00 23/10/2011 00:15
[SM=g1740733]Ringraziando il sito papalepapale.com inserisco anche qui il testo che mi hanno pubblicato....


E LA CHIESA

CADDE IN MANO

AGLI INTELLETTUALI 1

 

Teologi e pre-Concilio. Teologi e Concilio. Teologi e post-Concilio

Un breve tentativo di analisi. PARTE 1

Così nasce l’apologetica. Un po’ di storia. E sotto il trono di Pio XII covavano i modernisti sperando nella sua morte. In questa nuova teologia (che era una nuova ideologia) cadde anche Ratzinger. “Finalmente” Pio XII muore. Quei vescovi finirono fucilati a causa del sostituto Montini?

 

 

Negli anni del Concilio Vaticano II balzano agli onori delle cronache i più fulgidi esponenti della “Nouvelle Theologie” (e non solo), teologi francesci, tedeschi, svizzeri in genere. Il Concilio in un certo senso diventa “loro” (o così pensano). In altri concili, così come accadde per altre riforme liturgiche, l’opera di approfondimento e attualizzazione del dogma cattolico è sempre stata ad opera dei santi più che dei teologi. Perché questa improvvisa importanza degli intellettuali?

 

 

di Tea Lancellotti

 

 

COSÌ NASCE L’APOLOGETICA. UN PO’ DI STORIA

Prima di avventurarci nei particolari del nostro tempo, è fondamentale chiarire che cosa si intende per “Nouvelle Theologie” (nuova teologia). Una Teologia che si rispetti, infatti, non nasce dal giorno alla notte, ma segue uno sviluppo continuo che poi, a seconda di una più o meno fedele ortodossia, la Chiesa valuterà come attendibile oppure come erronea, quando non proprio eretica. Ricordiamoci che i teologi, seppur non tutti ortodossi e pochi dottori o canonizzati, sono sempre stati considerati i detentori della sapienza a seconda dei carismi “dati ad ognuno”, come spiega san Paolo, e che, a modo loro, hanno comunque aiutato la Chiesa nelle sue riforme storiche.

Faremo qui esclusivamente una breve, ma necessaria, ricostruzione storica. Il primo grande teologo che tutta la Chiesa contempla e mantiene come fondamento è san Paolo, per via delle lettere canoniche entrate nel Nuovo Testamento, quale materiale più antico e completo che abbiamo. Da qui si sviluppa la teologia della Chiesa in campo dottrinale, etico e morale: basti ricordare, come esempio, il primo Concilio di Gerusalemme a cui si accenna nel capitolo 15 degli Atti.

Nei tempi della “patristica”, si avrà uno sviluppo molto controllato della teologia a causa delle tante eresie che continuamente nascevano: severità soprattutto verso il giudaismo per una corretta comprensione alla fondamentale necessità della conversione senza la quale non vi può essere alcuna comunione; severità anche verso l’espansione del paganesimo, così come contro lo gnosticismo che pretendeva un cristianesimo mitologico e dualista. Da questo scaturisce, fin dal I secolo, la cosiddetta apologetica che non è altro che l’eloquenza in difesa della dottrina cristiana.

Non tratteremo qui di Origene e di altri scrittori ecclesiastici, spesso usati in modo distorto e contro la dottrina cattolica. Ci preme avanzare nel tempo per sottolineare come tutto questo fosse in comune, ed univa la chiesa cattolica da Oriente, la cui diversità si esprimeva nel rito greco, ad Occidente, la cui diversità si evidenziava nel rito latino. Con la fioritura dei monasteri e il conseguente avvicinamento agli studi dei monaci, la teologia compirà ulteriori sviluppi nella sua specifica caratteristica: “contemplatio, meditatio, ruminatio” della Sacra Scrittura attraverso gli scritti dei Padri e delle loro interpretazioni approvate dalla Chiesa. In questa nuova teologia, che non vuol dire inventata, ma si riferisce ad un nuovo modo di fare teologia, i monaci introducono le allegorie, figure retoriche in cui ad un’immagine corrisponde un concetto e a questa immagine viene data l’interpretazione necessaria alla sua comprensione, perseguendo costantemente l’ortodossia di tutta la Chiesa, arricchendola.

