00 25/09/2011 09:24

 

MA POI, SAN FRANCESCO,

 ERA DAVVERO IL CICCIOBELLO CHE DICONO? 2

 

S. Francesco d’Assisi:

da santo stigmatizzato a santo “mutilato”

 

PARTE SECONDA e FINE

Avete capito male: l’Indulgenza riguardava la pena non l’assoluzione dei peccati. Benedetto XVI: quella preghiera che sapevo certamente esaudita.

E dinanzi al Francesco trasformato in lacchè dei cattocomunisti (alla Bernabei), pure Sandro Magister perse la pazienza. I frati talvolta parlano senza capire, ok; ma Chiara Frugoni, invece, parla capendo benissimo (di mentire). Gli hanno tolto la preghiera, l’adorazione, la penitenza, la croce; l’hanno lasciato solo a parlare con gli animali: un matto! Cosa resta dell’antico carisma francescano nei suoi figli religiosi: in cosa lo hanno tradito? Il tradimento più grande (per tacer del pollo sgozzato sull’altare).

E “alli boni frati” il papa tolse la bandiera della pace… secondo il mondo (quella di Lucifero). Il papa ricorda ai francescani di Assisi che la devono piantare col Francesco “mutilato” anzichè “stigmatizzato”. A proposito: vogliamo parlare del “Tau”?! no, non è la stessa cosa di una testa mozza di Che Guevara. Concludiamo con un canto francescano: falso (naturalmente)

 

 

Al contrario, Francesco – insieme a tutti i santi, di cui la Chiesa ha redatto le motivazioni per le canonizzazioni, che sono un atto dell’infallibilità stessa – è veramente santo. Probabilmente è vero che spesso rasentava il rischio di oltrepassare i limiti consentiti, come è stato già spiegato, ma è proprio quando i limiti non vengono superati (e la volontà umana resta fedele all’ortodossia della fede) che la persona diventa santa. Per tutti i santi valgono le parole dell’Apostolo Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede…”: naturalmente, la fede della Chiesa Cattolica e nessun’altra.

Come è stato ampiamente mostrato, l’identità di Francesco è stata compromessa. Ne è prova sia l’attenzione che il Papa ha dedicato al santo in diverse Catechesi, centrate proprio sul Francesco storico ed ecclesiale

 

 

 

di Tea Lancellotti

 

 

AVETE CAPITO MALE: L’INDULGENZA RIGUARDAVA LA PENA NON L’ASSOLUZIONE DEI PECCATI…

Curiosa espressione di papa Onorio III mentre ascolta interessato questo fraticello sui generis: Francesco l’assisiate

Chi è il vero san Francesco? in cosa è l’immagine per antonomasia dell’ortodossia portata allo zelo estremo?

Il vero san Francesco, oggi, a mio parere, lo ritroviamo nel “Perdono di Assisi” dove ritengo sia racchiuso tutto il suo essere e il suo pensiero.

Illuminante, in tal senso, è l’opuscolo che nel 2005 Benedetto XVI ha dedicato proprio a questo “Perdono d’ Assisi”, riproponendo, per altro, la sua stessa esperienza.

“Voglio mandarvi tutti in Paradiso”: in questa affermazione si trova il vero san Francesco, con tutto quello che, naturalmente, comporta perché in Paradiso non si va se non per la via stretta dell’ortodossia dei Comandamenti – tutti: nessuno è escluso – che è la via “ordinaria”. Non ci si va senza penitenza, non ci si va se non si è “poveri” bisognosi del Perdono, della misericordia di Dio…

Possiamo citare brevemente il passo dalle Fonti:

(FF 3391-3397): «Insieme ai vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, Francesco disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in paradiso!”». Poco prima, il santo si era recato dal papa Onorio III, che in quei giorni si trovava a Perugia, per chiedergli il privilegio dell’indulgenza plenaria per tutti coloro che in stato di grazia, nel giorno del 2 agosto, avrebbero visitato questa chiesetta, dove egli viveva in povertà, aveva accolto s. Chiara, fondato l’Ordine dei Minori per poi inviarli nel mondo come messaggeri di pace. Alla domanda del Papa: «Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?», il santo rispose: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: «Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento; questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni».

