00 21/10/2009 10:31
Nel ringraziare il dialogo che da qui ci fa comprendere più cose:
Re: TAC - La comunità tradizionale anglicana naviga verso la barca di Pietro

riporto domanda e risposta utile a comprendere con cosa abbiamo a che fare....

La domanda per daniele è: è configurabile il rito anglicano tradizionale come rito latino e quindi sottomesso al CIC, oppure si può pensare ad una configurazione come chiesa sui iuris sul modello di quelle orientali e quindi con un patriarca con piena giurisdizione su territorio inglese?

Nel primo caso la dispensa può valere per i sacerdoti di prima generazione e magari per chi al momento della comunione è già in seminario. Nel secondo caso il problema potrebbe anche non porsi, fermo restando che un laico sposato può al massimo ambire a diventare semplice presbitero.(questo vale per le chiese orientali) Dunque non può far carriera entro la gerarchia
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Risponde Daniele:

Non esiste un rito anglicano tradizionale. Esiste il rito del "Prayer Book", di dubbia ortodossia e ancor più dubbia efficacia liturgica, anche se probabilmente consente di ottenere una Messa valida. Ed esistono gli antichi riti di origine celtica (come il Sarum) usati nelle Chiese inglesi, oltre al rito romano, prima di Elisabetta I e certamente validi e ortodossi.

Era inevitabile che le profonde divisioni dottrinali che caratterizzano la comunità anglicana da ormai un secolo e mezzo, anche in seno alla stessa High Church, abbiano avuto per conseguenza una notevole frammentazione rituale. La parte moderata della High Church si attiene generalmente al rito del "Prayer Book". Non così i ritualisti, i quali, per motivi sia dottrinali (il "Prayer Book" nacque come semplificazione in senso protestante di usi liturgici inglesi) che prettamente liturgici (i riti ufficiali sono estremamente poveri e inespressivi), preferiscono orientarsi verso i riti storici: il rito romano o i riti celtici inglesi celebrati prima di Elisabetta I. Tuttavia, in assenza di un'autorità centrale che abbia il compito di regolare per tutti la liturgia, ognuno procede secondo il proprio arbitrio, per cui tra i ritualisti inglesi non sono rare bizzarre commistioni tra il rito romano e i riti celtici, tra i diversi riti celtici e addirittura tra i riti storici e il rito del "Prayer Book".

Ora, è probabile che la T.A.C. si sia accordata per una liturgia uniforme, o almeno più uniforme rispetto al caos che regna nel mondo anglicano. Non mi stupirei se, al pari di molti altri ritualisti, adoperassero il rito romano tradizionale. Ma anche nel caso in cui la scelta fosse caduta su un rito celtico, si tratterebbe pur sempre di un rito latino.

A mio avviso, quindi, non vi sono dubbi circa l'applicazione alla T.A.C. della legge canonica occidentale. Una sua eventuale configurazione come patriarcato sarebbe, dal punto di vista storico-giuridico, una vera e propria aberrazione. Non esistono infatti patriarcati di rito latino né sono mai esistite sul territorio inglese istituzioni assimilabili al patriarcato. A ciò aggiungi che la creazione di uno status canonico particolarissimo al solo scopo di agevolare l'unione costituirebbe un precedente con conseguenze imprevedibili, poiché l'unità dottrinale della Chiesa dipende in larghissima misura dall'unità disciplinare.

Non è un caso, quindi, che gli attuali pronunciamenti della Santa Sede vadano nella direzione dell'ordinarietà, sia pur raggiunta per gradi, e non in quella della straordinarietà.

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 Sorriso a seguire le importanti sottolineature di Daniele....
vi condivido quanto riportato oggi da padre Giovanni Scalese che condivido, soprattutto la domanda che si pone al finale dell'intervento....e per la quale segue la risposta che gli ho inviato in email....


Ecumenismo ed ecumenismo

Ieri il Card. Levada ha annunciato la pubblicazione di una Costituzione apostolica con la quale il Santo Padre regolerà il ritorno di gruppi anglicani alla piena comunione con la Chiesa cattolica, “conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano”.