Con sant’Agostino, san Bernardo da Chiaravalle e con Ugo da san Vittore (tanto per citarne alcuni), agli inizi del XII secolo abbiamo una nuova aggiunta al modo di fare teologia. Senza mai distaccarsi da quella apologetica iniziale e da quanto la Chiesa aveva maturato fino a questo periodo, questi teologi inseriscono all’interno della teologia non più soltanto la Sacra Scrittura ma bensì anche tutto il supporto della tradizione orale e di conseguenza anche la cosiddetta “critica storica”.

Nascono le “scuole theologiche”, con la famosa “Scolastica”, che vedrà impegnati gli Ordini “Mendicanti” in nuovi approfondimenti teologici validi per affrontare con innovative predicazioni il proprio tempo, affranto da nuove forme di eresie come quella dei catari-albigesi o del protestantesimo ed altre. Notare come il termine “nuovo” si affaccerà in ogni epoca della Chiesa…

Con san Tommaso d’Aquino, infatti, nel XIII secolo si vedrà un ulteriore e, sostanzialmente, definitivo sviluppo in questo senso della “Sacra Doctrina”, nella quale la dimensione del senso del sacro irrompe nella teologia dandole quell’impronta fino a noi pervenuta. Impronta che sarà rimessa in discussione dalla cosiddetta “Nouvelle Theologie” che si affaccia nel Novecento per poi esplodere prepotentemente sfruttando il Concilio Vaticano II. Tutto questo, naturalmente, merita un approfondimento che ogni lettore potrà compiere per arricchirsi ulteriormente.

 

E SOTTO IL TRONO DI PIO XII COVAVANO I MODERNISTI SPERANDO NELLA SUA MORTE

Alcuni santoni della Nouvelle Thelogie

Negli anni del Concilio Vaticano II balzano agli onori delle cronache i più fulgidi esponenti della “Nouvelle Theologie” (e non solo), teologi francesci, tedeschi, svizzeri in genere. Il Concilio in un certo senso diventa “loro” (o così pensano). In altri concili, così come accadde per altre riforme liturgiche, l’opera di approfondimento e attualizzazione del dogma cattolico è sempre stata ad opera dei santi più che dei teologi. Perché questa improvvisa importanza degli intellettuali?

Perchè questa improvvisa importanza degli intellettuali?

La “Nuova Theologia”, come concetto, non nasce con il Concilio Vaticano II. A fare i pignoli essa comincia a svilupparsi, come concetto moderno, con il Protestantesimo liberale e la sua devastante Sola Scriptura. Con l’Illuminismo (con tutti gli “ismi” raggruppati fino ad oggi), poi, troverà un terreno fertile che esploderà nei primi del Novecento tanto da far intervenire il pontefice san Pio X che, con autentico spirito profetico, condannerà quel concetto di modernismo. Del progressismo ci occuperemo invece più avanti perché i due termini non vanno affatto confusi. La crisi di questa insistente teologia modernista metterà a dura prova anche il venerabile Pio XII che porrà un freno al suo espansionismo con l’enciclica Humani Generis, ma più che un freno questa sarà solo un tamponamento. Tuttavia distingueremo più avanti anche la liceità di questa “nuova teologia” dall’errata strumentalizzazione scaturita dalla lotta fra cattolici conservatori e modernisti…

Alla morte di Pio XII, nel 1958, si presentò un grande dilemma nella Chiesa.

Da una parte il lungo pontificato di Pacelli era stato segnato dal prestigio indiscutibile di un papa che, più passavano gli anni, più concentrava potere nelle sue mani, anche perché era cosciente delle tensioni che crescevano all’interno del mondo cattolico e che Pacelli sepeva fronteggiare: aspetto, questo, che davvero non piaceva ai modernisti.

