00 02/10/2009 10:38
Mi piace concludere questo lavoro che offro alla Divina Provvidenza, attraverso un quadro ancora tratto dalle due prime Encicliche di Benedetto XVI Deus Caritas est e dalla Spe Salvi, senza dimenticare la terza la Caritas in Veritate nella quale riprende spesso i medesimi concetti sviluppandoli anche all’interno del contesto della grave crisi economica che il mondo sta vivendo.

Possiamo dire che Benedetto XVI ha ripreso, con le tre Encicliche, le famose e purtroppo dimenticate “Tre virtù teologali”:


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la Fede, la Speranza e la Carità, entrambe inscindibili l’una dall’altra, entrambe fondamentali per una retta coscienza, Esse - ci ricorda Benedetto XVI - devono tuttavia essere tradotti abitualmente nella vita quotidiana dei cristiani per rendere credibile il vangelo davanti a una umanità alla ricerca di senso.

- La Deus Caritas est inizia con le parole che sintetizzano la coscienza dell’agire di ogni uomo che scopre di essere amato e che si sente davvero amato: « Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui » (1 Gv 4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino.

- La Spe salvi inizia sottolineando e approfondendo i concetti di fede e di speranza nei fondamenti biblici dei capitoli 10 e 11 della Lettera agli Ebrei (cfr n. 7). Da qui l'espressione "la fede è speranza".

- Con la Caritas in Veritate, il Pontefice pone l’accento sul concetto di verità che racchiude entrambe: la fede, la speranza e la carità, e dice: “Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, « si compiace della verità » (1 Cor 13,6). Tutti gli uomini avvertono l'interiore impulso ad amare in modo autentico: amore e verità non li abbandonano mai completamente, perché sono la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo.”

Questi alcuni dei punti fondamentali toccati dalle Encicliche:


La Chiesa non deve imporre la fede (Essa è nel mondo, ma non è del mondo, essa non è un tribunale giacchè Cristo non è venuto per giudicare – verrà per farlo alla fine dei tempi – ma per salvare anche se, per farlo, sono necessari per l’Uomo i Comandamenti, è necessaria una presa di coscienza ragionevole educata alla speranza altrimenti diventa impossibile non solo comprendere i Comandamenti ma soprattutto applicarli attribuendo – irragionevolmente ed ideologicamente – così alla Chiesa, imposizioni che non ha mai fatto.)

Per la Chiesa, l'azione caritativa "non deve essere un mezzo in funzione di ciò che oggi viene indicato come proselitismo. L'amore - spiega il Pontefice - è gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi. Chi esercita la carità in nome della Chiesa non cercherà mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che l'amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare". "In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell'odio e della violenza, questo - sottolinea Benedetto XVI - è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto. Per questo nella mia prima Enciclica desidero parlare dell'amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri". Secondo il Papa, "il cristiano sa quando è tempo di parlare di Dio e quando è giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l'amore. Egli sa che il vilipendio dell'amore è vilipendio di Dio e dell'uomo".
(Deus Caritas est)


Lo Stato non provveda a tutto (A Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio non è un contrapporsi, ma un COLLABORARE, lavorare insieme)

"Non uno Stato che regoli e domini tutto è ciò che ci occorre, ma invece uno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi di aiuto". Per il Papa, "lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un'istanza burocratica che non può assicurare l'essenziale di cui l'uomo sofferente ha bisogno: l'amorevole dedizione personale".
Nell'Enciclica Benedetto XVI esalta poi il ruolo del volontariato. "Un fenomeno importante del nostro tempo - scrive - è il sorgere e il diffondersi di diverse forme di volontariato, che si fanno carico di una molteplicità di servizi. Vorrei qui indirizzare una particolare parola di apprezzamento e di ringraziamento a tutti coloro che partecipano in vario modo a queste attività".
(Deus Caritas est)

La Chiesa non faccia politica (così come lo Stato non può occuparsi delle anime, per questo deve garantire la libertà di Culto e deve saper ascoltare – è un suo dovere – ciò che il credente ha da dire e da proporre)

Benedetto XVI ribadisce nella sua Enciclica che fede e politica sono "due sfere distinte, ma sempre in relazione reciproca" e che dunque "il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica". Alla visione propria del cristianesimo appartiene infatti "la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, cioè la distinzione tra Stato e Chiesa o, come dice il Concilio Vaticano II, l'autonomia delle realtà temporali". "La formazione di strutture giuste - spiega il Papa - non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioé all'ambito della ragione autoresponsabile. In questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo". "La Chiesa - continua Benedetto XVI - non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia".
(Desu Caritas est)


Modello per la Chiesa non è Marx ma Madre Teresa

Benedetto XVI invita i fedeli, schiacciati dal peso del male e delle ingiustizie, a non lasciarsi tentare dall'ideologia marxista e a trovare la forza di resistere ad essa e alla tentazione opposta di abbandonare ogni impegno sociale con la forza della preghiera. Come faceva Madre Teresa di Calcutta. "L'esperienza della smisuratezza del bisogno può - confida nell'enciclica - spingerci nell'ideologia che pretende di fare ora quello che il governo del mondo da parte di Dio, a quanto pare, non consegue: la soluzione universale di ogni problema. Dall'altro lato, essa può diventare tentazione all'inerzia sulla base dell'impressione che, comunque, nulla possa essere realizzato". Per il Papa, "chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell'emergenza e sembra spingere unicamente all'azione". "La pietà - scrive ancora Benedetto XVI - non indebolisce la lotta contro la povertà o addirittura contro la miseria del prossimo. La beata Teresa di Calcutta è un esempio molto evidente del fatto che il tempo dedicato a Dio nella preghiera non solo non nuoce all'efficacia ed all'operosità dell'amore verso il prossimo, ma ne è in realtà l'inesauribile sorgente".
(Deus Caritas Est)