Per lucrare l’indulgenza occorre essere in “stato di grazia”: più chiaro di così non si può! Nessuno sconto al peccato. L’indulgenza riguarda infatti la pena, non l’assoluzione dei peccati senza essersi confessati e senza essersi convertiti.

 

 

BENEDETTO XVI: QUELLA PREGHIERA CHE SAPEVO CERTAMENTE ESAUDITA

Un successore di Onorio III, Benedetto XVI spiega ad Assisi di nuovo "alli boni frati" chi era il Fondatore che hanno sfigurato

Racconta il papa Benedetto XVI, in un passo molto significativo perchè parla anche di se stesso:

“Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l’indulgenza, in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera. Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’indulgenza (qui vi suggeriamo di leggere il testo integralmente perché spiega altre cose interessanti), era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti…”

Che cosa è stato portato alle estreme conseguenze?

Non è semplice racchiudere una risposta esauriente in poche righe e, in parte, quello che occorre dire è stato spiegato nella prima parte dell’articolo [vedi nella home la Parte 1]: la trasformazione di un “santo” in una una sorta di “mito, decattolicizzandolo” è già una risposta coraggiosa.

 

 

E DINANZI AL FRANCESCO TRASFORMATO IN LACCHÈ DEI CATTOCOMUNISTI (ALLA BERNABEI), PURE SANDRO MAGISTER PERSE LA PAZIENZA…

Sandro Magister

Il 10 ottobre 2007, Sandro Magister scrive un breve e durissimo attacco all’ennesimo tentativo di far passare san Francesco come “pacifista”. Rivediamone alcuni punti salienti.

 

San Francesco pacifista, ennesima bugia della tv.

- Ma che san Francesco è quello portato in tv dalla Lux Vide del “cattolicissimo” Ettore Bernabei? Quando il racconto ha toccato il tasto delle crociate, quel che sappiamo dai resoconti dell’epoca è stato capovolto come una frittata.

- Davanti al sultano Malik al-Kamil, san Francesco non chiese affatto perdono per l’offensiva dell’esercito cristiano. Dalla testimonianza di frate Illuminato, che l’accompagnò nella missione, sappiamo che il santo disse invece:

I cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perché voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla sua religione quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi”.

- Quanto poi al dialogo interreligioso, sappiamo da san Bonaventura che san Francesco col sultano andò subito al sodo, mettendo nel conto che rischiava il martirio: “Predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo”.

E quando capì che nessuno gli dava retta? ‘Vedendo che non faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare il suo sogno, preammonito da una rivelazione divina, ritornò nei paesi cristiani’.

- Contro le moderne “mutilazioni” di san Francesco è utile ripassare quanto ha detto Benedetto XVI ad Assisi, lo scorso 17 giugno:

Perché san Francesco ‘è un vero maestro’ per i cristiani d’oggi”.

Confesso che non conosco il Bernabei citato da Sandro Magister, ma conosco molti francescani che hanno predicato il medesimo Francesco pacifista, e spesso nelle omelie domenicali; così come ho conosciuto, è giusto dirlo, alcuni (purtroppo pochi) che si mantengono all’interno dell’ortodossia di un san Francesco ecclesiale e dottrinale.

 

 

I FRATI TALVOLTA PARLANO SENZA CAPIRE, OK. MA CHIARA FRUGONI, INVECE, PARLA CAPENDO BENISSIMO (DI MENTIRE)

La medievista Chiara Frugoni. Sorriso bonario da suora e cieca furia ideologica

E’ onesto sottolineare che le voci peggiori di un Francesco “distorto” non provengono dai suoi frati (molti dei quali hanno avuto “solo” la debolezza di sposarne un’immagine deformata perché, spesso, il vero san Francesco non è conosciuto neppure da loro), ma da una storica medievista italiana, Chiara Frugoni, che sul santo ne ha scritte di cotte e di crude, spingendosi perfino a parlare di “invenzione delle stimmate”. E’ lei oggi la principale “fonte” – specialmente in campo catto-progressista – del Francesco pacifista, del Francesco contro il papato, contro le Crociate, perfino contro le Indulgenze. Tanto per fare un esempio, spiega la Frugoni:

