Pace a tutti, vedo che sono solo ad affrontare il dialogo con un intero gruppo, perciò da parte vostra chiedo un pò di onestà e di fare domande uno per volta e non tutti insieme, altrimenti non so a chi rispondere per prima. Incomincio con rispondere a Caterina sulla morte di Giuda il traditore che secondo lei è una contraddizione, incece non lo è. I passi citati da Caterina sono questi: Matteo 27:3-103 Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani 4 dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». 5 Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. 6 Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue». 7 E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. 8 Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi. 9 Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, 10 e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore. Per spiegare questi passi mi servo di un commentario Rimorsi e suicidio di Giuda Matteo 27:3-10 3. Allora Giuda, che l'avea tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, Matteo solo, fra gli Evangelisti, ci dà questi ragguagli sugli ultimi momenti di Giuda. È possibile, come già lo abbiamo suggerito, che quel miserabile avesse sperato di impossessarsi delle trenta monete, senza recare danno al Maestro. Questi, essendosi già più volte miracolosamente sottratto ai suoi nemici, poteva sottrarsi ancora. Ma ora così non fu; quindi è facile immaginare i terribili rimorsi onde fu Giuda compreso quando fu certo che Gesù era stato dato in mano di Pilato. Ma se ammettiamo, col maggior numero dei commentatori, che neppur questa circostanza può addursi come debolissima attenuante a favore di Giuda per scusare il suo orribile tradimento; e se ammettiamo invece che la condanna del suo Signore non lo sorprese punto, anzi, che egli la ritenne certa, il rimorso cui fu in preda tosto ch'ebbe raggiunto il suo scopo e stretto in mano quel denaro, ci parrà più terribile ancora. La coscienza del delitto da lui commesso tolse ogni valore alle tanto vagheggiate monete, e gli fu cagione di un'angoscia di spirito così grande, da rendergli insopportabile la esistenza. si pentì, Era bensì pentimento il suo, ma non il vero. Ci sono due specie di pentimento: c'è il "ravvedimento per aver la vita" così Atti 11:18, e di quello abbiamo un notevole esempio nel caso di Pietro; c'è poi "la tristezza del mondo che produce la morte" 2Corinzi 7:10, e che troviamo in Giuda. La prima consiste in un profondo dolore di avere offeso Cristo, accompagnato dalla convinzione che egli è disposto a perdonare; la seconda è un'amarezza di spirito, cagionata dalla rovina che il peccatore ha attirato sopra di se, ma senza speranza e senza desiderio di ottenere il perdono di Dio. Il cuor di Giuda si riempì di terrore e di angoscia, quando egli si ricordò le profetiche parole di Cristo: "il Figliuol dell'uomo certo se ne va, secondo ciò che è scritto di lui; ma guai a quell'uomo per lo quale il Figliuol dell'uomo è tradito!", ecc. Matteo 26:24. e riportò i trenta sicli d'argento ai capi sacerdoti, ed agli anziani, Abbiam qui una prova lampante del potere della coscienza risvegliata! Poco prima, era bastata la promessa di questa misera somma, perché Giuda, mosso da cupidigia, calpestasse le più sacre obbligazioni impostegli dal dovere e dall'amore così ora, il possederla gli è così grave tormento, che non può farne uso alcuno, e nemmeno conservarla! PASSI PARALLELI Matteo 26:14-16,47-50; Marco 14:10-11,43-46; Luca 22:2-6,47-48; Giovanni 13:2,27 Giovanni 18:3 Giobbe 20:5,15-29; 2Corinzi 7:10 4 4. dicendo: Ho peccato, tradendo il sangue innocente. Che bella testimonianza resa al carattere di Gesù! Così durante tutto il suo pubblico ministero, Giuda era stato ammesso nella intimità di quella famiglia che Cristo aveva riunita intorno a se. Tanto in pubblico, che in privato, egli aveva avuto mille occasioni di osservare da vicino le disposizioni e la condotta del suo Maestro. Di più, le sue proprie disposizioni al furto ed all'avarizia dovevano averlo reso proclive al sospetto. Se dunque vi fosse stata la benché minima cosa da biasimare nella condotta del Salvatore, egli se ne sarebbe certamente prevalso, nelle presenti circostanze, per scusare la propria condotta e tenersi il denaro, invece, quantunque