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Ma le persecuzioni medesime, l’esilio, le spogliazioni. gli stenti e le fatiche di lotte accanite, particolarmente nella sua vita episcopale, non solo  mai non iscossero, ma sembrarono sempre radicare in Anselmo più profondo l’amore della Chiesa e dell’Apostolica Sede. Non temo l’esilio, non la povertà, non i tormenti, non la morte, perché, confortandomi Iddio, a tutte queste cose è preparato il mio cuore per l’obbedienza della Sede Apostolica e per la libertà della Chiesa di Cristo madre mia [23], così egli scriveva al Nostro Predecessore Pasquale in mezzo alle sue prove più angosciose. Che se egli ricorre per protezione e aiuto alla cattedra di Pietro, ciò è solo per questo: affinché mai per mio mezzo e per mia causa resti indebolita la costanza della religiosità ecclesiastica e dell’apostolica autorità, com’egli significa scrivendo a due prelati illustri della Chiesa romana. E ne assegna questa ragione, che è per Noi la tessera della fortezza e dignità pastorale: Voglio piuttosto morire e, finché avrò vita, andare piuttosto oppresso da ogni sorta di penuria nell’esilio, anziché vedere offuscata in qualsiasi modo, per causa mia o per mio esempio, l’onoratezza della Chiesa di Dio [24].

Questa onoratezza, libertà e purità della Chiesa ha egli sempre al primo posto dei suoi pensieri; questa affretta coi sospiri, con le preghiere, i sacrifici; questa promuove quanto più possibile, sia nella resistenza vigorosa sia nella pazienza virile, e la difende con l’azione, con gli scritti e con la voce. Questa medesima raccomanda con forti e soavi parole ai monaci suoi fratelli, ai vescovi, ai chierici, a tutto il popolo fedele; ma con più severità a quei prìncipi, che più la calpestavano a immenso danno loro proprio e dei loro sudditi.

Ora tali nobili voci di sacra libertà tornano bene opportune ai nostri giorni, sulle labbra di quelli che lo Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa di Dio [25]; tornano opportune anche quando, per la fede illanguidita o la perversità degli uomini o la cecità dei pregiudizi, non avessero da trovare ascolto. A Noi è rivolta (e voi ben lo sapete, venerabili fratelli), a voi è rivolta in singolar modo la parola del Signore: Grida, non darti riposo: alza quale tromba la tua voce [26]; e soprattutto nel tempo in cui anche l’Altissimo fece udire la sua Voce [27] nello stesso fremito della natura e nelle tremende calamità: voce del Signore che scuote la terra, voce che suona monito terribile per insegnarci la lezione dura alle nostre orecchie, che quanto non è eterno è un nulla e che non abbiamo qui città stabile ma andiamo cercando la futura [28]; voce però non solo di giustizia, ma di misericordia e di salutare richiamo alle nazioni traviate. Fra queste pubbliche sventure noi dobbiamo gridare più alto e intimare le verità grandi della fede non solo ai popoli, agli umili, agli afflitti, ma ai potenti altresì, ai gaudenti, agli arbitri e consiglieri delle nazioni; intimare a tutti le grandi verità, che la storia conferma con le sue terribili lezioni di sangue; come questa che il peccato fa miseri i popoli [29], - I potenti saranno tormentati potentemente [30], onde quel monito del Salmo II: Or dunque, o re, fate senno; lasciatevi ammonire, o giudici della terra. Servite a Dio con timore... Abbracciate la disciplina affinché il Signore non si sdegni, e voi andiate perduti nella via. E di tali minacce sono da aspettarsi più acerbe le conseguenze, quando le colpe sociali si moltiplicano, quando il peccato dei grandi e del popolo sta anzitutto nella esclusione di Dio e nella ribellione alla Chiesa di Cristo: duplice apostasia sociale, che è fonte lacrimevole di anarchia, di corruzione, di miserie senza fine per gli individui e per la società.

