così sarà per ogni azione, per ogni pensiero, per ogni pur pic­colo desiderio di qualunque uomo: se Dio ha previsto una cosa e non può sbagliarsi, questa cosa deve necessariamente accadere.

 

27. Ma il risultato di tutto questo, se fosse vero che Dio esiste e sa tutto, è che l'uomo non è libero di scegliere. Tuttavia, poiché si constata nei fatti che l'uomo è libero (può fare una cosa o non farla, può prendere una decisione o un'altra, etc.) ne consegue che Dio non può sapere tutto con infallibile certezza, dunque non esiste alcun Dio onnisciente.

 

28. Vediamo come un cattolico può rispondere a questa obiezione.

 

29. Dio, onnisciente, sa certamente tutto. Ma non lo sa prima che accada. Sottolineo quel "prima" che accada. Dio non vede prima tutto quello che accadrà dopo, e qui sottolineo "dopo".

 

30. "Prima" e "dopo" sono avverbi di tempo e riguardano solo l'uomo e il creato che vivono nel tempo, con un passato, un presente ed un futuro.

 

31. Dio è fuori del tempo. Egli non sa prima, Egli sa e basta. Egli non vede prima, vede e basta. La libertà dell'uomo è salvaguardata, cia­scuno di noi può decidere di fare una cosa o non farla, può scegliere una cosa piuttosto che un'altra e può sperimentare questa sua libertà.

 

32. Ma riguardo a Dio il discorso è diverso. Egli "non anticipa il futuro, come noi facciamo, perché dinanzi a Lui non sussistono né il passato né il presente né il futuro, ma tutta la successione sia pure infinita del tem­po con un atto d'intuizione omogeneo alla sua semplice natura" (LUCA ORBETELLO, Introduzione a SEVERINO BOEZIO, La consolazione della filosofa. Gli opuscoli teologici, Rusconi, Milano 1979, p. 65).

 

33. La prescienza di Dio è certamente la conoscenza infallibile di tutto, di tutti gli eventi, di tutti i pensieri, di tutti i desideri, di tutti i moti dell'anima, ma soltanto per noi questi sono futuri, per noi che viviamo nel tempo; non per Dio che vive eternamente fuori del tempo.

 

34. Allora, l'obiezione: Dio sa prima ciò che accadrà dopo, dunque l'uomo non è libero di scegliere; è mal posta e viene a cadere, perché "prima" e "dopo" non si possono dire di Dio, ma solo di noi uomini e del creato intero.

 

35. L'esistenza di Dio e la sua prescienza non pregiudicano affatto la libertà dell'uomo.

"Dal più grande male morale che mai sia stato com­messo, il rifiuto e l'uccisione del Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini, Dio, con la sovrabbon­danza della sua grazia, ha tratto i più grandi beni: la glorificazione di Cristo e la nostra Redenzione". (CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, n. 312)