00 21/10/2009 13:05
Costituzione "In agro dominico"
Errori di Eckhart sulla relazione di Dio col mondo e con l’uomo - Giovanni XXII


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27 marzo 1329

In seguito a un’inchiesta condotta dapprima ... per ordine... dell’arcivescovo di Colonia e infine ripresa su Nostro ordine nella curia romana, abbiamo accertato che risulta in modo evidente in forza della confessione dello stesso Eckhart che egli ha predicato, insegnato e scritto ventisei articoli, che hanno la seguente formulazione:

(1) Interrogato una volta per quale ragione Dio non abbia formato il mondo prima, rispose allora, come ora, che Dio non ha potuto formare il mondo in un tempo precedente perché una cosa non può operare prima di essere; onde per cui non appena Dio fu, subito creò il mondo.

(2) Ugualmente si può ammettere che il mondo esista dall’eternità.

(3) Ugualmente, insieme e una volta per tutte, quando Dio fu, quando Dio generò il Figlio a sé coeterno e totalmente uguale in tutto, creò anche il mondo.

(4) Ugualmente, in ogni opera, anche cattiva, cattiva dico sia della pena che della colpa, si manifesta e risplende in ugual modo la gloria di Dio.

(5) Ugualmente, colui che insulta qualcuno con un insulto, con lo stesso peccato di insulto rende lode a Dio, e quanto più insulta e più gravemente pecca, tanto più rende lode a Dio.

(6) Ugualmente, colui che bestemmia Dio stesso, rende lode a Dio.

(7) Ugualmente, colui che chiede questa o quella cosa, chiede il male e in malo modo, perché chiede la negazione del bene e la negazione di Dio, e prega che Dio gli si neghi.

(8) Coloro che non si rivolgono alle cose, né agli onori, né all’utilità, né alla devozione interna, né alla santità, né al premio, né al regno dei cicli, ma a tutte queste cose hanno rinunciato, e anche a ciò che è loro proprio, in questi uomini Dio è onorato.

(9) Ho pensato ultimamente, se mai io volessi ricevere qualcosa da Dio o desiderare: io voglio riflettere molto bene su questa cosa, perché quando io fossi uno che riceve da Dio, in quel momento io sarei sotto di lui o più in basso di lui, come uno schiavo o un servo, e lui stesso come un padrone nel suo dare, e così noi non dobbiamo essere nella vita eterna.

(10) Noi siamo totalmente trasformati in Dio e siamo in lui commutati; in modo simile, come nel sacramento il pane è commutato nel corpo di Cristo, così io sono commutato in lui, poiché lui stesso mi fa essere uno con se stesso, non simile. Da parte del Dio vivente, è vero che lì non c’è alcuna distinzione.

(11) Tutto ciò che Dio Padre ha dato al suo unigenito Figlio nella natura umana, tutto questo ha dato a me. In questo non escludo nulla, né l’unione, né la santità, ma tutto egli ha dato a me come a lui.

(12) Tutto ciò che la sacra Scrittura dice di Cristo, tutto questo si dimostra vero anche di ogni uomo buono e divino.

(13) Tutto ciò che è proprio della natura divina, tutto questo è proprio dell’uomo giusto e divino; per questo motivo, quest’uomo opera tutto ciò che Dio opera, ed egli ha creato insieme a Dio il cielo e la terra, ed è colui che genera il Verbo eterno, e Dio senza un simile uomo non saprebbe fare nulla.

(14) L’uomo buono deve conformare la sua volontà alla volontà divina in modo tale che lui stesso voglia ciò che Dio vuole. Poiché Dio vuole che io in un qualche modo abbia peccato, io non vorrei mai non aver commesso peccati, e questa è la vera penitenza.

(15) Se un uomo avesse commesso mille peccati mortali, se un tale uomo fosse rettamente disposto, non dovrebbe volere di non averli commessi.

(16) Dio non comanda propriamente un atto esteriore.

(17) Un atto esteriore non è propriamente né buono né divino, e Dio propriamente non lo compie né lo produce.