«Francesco non era un asceta. Ammirava il creato. Amava il cibo, purché consumato con parsimonia. Quando sta per morire chiede a una matrona romana, sua amica spirituale: “Portami quei mostacciòli, che mi piacciono tanto!”. E lei glieli offre. In un tempo in cui tutti sono molto osservanti quanto a regole ed astinenze, dice ai suoi: “Se vi offrono un pollo di venerdì, mangiatelo, perché è essenziale che percepiate la carità di chi lo offre”. Un novizio, dedito a digiunare per sacrificio, una certa notte si sente morire. Lui, Francesco, lo rimprovera: “Non fare più così”. Poi fa accendere le lucerne e indice una cena con tutti i frati». Un agguato in pieno stile progressista: ideologico e autodemolitorio. Vediamo come stanno veramente le cose.

C’è del vero nei racconti sul santo (a parte la storia di un Francesco morente che, in mezzo agli spasmi del dolore, chiede i mostaccioli: altre fonti, infatti, sostengono che il racconto non sia vero), ma questi vanno letti nel contesto. Come abbiamo spiegato in precedenza, Francesco “sposa” la povertà e di conseguenza sa benissimo che non può imporla a nessuno: la povertà non è il suo scopo, bensì un mezzo. Se c’è qualcuno che non resiste, la carità e l’umiltà di riconoscere il proprio limite conducono alla seconda povertà biblica, quella del cuore. In tal senso la prova del digiuno e la prova dell’estrema povertà hanno prodotto l’effetto che ci si prefiggeva: l’umiltà del riconoscersi limitati (Francesco non attribuisce mai a se stesso i meriti del suo successo nella penitenza), la semplicità, la povertà di spirito.

Come è stato già ricordato, il tempo in cui visse il santo è quello dei Catari-Albigesi, i “puri”, per i quali il digiuno era lo scopo, era uno strumento di tortura e di ricatto, era un obbligo anche di fronte alla malattia, essendo il fondo della loro dottrina eretica, nemico della vita stessa, sostanzialmente tendente alla distruzione fisica, al suicidio (è loro la teoria che non ci si debbe più riprodurre). San Francesco invece non fa altro che comportarsi come dice Cristo: “In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”» (Lc 10, 5-9). E’ ovvio che, per Francesco, la pratica dell’autentica povertà si applica principalmente all’interno della comunità, proprio perché ci si può anche aiutare nel perseguire tale virtù. E, quando si va in giro a predicare, occorre raccogliere anche la carità della gente, il cibo che le persone possono offrire…

 

 

GLI HANNO TOLTO LA PREGHIERA, L’ADORAZIONE, LA PENITENZA, LA CROCE. L’HANNO LASCIATO A PARLARE SOLO CON GLI ANIMALI: UN MATTO!

Tutto questo non può essere usato per dire che san Francesco non era un’asceta! Ed anche se “ammirare il creato” non fa di lui un asceta, egli lo era ogni volta che leggeva la Scrittura perché la “incarnava in sè”, gli dava vita, gli diventava via, gli indicava la Verità. Togliendo al Francesco ecclesiale la preghiera, che era il suo vero e principale nutrimento, togliendogli l’adorazione, che faceva sovente ai piedi del Crocefisso e davanti al Tabernacolo, è ovvio che lo si trasforma in un pacifista sornione, in un visionario che parlava agli animali… un matto inoffensivo, in pratica.