spinto dalla disperazione, non gli riesce trovare nessun biasimo, e l'angoscia lo costringe a confessare così "Io ho peccato tradendo il sangue innocente!". Ma essi dissero Che c'importa? Pensaci tu. Da quegli uomini che egli aveva servito, Giuda sperava naturalmente qualche parola di conforto, qualche assicurazione che egli si era reso utile alla nazione ed alla religione giudaica. Ma la sua speranza rimane delusa. I sacerdoti scacciano con disprezzo l'uomo che aveano fatto strumento della loro vendetta il modo con cui trattano quello sciagurato dimostra chiaramente che essi erano "dal diavolo, ch'è il loro padre". È impossibile immaginare cosa più crudele e più sarcastica della loro risposta. PASSI PARALLELI Genesi 42:21-22; Esodo 9:27; 10:16-17; 12:31; 1Samuele 15:24,30; 1Re 21:27 Romani 3:19 Matteo 27:19,23-24,54; 2Re 24:4; Geremia 26:15; Giona 1:14; Luca 23:22,41,47 Giovanni 19:7; Atti 13:28; Ebrei 7:26; 1Pietro 1:19 Matteo 27:25; Atti 18:15-17; 1Timoteo 4:2; Tito 1:16; 1Giovanni 3:12; Apocalisse 11:10 1Samuele 28:16-20; Giobbe 13:4; 16:2; Luca 16:25-26 5 5. Ed egli, lanciati i sicli nel tempio, La parola del testo greco per indicare il tempio è naos, cioè l'edifizio sacro istesso, e non hieron, comunemente usata dagli Evangelisti per designare il sacro recinto nel suo complesso, includendo i cortili i portici, ecc. A quest'ultimo nome corrisponde quello di Haram, dato attualmente alla cinta che circonda il Kubbet esSakkara, ossia Moschea di Omar, edificata sull'area ove anticamente si ergeva il tempio. Fu dunque nel luogo santo, dove era permesso ai preti soltanto di entrare, che Giuda buttò le trenta monete d'argento, salario della sua iniquità. Alcuni hanno cercato di spiegare come avesse potuto accadere un tal fatto, col dire che il giudizio di Cristo davanti a Pilato aveva talmente eccitato gli animi che quasi tutti i sacerdoti aveano abbandonato il tempio; fu dunque facile a Giuda di avvicinarsi, non veduto, al santuario, e gettarvi i denari, essendo le cortine aperte. La spiegazione più probabile ci pare esser questa: Divorato dai rimorsi, e reso forsennato dalla risposta dei sacerdoti, Giuda, non potendoli seguire nel Luogo santo dove si ritiravano con trionfo, lanciò dietro a loro quel denaro diventategli più che mai odioso. A ogni modo, furono adempiute le parole del profeta: "Io presi i trenta sicli d'argento, e il gittai nella Casa dell'Eterno, per il vasaio" Zaccaria 11:13. s'allontanò e andò ad impiccarsi. Luca Atti 1:16-19, ci dà, sulla morte di Giuda, alcuni altri particolari, i quali però non sono in opposizione col racconto di Matteo, ma semplicemente lo completano. Confrontando i due passi, chiaro apparisce che Giuda si appiccò ad un albero che cresceva probabilmente sopra uno di quei cigli dirupati che abbondano intorno a Gerusalemme; senonché, venendo a rompersi la corda egli cadde nel precipizio, gli si squarciò il ventre e tutte le sue interiora si sparsero. I monaci ignoranti della Palestina indicano tuttora ai pellegrini, nelle vicinanze di Aceldama, un albero decrepito che dicono esser quello a cui Giuda si appiccò! PASSI PARALLELI Giudici 9:54; 1Samuele 31:4-5; 2Samuele 17:23; 1Re 16:18; Giobbe 2:9; 7:15; Salmo 55:23 Atti 1:18-19 6 6. Ma i capi sacerdoti presi quei sicli dissero: Non è lecito metterli nel tesoro delle offerte; Era questa una cassa posta nel cortile delle donne, nella quale si gettava le cose dedicate al Signore, e chiamate corban. perché sono prezzo di sangue. Come sono diventati scrupolosi ad un tratto quei sacerdoti! Quando si trattò di prendere da quel tesoro la somma necessaria a pagare l'assassino, non sentirono compunzione; ma ora, che è quasi compiuta l'opera nefanda, le loro delicate coscienze non permettono loro di rimettercela. Una tale casistica non venne sorpassata nemmeno dai Gesuiti! Eppure i loro scrupoli giovarono all'adempimento della Scrittura. PASSI PARALLELI Matteo 23:24; Luca 6:7-9; Giovanni 18:28 Deuteronomio 23:18; Isaia 61:8 7 7. E, tenuto consiglio, comperarono con quel denaro il campo del vasaio, Era questo, probabilmente, un terreno conosciuto da tutti con quel nome, e da cui si estraeva l'argilla per la fabbrica delle stoviglie. Il prezzo è molto mite, trattandosi di un terreno così vicino a Gerusalemme; ma è