(18) Noi non portiamo il frutto degli atti esteriori, che non ci rendono buoni, ma degli atti interiori, che il Padre, che in noi dimora, fa e compie.

(19) Dio ama le anime, non le opere all’esterno.

(20) L’uomo buono è il Figlio di Dio unigenito.

(21) L’uomo nobile è quel Figlio di Dio unigenito che il Padre ha generato dall’eternità.

(22) II Padre genera me come figlio suo e come il medesimo figlio. Qualsiasi cosa Dio opera, questa è uno; per questo egli mi genera come suo figlio, senza nessuna distinzione.

(23) Dio è uno in tutti i modi e secondo ogni punto di vista, di modo che in lui stesso non si può trovare una qualche molteplicità, nell’intelletto o fuori dall’intelletto. Colui infatti che vede una dualità o vede una distinzione, non vede Dio; Dio infatti è uno al di fuori del numero e al di sopra del numero, né si compone nell’unità con qualcun altro. Ne segue [ben inteso in un passo successivo]: dunque in Dio stesso non può esserci e non può essere pensata nessuna distinzione.

(24) Ogni distinzione è estranea a Dio, sia nella natura che nelle persone; lo si dimostra: perché la natura stessa è una e questo uno, e qualsiasi persona è una e questo stesso uno, ciò (è) la natura.

(25) Quando viene detto: "Simone, mi ami tu più di costoro?" [Gv 27,75], il senso è questo, cioè me più che loro, ed è senza dubbio bene, ma non è perfetto. Infatti nel primo e nel secondo, e nel più e nel meno c’è una gradazione e un ordine, nell’uno invece non c’è né gradazione né ordine. Colui dunque che ama Dio più di quanto ami il prossimo, fa senza dubbio bene, ma non ancora in modo perfetto.

(26) Tutte le creature sono un puro nulla: non dico che sono un qualcosa di piccolo o un qualcosa, ma che sono un puro nulla.

Inoltre fu imputato al suddetto Eckhart di aver predicato altri due articoli con queste parole:

(1) C’è qualcosa nell’anima di increato e di increabile; se tutta l’anima fosse di tal genere, sarebbe increata e increabile, e questo è l’intelletto.

(2) Dio non è buono, né migliore, né ottimo; ogni qual volta io chiamo Dio buono, io mi esprimo così in modo erroneo, come se chiamassi il bianco nero.

[Censura:] ... Poiché Noi... abbiamo trovato che i primi quindici articoli menzionati e anche gli altri ultimi due, sia dal tono delle loro parole che dalla connessione dei loro concetti, contengono l’errore o piuttosto la macchia dell’eresia, e abbiamo anche constatato che gli altri undici, il primo dei quali comincia "Dio non comanda" ecc. (prop. 16), risuonano in modo troppo equivoco e sono fortemente temerari e sospetti di eresia, anche se con molte chiarificazioni e con molte aggiunte sono in grado di formare o di avere un senso cattolico: affinchè articoli di tal fatta o meglio le cose in essi contenute non possano più oltre corrompere i cuori delle persone semplici presso cui furono predicati, ...
Noi ... condanniamo e respingiamo chiaramente i sunnominati primi quindici articoli e gli altri ultimi due come eretici, e anche gli altri undici nominati, come risuonanti in modo equivoco, temerari e sospetti di eresia, e così anche qualsiasi libro od opuscolo dello stesso Eckahrt che contenga i sunnominati articoli o qualcuno di loro. ...

D’altra parte ... vogliamo che sia noto, come consta dal pubblico documento in seguito elaborato, che il sunnominato Eckahrt al termine della sua vita, professando la fede cattolica, i suddetti ventisei articoli che confessò di aver predicato, e anche tutte le altre cose da lui scritte e insegnate ..., cose che possono generare nelle menti dei fedeli un giudizio eretico o erroneo e nemico della vera fede, ha ritrattato e anche condannato in quanto a quel giudizio ..., sottomettendo se stesso, i suoi scritti e tutte le cose dette al modo di pensare della sede apostolica e Nostro.

