00 22/10/2009 11:51

Augè - De Meo: il confronto sull'orientamento prosegue - 3

Don De Meo scrive nuovamente a padre Augè (1 - 2).



"Carissimo confratello,

senz’altro leggerò il suo libro e sono certo della sua personale passione per la liturgia. Rispetto sicuramente la sua esperienza e la sua sapienza in merito. Lo dico sinceramente, e senza intenti polemici!

La conclusione dell’articolo mi sembra abbastanza chiara:

Non si può continuare, per l’ennesima volta, ad essere indifferenti ad un pronunciamento della Congregazione per il Culto Divino. In continuità con quelli precedenti, il Responsum del 2000 richiama la necessaria attenzione alle circostanze, ai luoghi, evidenziando ancora una volta, il principio dell’ altare unico come criterio liturgico teologico da osservare negli eventuali progetti di adeguamento.Per cui, ritengo sia necessaria un certa revisione della Nota Pastorale della Cei sull’adeguamento delle chiese alla riforma liturgica del Vaticano II del 31 maggio 1996, e credo anche un emendamento della norma n. 299 della Institutio Generalis dell’attuale Messale Romano. Questo si impone, soprattutto alla luce, del Responsum della Congregazione per il Culto Divino del 2000 che respinge l’interpretazione per cui l’unica celebrazione possibile e da doversi fare sia quella versus populum. Si evince, pertanto, che entrambe le modalità di celebrare (versus populum e versus Deum) sono legittime, e che è necessario evitare qualsiasi “contrapposizione” o “estremizzazione” su tale questione. Inoltre, bisogna porre fine a quella indiscriminata prassi di costruire comunque e ovunque altari nuovi davanti a quelli antichi deturpando la bellezza e l’armonia dell’intero edificio sacro. Solo in questo modo si potrà pervenire ad un confronto e a un dialogo pacato e sereno perchè “l’ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente. ...” (SC 21).
Mi permetta una domanda: In tutta sincerità, ma lei alla luce della sua lunga esperienza, non crede che nella nostra riforma liturgica ci sia la tendenza-a mio modesto parere sbagliata- di “adeguare” completamente la liturgia alla modernità dei tempi? Per la mera preoccupazione che il mondo non ci capisca, dobbiamo eliminare o cambiare a tutti costi tutto?

Rileggo sempre con molta commozione e gratitudine una lettera di un noto teologo ortodosso cecoslovacco, J. Zvěřìna (1913 -1990), che scrive “Ai cristiani d’Occidente” negli anni
piena cortina di ferro.
Vorrei proporla alla sua riflessione (se non ha mai avuto occasione di leggerla) e a quella dei nostri lettori:

“Fratelli, voi avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogans, il suo modo di pensare. Ma riflettete, vi prego, cosa significa accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così. É ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo. Probabilmente vi riconosciamo ancora perchè in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimiliate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo. Vi ringraziamo di molto, anzi quasi di tutto, ma in qualcosa dobbiamo differenziarci da voi. Abbiamo molti motivi per ammirarvi, per questo possiamo e dobbiamo indirizzarvi questo ammonimento.

«E non vogliate conformarvi a questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, affinchè possiate distinguere qual’è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli è gradito, ciò che è perfetto»(Rm 12,2).

Non conformatevi! Mé syskhematízesthe! Come è ben mostrata in questa parola la radice verbale e perenne: schema. Per dirla in breve, è vacuo ogni schema, ogni modello esteriore. Dobbiamo volere di più, l’apostolo ci impone: «cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova»- metamorfoûsthe tê anakainósei toû noûs. Come è espressiva e plastica la lingua greca di Paolo! Di contro a skhêma o morphé- forma permanente-sta metamorphé-cambiamento della creatura. Non si cambia secondo un qualsiasi modello che è comunque fuori moda, ma è una piena novità con tutta la sua ricchezza (anakainòsis). Non cambia il vocabolario ma il risultato (noûs).

Quindi non contestazione, desacralizzazione, secolarizzazione, perchè questo è sempre poco di fronte alla anakainòsis cristiana. [...]. Il vostro entusiasmo critico e profetico ha già dato buoni frutti e noi, in questo, non vi possiamo indiscriminatamente condannare. Solo ci accorgiamo, e ve lo diciamo sinceramente, che teniamo in maggior stima il calmo e discriminante interrogativo di Paolo: «Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede, fate la prova di voi medesimi. O non conoscete forse neppure che è in voi Gesù Cristo? (2 Cor 13,5). Non possiamo imitare il mondo proprio perchè dobbiamo giudicarlo, non con orgoglio e superiorità, ma con amore, così come il Padre ha amato il mondo(Gv 3,16) e per questo su di esso ha pronunciato il suo giudizio. Non phroneîn-pensare- ma sophroneîn-pensare con saggezza (cfr.Rm 12,3). Essere saggi così che possiamo discernere quali sono i segni della volontà e del tempo di Dio. Non ciò che è parola d’ordine del momento, ma ciò che è buono, onesto, perfetto.

Scriviamo come gente non saggia a voi saggi, come deboli a voi forti, come miseri a voi ancor più miseri! E questo è stolto perchè certamente fra di voi vi sono uomini e donne eccellenti. Ma proprio perchè vi è qualcuno occorre scrivere stoltamente, come ha insegnato l’apostolo Paolo quando ha ripreso le parole di Cristo, che il Padre ha nascosto la saggezza a coloro che molto sanno di questo(Lc 10,21) (cfr., J. Zverina, L’esperienza della Chiesa, Jaca Book, Milano 1971).

Proprio ieri sera dopo aver presieduto Messa, un giovanissimo sacerdote religioso francescano che aveva concelebrato con me (versus Deum) mi ha confidato: “...se io proponessi una cosa del genere nella mia provincia mi caccerebbero dall’ordine...!”.

Credo proprio, che si abbia bisogno di una nuova educazione liturgica, soprattutto di noi sacerdoti. Bisogna che si torni a comprendere che la scienza liturgica non è fatta per offrire continuamente nuovi modelli, perchè bisogna reggere il confronto con un certo “mercato”, con un certo sentire del mondo. ... Essa è fatta per aiutare ancor di più l’uomo a penetrare e ad accogliere il Mistero che si celebra. Le Chiese orientali ci sono maestre in questo! Sanno che la liturgia è tutt’altro che il risultato di una invenzione di testi e di riti, che essa si fonda su una realtà che non può essere manipolata. Quanto più approfondisco i testi del Vaticano II tanto più mi rendo conto che esso mirava a sostenere delle autentiche prospettive di crescita e di rinnovamento di una Chiesa che è un soggetto vivo. Ma non si può non constatare come oggi siano sempre più forti certe prassi che ritengono la liturgia come qualcosa che si possa continuamente adeguare, cambiare, smontare, comporre a proprio piacimento. Questo, caro padre, è incompatibile con l’essenza della liturgia. Ratzinger da tempo lo va affermando. L’evoluzione della liturgia non può essere progettata a tavolino da dotte commissioni che valutano l’utilità pastorale e la praticità di singoli aggiustamenti; bisogna procedere con il dovuto rispetto-dice Ratzinger- per ciò che reca in sè il peso dei secoli e valutare con cautela se sia possibile, opportuno e sensato apportare tagli o inserire dei complementi (cfr.J. Ratzinger, Benedetto XVI, Davanti al Protagonista, Cantagalli, Siena 2009).

Come siamo lontani da uno sguardo così, soprattutto noi sacerdoti che di gran parte di questa confusione siamo i responsabili."

In Domino Jesu,
don Matteo De Meo
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)