00 27/02/2010 19:48
Conferenza dell'arcivescovo Claudio Maria Celli in Bangladesh

La comunicazione del Vangelo ai tempi di Internet


Insistere sulla priorità della comunicazione nella vita della Chiesa, soprattutto nel mondo dei nuovi media, rivelatisi terreno fertile per la diffusione del messaggio cristiano. È quanto auspicato dall'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, durante un incontro svoltosi nei giorni scorsi a Dhaka su iniziativa della Conferenza episcopale del Bangladesh.

Nel suo intervento il presule ha evidenziato in particolare come le nuove tecnologie offrano l'opportunità di accrescere le relazioni, il dialogo, la preghiera e la testimonianza del Vangelo. Come dimostrato dal locale centro di telecomunicazioni, che monsignor Celli ha visitato e lodato quale realtà in cui "musulmani, indù e cristiani lavorano fianco a fianco" all'insegna dello spirito di "solidarietà, pace e giustizia", in contrasto con la logica del fondamentalismo a sfondo confessionale
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Il Bangladesh è uno dei Paesi a più alta densità demografica del mondo:  su 144.000 chilometri quadrati di territorio vivono 156 milioni persone, tra le quali oltre dieci milioni di internauti. Di conseguenza l'arena digitale è anche qui una realtà fondamentale per l'annuncio evangelico. Per questo, rivolgendosi ai numerosi vescovi, giovani sacerdoti e seminaristi presenti, il relatore ha ricordato che la sua visita nel Paese asiatico ha avuto come obiettivo anche quello di "spingere" la Chiesa locale "nell'immenso mondo virtuale" secondo quanto indicato da Benedetto XVI. Per questo il suo discorso ha mirato a fare luce sulle sfide poste da Internet alla comunicazione del Vangelo.

La prima sfida è quella di "non pensare solo agli sforzi individuali delle persone", ma di "pensare a come la Chiesa, in quanto unità, sta comunicando".

Una seconda sfida è quella della velocità. "Dobbiamo essere in grado - ha detto l'arcivescovo - di rispondere rapidamente. E dobbiamo riuscire a farlo nelle varie lingue in cui i dibattiti si stanno svolgendo".

C'è poi l'aspetto dell'interattività. "Bisogna stare attenti - ha messo in guardia - al fatto che, nelle risposte individuali a questioni specifiche, non venga investita tutta l'autorità della Chiesa. Non possiamo permettere che ogni risposta a una domanda su Internet venga intesa come una posizione ufficiale della Chiesa. Bisogna sviluppare buone strutture delegate, che permettano di rispondere a livello locale con un linguaggio appropriato".

Un'altra delle sfide della cultura digitale riguarda il linguaggio. "Nella Chiesa siamo abituati - ha proseguito - all'uso di testi come nostro primo strumento di comunicazione. Molti dei siti creati da istituzioni ecclesiali continuano a utilizzare tale linguaggio. Nella rete si possono trovare omelie, discorsi e articoli meravigliosi". Ma - ha avvertito - il pubblico giovane della rete è abituato a un linguaggio differente, più visivo, radicato nella convergenza di testi, suoni e immagini. "Molti dei testi sono creati pensando a un particolare tipo di utenza, desiderosa di studiare e analizzare, ma il loro fascino può essere limitato per quanti navigano sul web e si spostano molto velocemente. Le difficoltà aumentano quando i testi utilizzano una terminologia e forme di espressione percepiti come incomprensibili".

Nell'affrontare questa sfida il modello per i cattolici è sempre Cristo, che ha parlato ai propri contemporanei con parole, storie e parabole, ma anche con atti e azioni. "Proprio come le vetrate delle cattedrali medievali parlavano agli analfabeti - ha proseguito monsignor Celli - dobbiamo trovare forme di espressione che siano appropriate per una generazione descritta come "post-alfabeta"".

Del resto, nel corso della storia la Chiesa ha imparato a proclamare il messaggio immutabile di Cristo con nuovi idiomi e modi adeguati a differenti contesti, anche se "il nuovo linguaggio resterà accanto ad altri linguaggi della tradizione". E a chi si preoccupa della banalità del linguaggio digitale per poter esprimere la profondità del messaggio cristiano, il presidente del Pontificio Consiglio ha risposto che "non si tratta di un linguaggio che sostituirà quello preciso del dogma e della teologia né quello ricco dell'omiletica e delle Scritture o della liturgia, ma servirà da punto di partenza per un contatto con quanti sono lontani dalla fede".

Un'ultima sfida evocata da monsignor Celli attiene alla democraticità del panorama della rete. "Una grande enfasi - ha detto - è posta sul fatto che la rete è aperta, libera e egualitaria. La Chiesa cattolica ha molti di questi valori, ma è anche un'organizzazione fortemente gerarchica, che valuta correttamente le idee della sua tradizione. Ciò significa che dobbiamo pensare a come impegnarci con il dialogo che fluisce più liberamente su Internet, dove molto spesso le persone vengono giudicate in base alla novità, all'originalità e al linguaggio dell'esposizione e non in base ai contenuti".

Infine un riferimento a un tema molto attuale, con l'esortazione a "prestare attenzione a sapere cosa è vero nella rete", con la richiesta di una "presenza ecclesiale autenticata. Se le persone sono presenti e pretendono di parlare a nome della Chiesa e in fedeltà alla fede, devono averne licenza".


(©L'Osservatore Romano - 28 febbraio 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)