Dall’altra parte, la Seconda Guerra Mondiale, con i suoi totalitarismi ed orrori, aveva aperto il dilemma non soltanto su nuove possibili distruzioni a livello mondiale, ma soprattutto sulla necessità di un dialogo più aperto verso un mondo che voleva scardinare i valori tradizionali e perfino Dio…

In questo scenario, si rafforzarono alcuni quadri all’interno della Chiesa che credevano più importante aprirsi al dialogo con il mondo, sacrificando la parte magisteriale, dogmatica e dottrinale della Chiesa (i modernisti), mentre si fecero più pressanti quei gruppi definiti poi conservatori, che ritenevano più importante invece mantenere ad ogni costo la purezza del dogma e della morale cattolica, nonostante il pericolo di naufragare, lasciando annegare ciò che si sarebbe potuto invece salvare. In questi quadri si formarono anche gruppi più moderati che, fedeli al Pontefice ed alla Tradizione della Chiesa, sentivano tuttavia la necessità di sostenere un equilibrato progresso interno alla Chiesa e saranno loro, effettivamente, ad essere quell’ago della bilancia ma anche quel fermento che, sostenendo i conservatori ma lasciandosi fuorviare anche dalle iniziative tentatrici dei modernisti, contribuiranno non poco a portare la Chiesa verso un vistoso sbandamento che avrà il suo apice negli anni Settanta.

Nascono così, negli anni quaranta e cinquanta, dei movimenti come quello della Nouvelle Théologie e dei preti operai che mantennero prima una posizione d’avanguardia, tanto da essere tollerati dalla Chiesa, salvo poi, quando furono oggetto di condanna papale, agire più cautamente per poter muoversi efficacemente, cominciando ad infiltrarsi nelle file di coloro che, fedeli ad un corretto e legittimo progresso della Chiesa, diedero sfogo a ciò che venne poi definito progressismo.

Non è un segreto di oggi che molti all’epoca desideravano la morte di Pio XII, considerato il maggior ostacolo alla vera riforma della Chiesa… e non si può negare l’importante ruolo svolto dal cardinale Ottaviani, che si rivelò essere un vero e provvidenziale “angelo custode” per il Pontefice ma anche per la conservazione dottrinale della Chiesa contro la deriva “progressista e modernista”, due correnti che non sono affatto, come dicevamo, la stessa cosa per quanto li si voglia assimilare.

Aderirono alle idee della Nouvelle Théologie teologi come Pierre Teilhard de Chardin, i domenicani Yves Congar ed Edward Schillebeeckx, Hans Küng, Han Urs von Balthasar, Marie-Dominique Chenu, Karl Rahner, Louis Bouyer, Etienne Gilson.

 

IN QUESTA NUOVA TEOLOGIA (CHE ERA UNA NUOVA IDEOLOGIA) CADDE ANCHE RATZINGER…

i teologi conciliari Ratzinger e Congar

In questa ideologia vi caddero in un primo tempo anche Jean Daniélou e persino Joseph Ratzinger… ebbene, e come da lui stesso raccontato nel libro “La mia vita”, lui e Danièlou si dissociarono successivamente e lo stesso Ratzinger spiega bene come questo lo portò in conflitto, tutt’oggi aperto, con Hans Küng. Spiegò Ratzinger: «Mi si rimproverò di aver abbandonato la nuova teologia, in verità e come spiegai a Küng, fu lui a dissociarsi dalla Teologia della Chiesa che ha nell’Aquinate la massima espressione».

Il comune denominatore della Nuova Teologia lo possiamo ricondurre a questa spiegazione: l’ideale di una maggiore libertà della ricerca teologica, scardinata dalle dottrine esistenti, e un pluralismo teologico capace di rimettere in discussione la storia stessa della Chiesa e delle dottrine emanate. Un ripartire da capo con la possibilità di modificare…

Tutto questo non spiega ancora, anzi, non dà una risposta chiara alla domanda, e probabilmente non avremmo mai una risposta soddisfacente. É ancora oggi inspiegabile ed incomprensibile come sia stato possibile far approdare al Concilio questi moderni teologi in chiaro ed aperto dissenso con il Magistero Ecclesiale.

