00 27/10/2009 15:57
L’indagine scientifica

Il Sacro Telo è studiato da più di trenta discipline scientifiche da ormai un secolo.

Grazie alla prima fotografia scattata al Lenzuolo nel maggio 1898 si è potuta avviare la ricerca epistemologica e sistematica sul Sacro Lino: il negativo fotografico ha messo in evidenza particolari interessanti che ad occhio nudo non sarebbero stati altrimenti visibili.

Non esiste reperto al mondo che abbia suscitato l’interesse di tanti scienziati, tale da metterli tutti insieme, anche di diverse religioni, intorno ad un tavolo.

Della Sindone si occupano studiosi di merceologia, storia, medicina, chimica, fisica, biologia, geografia, numismatica, palinologia, anatomia, arte, tanatologia (giudaica e legale), esegesi, filologia, informatica, fotografia, matematica, ecc.

Tratteremo, in questo paragrafo, soltanto alcuni degli aspetti che riguardano le problematiche più importanti da un punto di vista scientifico, e in particolare ci soffermeremo sull’analisi al radiocarbonio fatta sui tre campioni di tessuto sindonico prelevati nel 1988; sulla presen-za dei pollini e del terriccio rinvenuti sulla Sindone; e sulle probabili scritte che a una lettura digitale, soprattutto intorno alla zona del volto, rileverebbero dati importanti ai fini dell’antichità e dell’autenticità del Lenzuolo di Torino.

1- L’esame al radiocarbonio

Il 14 ottobre 1988, presso il British Museum, i carbonisti Edward Hall, Michael Tite e Robert Hedges, danno lettura dei risultati dell’esame al radiocarbonio, ottenuti da tre laboratori (Oxford, Zurigo e Tucson): l’esito scientifico assegna alla Sindone una data compresa tra il 1260 e il 1390 d.C. Il giorno precedente, a Torino, era stato lo stesso Custode della Sindone, cardinale Anastasio Ballestrero, a dare l’annuncio ai giornalisti.

È comprensibile la costernazione che si sollevò in tutto il mondo; in definitiva si affermava, seppure indirettamente, che la Sindone conservata a Torino, con tutta la storia legata alla sua tradizione plurisecolare, fosse un reperto medievale.

Tuttavia, in quella occasione, non venne chiaramente spiegato, da parte degli scienziati, se si trattasse quindi di un’opera d’arte, o dell’immagine di un uomo realmente assassinato.

Il giornalista cattolico Vittorio Messori, in una intervista, così si è espresso a proposito del dilemma icona o reliquia che da quel momento in poi divenne l’argomento centrale e prioritario a qualsiasi altro: "O la Sindone è davvero il lenzuolo che avvolse il corpo di Cristo, e quindi un segno misterioso da venerare, oppure è un oggetto prodotto da un criminale, e quindi da esorcizzare. Su questo tutta la scienza è concorde: quel lenzuolo non è un dipinto, e non è neppure il risultato di un "calco" su un bassorilievo riscaldato. Quindi, se non è il lino funerario di Cristo, l’unica possibilità (per quanto remota) è che un falsario abbia preso un uomo molto somigliante a Gesù, gli abbia inflitto le stesse torture descritte nei racconti evangelici della Passione, l’abbia ucciso, l’abbia poi avvolto in un lenzuolo e, in un modo che nessuno scienziato ha ancora potuto comprendere, sia infine riuscito a ottenere quest’impronta misteriosa. Insomma se non è autentico, è il ricordo di un crimine simoniaco. Una truffa omicida, altro che icona veneranda108.

Una sola scienza dunque, quella dell’esame al radiocarbonio, contro tutte le altre che con argomentazioni, dirette e indirette, datano la Sindone di Torino intorno al I secolo d.C. e geograficamente la collocano, come tipo di lavorazione del telo, per le caratteristiche antropologiche dell’uomo, per le monete rinvenute di epoca tiberiana e altre diverse testimonianze, come quelle dei pollini, nell’area siro-palestinese.

Dopo alcuni anni, infatti, la datazione medievale prodotta dai carbonisti è stata confutata: ci si è resi conto, dopo studi approfonditi, che il calcolo del carbonio radioattivo, fatto sui campioni della Sindone, è esatto da un punto di vista del merito, ma errato da quello del metodo.

Il calcolo del carbonio radioattivo su reperti organici è relativamente semplice, ma non per questo privo di problematiche, soprattutto se non vengono rispettate alcune elementari precauzioni109; nel reperto organico deve essersi interrotto l’equilibrio che esiste fra il radiocarbonio che decade e quello che si acquisisce: l’organismo deve cioè essere morto e isolato da successive probabili aggiunte di radiocarbonio; di contro, l’ulteriore carica di radiocarbonio ringiovanirebbe ovviamente il reperto110.