(*) Maestro Eckhart O.P. (in latino oltre Echardus anche Ekkardus [come egli stesso scrive], Aychardus, e diversamente) dovette per la prima volta rispondere delle sue dottrine il 26 sett. 1326 per ordine dell’arcivescovo di Colonia Enrico di Virneburg. Dapprima gli furono rimproverati 49 articoli, poi altri 59. L’appello di Eckhart al papa (13 febbr. 1327) fu impedito dai suoi avversari; tuttavia la sua causa fu portata alla curia avignonese. Di essa abbiamo un "votum teologico avignonese", in cui vengono trattate tutte quelle proposizioni, che più tardi, dopo la morte di Eckhart, furono condannate nella bolla di Giovanni XXII. Il papa si limitò a mandare il 15 aprile 1329 una copia di questa bolla all’arcivescovo di Colonia, affinchè venisse resa pubblica unicamente nella sua diocesi e provincia ecclesiastica.


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Bolla "Ne super his"
Ritrattazione di Giovanni XXII sulla beatitudine dei santi - Benedetto XII


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3 dicembre 1334

Affinché, a proposito di quelle cose che sulle anime purificate separate dai corpi (se cioè prima della riassunzione dei corpi esse vedano la divina essenza con quella visione che l’apostolo chiama faccia a faccia) spesso sono state dette sia da parte Nostra, sia da non pochi altri in Nostra presenza, citando la sacra Scrittura e i detti originali dei santi o altrimenti ragionando, non accada che siano introdotte nelle orecchie dei fedeli cose diverse da quelle che da Noi sono state dette o intese, o sono ora dette e intese, ecco che Noi dichiariamo, nel contesto del presente scritto, così come segue, il Nostro pensiero che, riguardo a queste cose, noi abbiamo e abbiamo avuto in comunione con la santa chiesa cattolica.

Noi confessiamo dunque e crediamo che le anime purificate separate dai corpi sono in cielo, nel regno dei cieli e in paradiso, raccolte insieme con Cristo nella comunione degli angeli e che, conforme alla condizione comune, vedono chiaramente Dio e la divina essenza faccia a faccia, per quanto lo permette lo stato e la condizione di anima separata.

Se poi altre cose o in altro modo, a proposito di questa materia, in una qualsiasi circostanza da Noi fossero state dette. Noi quelle cose le abbiamo dette e affermiamo di averle dette e vogliamo che siano state dette, citando e discorrendo, secondo il modo di sentire della chiesa cattolica. Inoltre se Noi, in ordine a ciò che riguarda la fede cattolica, la sacra Scrittura o i buoni costumi, predicando, discorrendo, formulando una dottrina, insegnando o in qualsiasi altro modo, abbiamo detto altre cose, queste, se sono conformi alla fede cattolica, al modo di sentire della chiesa, alla sacra Scrittura e ai buoni costumi, Noi le approviamo . In caso contrario invece, Noi quelle cose vogliamo ritenerle come non dette e non le approviamo per nulla, ma, in quanto fossero dissonanti dalla fede cattolica, dal modo di sentire della chiesa, dalla sacra Scrittura o dai buoni costumi o da uno qualsiasi di questi. Noi le riproviamo. E ugualmente sottomettiamo al modo di sentire della chiesa e dei Nostri successori, tutte le Nostre cose dette o scritte, relative a qualsiasi argomento in ogni sua parte e in qualunque luogo e in qualunque condizione che abbiamo o abbiamo avuto finora.

NOTA

Contrariamente alla concezione teologica già allora comune Giovanni XXII sosteneva l’opinione che le anime dei defunti dimoranti "sotto l’altare" di Dio (cf. Ap 6.9) avessero solo la visione della natura umana di Cristo e venissero ammesse alla piena beatitudine unicamente dopo il giudizio universale. Egli presentò questa sua concezione soprattutto in tre omelie: il 1° nov. e il 15 dic. 1331 e il 5 genn. 1332. Le prime due sono state pubblicate da Mariano Prados SJ, in ArchTGran 23[1960] 155-184; cf. i manoscritti in DenCh 2. 414. Nella seconda omelia il papa spiega che il premio della visione di Dio è dovuta (secondo Agostino, Enarrationes in Psalmos, 90, scrmo 2, n. 13 [CpChL 39, 1277i3.is / PL 37, 1170A]) solo all’uomo come soggetto che nella resurrezione ha corpo e anima uniti, non già all’anima separata dal corpo. Nella terza omelia afferma che sia i demoni che gli uomini riprovati andranno al castigo eterno dell’inferno solo dopo il giudizio universale. Per avvalorare la sua concezione Giovanni XXII redasse nell’anno 1333 anche una dissertazione.