La Frugoni, da studiosa e ideologa, riporta dei fatti raccolti dalle fonti, ufficiali e non. Tuttavia il suo errore consiste nell’interpretazione che offre di questi, mettendo in bocca a Francesco il suo personale anticlericalismo, nemmeno troppo velato, trasformando il santo in un rivoluzionario assai particolare, insofferente verso la Chiesa…

Secondo la medievista, Francesco non attacca direttamente la Chiesa, ma “la contesta nei fatti”. Spiega, ad esempio, che la richiesta del Perdono di Assisi in realtà era contro le Indulgenze, interpretando, a modo suo, la frase a noi già nota (la riportiamo ancora, ripetersi serve talora): «Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?», il Santo rispose: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: «Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento; questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni». Questa ripetizione, vi è stata utile o no, a capire da voi stessi, la malafede dell’interpretazione dell’ideologa medievista Frugoni? Rileggete, in caso.

In verità, spiega papa Ratzinger, la richiesta di Francesco serviva proprio per facilitare i poveri, coloro che non potevano recarsi in Terra Santa o in nessun altro Pellegrinaggio per ottenere le indulgenze. Pertanto, le disposizioni sul come lucrare un’indulgenza non vengono affatto contestate dal santo, ma egli chiede al Papa un nuovo metodo che favorisca i poveri e il Papa viene incontro alla sua richiesta. Questa – e solo questa – è l’interpretazione!

L’immagine di un Francesco pio e devoto sarebbe, invece, per la Frugoni, una invenzione di san Bonaventura. Pur facendo molte ricerche, trovo assolutamente inspiegabile perché la studiosa non abbia trovato “prove” di un altro santo che smentisca la santità di vita che san Bonaventura ha attribuito a Francesco!

Resta palese che la cosiddetta “questione francescana” è purtroppo una realtà, causata dalla spaccatura interna ai tre Ordini, molto in competizione fra loro, tale da spingere ognuno di essi a dipingersi un Francesco a propria immagine, seguendo le mode del momento.

Ciò che è importante è, come diciamo sempre, la “parola della Chiesa e la sua interpretazione”. Pietro Valdo, ad esempio, sarà stato pure un santo per molti nei gesti e nelle intenzioni, ma resta scritto “in terra e in cielo” che era un eretico! Al contrario, Francesco – insieme a tutti i santi, di cui la Chiesa ha redatto le motivazioni per le canonizzazioni, che sono un atto dell’infallibilità stessa – è veramente santo. Probabilmente è vero che spesso rasentava il rischio di oltrepassare i limiti consentiti, come è stato già spiegato, ma è proprio quando i limiti non vengono superati (e la volontà umana resta fedele all’ortodossia della fede) che la persona diventa santa. Per tutti i santi valgono le parole dell’Apostolo Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede…”: naturalmente, la fede della Chiesa Cattolica e nessun’altra.

 

 

COSA RESTA DELL’ANTICO CARISMA FRANCESCANO NEI SUOI FIGLI RELIGIOSI. IN COSA LO HANNO TRADITO?

Non sono una francescana (semmai, sono una terziaria domenicana): pertanto non avrei diritto di rispondere a queste domande, ma siamo “ecclesiali” e, in questa “Comunione dei Santi”, abbiamo il dovere della correzione fraterna e di segnalare ciò che ci appare anomalo.

Torniamo a quello che diceva Francesco e che è stato già riportato in precedenza.

Cap II delle Fonti Francescane: Guai a quelli che non fanno penitenza.

[178/4] Tutti quelli e quelle, invece, che non vivono nella penitenza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e si abbandonano ai vizi e ai peccati e camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri della loro carne, e non osservano quelle cose che hanno promesso al Signore, e servono con il proprio corpo al mondo, agli istinti carnali ed alle sollecitudini del mondo e alle preoccupazioni di questa vita: costoro sono prigionieri del diavolo del quale sono figli e fanno le opere; sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo. Non hanno la sapienza spirituale, poiché non posseggono il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre; di loro è detto: ” La loro sapienza è stata ingoiata” e: ” Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi comandamenti”. Essi vedono e riconoscono, sanno e fanno ciò che è male, e consapevolmente perdono la loro anima.