Ancora oggi Karl Rahner è offerto all’interno dei seminari come materiale da studiare ed imparare: sovente si trovano vescovi che negli scritti usano citarlo per suffragare le loro pastorali. Eppure è ben risaputo come egli si sia in qualche modo allontanato dalla teologia cattolica. Sembrano assai chiare le restrizioni e i richiami dei pontefici ad Hans Küng e al domenicano Schillebeeckx: strano, però, è l’atteggiamento che ebbero, invece, verso altri teologi come il domenicano Congar, e il gesuita de Lubac, premiati con il cardinalato, dei quali parleremo più avanti.

Ciò che possiamo dire è che già con il beato Pio IX ci furono scrittori, da lui incoraggiati, quali Sanseverino, Cornoldi, Gonzalez, ecc.. che diedero il via ad una “neo-scolastica”, attraverso cui riportare la fondamentale dottrina rifacendosi alla Scolastica del XIII secolo, dimostrando che le certe verità filosofiche, raggiunte dalla Chiesa, non sono affatto mutabili e non variano secondo le mode dei tempi. Inoltre questi scrittori spiegarono che, se i grandi teologi del Medioevo, come san Tommaso o san Bonaventura, erano riusciti ad armonizzare un sistema filosofico sulle fondamenta dei pensatori filosofi greci come Aristotele, per esempio, allora doveva essere possibile, anche ai giorni nostri, trovare un’armonia tra le verità ottenute, già raggiunte, e le nuovi correnti filosofiche. Tuttavia, proprio con il confronto dialettico con il pensiero moderno, la neo-scolastica, trovandosi di fronte a problemi sconosciuti nel tempo medievale al quale faceva riferimento, comincia a mutare il suo metodo di lavoro, allontanandosi dall’Aquinate, pur rimanendo ancora in linea con il pensiero costante della Chiesa. In tal senso si spiega l’Enciclica di Leone XIII Aeterni Patris del 1879 che dà “alla Neo-scolastica il suo carattere definitivo e ad accelerarne lo sviluppo, in un’ottica in cui si chiede la fusione di principi universali e immutabili con la sintesi delle nuove conoscenze in continuo progresso“.

 

FINALMENTE” PIO XII MUORE

L'ultimo papa interamente romano: Pio XII

Quale che sia la storia, comunque, il perché ci siamo ritrovati al Concilio Vaticano II questi personaggi va ascritto a Pio XII. Nella sua enciclica Humani Generis, è vero che esprime una chiarissima condanna alla Nouvelle Theologie, ma non fa nomi, non emette scomuniche, ma al contrario, tollera e sollecita coloro che esprimono una teologia inquieta, pur definendoli ribelli, a lavorare non per demolire il corpus dottrinale della Chiesa, «ma per arricchirlo». Se apparentemente questa enciclica fu un colpo durissimo per la Nouvelle Theologie e se è vero che questi teologi furono esclusi dall’insegnamento, va detto che già nel 1959 cominciarono ad essere riabilitati uno dietro l’altro, e non certo per opera di Pio XII, che nel ’58 era “finalmente” (per loro) morto. Tuttavia, se egli avesse apportato delle chiarissime condanne, facendo nomi e cognomi, e avesse espresso chiare scomuniche, probabilmente neppure Giovanni XXIII (e non Paolo VI) avrebbe potuto con tanta facilità farli entrare addirittura al Concilio, alcuni di loro persino come periti, spesso come veri leader e maitre a penser. E’ evidente, dunque, che già ai tempi di Pio XII, il concetto di una nuova teologia non era affatto del tutto condannato dalla Chiesa e non poteva esserlo, dal momento che in tutta la sua storia la Chiesa aveva sempre incoraggiato le “nuove” teologie purché aderissero e restassero fedeli all’insegnamento già in vigore, come spiega l’enciclica di Leone XIII sopra citata. Il vero scontro comincia con la Nouvelle Theologie poiché avanzerà, allontanandosi dal patrimonio dottrinale già acquisito, pretendendo, dello stesso, una mutazione radicale.