Che se delle colpe siffatte noi possiamo divenire partecipi col silenzio stesso e con l’indolenza, cosa purtroppo non rara anche fra i buoni, ognuno dei sacri pastori stimi detto a sé per la difesa del suo gregge, ed agli altri inculchi opportunamente ciò che Anselmo scriveva al potente principe delle Fiandre: Prego, scongiuro, ammonisco, consiglio, quale fedele dell’anima vostra, mio signore, e come in Dio veramente amato, che non crediate mai vada sminuita la dignità dell’altezza vostra, se amate e difendete la libertà della sposa di Dio e madre vostra, la Chiesa; né pensiate di umiliarvi se l’esaltate, né crediate d’indebolirvi se la fortificate. Vedete, guardate intorno; gli esempi sono alla mano: considerate i prìncipi che la impugnano e la conculcano, a che cosa profittano, a che punto giungono? È chiaro abbastanza: non occorre dirlo [31]. E questo spiega anche più chiaramente con la sua solita forza e soavità insieme, al forte Baldovino, re di Gerusalemme: Siccome amico fedelissimo vi prego, vi ammonisco, vi scongiuro, e prego Iddio, che vivendo sotto la legge di Dio, sottomettiate per tutte le cose la volontà vostra alla volontà di Dio. Perché allora voi regnate in verità per vostro bene, se regnate secondo la volontà di Dio. Né datevi a credere, come fanno molti cattivi re, che a voi la Chiesa di Dio sia stata data come a signore perché vi serva, ma raccomandata come ad avvocato e a difensore. Nulla ama Iddio maggiormente in questo mondo, che la libertà della sua Chiesa. Quelli che vogliono a lei non tanto giovare quanto dominare, senza dubbio mostrano di contrariare Dio. Iddio vuole che la sua sposa sia libera non già schiava. Quelli che la trattano e la onorano come figli, mostrano di essere veramente figliuoli di lei e figliuoli di Dio. Quelli invece che la padroneggiano quasi soggetta, si rendono a lei non figli ma stranieri e perciò giustamente vanno esclusi dalla eredità e dalla dote a lei promessa [32]. — Così egli sfogava l’animo suo pieno di amore per la Chiesa; così mostrava il suo ardore per la difesa della libertà, tanto necessaria nel governo della famiglia cristiana e cara a Dio, come affermava lo stesso egregio dottore in quella concisa ed energica sentenza: Nulla ama Iddio maggiormente in questo mondo, che la libertà della sua Chiesa. Né possiamo Noi, venerabili fratelli, aprirvi meglio l’animo Nostro che ripetendo queste belle parole.

E parimenti opportuni ci cadono altri avvertimenti dello stesso santo inculcati ai potenti. Così, ad esempio, scriveva alla regina d’Inghilterra Matilde: Se volete rettamente, bene ed efficacemente rendere grazie col fatto stesso a Dio, prendete in considerazione quella regina che a lui piacque scegliersi sposa da questo mondo... Questa, dico, considerate, questa esaltate, onorate, difendete, perché possiate con questa e in questa sposa piacere a Dio, e con lei vivere regnando nella beatitudine eterna [33]. E massimamente quando v’incontriate in qualche figlio che gonfio della potenza terrena vive immemore della madre, o a lei avversario e ribelle, allora è da ricordare che: a voi appartiene il suggerire di frequente, opportunamente e importunamente, questi e altri siffatti avvertimenti, e suggerire che egli mostri di essere non padrone ma avvocato, non figliastro ma figliuolo della Chiesa [34]. A noi pure, a noi soprattutto, conviene inculcare quell’altro detto di Anselmo, così nobile e paterno: Quando sento qualche cosa di voi che non piace a Dio e a voi non è conveniente, se tralascio di ammonirvi, non temo Iddio e non amo voi come debbo [35]. — E specialmente quando ci venisse all’orecchio che trattate le chiese, che sono in vostro potere, diversamente da quello che conviene ad esse e all’anima vostra, allora dovremmo imitando Anselmo, di nuovo pregare e consigliare e ammonire che ripensiate a queste cose con diligenza e se la vostra coscienza vi attesterà essere in esse qualche cosa da correggere, vi affrettiate a correggerla [36]. — Poiché nulla è da trascurare di ciò che si può correggere, mentre Iddio chiede conto a tutti non solo del male che fanno, ma anche del non correggere i mali che possono correggere. E quanto hanno più potere da correggere, tanto più rigorosamente Iddio esige da essi, che secondo la potestà loro comunicata misericordiosamente, vogliano e facciano bene… "Che se voi non potete fare tutte le cose al tempo stesso, non dovete per questo smettere lo sforzo di profittare dal meglio al meglio, perché Iddio vuole benignamente condurre a perfezione i buoni propositi e i buoni sforzi e con beata pienezza retribuirli [37].