Le linee che vengono date non sono nuove: sono quelle che sono state finora seguite per l’accettazione di singoli preti o vescovi. La grande novità sta nello strumento giuridico predisposto per l’accoglienza di intere comunità: l’ordinariato personale. Mi sembra una soluzione intelligente e saggia. La Congregazione per la Dottrina della Fede, a quanto pare, aveva suggerito il ricorso alla prelatura personale, che però, nel caso presente, non sembra adattarsi alla varietà delle situazioni locali. La prelatura personale, per sua natura, è unica: tutti i sacerdoti, in qualsiasi parte del mondo dipenderebbero dal medesimo prelato. Di ordinariati personali, invece, se ne possono costituire quanti se ne vuole, anche uno per ciascun paese (come attualmente avviene nel caso degli ordinariati militari). Ciò sembra rispettare maggiormente la natura di “Chiese locali” che queste comunità portano in qualche modo con sé.

In un mio precedente intervento (
2 febbraio 2009), avevo avanzato un’altra proposta, quella della Chiesa sui juris (come avviene nel caso delle Chiese orientali cattoliche); ma capisco che sarebbe, per il momento, una soluzione prematura e un tantino rivoluzionaria. La soluzione degli ordinariati personali è invece di piú facile attuazione e può costituire un primo passo verso l’eventuale costituzione, in futuro, di una vera e propria Chiesa sui juris.

Altre due considerazioni. La prima riguarda il rapporto con la Chiesa anglicana. Ufficialmente, tutto si è svolto in piena intesa con la Chiesa d’Inghilterra. In contemporanea con il briefing vaticano c’è stata a Londra una conferenza stampa dei due primati inglesi: l’Arcivescovo di Westminster Vincent Nichols e l’Arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, i quali hanno sottoscritto una dichiarazione comune, nella quale si riconosce la sostanziale convergenza nella fede, nella dottrina e nella spiritualità fra la Chiesa cattolica e la tradizione anglicana. Questo a livello ufficiale. I soliti bene informati sostengono invece che Lambeth Palace si sia fermamente opposto alla decisione papale. È possibile; anzi, comprensibile (guardando la foto di Williams ieri alla conferenza stampa, si direbbe proprio che non fosse cosí soddisfatto). Ma, in questi casi, piú che i sentimenti personali, contano i documenti sottoscritti.

La seconda considerazione riguarda il rapporto fra questa decisione e il dialogo ecumenico svolto finora. Ovviamente, a me il ritorno di intere comunità anglicane alla piena comunione con la Chiesa cattolica sembra uno splendido frutto del cammino ecumenico percorso in questi anni; ma non tutti sono dello stesso parere. La Nota informativa della Congregazione per la Dottrina della Fede afferma in proposito: «Il provvedimento di questa nuova struttura è in linea con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica, in particolare attraverso gli sforzi del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani». La Dichiarazione congiunta londinese poi insiste molto su questo punto: «Senza i dialoghi egli ultimi quarant’anni, questo riconoscimento non sarebbe stato possibile, né si sarebbero potute nutrire speranze per una piena visibile unità. In questo senso, la Costituzione apostolica è una conseguenza del dialogo ecumenico fra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana».

Sono pienamente convinto di quanto ribadito ieri a Roma e a Londra. Eppure c’è qualcosa che non torna. Come mai il briefing è stato fatto solo dal Card. Levada e da Mons. Di Noia? Mi sta bene che fossero presenti il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e il Segretario della Congregazione del Culto Divino, per le loro rispettive competenze; ma possibile che in una circostanza del genere il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani brilli per la sua essenza? Il Card. Kasper, è stato detto, era a Cipro. Non mi sembra una scusa molto convincente.