 

QUEI VESCOVI FINIRONO FUCILATI A CAUSA DEL SOSTITUTO MONTINI?

Pio XII e Montini, sostituto

Questi teologi hanno, del resto, la piena simpatia di Paolo VI, che sembra assai affine a certa cultura “francese”. Oltre a questa affinità letteraria, che altre affinità ha con loro? Perchè vi ripose tanta fiducia? E particolare predilezione mostrò a Congar, definendolo «la più grande testa della Chiesa». Tuttavia, Congar, ne fu anche il massimo demolitore della Chiesa.

Comprendere Paolo VI sarebbe come vincere un terno al Lotto! Perdonate il paragone che non nasce da una mancanza di rispetto, ma sorge spontaneo osservando la realtà dei fatti. E’ il Papa che ha combattuto, attraverso le udienze del mercoledì, il dilagare delle false interpretazioni del Concilio, ma al tempo stesso è colui che è sembrato tacere ed applaudire alla devastazione liturgica e, sistematicamente dottrinale, che avveniva sotto i suoi occhi. Quando andava, per esempio, in visita nelle Parrocchie, non vedeva forse come si celebrava la liturgia fra canti sguaiati e il suono delle chitarre? E’ stato il primo Papa a girare il mondo: non vedeva cosa accadeva nella Chiesa e il tutto suffragato proprio da quella Teologia moderna e “Nouvelle” da lui corteggiata attraverso i suoi amici teologi?

C’è, a tal proposito, un aneddoto assai chiarificatore: lo scrittore Julien Green, un anglicano che si convertì al cattolicesimo – per altro, grazie proprio alla Messa antica che sottolineava quella Presenza Reale che fu causa di divisione – stupefatto nel verificare che il nuovo rito era così simile a quello che aveva conosciuto nella sua infanzia protestante, si girò verso la sorella, che gli stava accanto, e tristemente le disse: ” Ma allora, perché ci siamo convertiti?”

Me c’è di più! Padre Josè-Apeles Santolaria de Puey y Cruells, che è anche avvocato e giornalista, ha scritto un libro, “Papi in libertà” in cui descrive alcuni aspetti della situazione assai interessanti. Li riporto, anche e un poco condensati, perché vale la pena di leggerli.

Il vero scontro fra l’ala conservatrice e i due estremi della Chiesa, progressista e modernista, non avvenne con il Concilio Vaticano II come molti pensano, ma bensì nel conclave del 1958, durante il quale si pensò di eleggere un Pontefice innovatore… progressista, ma non modernista.

L’uomo chiave dell’ala innovatrice era Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano dal 1954. La sua era, tuttavia, un’elezione (quasi) impossibile, in quanto non era stato fatto cardinale poiché – ed anche qui non è un segreto – Pio XII gli negò la porpora per ragioni che ancora non sono state del tutto chiarite, ma che si possono individuare con il racconto di un vicenda che ci terrà impegnati per un poco ma che è importante conoscere per gettare luce sulla personalità di Montini.

Negli anni cinquanta, mons. Montini, all’epoca sostituto della Segreteria di Stato, mantenne dei colloqui segreti con il Cremlino, senza che Pio XII ne fosse al corrente.

I fatti furono questi.

Pio XII aveva mandato, in incognito, dall’altra parte della Cortina di ferro, alcuni vescovi, con l’intenzione di aiutare la Chiesa perseguitata nei Paesi dell’Est. A questi aveva anche dato l’incarico di fare alcune consacrazioni di altri vescovi.

Qualcosa, però, andò storto.

Improvvisamente, questi vescovi inviati dal Papa furono tutti arrestati dal governo moscovita: alcuni furono fucilati, altri furono mandati nei Gulag della Siberia, senza alcun processo e senza informare la Santa Sede.

