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Da: Soprannome MSN°GinoInviato: 21/11/2002 13.16

CIÒ CHE CRISTO HA ISTITUITO

Torniamo al vangelo. Lì troveremo ciò che Cristo ha istituito e ciò che va cercato e vissuto.
Giovanni Battista apostrofa i peccatori con espressioni terribili e annuncia l’ira imminente (Mt 3,7).
Viene Gesù in mezzo ai peccatori e, come uno di loro, si fa battezzare.
Sono questi i primi passi pubblici di Gesù: passi di un peccatore, un itinerario di confessione pubblica, di penitenza pubblica. Giovanni ne proclama subito il significato:
Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo
(Gv 1,29).

Una chiesa di peccatori
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo (Mc 1,14). Gesù non annuncia l’ira imminente o la scure alla radice degli alberi (Mt 3,7-10), ma la sua commozione e la sua compassione. Vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore (Mc 6,34). Sento compassione di questa folla (Mc 8,2).
La cosa è talmente fuori dal comune e dalle attese che Giovanni, in carcere, ne rimane scosso e gli manda a chiedere: Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettarne un altro?
(Lc 7,19). Gesù risponde con i fatti e con le parole. In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro (ai due discepoli inviati da Giovanni) questa risposta: "Andate a riferire a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!" (Lc 7,21-23). In altre parole: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui... (Gv 3,16-21). Questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno (Gv 6,39).
Gesù non è venuto a infliggere il colpo mortale all’umanità spogliata, percossa e mezza morta, ma facendosi uomo ha preso su di sé l’umanità intera con tutte le sue ferite e si prende cura di lei pagando di tasca sua perché la storia vera è questa: l’omicida fin da principio (Gv 8,44), il brigante in cui incappò l’uomo (cf. Lc 10,30) è il diavolo; l’uomo è prima di tutto vittima e, solo in un secondo momento, carnefice; e Cristo è il buon samaritano (Lc 10,29-37), il salvatore (Mt 1,21), il liberatore dal potere delle tenebre.
Cristo, mediante la sconvolgente rivelazione della misericordia, prospetta a tutti una via d’uscita, dà un futuro radioso a coloro che non speravano più: all’adultera (Gv 8,3-11), a Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demoni (Lc 8,2), a Zaccheo (Lc 19,1-10), a Pietro (Gv 21,15-23), al ladrone sul Calvario (Lc 23,39-43)...
Gesù non passa oltre, dall’altra parte della strada, non si tura il naso, non chiude gli occhi: passa accanto, vede, ha compassione, si fa vicino, fascia le ferite, versa olio e vino, si fa carico, porta in luogo adatto e sicuro.
La prima immagine dell’assemblea attorno a Cristo, la prima descrizione della Chiesa ci viene presentata così dal vangelo:
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa (di Matteo), sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?". Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori"
(Mt 9,10-13).

Una celebrazione comunitaria della riconciliazione
Se Gesù ha conosciuto degli insuccessi, ciò è avvenuto solo e sempre con coloro che si reputavano giusti: allora come oggi. Sono sempre loro che s’indignano per i peccati... degli altri, che trascinano davanti ai tribunali pubblici o privati, che si appellano alla legge, che hanno il sasso in mano per l’esecuzione.
L’adultera è convinta del suo peccato, ma i suoi accusatori non sono affatto coscienti del loro.
Gesù li rimanda alla loro coscienza:
Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei
(Gv 8,7).
Le voci concitate degli uomini fanno silenzio di fronte alla parola pacata di Dio; ognuno scopre improvvisamente la propria cattiveria, la propria durezza di cuore, la propria complicità reale e profonda con il peccato di questa adultera: la trave nel proprio occhio (Mt 7,3).
E ciascuno se ne va a testa bassa cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Abbiamo più voglia di giudicare i difetti degli altri che di correggere i nostri. Nessuno degli accusatori è risultato migliore di quella donna. La partenza in punta di piedi di tutti quegli accusatori è una confessione: la prima celebrazione comunitaria della penitenza!
Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo
(1Gv 1,8-10; 2,1-2).
Ci troviamo così al centro della rivelazione sul peccato e sulla remissione dei peccati.

