Il rivolgersi a chiese lontane dalla propria, per la ricezione dell'eucaristia, è un'espediente frequentemente usato da molti divorziati risposati o da persone, che pure in situazioni irregolari, sono comunque intenzionate a vivere la loro fede.
Spesso si tratta di sensibili credenti che, per un verso o per un altro, hanno visto naufragare il loro matrimonio precedente e, ricostruita una famiglia, non rinunciano alle pratiche che hanno sempre seguito.
Tralascio la posizione del magistero, ma voglio sottolineare che alla base di questo comportamento entrano in gioco una serie di motivi.
Il primo, riguarda, probabilmente la validità del vincolo precedente: c'era maturità sufficiente a prendersi un impegno "fino a che morte non ci separi?".
Il secondo riguarda, aihmé, la scarsa preparazione di molti sacerdoti su questioni "morali". Spesso la formazione "morale" di questi sacerdoti si riduce ad un paio di esami e a nessuna specializzazione in campo di morale matrimoniale.
La terza, e qui ritorniamo alla posizione di partenza, è che ben pochi credenti affrontano il matrimonio con le basi dottrinali necessarie a conoscere la densità del sacramento. Oltretutto, la famosa "prova d'amore", sembra essere il "sì" fisico che precede quello spirituale, con la conseguenza di un impoverimento del sentimento d'amore, quasi un esame, passato il quale, posso dire di aver apprezzato o meno "la merce" e di procedere al suo acquisto, alla sua ratifica.
Anche se oggi, devo dire, i giovani stanno riacquisendo il valore della verginità più di quanto avveniva 10 anni fà, tuttavia, il problema "sessuale" costituisce ancora la pietra dura da digerire per molti credenti.
Insomma, i problemi sono molti e diversi. Per questo, quando ho suggerito di guardare al "costato di Cristo" in situazioni di sofferenza ho ricevuto nell'ordine i seguenti apprezzamenti:
a) essere come un geovista;
b) essere arido.
Ovviamente non mi riconosco in questi aggettivi, né tantomeno possiedo un cuore di pietra che non mi fa empatizzare con i disagi di tanti innocenti vittima di matrimoni sfasciati. Il mio suggerimento era di guardare a Cristo nel dubbio. Solo questo. Se poi, la coscienza "retta" spinge in decisioni altre, questo riguarda la persona interessata a muoversi come sente giusto.
Di fatto, la Chiesa dà delle direttive che non vanno sottovalutate in vista del fine ultimo. Ciò non vuol dire, però, che Dio si serva esclusivamente dei sette sacramenti per condurre al porto della salute. Ma questa questione, diciamo della salvezza extra sacramentaria (come nel caso della ricezione dell'eucarestia da parte di coppie irregolari) deve esser valutata caso per caso e da sacerdoti competenti, veri pastori e sensibili esperti di educazione.
Insomma, più che una morale dei Comandamenti, volevo consigliare una morale delle Beatitudini. Tornando per un attimo a Paolo e a Corinto, sapete bene come quella città fosse una Las Vegas d'altri tempi e perfino i maschietti dovevano camminare "spalle al muro" per non subire palpeggiamenti vari. L'incesto era ordinario, il sesso più libero che a Stoccolma. Paolo ebbe il suo bel da fare, non c'è dubbio. Indicò Cristo come modello e i Corinti, alla fine, compresero (si spera...).
Riguardo alla Bibbia e al suo linguaggio pudico: beh, se si legge il Cantico dei Cantici non si ha l'impressione di un libro per novizie.. Tuttavia, Dio esemplifica il suo amore per l'uomo con l'unione fisica, il desiderio, l'erotismo dei due giovani amanti.
Un Dio libertino? Tutt'altro. Un Dio che crea l'uomo e che trae la donna dalla sua costola, vuole dire che la prende dalla parte più vicina al suo cuore. Se avesse voluto indicare un uso esclusivamente fisico della compagna, avrebbe operato un palmo sotto l'ombelico di Adamo.
Ma le cose sono andate come sono andate e, da quel giorno, la donna e l'uomo sono stati creati per essere immagine di Dio, riflettere il suo piano, rispecchiarne l'amore creativo nell'atto fisico, divenire generanti anche in una carezza sola, in un bacio di sfuggita, in un buffetto sul viso...
Alla prossima, Chisolm.