Pio XII, appena lo seppe, ne fu profondamente costernato, e pianse lacrime amare. Non si dava pace e non capiva che cosa fosse accaduto, viste le mille precauzioni prese per mantenere segreta la presenza dei vescovi. Nel 1954, però, il mistero fu svelato. L’arcivescovo di Riga (Lettonia) comunicò personalmente a Pio XII una informazione importantissima ricevuta dal vescovo luterano di Uppsala (Svezia) che, a sua volta, l’aveva saputo direttamente dai servizi segreti occidentali: il KGB aveva saputo della presenza dei vescovi clandestini niente meno che da “informazioni dalla Segreteria di Stato”!

Sembra che Pio XII piangesse amaramente al solo pensiero di essere stato tradito dalla Segreteria più importante. Senza perdersi d’animo, tuttavia, aprì immediatamente un’indagine e scoprì i contatti che c’erano stati tra Montini e il governo dei “rossi” a sua insaputa, ossia “contatti non ufficiali”.

Fu questo il momento in cui, immediatamente e sotto l’apparenza di una promozione, predispose il repentino trasferimento di Montini alla sede ambrosiana. Inoltre, alla consacrazione del nuovo successore di sant’Ambrogio, che ebbe luogo a San Pietro, Pio XII non fu presente e Montini se ne andò appunto, senza il tradizionale “cappello rosso”, un fatto che stupì tutti in Vaticano, ma anche nella sede ambrosiana.

Rimane da chiedersi come mai Pio XII fu così buono con Montini, compiendo una scelta che, nonostante l’allontanamento da Roma, garantiva comunque un certo prestigio al futuro Paolo VI. Il fatto è che probabilmente Pio XII non aveva avuto le prove che cercava. Certo, sapeva che Montini intratteneva “contatti non ufficiali” con l’oltre Cortina, ma non aveva avuto le prove dell’alto tradimento tanto da incolparlo della morte dei vescovi inviati di nascosto dal Pontefice. Se Pio XII avesse avuto prove più sicure di certo avrebbe preso misure più drastiche del promoveatur ut amoveatur.

Dal canto suo e a onore del vero, Montini fu in un certo senso innocente della morte di quei vescovi, ma agì imprudentemente nel prendere la decisione di intrattenersi in colloqui non ufficiali alle spalle del Pontefice!

 

Il più ributtante e misterioso personaggio dell'ultimo mezzo secolo di storia vaticana: l'ex padre Alighiero Tondo, in arte "Cippico". In borghese, con altri due fresconi di chierici

Il vero colpevole della drammatica vicenda fu un padre gesuita, Alighiero Tondi, alias “Cippico”, per altro subordinato di Montini, che le guardie, messe da Pio XII a vigilare la Segreteria, scoprirono in fragrante nell’atto di fotocopiare dei documenti segreti. Così padre Tondi venne prima scomunicato e poi consegnato alla giustizia italiana che lo condannò a due anni di prigione, durante i quali si sposò – con rito civile – con l’amante Carmen Zanti, militante del Partito Comunista e obbediente tassativamente a Palmiro Togliatti.

Il seguito della vicenda, tutt’oggi, lascia sbigottiti. Inizialmente, infatti, il Tondi e la sua compagna emigrarono in Germania dell’Est, dove lui divenne segretario del dittatore comunista Walter Ulbricht ed ottenne anche la cattedra di ateismo nell’Università Marxista-Leninista. Poi, quando Paolo VI fu eletto, la coppia ritornò in Italia: mentre la Zanti ricevette incarichi prestigiosi nel Partito Comunista italiano, Tondi venne preso come funzionario civile in Vaticano. Inoltre, Paolo VI legalizzò quel matrimonio canonicamente nel 1965.