lecito supporre che, avendo servito per molto tempo ai lavori dei vasai, tutta l'argilla fosse esaurita, o non si potesse più utilizzare. Sul fianco di una collina che sorge al l'estremità S. E. della valle di Ben-Hinnom, s'indica, ai giorni nostri, un luogo che viene denominato Aceldama; ma non vi si trova nulla che corrisponda ad un campo come quello che è qui descritto. Potrebbe darsi, però, che la linea dì circonvallazione di Tito, che si estendeva in quella direzione, avesse profondamente cambiato l'aspetto del terreno. Si deve inoltre tener conto dei guasti arrecativi nel corso di più che diciotto secoli. da servir di sepoltura ai forestieri. La parola "forestieri" è stata intesa dei Giudei provenienti da paesi stranieri, dei proseliti, dei soldati romani, o dei pagani in generale. È più probabile che l'Aceldama fosse un luogo di sepoltura gratuita, destinato a ricevere quei cadaveri di Gentili, i quali non erano reclamati da nessuno. I sacerdoti non avrebbero osato fare uno sfregio ai loro fratelli ellenistici ed ai proseliti, comperando per loro un cimitero col prezzo del sangue; mentre non avevano scrupolo di seppellire, in un tal luogo, stranieri e pagani. 8 8. Perciò quel campo, fino al dì d'oggi, È questa una prova che il Vangelo di Matteo non fu scritto che parecchi anni dopo gli eventi in esso narrati. è stato chiamato: campo di sangue. Il vocabolo greco tradotto in quel modo è ancor esso la traduzione del nome ebraico Hakel dama, che viene dato a quel campo da Luca, in Atti 1:19. Sulle parole di Pietro, in questo passo, si vuol fondare la tradizione, secondo la quale quel nuovo cimitero avrebbe derivato il suo nome da Giuda stesso, avendo il traditore, per una strana coincidenza, scelto per suicidarsi lo stesso luogo desolato, che venne poi comprato col prezzo della sua iniquità. PASSI PARALLELI Atti 1:19 Matteo 28:15; Deuteronomio 34:6; Giosuè 4:9; Giudici 1:26; 2Cronache 5:9 9 9. Allora si adempiè ciò che fu detto dal profeta Geremia: Diodati ha omesso il nome di quel profeta, considerandolo come una interpolazione, perché una tal profezia non si trova negli scritti di Geremia. Così pure fanno altre versioni ed alcuni manoscritti. Alcuni codici portano il nome di Zaccaria invece che quello di Geremia; ma in quasi tutti gli antichi manoscritti si trova Geremia. Origene, Eusebio, Girolamo ed Agostino riconoscono di averlo trovato in manoscritti anteriori al tempo in cui vivevano, in modo che pare indubitabile che si trovasse pure nell'originale. Si tratterebbe allora di spiegare come l'Evangelista abbia parlato di Geremia, mentre invece la profezia è stata fatta da Zaccaria. Sarebbe troppo lungo il ricordare tutte le soluzioni di questa difficoltà, che sono state messe avanti. Chi disse essere stata una svista di qualcuno dei primi copisti; chi dell'Evangelista stesso, il quale citava a memoria e non dal libro; chi pretese che Matteo abbia voluto fare allusione ad alcuni passi di Geremia 18:12; 32:6-12. Ma la soluzione più soddisfacente secondo noi è la seguente, suggerita dal rinomato ebraizzante Lightfoot. La Bibbia ebraica era divisa in tre volumi: la Legge, gli Agiografi ed i Profeti. Gli Agiografi eran pure chiamati comunemente i Salmo Luca 24:44, perché il libro dei Salmo era il primo di quella collezione. Per la stessa ragione. Matteo, citando un passo del profeta Zaccaria, lo indica come tolto da Geremia, perché gli scritti di quel profeta erano i primi del volume dei Profeti. Lightfoot stabilisce indisputabilmente, per mezzo di citazioni del dotto rabbino Davide Kimchi, che il volume dei Profeti portava il nome di Geremia. E presero i trenta sicli d'argento, prezzo di colui che era stato messo a prezzo, messo e prezzo dai figliuoli d'Israele, 10. e li dettero per il campo del vasaio, come me l'avea ordinato il Signore. Di tutte le profezie, questa certamente doveva sembrare la più complicata e la più oscura, eppure essa fu completamente adempiuta. L'Evangelista non cita testualmente né dall'ebraico, né dai 70; dà però, con molta fedeltà, la sostanza del passo. Il significato della profezia Zaccaria 11:12-13 sembra essere il seguente: Zaccaria, mandato ai Giudei come istruttore e profeta, fu da essi trattato con disprezzo come lo erano stati altri prima di lui. Egli allora domandò