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La quale intensità di adesione non è certo d’ogni età e d’ogni condizione d’uomini nel grado stesso o nelle stesse manifestazioni esteriori. Ma certo si può ben dire ch’essa, per una disposizione provvidenziale, diviene tanto maggiore, quanto più avversi corrono i tempi, sia contro la sana dottrina o contro la disciplina sacra o contro la libertà della Chiesa. E di siffatta unione ci diedero esempio in altri secoli i santi all’infuriare delle persecuzioni contro il gregge di Cristo o all’imperversare dei vizi nel mondo, mentre a questi mali Iddio venne opponendo, conforme al bisogno, la loro virtù e sapienza. Fra tali santi uno soprattutto vogliamo ora ricordare, del cui glorioso transito ricorre quest’anno l’ottavo centenario, S. Anselmo d’Aosta, Dottore della Chiesa, della dottrina e dei diritti della Chiesa acerrimo difensore, prima quale monaco e abate in Francia, indi quale arcivescovo Cantuariense e primate in Inghilterra. Né certo sarà inopportuno, dopo le feste giubilari celebrate con insolito splendore a onore di due altri santi Dottori della Chiesa, Gregorio Magno e Giovanni Crisostomo, splendore l’uno della Chiesa occidentale e l’altro della orientale, fermarci pure a contemplare quest’altra stella che, se differisce in chiarezza [4] dalle due precedenti, emulandole tuttavia nelle sue ascensioni, vibra intorno luce di dottrina e di esempi non meno efficace. Che anzi la potrebbe dire taluno sotto qualche rispetto più efficace, in quanto Anselmo maggiormente si accosta a noi di tempo, di schiatta, d’indole, di studi, e più somigliano ai tempi nostri sia il genere di lotte superate, sia la forma di azione pastorale da lui attuata, sia il metodo d’insegnamento applicato e largamente promosso per sé, per i suoi discepoli, e per i suoi scritti, tutti composti a difesa della religione cristiana, a profitto delle anime e a norma di tutti i teologi, che poi insegnarono le sacre lettere col metodo della scuola [5]. Onde, come nell’oscurità della notte, mentre altre stelle tramontano, altre ne sorgono a rischiarare il mondo, così ad illustrare la Chiesa succedono ai padri i figli. Fra essi rifulse, come astro chiarissimo, Sant’Anselmo.

E certamente fra le tenebre di errori e di vizi dell’età in cui visse, apparve Anselmo ai migliori suoi contemporanei quale un faro di santità e di sapere. Fu egli infatti come un principale sostegno della fede, uno splendore della Chiesa, ... una gloria dell’episcopato, un uomo che tutti aveva superato i migliori personaggi del suo tempo [6]. — Sapiente buono, splendido oratore, chiaro ingegno, venne in tal fama, da meritare che si scrivesse di lui, nessuno al mondo aver potuto dire: Anselmo è a me inferiore, e mi somiglia: onde riuscì egli accetto a re, a prìncipi, a sommi pontefici, nonché ai suoi religiosi fratelli e al popolo fedele, anzi avuto caro dagli stessi suoi nemici. A lui, ancora abate, scrisse il grande e fortissimo Pontefice Gregorio VII lettere piene di stima e di affetto, raccomandando sé e la Chiesa cattolica alle orazioni di lui [7]. A lui scrisse Urbano II, riconoscendone la prerogativa di religione e di scienza [8]. A lui e di lui molte volte Pasquale II con particolare cordialità, esaltandone la riverenza della devozione, la vigorìa della fede, la insistenza della sollecitudine pia, riconoscendone l’autorità della religione e della sapienza [9], che lo persuadeva ad annuire alle richieste della fraternità sua; chiamandolo ben anche sapientissimo e religiosissimo fra tutti i vescovi d’Inghilterra.

Eppure agli occhi propri Anselmo non apparirà mai altro che omicciuolo spregevole, omiciattolo ignoto, uomo di troppo poca scienza, di vita peccatore. Né però tanta modestia di animo e umiltà sincerissima sminuiva punto l’altezza dei suoi pensieri e la grandezza del cuore, come sogliono giudicare gli uomini depravati di vita e di giudizio, dei quali dice la Scrittura, che l’uomo animale non capisce le cose dello spirito di Dio [10]. E, cosa ancora più mirabile, la magnanimità e la costanza invitta, benché provata da tante persecuzioni, contraddizioni, esigli, andò unita in lui ad una tale mitezza e amabilità che sopiva gli sdegni dei suoi stessi avversarii e gliene conciliava infine gli animi esacerbati. Sicché quei medesimi, a cui la sua causa era molesta, lodavano lui, perché era buono [11].

Così in lui si accordavano mirabilmente le parti che il mondo stima falsamente inconciliabili e contraddittorie: semplicità e grandezza, umiltà e magnanimità, forza e soavità, scienza infine e pietà; onde, come negli inizi così in tutto il corso della sua vita religiosa, era stimato da tutti in singolar modo, quale modello di santità e di dottrina [12].