Il sacramento dell’amore
Partendo dai gesti salvifici di Gesù passiamo a quelli che egli stesso ha voluto affidare alla sua Chiesa perché li continuasse nel suo nome.
Nel Nuovo Testamento si parla direttamente ed esclusivamente del sacramento della penitenza solo in un testo di Mt 18.
Parola di Dio da cui si sprigionano in maniera stupenda e l’esigenza cristiana del rispetto delle persone, e l’amore di Dio che suscita l’amore dell’uomo. Mettiamoci riverenti in ascolto di Dio che parla!: Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello"
(Mt 18,15-35).

Il dono pasquale di Gesù
Gesù dà il suo sangue in remissione dei peccati (Mt 26,28). La sera di Pasqua si mostrò risorto ai suoi apostoli, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,19-23).
Cristo al culmine della sua missione, costituito Figlio di Dio con potenza... mediante la risurrezione dai morti (Rm 1,4)
riunisce nelle sue mani l’essenziale della missione ricevuta dal Padre e la trasmette ai suoi apostoli, ai suoi sacerdoti: dà loro il potere di perdonare i peccati.
Il dono pasquale di Gesù Cristo alla sua Chiesa e al mondo è la remissione dei peccati.
Il Salvatore istituisce il sacramento della penitenza e il potere divino dell’assoluzione. Istituisce la Chiesa come luogo, potere e strumento della remissione dei peccati.
Questa è la buona notizia che dobbiamo annunciare ad ogni creatura: ci è stata data la remissione dei peccati e, mediante essa, la risurrezione della carne e la vita eterna.
La stessa sera di Pasqua, Gesù conversando con i suoi discepoli aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: "Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati"
(Lc 24,45-47).
Ricordiamo che la remissione dei peccati è data, innanzitutto, dal battesimo: Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Il giorno di Pentecoste Pietro disse: Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati (At 2,38).
Dopo il perdono e la salvezza conseguiti nel battesimo, il cristiano non dovrebbe aver bisogno di un altro sacramento di penitenza.
Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio
(1Gv 3,9).
Sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato da Dio preserva se stesso e il maligno non lo tocca
(1Gv 5,18).

Sia lodato Gesù Cristo


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Consiglia  Messaggio 3 di 4 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°GinoInviato: 21/11/2002 13.17

IL MINISTERO DELLA RICONCILIAZIONE È STATO AFFIDATO ALLA CHIESA

Abbiamo detto che il cristiano non dovrebbe aver bisogno di un altro sacramento per il perdono dei peccati, ma, purtroppo, il cristianesimo pecca e, per fortuna, esiste il sacramento della riconciliazione.
Durante i primi secoli la Chiesa accordava questo sacramento solo una volta in vita. Successivamente, preoccupata di perpetuare una misericordia che cerca la pecora matta ogni volta che si smarrisce, decise di dare l’assoluzione a ogni peccato grave, dopo che il peccatore avesse fatto penitenza dura e prolungata.
Che dire delle nostre confessioni di oggi?
Jacques Maritain scriveva: Credo che coloro i quali, molto a ragione ritenevano la confessione frequente una normale abitudine nella vita spirituale, avvertivano sempre più penosamente la discordanza tra l’idea che il peccato del mondo ha fatto morire Dio sulla croce e la stesura settimanale d’una lista di peccati correnti, sempre gli stessi, da dire senza saltarne nessuno, un po’ troppo somigliante alla lista della spesa, quando si va al mercato. Non sarebbe da augurarsi che tutti questi peccati, sempre gli stessi, divenissero oggetto di una formula di confessione recitata periodicamente dalla comunità, e seguita da un’assoluzione pubblica, riservando la confessione privata ai peccati che tormentano veramente l’anima del penitente?
In una linea più tradizionale e teologica, che lascia al sacramento il suo carattere di avvenimento,
padre Congar auspica per i peccati quotidiani di fragilità, i mezzi quotidiani di perdono... senza privarsi del beneficio di confessarli esplicitamente ogni tanto, riservando la penitenza particolare per i peccati più gravi, soprattutto per quelli che hanno un’incidenza sociale.
Il 5 novembre 1970 i vescovi svizzeri prendevano questa posizione:
La confessione personale non dovrebbe essere così frequente da farla scadere in un gesto abitudinario, ma non dovrebbe essere neppure così rara da perdere l’esercizio e il gusto del senso della propria responsabilità di fronte ai propri peccati.
Si tratta dunque di trovare l’equilibrio, il giusto mezzo, tra il non uso e l’abuso del sacramento della riconciliazione. Si tratta di riscoprire, in ogni caso, la presenza di Cristo misericordioso che agisce e che salva: è Lui che assolve, è Lui che perdona.