[178/5] Vedete, o ciechi, ingannati dai vostri nemici, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al corpo è cosa dolce fare il peccato e cosa amara sottoporsi a servire Dio, poiché tutti i vizi e i peccati escono e procedono dal cuore degli uomini, come dice il Signore nel Vangelo. E non avete niente in questo mondo e neppure nell’altro. E credete di possedere a lungo le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, perché verrà il giorno e l’ora alla quale non pensate, non sapete e ignorate. Il corpo si ammala, la morte si avvicina e così si muore di amara morte.”

[178/7] ” Tutti coloro ai quali perverrà questa lettera, li preghiamo, nella carità che è Dio, che accolgano benignamente con divino amore queste fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo scritto. E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, poiché sono spirito e vita. Coloro che non faranno questo, dovranno renderne, ragione nel giorno del giudizio, davanti al tribunale del Signore nostro Gesù Cristo.”

Io credo che queste raccomandazioni di Francesco siano state abbondantemente e “tradite” oggi dai suoi per le seguenti ragioni:

-la penitenza è stata congedata dalle prediche e dalle catechesi;

- il demonio, la sua azione, l’inferno, sono stati messi al bando;

- parlare dei vizi è diventato un tabù o, peggio, antifrancescano.

 

 

IL TRADIMENTO PIÙ GRANDE  (PER TACER DEL POLLO SGOZZATO SULL’ALTARE)

ASSISI 1986. Uno dei giorni più neri del cattolicesimo del XX secolo: l'idolo buddista è posto sull'altare della basilica di Assisi, dopo che per "rispetto" (verso l'idolo) li "boni frati", avevano scacciato il Santissimo dal Tabernacolo. Li "boni frati" si inginocchiarono all'idolo. Oggi non si inginocchiano più neppure alla consacrazione.

Resiste il “Perdono di Assisi”, forse perché è un fatto ecclesiale e non prettamente di “proprietà” francescana: le concessioni le ha fatte il Papa. Inoltre, si può lucrare non solamente recandosi alla Porziuncola, ma in ogni Chiesa parrocchiale. Quindi, il francescanesimo non ne ha il monopolio perché il “Perdono di Assisi” è diventato una “pratica ecclesiale”.

Il tradimento più grande credo, però, sia in quel sincretismo religioso che ha fatto di Assisi la sua capitale. Mi si obbietterà: “guarda che l’ha voluto il Papa”. Certo. Il Papa ha voluto l’incontro interreligioso-ecumenico, ma in quali termini lo ha pensato il Santo Padre e in quali modi, invece, lo hanno realizzato i francescani?

Vittorio Messori riportò il triste episodio accaduto ad Assisi nel 1986: durante il Meeting interreligioso che lì si celebrava, “li boni frati” pensarono di far cosa buona e giusta di ospitare i non cattolici. Fin qui nulla di male: questa era la richiesta del Papa e l’ospitalità non si nega a nessuno. Il problema sopraggiunse, però, quando “li boni frati”, di loro iniziativa, prestarono ai non cattolici l’altare dedicato a santa Chiara, sul quale “sacerdoti” animisti non meglio identificati sgozzarono un pollo per fare il loro sacrificio propiziatorio…

C’è anche un altro episodio poco piacevole. Quello della statua di Budda, messa sull’altare davanti alla tomba di san Francesco, con tanto di ceri accesi, mentre “li boni frati” osservavano attenti la cerimonia sincretista. Dalle foto, rarissime e fatte sparire presto, si vedeva bene perfino qualche frate in ginocchio! Gli stessi che sarebbero capaci pure di prenderti a calci se ti inginocchi a ricevere l’eucarestia, e che peggio, in moltissimi casi, oggi neppure si inginocchiano quando è previsto dal canone alla consacrazie eucaristica. Solo un benedettino lì presente si ribellò a questo sacrilegio osceno, lo additarono come pazzo, “li boni frati”, e lo fecero trascinare via dai carabinieri.