Questo inconveniente è accaduto alla Sindone di Torino: il carbonio radioattivo si è aggiunto attraverso vari passaggi, falsando, naturalmente, la datazione dell’esame stesso, quindi la probabile età del tessuto.

Il primo indizio dell’irregolarità di procedura è da ricercarsi nel peso stesso dei campioni dati ai laboratori perché li analizzassero: questi pesavano quasi il doppio rispetto ad un normale campione dalle stesse caratteristiche e dimensioni.

L’esame al microscopio elettronico ha messo in evidenza la causa dell’aumento del peso riscontrato sulla bilancia e perlopiù sottaciuto: i fili del lino sindonico si presentano al microscopio appesantiti da spore, batteri, ife di funghi e muffe, i quali hanno contribuito a ringiovanire la datazione delle fibrille del tessuto sindonico perchè non furono rimossi con il sistema di pulizia usato.

Si pone quindi un problema di pulitura del tessuto esaminato: lo stesso poteva essere sottoposto all’esame soltanto dopo un massiccio attacco enzimatico che avrebbe scrostato i filamenti dagli agenti estranei al lino.

Ancora altre sono le cause dell’errata datazione fatta al Telo dai tre laboratori: il Lenzuolo di Torino, come ben sappiamo, non è stato isolato o sigillato in modo definitivo all’interno di un’urna una volta per tutte, ma esposto a continui attacchi nel corso dei secoli.

Abbiamo descritto l’incendio precedente al 1192 che ha interessato i quattro gruppi di cerchietti disposti "a elle" sul Lino, poi quello più importante del 1532 (quello che ha creato più danni di tutti in termini di arricchimento di carbonio), la presenza dei fumi delle candele che hanno accompagnato il Lenzuolo per centinaia di celebrazioni liturgiche, - soprattutto quando era in Oriente -, il contatto ormai secolare della tela d’Olanda che le clarisse hanno cucito sul retro del tessuto per rinforzarlo dopo il grande incendio, e i continui rammendi delle parti logorate in prossimità del punto di Raes111, angolo del Lino tra i più esposti alle contaminazioni.

Sono questi, appena elencati, tutti elementi che hanno alterato, ovvero aumentato, la presenza di radiocarbonio sulle parti esaminate dai laboratori, e che hanno notevolmente contribuito a falsare la datazione della Sindone di Torino.

Per chiudere definitivamente la questione datazione, è sufficiente richiamare l’attenzione su un esperimento che lo scienziato russo Dmitri Kouznestov, premio Lenin, ha fatto nel 1995 a proposito dell’arricchimento di carbonio sul tessuto sindonico: egli ha dimostrato come un campione di tela di lino, datato in una età compresa tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., se influenzato artificialmente con aggiunta di radiocarbonio, cambi la datazione, con un ringiovanimento di numerosi secoli.

Lo studioso ha sottoposto il campione, che precedentemente l’esame al radiocarbonio aveva datato in una età compresa tra il IV secolo a.C. e il I secolo a.C., ad un trattamento che ricostruiva le condizioni climatiche avvenute durante l’incendio di Chambéry del 1532; la ridatazione del reperto in oggetto dava così una età compresa tra l’XI e il XIII secolo d.C.: il campione si era quindi ringiovanito di almeno un millennio.

2- Lo studio dei pollini

La palinologia, scienza che studia i pollini delle piante, ha contribuito non poco alla ulteriore conoscenza dei misteri racchiusi nella Sindone: attraverso lo studio e l’analisi dei pollini presenti sul Telo, lo scienziato Max Frei nel 1977 ha potuto pubblicare importanti studi in merito.

Egli ha verificato che i pollini presenti sul tessuto sono di 58 specie112 , delle quali tre quarti sono di area orientale: palestinese, siriaca, anatolica; di provenienza europea le altre.

Questa mappa palinologica ci permette di confermare l’itinerario che secondo gli storici il Telo avrebbe compiuto durante i secoli dal sepolcro di Gerusalemme al Duomo di Torino, passando per Edessa, Istanbul, Lirey e Chambéry.

Un altro elemento che la palinologia ci fornisce dà conferma a una delle ipotesi, molto accreditata tra gli studiosi e gli storici, che la Sindone di Torino sia identificabile con il Mandylion di Edessa; il Telo infatti, come abbiamo già detto, era ripiegato in modo tale da far vedere, durante le ostensioni, solo il Santo Volto.

Questo è confermato dall’altissima percentuale di pollini trovati proprio intorno alla zona del viso dell’uomo della Sindone: l’esposizione naturale da una parte, e i fiori venuti a contatto con il tessuto dall’altra113, hanno contribuito notevolmente alla maggiore densità dei pollini trovati proprio in quella parte del Telo.