Papa Giovanni Paolo II, il 22 febbraio 1984 diceva:

Mi preme, ora, sottolineare il compito della remissione dei peccati.
Spesso, nell’esperienza dei fedeli, proprio il dover presentarsi al ministro del perdono costituisce una difficoltà rilevante.
"Perché - si obietta - rivelare a un uomo come me la mia situazione più intima e anche le mie colpe più segrete?". "Perché - si obietta ancora - non rivolgermi direttamente a Dio o a Cristo, e dovere, invece, passare attraverso la mediazione di un uomo per ottenere il perdono dei miei peccati?". Queste e simili domande possono avere una loro plausibilità per la fatica che richiede un po’ sempre il sacramento della Penitenza. Esse, però, nel loro fondo, pongono in evidenza una non comprensione o una non accoglienza del mistero della Chiesa. È vero: l’uomo che assolve è un fratello che si confessa lui pure, perché nonostante l’impegno di santificazione personale, resta soggetto ai limiti dell’umana fragilità. L’uomo che assolve, tuttavia, non offre il perdono delle colpe in nome di doti umane peculiari di intelligenza, o di penetrazione psicologica, o di dolcezza e di affabilità; egli non offre il perdono delle colpe nemmeno in nome della propria santità. Egli, auspicabilmente, è sollecitato a divenire sempre più accogliente e capace di trasmettere la speranza che deriva da una totale appartenenza a Cristo (cfr. Gal 2,20; 1Pt 3,15). Ma quando alza la mano benedicente e pronuncia le parole dell’assoluzione, egli agisce in persona Christi: non solo come rappresentante, ma anche e soprattutto come strumento umano in cui è presente, in modo arcano e reale, e agisce il Signore Gesù, il Dio-con-noi, morto e risorto e vivente per la nostra salvezza.
A ben considerare, nonostante il senso di disagio che può provocare la mediazione ecclesiale, essa è un metodo umanissimo, perché il Dio che ci libera dalle nostre colpe non si stemperi in una astrazione lontana, che alla fine diverrebbe una scialba, irritante e disperante immagine di noi stessi. Mediante la mediazione del ministro della Chiesa questo Dio si rende prossimo a noi nella concretezza di un cuore pure perdonato. In questa prospettiva vien fatto di domandarsi se la strumentalità della Chiesa, invece che contestata, non dovrebbe, piuttosto, essere desiderata, poiché risponde alle attese più profonde che si nascondono nell’animo umano quando si avvicina Dio e si lascia da Lui salvare. Il ministro del sacramento della Penitenza ci appare così - entro la totalità della Chiesa - come un’espressione singolare della logica dell’Incarnazione, mediante la quale il Verbo fatto carne ci raggiunge e ci libera dai nostri peccati.
Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli, dice Cristo a Pietro. Le chiavi del regno dei cieli non sono affidate a Pietro e alla Chiesa perché se ne servano a proprio arbitrio o per manipolare le coscienze, ma perché le coscienze siano liberate nella Verità piena dell’uomo, che è Cristo, pace e misericordia (cfr. Gal 6,16) per tutti.

Sia lodato Gesù Cristo