00 17/11/2009 14:23
Dal messaggio di Pio XII alle visite
di Paolo VI e Giovanni Paolo II




La Fao è l'istituzione dell'Onu che i Pontefici hanno visitato di più e alla quale hanno scritto il maggior numero di messaggi. Nel sede romana di via delle Terme di Caracalla, Benedetto XVI è stato preceduto da Paolo VI il 16 novembre 1970, nel venticinquesimo anniversario di fondazione e, per ben tre volte, da Giovanni Paolo II: il 12 novembre 1979, in occasione della ventesima conferenza generale, il 5 dicembre 1992, per la conferenza internazionale sulla nutrizione, e il 13 novembre 1996, per il vertice mondiale sull'alimentazione.

Sin dalla sua nascita nel 1945, del resto, l'Organizzazione della Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura ha potuto contare anche sul sostegno e sulla vicinanza della Chiesa, tanto che già tre anni dopo Pio XII volle rivolgersi attraverso un radiomessaggio ai partecipanti al convegno di delegati delle nazioni europee alla Fao, per riconoscere ed elogiare "l'ampiezza di vedute che ha ispirato l'Onu e che ha disegnato il piano" di questo "organismo specializzato". Per Papa Pacelli l'equilibrio nella produzione e nella distribuzione dei prodotti agricoli poteva servire ad "affrancare le nazioni dall'angoscia della carestia e dall'umiliazione del dover elemosinare". Il messaggio del 21 febbraio 1948 si concludeva con un richiamo alla complementarità tra dottrina sociale cattolica e dottrina sociale naturale e al fatto che la Chiesa "nutre una compassione profonda e amorevole per l'immensa folla che patisce la fame".

Il suo successore Giovanni xxiii affrontò la delicata questione addirittura in un'enciclica, la Mater et Magistra del 15 maggio 1961. "La solidarietà umana e la fraternità cristiana - scrisse - domandano che tra i popoli si instaurino rapporti di collaborazione attiva e multiforme", al fine di favorire "il movimento di beni, capitali, uomini" per poter "eliminare o ridurre" gli squilibri. Per questo - aggiunse Papa Roncalli - "vogliamo qui esprimere il nostro sincero apprezzamento per l'opera altamente benefica che l'Organizzazione della Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura svolge, per favorire tra i popoli intese feconde, per promuovere l'ammodernamento delle colture soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, per alleviare il disagio delle popolazioni che scarseggiano di alimenti".

Paolo VI sin dall'inizio del suo Pontificato - rivolgendosi il 23 novembre 1963 ai partecipanti alla xii conferenza internazionale - volle testimoniare la propria vicinanza a uno dei progenitori della Fao, quell'Istituto internazionale per l'agricoltura che dalla sua modesta sede in Villa Borghese aveva saputo percorrere una strada "che ha portato ai magnifici sviluppi che conosciamo oggi". Papa Montini, oltre a essere stato il primo a recarsi nella sede della Fao, ha anche ricordato nella Populorum progressio "la campagna contro la fame lanciata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura", incoraggiata dalla Santa Sede e accolta generosamente dal mondo cattolico, soprattutto dalla Caritas. Non solo: negli undici messaggi scritti per la Giornata mondiale della pace, dal 1968 al 1978, Paolo VI fece sempre riferimento a queste tematiche.

Con Giovanni Paolo II il legame si è fatto - se possibile - ancora più intenso. In occasione delle tredici conferenze tenute dalla Fao dal 1979 al 2003 ha indirizzato, a volte attraverso il suo segretario di Stato in persona, altrettanti messaggi, oltre a quello fatto pervenire al vertice mondiale sull'alimentazione del 10 giugno 2002. Senza contare poi le tre visite alla sede dell'agenzia e i numerosi messaggi inviati al Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), che iniziò le sue attività nel 1978, lo stesso anno dell'elezione di Wojtyla al Pontificato.