Ulteriori analisi hanno riscontrato, nella zona dei piedi, delle ginocchia e del naso, presenza di terriccio; ai talloni è stata rilevata anche aragonite, un carbonato di calcio con piccole quantità di stronzio e ferro: la presenza di aragonite simile nelle grotte dell’area gerosolimitana ci fornisce importanti dati intorno alla provenienza del tessuto.

Il condannato, quindi, ha camminato scalzo ed è caduto più volte, battendo sia le ginocchia che il volto per terra. I racconti della Passione di Cristo non sono poi tanto discordanti anche rispetto a quest’ultimo elemento, soprattutto se aggiungiamo che i condannati alla morte di croce portavano sul dorso per tutto il tragitto, dal luogo della flagellazione a quello della crocifissione, il patibulum.

Per far sì che questo non fosse utilizzato dai condannati come arma di difesa contro la folla che li percuoteva e li ingiuriava durante il cammino verso lo stipes, già piantato nella roccia, i cruciari venivano legati fra loro, nelle prossimità delle caviglie e alle braccia: bastava che inciampasse uno solo dei condannati perché cadessero anche gli altri.

3- Lettere greche, latine ed ebraiche?

Studi recenti hanno avanzato l’ipotesi che sul Telo sarebbero visibili lettere in lingua greca, latina ed ebraica.

Queste non sono visibili ad occhio nudo; sappiamo però che soltanto dallo studio dei negativi fotografici la ricerca scientifica di alcuni particolari ha potuto avere inizio.

Oggi con l’aiuto dell’informatica le letture di altre tracce rinvenute sul telo sindonico sono più profonde e certe di quelle precedenti, più artigianali e incerte; altre tecniche quindi più sofisticate e scientificamente attendibili vengono messe al servizio dell’approfondimento degli ulteriori misteri che la Sindone racchiude ancora gelosamente in sé: non solo mezzi quali i potenti microscopi, ma il computer e la relativa lettura digitale114, metodo già usato e ampiamente sperimentato per la lettura in filigrana dei palinsesti115.

Con questa nuova forma di lettura avanzata si sono, tra l’altro, riscontrate, sul Telo tracce di monete romane del I secolo d.C.: si tratta di due monete rinvenute nelle prossimità delle orbite degli occhi dell’Uomo della Sindone.

I numismatici hanno verificato che le due monete sono il Dilepton Lituus e il Simpulum, coniate e in uso durante l’epoca di Tiberio dal procuratore della Giudea al tempo di Gesù, Ponzio Pilato.

Oggetto del nostro paragrafo, però, è lo studio delle lettere forse scritte dal retro del Lenzuolo, le quali apparirebbero scritte in differenti lingue, appartenenti ad epoche diverse, volute dai vari possessori e prodotte per motivi diversi; tra l’altro gli inchiostri adoperati sono di differenti tonalità di colore116.

Questa lettura, evidentemente più profonda e ricca di particolari, ha permesso di identificare lettere che compongono parole aventi senso compiuto: mi soffermo solo su alcune di queste, perché l’argomento è realmente complesso ed articolato. Uno studio importante su questo lavoro è stato pubblicato dai proff. Andrè Marion e Anne-Laure Courage, nell’opera Nouvelles découvertes sur le suaire de Turin, tradotta in italiano da Luciana Pugliese, nella quale sono esaminate le varie lettere e le relative interpretazioni.

Ai fini del nostro lavoro è sufficiente elencare le parole che avrebbero rinvenuto gli studiosi in prossimità del Volto sindonico117.

Le maiuscole INNECE fanno immaginare l’espressione a morte se la frase, sul telo parzialmente visibile, fosse scritta per intera: IN NECEM IBIS.

Interessante è anche la scritta maiuscola NAZARENUS, e quella, appena sotto il mento, in greco maiuscolo, HSOU, cioè IESOU; la I è probabilmente caduta o si è cancellata. Sono state trovate ancora altre scritte, non solo nei pressi del Volto, ma anche in varie altre parti del telo sindonico.

Perché dunque queste scritte? Le ipotesi più accreditate dagli studiosi della questione sono almeno due; proviamo a sintetizzarle così: secondo lo storico Gino Zaninotto si è trattato di una semplice operazione di "controllo".

Il Telo veniva dato alle varie comunità cristiane perché queste potessero copiarlo con calma e minuzia di particolari; i proprietari per accertarsi, ad operazione ultimata, che il Telo restituito fosse quello autentico, verificavano che le scritte poste sul retro della Sindone - cioè sigle di riconoscimento - fossero quelle originali118.

Queste operazioni sono ovviamente avvenute in modi, tempi e con personaggi diversi, motivo per cui variano le grandezze delle lettere, le lingue e le sigle.