In un mio precedente post (
8 febbraio 2009) facevo notare certe incongruenze. Ancora pochi giorni fa il Card. Kasper escludeva la possibilità di “passaggi di gruppo” al cattolicesimo (vedi qui). Si ha quasi l’impressione che in Vaticano si cammini su due binari diversi. Da una parte un ecumenismo di facciata, fatto soprattutto di bei discorsi, di sorrisi, di strette di mano, di incontri cordiali ma perlopiú inconcludenti; dall’altro un ecumenismo sotterraneo, condotto dall’ex Sant’Uffizio, che, nel silenzio, sembra produrre risultati concreti. Capisco che forse c’è bisogno dell’uno e dell’altro; ma non sarebbe il caso di coordinare un po’ meglio il lavoro, per non dare l’impressione che si perseguano due diversi obiettivi?


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Caro Padre Giovanni,
come sempre la seguo con interesse e non la disturbo immaginando la ricchezza di email che le giungono...
riferendomi a questo thread
http://querculanus.blogspot.com/2009/10/ecumenismo-ed-ecumenismo.html
sul rientro di una parte di anglicani non posso passare sotto silenzio quanto abbia condiviso la sua analisi...

Nel ringraziarla dunque, mi pongo io setssa le sue domande poste sul finale dell'argomento, la posizione del card. Kasper è difatti troppo dissonante con la posizione chiara perfino del santo Padre....appare davvero che ci siano due forme di ecumenismo e credo che ciò sia dovuto al fatto, per altro denunciato spesso dall'allora Ratzinger per esempio con la Dominus Jesus (o quando si rifiutò di partecipare al primo incontro ecumenico di Assisi se non dopo ampi chiarimenti sul senso della Chiesa), che un aspetto di questo ecumenismo sia quello che provenendo dalla falsa interpretazione del Concilio, abbia usato parametri non ortodossi a tal punto da richiedere non tanto condanne e denuncie quanto una applicazione, ossia, il passare ai fatti, cercando di correggere con questo, quanto di sbagliato c'è stato in quell'altro ecumenismo...

Non dimentichiamo che le prime denuncie di un ecumenismo falso partirono proprio da Giovanni Paolo II nella sua Ecclesia de Eucharestia, la quale non solo mise i paletti al dialogo ecumenico, ma rimproverò senza mezzi termini l'intercomunione che in Germania avanzava con il consenso di non pochi vescovi...e con il silenzio del card. Kasper....
Il Papa non è un castigatore...e forse per questo appare più evidente che si proceda ora su due aspetti diversi di fare ecumenismo...in tal modo io credo (e lo spero) che il Papa stesso si augura che vescovi e cardinali, o gli addetti all'ecumenismo, comprendano questi aspetti abbandonando ciò che di falso e viziato fu inserito all'interno del dialogo pretestuosamente usato per avanzare nel modo sbagliato...

Infine, a quanto da lei sottolineato circa le motivazioni del ritorno del Figliol Prodigo anglicano ^__^ sottolinerei la non meno importante specificazione che a causare il tutto sia stato anche l'esagerata posizione della comunità anglicana che oltre all'ordinazione alle donne e al farne dei vescovi...abbia avanzato INVENTANDO una liturgia appositamente per unire le coppie dello stesso sesso anche pastori...questo è inaudito!
e credo che questo proprio abbia spinto il Santo Padre ad una svolta quasi improvvisa senza più attendere ulteriori dialoghi....

Il fatto che ciò sia quasi stato improvviso lo denota il fatto che la Costituzione Apostolica è solo abbozzata, in verità NON è ancora stata compilata...si legge che ci vorrà ancora qualche settimana... ma il segnale che il Pontefice ha dato è davvero grande, non è semplicemente una svolta anche al dialogo ecumenico che comunque conserva la sua importanza, quanto IL MODO di fare ecumenismo, e il fatto di valorizzare davvero ciò che conta: non le chiacchiere, i sorrisetti e le strette di mano, ma il prendere una coraggiosa decisione...
Che il card. Newman protegga e guidi questa situazione ecclesiale...