Il re Filippo VI di Francia fece fare un esame dall’inquisizione. L’esame iniziò il 19 dic. 1333. Da parte sua anche il papa convocò una commissione di cardinali e di teologi, che il 3 gen. 1334 in concistoro lo indusse a dichiarare che avrebbe revocato la sua concezione, se essa fosse trovata in contrapposizione alla comune dottrina della chiesa. Il 3 dic. 1334, un giorno prima della sua morte, egli revocò solennemente in presenza del collegio dei cardinali la sua concezione con le parole tramandate in questa bolla, che fu emanata dal suo successore Benedetto XII.



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Salvator humani generis
Bolla - Gregorio XI


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All'arcivescovo di Riga e ai suoi suffraganei

8 aprile 1374

Lo Speculum Soxonicum (in tedesco Sachsenspiegel) di Eike von Repgow, scritto prima in latino (dopo il 1221) è andato perduto e fu tradotto più tardi nella lingua tedesca della Germania inferiore (tra il 1224 e il 1228). È considerato la collezione giuridica più significativa del medioevo tedesco. Esercitò grande influsso soprattutto nella Germania del sud ("Specchio svevo"). Tuttavia giacché alcuni dei suoi princìpi erano in contrasto con la dottrina cristiana, Giovanni Klenkok OESA fece pressione sul papa affinchè ne disapprovasse 14 articoli. Gregorio XI acconsentì al suo desiderio con questa bolla diretta all'arcivescovo di Riga e ai suoi vescovi suffraganei della Livonia e della Prussia. Nella stessa questione si rivolse anche con la lettera del 15 ott. 1374 (MaC 23,157-162) all'imperatore Carlo IV.

Princìpi giuridici erronei contenuti nello "Specchio sassone"

A tutti i fedeli cristiani Noi ordiniamo, mediante scritti apostolici, di non fare uso d'ora in avanti di questi scritti o di queste leggi riprovate ...:

(Art. 1) Qualsiasi cosa un uomo abbia fatto contrariamente alla giustizia, per quanto questo sia manifesto, egli potrà liberarsi per mezzo di un suo giuramento, e contro questo non avrà valore nessuna testimonianza.

(6) Se qualcuno è stato ucciso in una rapina o in un furto, e a suo favore un parente dell'ucciso si offre per un duello, questo tale per mezzo del duello respinge ogni testimonianza, e allora la morte di quel tale non potrà più essere provata senza duello.

(7) Se due persone pronunciano contemporaneamente in giudizio affermazioni contrarie, colui che abbia avuto un seguito maggiore, questi otterrà la sentenza.

(8) Chiunque viene chiamato in duello secondo la norma di questo libro, questi non può rifiutare il duello, salvo che colui che così chiama sia nato in condizioni meno buone di colui che è chiamato.

(9) Chiunque ha perduto il suo diritto a motivo di un furto o di una rapina, questi, se viene accusato una seconda volta di furto o di rapina, non può liberarsi con un giuramento, e ha invece la scelta del ferro rovente o dell'acqua bollente o del duello. L'ultima parte invero di questo articolo, quella che concede la scelta del ferro rovente ecc., è erronea.

(12) L'erede non è tenuto a rispondere del furto o della rapina perpetrata da colui cui succede nell'eredità: questo è erroneo per lo meno nel foro della coscienza.

[Censura: gli scritti siano condannati in quanto] falsi, temerari, iniqui e ingiusti, e in alcune parti anche eretici e scismatici, risultando contrari ai buoni costumi e pericolosi per le anime.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)