che stimassero il valore del suo uffizio, od in altre Parole gli "dessero il suo salario", ed essi, in segno di disprezzo, gli diedero la somma di trenta monete d'argento, costo di uno schiavo! Dietro all'ordine di Dio, il profeta la gittò via con indignazione, affinché fosse data ad un vasellaio. La predizione si riferiva al Messia; ciò che accadde a Zaccaria era l'annunzio simbolico dei fatti che abbiamo ora studiati. I Giudei, rappresentati dai capi della loro nazione, valutarono il Messia trenta monete d'argento; quella somma fu pagata ad uno dei suoi discepoli, perché lo desse loro nelle mani; venne gittata via, come una cosa vile, dallo scellerato che l'aveva guadagnata, e fu finalmente impiegata nell'acquisto del campo di un vasellaio. PASSI PARALLELI Zaccaria 11:12-13 Matteo 26:15; Esodo 21:32; Levitico 27:2-7 Matteo 27:10
Il secondo passo inserito da Caterina è il segente:Atti 1:16-2016 «Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. 17 Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. 18 Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. 19 La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo di sangue. 20 Infatti sta scritto nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta, e nessuno vi abiti, il suo incarico lo prenda un altro. Commento 15 2. I centoventi e il discorso di Pietro (Atti 1:15-22) Ed in quei giorni... vale a dire, nei dieci giorni fra l'Ascensione e la Pentecoste. Pietro non perché avesse più autorità degli altri, ma perché, forse, più degli altri innanzi nella età, o perché, per dirla col Crisostomo, "egli è la bocca degli apostoli ed il loro corifeo" si leva in mezzo ai discepoli e parla. I discepoli, dice il Diodati; il Martini, invece, i fratelli; e quest'ultima è lezione raccomandata da codici autorevoli; dal Sinaitico, per esempio. 16 Ei conveniva; era necessario (edei) cioè, perché "sillaba di Dio non si cancella", e presto o tardi deve avere il suo compimento. La citazione del passo di Davide intorno à che fu la guida di coloro che presero Gesù Matteo 26:47; Giovanni 18:3 è attribuita allo Spirito Santo, perché "i santi uomini di Dio parlarono essendo da Lui sospinti" 2Pietro 1:21. 17 Giuda aveva ottenuto la sorte (ton klhron), vale a dire la sua parte di questo ministerio, che è l'apostolato. 18 I versetti 18 e 19 non fanno parte del discorso di Pietro; sono una chiosa, una noterella del narratore. Egli acquistò un campo dei premio d'ingiustizia; non per ricompensa dell'iniquità, come traduce il Martini; ma col danaro che fu il premio della sua iniquità, del suo tradimento (ek misqou thV adikiaV). Matteo narra Matteo 27:5,10 che il danaro, frutto del tradimento, fu da Giuda gittato nel tempio, e che furono i sacerdoti che comprarono il campo. Non è una contradizione. Si dice spesso che un tale ha fatto una cosa, quando ha fornito i mezzi per farla. Pietro si esprime qui retoricamente come se Giuda stesso avesse comprato quel campo, che, in realtà, fu comprato dai sacerdoti, dopo la morte di lui, col prezzo del tradimento. Anche la fine di Giuda sembra implicare una contradizione fra i due testi; di Matteo Matteo 27:5 e questo di Luca; ma contradizione non c'è, se non apparente. Egli se ne andò e si strangolò, dice Matteo; ora che difficoltà c'è ad ammettere che dopo appiccato, sia per rottura della fune o del ramo dell'albero ei precipitasse, crepasse per lo mezzo in modo che tutte le sue interiora si spargessero? Il Prof. Barde dice: "Quanto alla morte di Giuda, Pietro non fa forse che narrarne la conclusione. Staccatosi per una causa qualunque dal luogo dell'impiccagione, il cadavere sarebbe caduto sulle rocce e si sarebbe spaccato". 19 Hakeldama, nel loro proprio linguaggio, che era l'Aramaico (una corruzione dell'ebraico puro) parlato in Palestina ai tempi di Cristo, significa: il campo del sangue. 20 L'originale delle due citazioni di Pietro dice testualmente così: "Sia la loro dimora devastata e non vi siano più abitanti nelle loro tende!" Salmi 69:25 "Pochi sieno i suoi giorni, prenda un altro l'incarico suo!" Salmi 109:8. Dove sono le contraddizioni della morte di Giuda il traditore? Datemi tempo e risponderò anche ad altre vostre obiezioni sui canonici, come il diluvio, la profezia atribuita a Malachia e altre domande. Alfonso |