Il Marxismo ha lasciato il posto alla globalizzazione

Benedetto XVI considera sia il comunismo che il capitalismo (che oggi ispira la globalizzazione in atto) forme di materialismo che impoveriscono a livello sociale i valori della persona. "Il marxismo - spiega nell'enciclica - aveva indicato nella rivoluzione mondiale e nella sua preparazione la panacea per la problematica sociale". Secondo Papa Ratzinger, "attraverso la rivoluzione e la conseguente collettivizzazione dei mezzi di produzione doveva improvvisamente andare tutto in modo diverso e migliore, ma questo sogno è svanito". E nella "situazione difficile" che il mondo sta attraversando "anche a causa della globalizzazione dell'economia", la dottrina sociale della Chiesa "è diventata un'indicazione fondamentale, che propone orientamenti validi ben al di la' dei confini di essa: questi orientamenti, di fronte al progredire dello sviluppo, devono essere affrontati nel dialogo con tutti coloro che si preoccupano seriamente dell'uomo e del suo mondo".
(Deus Caritas est)

E ancora dice il Pontefice nella Spe Salvi:

22. Così ci troviamo nuovamente davanti alla domanda: che cosa possiamo sperare? È necessaria un'autocritica dell'età moderna in dialogo col cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani, nel contesto delle loro conoscenze e delle loro esperienze, devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cosa invece non possano offrire. Bisogna che nell'autocritica dell'età moderna confluisca anche un'autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici. Su questo si possono qui tentare solo alcuni accenni. Innanzitutto c'è da chiedersi: che cosa significa veramente « progresso »; che cosa promette e che cosa non promette?

Maria riassume tutte le virtù cristiane (vero modello per ogni Donna ma anche modello per i non credenti che ben si inserisce in ogni generazione e in ogni tempo a vantaggio della Società)

Per Benedetto XVI, Maria, "Madre del Signore e specchio di ogni santità", riassume in se stessa tutte le virtù cristiane, cioé la fede, la speranza e la carità. "Maria - spiega il Pontefice nel documento - è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. E' una donna di speranza: solo perché crede alle promesse di Dio e attende la salvezza di Israele, l'angelo può venire da lei e chiamarla al servizio decisivo di queste promesse. E' una donna di fede che parla e pensa con la Parola di Dio e in quanto tale non può essere che una donna che ama".
(Deus Caritas Est)


E dice il Pontefice nella Spe Salvi:

Maria, Stella della speranza

L'enciclica Spe salvi (salvati nella speranza, Rom 8,24) termina con due lunghi paragrafi dedicati a Maria (nn. 49-50).
«Con un inno dell’VIII/IX secolo, quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come stella del mare :
Ave maris stella. La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente.
Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza lei che con il suo sì aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cf Gv 1,14)?
(nn. 49-50)

Quello tra uomo e donna è l'unico matrimonio

"All'immagine del Dio monoteistico - spiega il Papa - corrisponde il matrimonio monogamico. Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell'amore umano. Questo stretto nesso tra eros e matrimonio nella Bibbia quasi non trova paralleli nella letteratura al di fuori di essa". Per il Pontefice, "l'amore tra uomo e donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e all'essere umano si schiude una promessa di felicita' che sembra irresistibile, emerge come archetipo di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono". A questo proposito, il documento ripercorre "il vasto campo semantico della parola amore: si parla di amor di patria, di amore per la professione, di amore tra amici, di amore per il lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e familiari, dell'amore per il prossimo e dell'amore per Dio". Ma afferma che proprio il matrimonio uomo-donna e' l'unico vero modello di tutti gli altri, in quanto è il riflesso più completo dell'amore di Dio.


8 agosto 2007, Festa di san Domenico di Guzman

Dorotea L. (Caterina Laica Domenicana)

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Nessun copyright, nessuna censura alle parole del Pontefice, si distribuisca il tutto gratuitamente, se gradito, al solo gesto di coscienza di citarne la provenienza e la fonte, evitando di estrapolarne i contenuti rischiando di far dire al contenuto stesso ciò che non ho detto, specialmente se si dovesse interpretare qualche passo contro il Magistero della Chiesa. Si consideri per tanto che tutta la sostanza del testo non deve essere dissociata dal Magistero della Chiesa, dal quale dipende la corretta interpretazione.

[SM=g1740733] Grazie!

P.S.
il lavoro è stato ricorretto da me togliendo le sottolineature e il neretto per rendere più omogenea l'intera lettura, evitando di accogliere un solo aspetto della lettura, ma bensì accogliendola nell'insieme e nel contesto...


[Modificato da Caterina63 02/10/2009 11:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)