 

 

E “ALLI BONI FRATI” IL PAPA TOLSE LA BANDIERA DELLA PACE… SECONDO IL MONDO (QUELLA DI LUCIFERO: CHE PREPARA LA GUERRA)

Un esempio tipico di "francescana" idiozia clericale

Faccio notare che appena eletto Papa, Benedetto XVI il primo Motu Proprio che scrive e firma (19.11.2005), con l’urgenza di essere immediatamente applicato, è proprio su Assisi, su “li boni frati” e sull’obbedienza che devono al vescovo, naturalmente dopo aver sostituito anche il vescovo….

Da quel momento ci saranno altri cambiamenti. Per esempio, la bandiera della pace: una truffa sincretista, bambinescamente adottata da “li boni frati”, portata in giro come in trionfo e usata perfino come “tovaglia per l’altare” o per accogliere i giovani nelle Messe del Pontefice. Ebbene: Benedetto XVI la farà eliminare dalle manifestazioni cattoliche ecclesiali.

Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che il Papa è arrivato a toccare i punti nevralgici di un’esasperazione francescana spinta “ai limiti del sopportabile”, per nulla fedele allo “spirito del Fondatore”. Tuttavia, ciò che ancora il Papa non ha toccato è la modalità evangelizzatrice interna al francescanesimo modernista. Non credo che ci arriverà con ulteriori atti magisteriali: al Papa sta a cuore l’elemento ortodosso di livello ecclesiale dal quale, spera, si diparta l’autentica Riforma atta a ripulire ogni comunità, non solo Francescana, della Chiesa, dagli abusi seminati in questi ultimi 40 anni…

Come è stato ampiamente mostrato, l’identità di Francesco è stata compromessa. Ne è prova sia l’attenzione che il Papa ha dedicato al santo in diverse Catechesi, centrate proprio sul Francesco storico ed ecclesiale, e sia la visita dello stesso Benedetto XVI ha fatto ad Assisi in occasione (una coincidenza?) dell’Ottavo centenario della conversione di Francesco, nel 2007.

 

 

IL PAPA RICORDA AI FRANCESCANI DI ASSISI CHE LA DEVONO PIANTARE COL FRANCESCO “MUTILATO” ANZICHÈ “STIGMATIZZATO”

Nel Discorso tenuto al Capitolo Generale (altra coincidenza?), il Papa ha esordito con queste parole:

Con la mia odierna visita, infatti, ho voluto sottolineare il significato di questo evento, al quale occorre sempre ritornare, per comprendere Francesco e il suo messaggio. Egli stesso, quasi a sintetizzare con una sola parola la sua vicenda interiore, non trovò concetto più pregnante di quello di penitenza: “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così” (Testamento,1: FF 110). Egli dunque si percepì essenzialmente come un “penitente”, in stato, per così dire, di conversione permanente.[...] Sia dunque per ogni figlio di San Francesco saldo principio quello che il Poverello esprimeva con le semplici parole: “La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo (Rb I,1: FF 75).

Al Clero di Assisi, nel suo Discorso, il Papa, con la sua ferma mitezza, ha espresso chiaramente il nucleo di un tradimento allo spirito autentico di Assisi, dicendo:

I milioni di pellegrini che passano per queste strade attirati dal carisma di Francesco, devono essere aiutati a cogliere il nucleo essenziale della vita cristiana ed a tendere alla sua “misura alta”, che è appunto la santità. Non basta che ammirino Francesco: attraverso di lui devono poter incontrare Cristo, per confessarlo e amarlo con “fede dritta, speranza certa e caritade perfetta” (Preghiera di Francesco davanti al Crocifisso, 1: FF 276). I cristiani del nostro tempo si ritrovano sempre più spesso a fronteggiare la tendenza ad accettare un Cristo diminuito, ammirato nella sua umanità straordinaria, ma respinto nel mistero profondo della sua divinità. Lo stesso Francesco subisce una sorta di mutilazione, quando lo si tira in gioco come testimone di valori pur importanti, apprezzati dall’odierna cultura, ma dimenticando che la scelta profonda, potremmo dire il cuore della sua vita, è la scelta di Cristo. Ad Assisi, c’è bisogno più che mai di una linea pastorale di alto profilo.