Questi e altri simili moniti, sapientissimi e santissimi, che Anselmo dava anche ai signori e ai re della terra, bene possono ripeterli pastori e prìncipi della Chiesa, come naturali difensori della verità, della giustizia, della religione nel mondo. Certo gli ostacoli sono venuti accumulandosi ai nostri tempi enormemente, sì che appena resta luogo dove muoverci senza impaccio e senza pericolo. Perché, mentre il vizio e l’empietà si lasciano spadroneggiare per ogni dove con sfrenata licenza, con fiera ostinazione si mettono i ceppi alla Chiesa, e ritenuto a scherno il nome di libertà, con sempre nuove arti si moltiplicano impedimenti all’opera nostra e a quella del nostro clero: sicché nessuna meraviglia se non potete fare tutte le cose insieme a correzione dei traviati, a soppressione degli abusi, a promozione delle rette idee e del retto vivere, a sollievo infine dei mali che aggravano la Chiesa.

Ma confortiamoci: vive Iddio e farà che tutte le cose si volgano in bene per quelli che amano Dio [38]: anche da questi mali egli trarrà il suo bene, e sui tanti ostacoli, opposti dalla umana perversità, farà rifulgere più splendido il trionfo dell’opera sua e della sua Chiesa. È questo il consiglio mirabile della sapienza divina: queste le imperscrutabili sue vie [39] nel presente ordine di Provvidenza — poiché i pensieri miei non sono i pensieri vostri; né le vie vostre, le vie mie, dice il Signore [40], — che la Chiesa di Cristo rinnovi sempre più in sé la vita del suo Istitutore divino, il quale tanto patì, e in certo modo dia compimento a ciò che rimane dei patimenti di Cristo [41]. Quindi la sua condizione di militante in terra è quella appunto di vivere in mezzo alle difficoltà, alle lotte, alle molestie continue, e così entrare nel regno di Dio per via di molte tribolazioni" [42], ricongiungendosi con quella già trionfante nei cieli.

Il che ci spiega pure assai opportunamente Anselmo nella sua omelia sopra le parole di Matteo: Gesù obbligò i suoi discepoli a montare nella navicella. Secondo la intelligenza mistica viene descritto sommariamente lo stato della Chiesa dalla venuta del Salvatore sino alla fine del mondo.... La nave dunque era sbattuta dai flutti in mezzo al mare, mentre Gesù dimorava sulla vetta del monte; perché da quando il Salvatore ascese al cielo, la santa Chiesa è stata agitata da grandi tribolazioni in questo mondo, sbattuta da svariate tempeste di persecuzioni, e da perversità diverse di uomini malvagi vessata e da vizi in molti modi tentata. Perché le era contrario il vento, mentre il soffio degli spiriti maligni l’avversa continuamente, affinché non giunga al porto della salute; tenta di travolgerla sotto i flutti delle avversità del secolo, movendole tutte le contrarietà che può [43].

Errano dunque gravemente coloro che si perdono di fede nella tempesta, perché vorrebbero per sé e per la Chiesa uno stato permanente di piena tranquillità, di prosperità universale, di ricognizione pratica e unanime del sacro suo potere senza contrasti. E molto peggio e turpemente errano quelli che s’illudono di guadagnarsi questa pace effimera col dissimulare i diritti e gli interessi della Chiesa, col sacrificarli ad interessi privati, con l’attenuarli ingiustamente, col piaggiare il mondo, che tutto sta sottoposto al maligno [44], sotto specie di riconciliarsi i fautori della novità e ravvicinarli alla Chiesa; quasi fosse possibile una composizione o accordo tra la luce e le tenebre, fra Cristo e Belial. È questa un’allucinazione vecchia quanto il mondo, ma è moderna sempre e durevole nel mondo, finché vi resteranno soldati deboli o traditori che al primo colpo gettano le armi o scendono a patteggiare col nemico, che qui è il nemico irreconciliabile di Dio e degli uomini.