Ma non finisce qui: quando la Zanti morì (con il funerale che divenne il pretesto di una grande manifestazione comunista), il Tondi, rimasto vedovo, chiese di essere riabilitato come sacerdote. Concessione che gli venne data niente meno che da Giovanni Paolo II nel 1980! Inoltre, gli venne anche conferito il titolo di monsignore con la carica di “prelato d’onore” e mantenne un importante posto nella curia romana. Se le prostitute ci passano innanzi nel regno dei cieli, pare che pure sulla terra sia la stessa cosa: in Vaticano soprattutto.

Questo epilogo è, per certi versi, incomprensibile dal momento che Paolo VI non giustificò mai, attraverso uno scritto, l’evoluzione di questa situazione, né il Tondi formulò mai le proprie scuse né richieste di perdono, né fece mai abiura dei suoi anni vissuti da professore presso la cattedra ateistica dell’Università Marxista. Si dice solo che rimasto vedovo “si ravvide”: nulla di più, però, su tutta la vicenda.

Questa vicenda, seppur non fa luce sull’argomento del nostro colloquio, ci aiuta però a comprendere meglio la figura, assai complessa ed enigmatica, di Paolo VI. Ci sono, tuttavia, altre domande che tutti ci poniamo ma che probabilmente non troveranno mai una risposta eloquente: come mai lo stesso Giovanni Paolo II finì per promuovere le iniziative di Paolo VI come il cardinalato a de Lubac? o il posto in Vaticano al Tondi, nella Curia Romana con il titolo di monsignore?

L’atteggiamento incomprensibile e volubile della complessa personalità di Paolo VI lo si evince anche quando perfino l’ala progressista, già abbondantemente impregnata dai modernisti che vi si erano infiltrati (lupi travestiti, e neppure tanto, da agnelli) che lo aveva prescelto fin dal conclave del 1958, eleggendo Roncalli solo come transizione in attesa di avere Montini cardinale, rimase da lui profondamente delusa…

Paolo VI, che sembrava il grande innovatore e il propugnatore delle cause dell’ala modernista, si arrestò infatti di fronte alle questioni etiche e morali, difendendo la dottrina della Chiesa categoricamente fino a scrivere la Humanae Vitae, la Mysterium Fidei, la Marialis Cultus, con la proclamazione solenne di Maria Mater Ecclesiae, e pronunciando il famoso “Credo”, a chiusura del Concilio, che salverà lo stesso Pontefice da ogni dubbio circa l’ortodossia della fede, facendolo trasparire come il Papa del progresso della Chiesa, ma non certo modernista, come gli infiltrati avrebbero voluto. Da qui le loro delusioni, ma anche le delusioni da parte dell’ala conservatrice a causa delle ambiguità prodotte dalle azioni del Pontefice che sembravano contraddire, sovente, gli stessi atti ufficiali proclamati attraverso i documenti sopra citati.

In questo modo, Paolo VI si trovò completamente solo, incompreso sia dall’ala progressista (nella quale erano i modernisti a tirare le fila) che lo aveva eletto, sia dall’ala conservatrice che temeva le sue idee innovatrici, spesso improvvise e arbitrarie. Incompreso o meno, resta palese che Paolo VI agì tante volte in modo contraddittorio, con uno stile tutto suo spesso autonomo come quando, appunto, operò di nascosto, alle spalle di Pio XII.

I Papi che seguirono Paolo VI ebbero così a che fare con una eredità gravosa: rendere credibile un’ immagine di Chiesa che da una parte si mostrava come “amica del mondo”, rinunciando ai fasti e al simbolo del potere temporale e spirituale che era la tiara, e dall’altra parte ne condannava ancora una volta i vizi e i peccati. La capacità della Chiesa di essere credibile non partiva più dalla sua dottrina, ma dalla capacità del Pontefice di renderla credibile.

Quanto questa rivoluzione sia stata giusta o meno lo dirà la storia. Certo è che la crisi della Chiesa comincia proprio da quando ne venne intaccata l’immagine, specialmente a partire dalla Liturgia, ma questa è un altra pagina…

[PROSEGUE NELLA SECONDA E ULTIMA PARTE]

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)