Con questa "innovazione" rientra in ballo anche la discussione sul celibato....chiariamo alcuni aspetti partendo da una domanda, fatta Speranza su orienforum:

siamo tutti d'accordo sull'importanza del celibato ecclesiastico e sulla sua non abrogazione, come mai siamo arrivati a parlare della chiesa orientale?
Come mai don Luigi afferma che far sposare i sacerdoti sarebbe la soluzione giusta per la mancanza di clero?

La mia risposta:


 Occhi al cielo attenzione....qui ci sono due aspetti che cozzano fra di loro....

1) il celibato è UNA SCELTA... come è una scelta per il candidato, è una scelta anche per quella Chiesa che lo ha adottato...se continuiamo a trattare la questione del celibato su vincoli, divieti ed imposizioni, non aiuteremo a comprenderne l'importanza, anzi, come la definisce Cristo: UNA VIRTU'... ed essendo dunque una virtù, la Chiesa PUO' SERENAMENTE CONCEDERE dispense o accogliere SITUAZIONI PARTICOLARI per le quali il prete si sposa....
Sarebbe assurdo, per esempio...se da domani si sollevasse una protesta dal seminario di Roma magari chiedendo PARITA' DI DIRITTO E TRATTAMENTO con la comunità anglicana CATTOLICA....a riguardo del matrimonio per i preti.... è ovvio che ciò sarebbe non soltanto incomprensibile, ma da stolti...ed inutile...
Per altro la Nota stessa sottolineando che i Vescovi, così come nel rito ortodosso NON si sposano, ha tolto di mezzo ogni fraintendimento....rimarcando la scelta della Chiesa verso il celibato...

2) diverso è quanto afferma tale don Luigi...
a parte il fatto che sono molto sospettosa quando chi, firmandosi un prete, spesso le spara grosse su questi blog... ma ad ogni modo tale don Luigi se la pensa davvero così NON solo non ha capito la dottrina sul celibato che porta con se incombenze CANONICHE E NON DOGMATICHE....ergo è inutile motivare la quantità di un eventuale Clero futuro...in base AL VENIR MENO DI UNA VIRTU'........
è un controsenso.... Ghigno
ma questo NON ha nulla a che vedere con il ritorno di questo gruppo anglicano in seno alla Chiesa Madre.....

 Occhiolino


la risposta dell'amico Daniele:

Pensare che il clero ammogliato risolva il problema delle vocazioni significa cadere in un triplo errore, dottrinale, storico e pratico. Dottrinale perché si ritiene la concupiscenza come un bisogno ineludibile dell'uomo e si taccia di ingiustizia la legge ecclesiastica che impone il celibato. Storico perché gli ortodossi e gli anglicani, che ammettono il clero spostato (i secondi anche le aberrazioni sessuali), hanno più problemi dei cattolici quanto alle vocazioni. Pratico perché i doveri di un sacerdote e quelli di un padre di famiglia sono inconciliabili, come constatava il protestante Kierkegaard. L'oriente riflette ancora la situazione dei primi secoli, in cui il sacerdote svolgeva i suoi compiti ministeriali una sola volta alla settimana. Il resto era demandato agli ordini religiosi. Nel frattempo la dottrina sul sacerdozio è stata approfondita e ha prodotto come suo futto la legge del celibato, la cui positiva influenza in occidente è innegabile. Come non facciamo a meno del culto eucaristico fuori della Messa, ignoto a buona parte dell'oriente, non vedo perché dovremmo fare a meno di un valore aggiunto come il celibato. Per fortuna gli alti vertici della Chiesa non sono dello stesso avviso di certi tradizionalisti la cui passione attiene più all'estetico che allo spirituale.

Per approfondire:
Elogio del celibato sacerdotale (P. Cornelio Fabro)

L'ordinazione alle Donne non è possibile ne oggi ne mai (Documentazione ufficiale)

Pensieri e Fioretti del Santo Curato d'Ars, (Giovanni M. Vianney) per i Sacerdoti e per TUTTI

"NON voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Gesù) Piccole perle preziose



[Modificato da Caterina63 21/10/2009 10:41]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)