L’altra ipotesi è quella fatta dagli studiosi francesi sopra citati, i quali hanno riportato e ripreso studi di Piero Ugolotti, Aldo Marastoni, Marcel Alonso e Grégoire Kaplan: se si guarda il negativo del volto dell’Uomo della Sindone, a forte ingrandimento e ad immagine pulita, grazie all’uso di vari potenti filtri, si noteranno due grandi U, una inscritta nell’altra, le quali a loro volta inscrivono il Volto come un doppio ferro di cavallo119.

Queste impronte, le due U, si sarebbero impresse grazie ad una patina spalmata sul tessuto, una specie di "appretto", distesa sul verso del Telo per prepararlo a ricevere l’inchiostro perché si potesse riconoscere, attraverso l’iscrizione dei dati generali e della causa della morte, di chi fosse il corpo del defunto sepolto.

Ciò vuol dire che l’operazione sarebbe avvenuta mentre il sudario avvolgeva il corpo. Infatti l’uso di segnalare le salme era previsto dal rito funerario giudaico, né più né meno di quello che ordinariamente facciamo noi in Occidente e cioè l’apporre sulla tomba una iscrizione funeraria incisa sul marmo.

Nel caso della sepoltura di Gesù questo è ancora più probabile che sia avvenuto perché i giudei erano preoccupati che i discepoli rubassero il corpo del loro Messia per dimostrarne la risurrezione: le guardie romane non solo fecero la guardia al sepolcro ma sigillarono lo stesso.

L’azione del sigillare il sepolcro potrebbe comprendere anche questo particolare rito sul lenzuolo funebre: "Pilato disse loro: Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete. Ed essi (i giudei) andarono ed assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia" (Mt 27,65-66).

Abbiamo detto quindi che le scritte appaiono sul Telo anch’esse in negativo, cioè scritte al contrario, perché? L’inchiostro sarebbe filtrato attraverso il tessuto al punto da rendersi visibile dall’interno del tessuto stesso, dalla parte del telo che toccava il volto di Gesù120.

Dalle scritte riscontrate, si evince quindi che la causa della scrittura sul Telo fosse quella di apporre il nome del defunto121; se proviamo infatti a mettere insieme le parole ricavate dalla lettura digitale, abbiamo una sola frase possibile da comporre: Gesù Nazareno, il condannato a morte.

Note del IV Capitolo

108 Tratto da un’intervista a Vittorio Messori di Michele Brambilla, in , marzo 1998, p. 42-44.

109 Per approfondire il tema della tecnica della radiodatazione, cfr PIERLUIGI BAIMA BOLLONE, Sindone: la prova, p. 219-233, Milano 1998.

110 Cfr MARINELLI, La Sindone, p. 109-111.

111 Il cosiddetto punto di Raes, così chiamato dal nome di un esperto tessile belga che fece un prelievo in quella zona nel 1973, è uno dei punti più esposti all’inquinamento, perché vicino ad un angolo dal quale la Sindone veniva tenuta stesa, da parte di vescovi e presbiteri, durante le numerose Ostensioni dei secoli scorsi, con il solo uso delle mani. I campioni analizzati dai laboratori scientifici sono stati presi proprio da questo punto, il più sporco del Lino.

112 Altri studi successivi hanno portato il totale a 77.

113 Ricordiamo che il telo sindonico probabilmente ha avuto anche la funzione di rivestire l’altare a mo’ di tovaglia durante i riti liturgici.

114 Questa tecnica consiste nella traduzione delle immagini in numeri, e dei numeri in segni; è ciò che si definisce, in termini informatici, elaborazione numerica delle immagini.

115 Sono quei manoscritti antichi su pergamena nei quali le scritte sono state sovrapposte ad altre precedentemente raschiate dai copisti, e, ad operazione di pulitura ultimata, riutilizzati per ulteriori lavori; il motivo dell’operazione era di carattere economico, visto l’alto costo dei materiali necessari per la fabbricazione dei libri.

116 Dai negativi fotografici si evince che le scritte compaiono a volte in tinta scura su fondo chiaro, a volte in tinta chiara su fondo scuro; si pensa che gli inchiostri utilizzati fossero perciò il rosso e il nero.

117 Per le scritte rinvenute in altre parti del Telo, cfr BAIMA BOLLONE, Sindone: la prova, p. 237-238.

118 Sul Telo compaiono anche diverse sigle; la più vistosa, SB, è collocata in alto a sinistra del volto. Potrebbero essere le iniziali di eventuali proprietari della Sindone; la sfragistica, scienza che studia i sigilli, si occupa di tali questioni.

119 Cfr BAIMA BOLLONE, Sindone, p. 103-105.

120 Cfr MARION - COURAGE, La Sacra Sindone, p. 149-155.

121 La presenza contemporanea di lettere in latino, greco ed ebraico non deve meravigliarci; nella Palestina del I secolo questa abitudine era un fatto ordinario, è sufficiente infatti pensare all’iscrizione posta sulla croce di Cristo: il titulus.