[...] è chiaro che la vocazione dialogica di Assisi è legata al messaggio di Francesco, e deve rimanere ben incardinata sui pilastri portanti della sua spiritualità. In Francesco tutto parte da Dio e torna a Dio. Le sue Lodi di Dio altissimo rivelano un animo costantemente rapito nel dialogo con la Trinità. Il suo rapporto con Cristo trova nell’Eucaristia il luogo più significativo. Lo stesso amore del prossimo si sviluppa a partire dall’esperienza e dall’amore di Dio.

[...] Francesco è un uomo per gli altri, perché è fino in fondo un uomo di Dio. Voler separare, nel suo messaggio, la dimensione “orizzontale” da quella “verticale” significa rendere Francesco irriconoscibile…

Non sembrano, queste, parole di circostanza o dette “per caso”: esse ci spiegano bene il nucleo del problema.

 

 

A PROPOSITO: VOGLIAMO PARLARE DEL “TAU”?! NO, NON È LA STESSA COSA DI UNA TESTA MOZZA DI CHE GUEVARA

Un’ultima riflessione mi sia concessa per il Tau, l’ormai famosa “croce” francescana, che, senza voler giudicare il cuore delle persone, è portata più per superstizione o come talismano, anziché essere usata con lo spirito sensibile di Francesco. Ma cosa significava il tau per il santo di Assisi?

Il tau è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Esso venne adoperato con valore simbolico sin dall’Antico Testamento. Se ne parla già nel libro di Ezechiele: “Il Signore disse: Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono…” (Ez.9,4). Esso è il segno che, posto sulla fronte dei poveri di Israele, li salva dallo sterminio: san Francesco lo collega subito anche al passo dell’Apocalisse 7,2-3 dove si parla di un sigillo posto sulla fronte e lo identifica quale segno di redenzione, segno esteriore di quella novità di vita cristiana, più interiormente segnata dal Sigillo dello Spirito Santo, dato a noi in dono il giorno del Battesimo (Ef.1,13).

Esso fu adottato prestissimo dai cristiani e, per la verità, prima del Crocefisso. Tale segno si trova già nelle catacombe a Roma. I primi cristiani adottarono il Tau perché, come ultima lettera dell’alfabeto ebraico, era una profezia dell’ultimo giorno ed aveva la stessa funzione della lettera greca Omega, come appare dall’Apocalisse: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente dal fonte dell’acqua della vita… Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine” (Ap.21,6; 22,13).

San Francesco d’Assisi, per lo stesso motivo, faceva riferimento al Cristo, l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine, anzi il fine: per la somiglianza che il Tau ha con la croce, ebbe carissimo questo segno, tanto che esso occupò un posto rilevante nella sua vita come pure nei gesti.

Vi è da dire, però, che se il Tau era per Francesco “il segno, il simbolo” – tanto da usarlo anche come firma nelle lettere – il Crocefisso era l’oggetto della sua adorazione: davanti a Lui si inginocchiava, trascorrendo molte ore e aspettando spesso anche risposte alle sue domande. Il tau, dunque, non sostituisce il Crocefisso, come taluni erroneamente credono trasformandolo in una sorta di feticcio. Portare il Tau significa avere risposto sì alla volontà di Dio di salvarci, accettare la sua proposta di salvezza: significa, quindi, convertirci a Gesù Cristo – incarnato, morto e risorto – e non ad una sua immagine generica, privandolo, come spesso avviene, della Sua Sposa, la Chiesa…

 

 

CONCLUDIAMO CON UN CANTO FRANCESCANO. FALSO (NATURALMENTE)

Per concludere, come ciliegina sulla torta, non possiamo dimenticare il famoso canto attribuito a san Francesco: Signore fa’ di me uno strumento della tua pace. E’ uno di quei fiori all’occhiello, fino a qui descritti, di un Francesco “mitico” e pacifista, che nulla ha a che vedere con quello autentico.