Lo stesso Benedetto XVI, in continuità con il magistero dei suoi predecessori, ha rilanciato il tema in numerosi interventi, soprattutto nella recente Caritas in veritate. Il documento, raccogliendo l'eredità della Rerum novarum e delle grandi encicliche sociali, annovera il diritto all'alimentazione e la lotta alla fame nella più ampia categoria dello sviluppo vero, sostenibile e integrale. Tanto più che in questo 2009, per la prima volta, il numero degli affamati nel mondo ha superato il miliardo, con un incremento del 9 per cento solo nell'ultimo anno. In pratica in dodici mesi quasi 83 milioni di persone sono entrate a far parte di quel 15,6 per cento dell'umanità che non ha accesso al minimo di calorie che definiscono la cosiddetta "sicurezza alimentare".
Papa Ratzinger ha più volte ribadito la necessità di riforme strutturali, perché la fame e la malnutrizione sono inaccettabili e dar da mangiare agli affamati è un imperativo etico, e ha assicurato il sostegno della Santa Sede, dinanzi al panorama desolante di moltitudini di individui che reclamano acqua e cibo.
(gianluca biccini)


In nome della famiglia umana



Una denuncia chiara e realista di una situazione intollerabile: cresce il numero di chi soffre la fame, ma non se ne prende coscienza. A parlare in questi termini è stato Benedetto XVI di fronte alla Fao, l'organismo delle Nazioni Unite preposto all'alimentazione e all'agricoltura che ha riunito un vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Con un discorso per il quale è ragionevole attendersi interesse e risposte concrete provenendo da un'autorità a cui guardano con fiducia moltissime persone in ogni parte del pianeta, anche al di fuori della Chiesa cattolica.
In continuità con l'enciclica Caritas in veritate e con l'insegnamento dei suoi predecessori, il Papa ripete che il dramma della povertà - del quale "la fame è il segno più crudele e concreto" - non dipende dalla crescita della popolazione.

Questo è un dato acquisito e viene negato soltanto da motivazioni ideologiche o dalla difesa di interessi e privilegi. Già Paolo VI lo aveva detto nelle due encicliche sorelle in difesa della vita umana (Populorum progressio e Humanae vitae), poi più volte lo ha ripetuto Giovanni Paolo II e oggi lo ribadisce il loro successore, forte anche di un consenso che ora inizia a diffondersi anche negli organismi internazionali.

Il lungo discorso del Papa merita attenzione perché è realistico. Soprattutto interpella le autorità civili e le componenti della comunità internazionale. E lo fa con uno sguardo lucido che vede "la debolezza degli attuali meccanismi della sicurezza alimentare" e suggerisce cambiamenti. A nome della Chiesa cattolica - come già Paolo VI nel 1965 quando per la prima volta un Papa parlò davanti ai rappresentanti di tutti i popoli della terra - e senza alcuna pretesa di interferire nelle scelte politiche.

A nome cioè di una realtà mondiale preoccupata soltanto di difendere ogni persona umana. E il criterio della "comune appartenenza alla famiglia umana universale" è l'unico - ha sottolineato con forza Benedetto XVI - in nome del quale "si può richiedere ad ogni Popolo e quindi ad ogni Paese di essere solidale". Con un appello, dunque, alla ragione che impone con urgenza un cambiamento nell'agenda internazionale e nelle scelte concrete: ponendo fine alla scandalosa distruzione di derrate alimentari, modificando i meccanismi degli aiuti internazionali e della cooperazione, ridisegnando gli stessi rapporti tra le Nazioni, tornando a guardare con attenzione al mondo rurale, tutelando l'ambiente.

Ci si può domandare se il ragionare lucido e concreto di Benedetto XVI sarà ascoltato, se le sue parole saranno prese in considerazione. Molti forse le ignoreranno - e qui fondamentale è il ruolo dei media internazionali - e altri ricorreranno agli stereotipi di una Chiesa cattolica oscurantista di fronte a una presunta sovrappopolazione mondiale. Ma non sarà facile: il Papa ha infatti ribadito che la Chiesa è "rispettosa del sapere e dei risultati delle scienze, come pure delle scelte determinate dalla ragione". E in nome della ragione, oltre che della fede, parla.


g. m. v.



(©L'Osservatore Romano - 16-17 novembre 2009)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)