Roberto Beretta, in un articolo intitolato Gli apocrifi del Poverello (Avvenire 9 gennaio 2002, p.23), ha scritto:

Tutti conoscono la cosiddetta “Preghiera semplice” – quella che suona: “Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace. Dove è odio, fa’ che io porti l’amore…”- e quasi tutti ne allegano la paternità all’autore del “Cantico delle creature”. Gli storici, peraltro, e gli addetti ai lavori hanno sempre saputo invece che tale suggestiva orazione è tutt’altro che francescana: infatti ha un secolo d’anzianità al massimo e non è stata neppure composta da un frate minore; l’attribuzione al Poverello si deve al fatto accidentale che essa fu stampata una volta sul retro di un santino di Francesco d’Assisi…

Certo: la “Preghiera semplice” è un inno alla pace, all’amore, insomma alle virtù cristiane che ben corrispondono all’immagine di san Francesco divulgata popolarmente. Ma si tratta comunque di uno stereotipo: è corretto alimentarlo senza ricorrere alle fonti originali? Padre Willibrord-Christian van Dijk, un cappuccino che ha studiato la vicenda della “Preghiera semplice” per 40 anni, ha notato, per esempio, la stranezza di attribuire a un “santo che passa per essere un grande mistico cristiano un testo che non s’indirizza a Gesù Cristo e nemmeno lo nomina, né vi si trova alcuna citazione evangelica o biblica”. Osservazione pertinente, visto che tutte le preghiere autentiche di Francesco sono nient’altro che centoni di frasi desunte dalle Scritture e/o dalla liturgia…

San Francesco non è un “archetipo” astratto, bensì un personaggio storico; e come tale merita di essere trattato anche nell’esame dei suoi scritti. Con metodo rigoroso, infatti, lo studioso francese arriva a risultati pressoché definitivi sull’origine della “Preghiera semplice”: la sua più antica stampa conosciuta risale al dicembre 1912, quando l’orazione comparve sulla pia rivista parigina La Clochette (“La campanella”), bollettino mensile della Lega della Santa Messa: era anonima, ma forse attribuibile al direttore del periodico stesso, il prete poligrafo normanno Esther Auguste Bouquerel.

Di lì a poco la strofetta fu ripresa da un’altra rivista francese e quindi, nel 1916, sulla prima pagina dell’Osservatore romano, che la lanciò internazionalmente come invocazione per la pace.

L’abbinamento col saio del grande Assisate avviene dopo il 1918, quando il cappuccino padre Etienne Benoit stampa il testo dell’orazione sul retro di un’immaginetta destinata al suo terz’ordine e recante in facciata la figura del Fondatore: “Questa preghiera riassume meravigliosamente la fisionomia esterna del vero figlio di san Francesco”, scrive il religioso. E’ un santino, dunque, l’origine della falsa attribuzione francescana, che però diventa esplicita per la prima volta nel 1927 in una pubblicazione protestante: i cattolici infatti rifiuteranno tale abusiva paternità almeno fino agli anni Cinquanta…”

Chiudiamo così, con un falso, uno dei tanti, questa ricapitolazione del Francesco autentico .

 

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Nota

Rileggendo l’articolo e la prima parte… noto con immenso piacere il duro lavoro di Claudia Cirami, dello staff di “papalepapale” perchè mi rendo conto solo ora del ciclopico lavoro svolto nel dare forma e sostanza alla raccolta dei dati su san Francesco che ho inviato alla Redazione per mezzo di Mastino :-)

Cara Claudia, grazie di cuore ;-)
se qualcuno riuscirà a comprendere la vera grandezza di san Francesco d’Assisi, molto sarà opera tua e senza dubbio il lavoro di squadra che sempre funziona quando ognuno da il proprio contributo…

Siamo vicini al 4 ottobre, festa del Santo Patrono d’Italia, rimettiamo a lui le buone intenzioni di questo lavoro e che torni a risplendere di verità san Francesco d’Assisi….
Ancora mille ringraziamenti per questa opportunità,
Tea


 

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)